Contabilizzazione di calore in condominio: i nuovi criteri di ripartizione spese previste dal dlgs. 73/2020

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Il legislatore europeo con la direttiva europea sull’efficienza energetica 2012/27/Ue ha imposto l’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore in ambito condominiale che ha comportato l’introduzione di un nuovo criterio di ripartizione delle spese considerato non più come un mezzo per disciplinare i rapporti tra condomini, ma anche (e soprattutto) per arrivare alla riduzione del consumo energetico e all’emissione di gas responsabili dell’effetto serra.

Lo Stato Italiano ha recepito la Direttiva 2012/27/UE con il Dlgs. n.102/2014 che ha imposto  la contabilizzazione e termoregolazione del calore nei condominii con impianto di riscaldamento centralizzato e la ripartizione delle spese a consumo.

Il Dlgs. 14 luglio 2020, n. 73 (Attuazione della direttiva (UE) 2018/2002) – che è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 14 luglio (GU Serie Generale n.175 del 14-07-2020) e sarà in vigore dal 29 luglio 2020 – ha modificato la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica.

Tale provvedimento contiene novità che cambieranno nuovamente la modalità di ripartizione delle spese energetiche in ambito condominiale.

La norma UNI 10200

A seguito dell’adozione dei sistemi di contabilizzazione e termoregolazione vi sono due diverse modalità per la ripartizione della spesa del riscaldamento.

La prima – come risulta dal rinvio fatto dall’articolo 9, comma 5, lettera d) del Dlgs. 102/2014 (dal 29 luglio non più in vigore) – è quella contenuta nella norma Uni 10200 che lega il costo del servizio riscaldamento agli effettivi consumi di energia termica utile e ai costi generali per la manutenzione dell’impianto.

Applicando la norma Uni 10200, la spesa totale per il servizio di riscaldamento è data dalla somma di una quota di consumo e una quota per “potenza termica impegnata”.

La quota a consumo è legata al prelievo di calore volontario dell’appartamento ed è sostanzialmente determinata dal livello di temperatura mantenuto nell’appartamento dal singolo condomino.

In base a questa, ciascun condomino/conduttore è tenuto a pagare solo quella parte di calore che preleva dai propri termosifoni.

La quota per potenza termica impegnata è, invece, legata al consumo involontario cioè sostanzialmente alle dispersioni dell’impianto.

Tale quota fissa deve essere determinata da un tecnico incaricato dal condominio e rappresenta la quantità ideale di energia che ogni singola unità immobiliare potrebbe prelevare per mantenere 20°C di temperatura ambiente interno dall’inizio a fine stagione di riscaldamento, determinabile tramite un calcolo tecnico previsto da specifiche indicazioni tecniche.

Questo calcolo comporta la creazione di una tabella di fabbisogno per ripartire la spesa per il consumo involontario (espressa in millesimi di fabbisogno calore).

Secondo l’articolo 68 disp. att. c.c., per la redazione delle tabelle di fabbisogno calore non si può tenere conto dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascuna unità immobiliare (e del canone locatizio).

In altre parole, il tecnico incaricato dal condominio non potrà considerare le migliorie apportate all’interno delle singole unità immobiliari quali, ad esempio, doppi vetri od opere di coibentazione; al contrario non sembrano risultare ostacoli per tenere conto delle opere volte al risparmio energetico relative alle parti comuni (cappotti esterni, coibentazioni del tetto).

Ragionando diversamente si rischierebbe di far pagare i millesimi in funzione di fabbisogni non reali perché basati su uno stabile realizzato molti anni prima, ma nel frattempo ristrutturato.

La nuova tabella e il criterio di ripartizione di cui alla norma Uni 10200, devono essere approvati con la maggioranza degli intervenuti e almeno 500 millesimi (articolo 26, comma 5 della legge 10/1991).

La fine della UNI 10200: le novità introdotte dall’art 9 Dlgs.73/2020

A decorrere dal 29 luglio 2020 entrerà in vigore il nuovo articolo 9, comma 5, lettera d) del Dlgs.102/2014 (introdotto dall’art 9 Dlgs.73/2020) che elimina ogni riferimento alla norma UNI 10200.

L’applicazione della contabilizzazione del calore e la conseguente ripartizione delle spese in base alla norma UNI 10200, ha comportato uno squilibrio, per cui i (numerosi) appartamenti intermedi hanno quote di fabbisogno inferiori, mentre gli alloggi più disperdenti, posti agli ultimi (e ai primi) piani, hanno quote maggiori e conseguentemente spese di riscaldamento notevolmente superiori rispetto al passato.

La nuova disposizione, forse per eliminare i numerosi problemi creati dalla UNI 10200, stabilisce che nei condomini per la  corretta  suddivisione  delle spese  connesse  al  consumo  di  calore  per  il  riscaldamento,  il raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni, nonché per l’uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l’importo complessivo è suddiviso tra gli utenti finali (cioè i condomini) attribuendo una quota di  almeno il 50 per cento agli effettivi prelievi volontari di  energia  termica.  In  tal  caso  gli  importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo  esemplificativo  e  non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi  utili, oppure secondo le potenze installate. È fatta salva, però, la possibilità, per  la  prima  stagione  termica  successiva  all’installazione  dei dispositivi  per la contabilizzazione,  che  la  suddivisione  si determini in base ai soli millesimi di proprietà. Tale nuovo criterio di ripartizione è  facoltativo  nei  condomini in cui alla  data  di  entrata  in  vigore  della presente disposizione (il 29 luglio 2020) si sia già  provveduto  al passaggio alla contabilizzazione di calore con relativa suddivisione delle spese.

Il nuovo art. 9 Dlgs. 102/2014, 5 quater

In base alle modifiche introdotte dal Dlgs. 141/2016 qualora, siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio (o l’edificio polifunzionale) superiori al 50 per cento, l’assemblea (con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà dei millesimi) può decidere se applicare o meno la norma Uni 10200 (art. 9, comma 5, del Dlgs. 102/2014, lettera d).

Qualora si voglia seguire questo criterio è possibile suddividere l’importo complessivo tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 70 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica.

Gli importi rimanenti (cioè i consumi involontari) vengono predeterminati dal legislatore nella misura del trenta per cento della spesa complessiva, percentuale che può essere ridotta dalla collettività condominiale fino ad arrivare all’un per cento degli oneri del riscaldamento centralizzato (ma non può essere totalmente eliminata).

Come previsto dall’articolo 9, comma 5, del Dlgs. 102/2014, lettera d), come modificato dal Dlgs. 141/2016 (entrato in vigore il 26/07/2016), qualora si applichi tale criterio i consumi involontari possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate.

Anche per questa soluzione, almeno per la prima stagione termica successiva all’installazione dei dispositivi di contabilizzazione, è stata prevista la possibilità di suddividere le spese condominiali di riscaldamento in base ai soli millesimi di proprietà.

È vero, però, che nel caso in cui siano  comprovate,  tramite  apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno  termico  per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti  il  condominio  superiori al 50 per  cento,  l’ENEA,  entro novanta giorni  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente disposizione, sottopone al Ministero  dello  sviluppo  economico  una guida che indichi le ripartizioni delle spese suggerite in  relazione ai fattori quali, a titolo  non  esaustivo,  la  zona  climatica,  le prestazioni energetiche dell’edificio o l’anno di costruzione (art 9 Dlgs. 102/2014, 5 quater).

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