L’intervento della Corte costituzionale sul quarto comma dell’art. 624-bis c.p. segna un punto di svolta nel sistema del bilanciamento tra circostanze in materia di furto in abitazione. Con la sentenza n. 173/2025, la Consulta estende anche a tale fattispecie i principi già affermati in tema di rapina, ritenendo irragionevole escludere la prevalenza o equivalenza dell’attenuante del vizio parziale di mente rispetto all’aggravante della violenza sulle cose. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025“, giunto alla sua V edizione, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon, e il Codice Penale e norme complementari 2026 – Aggiornato a Legge AI e Conversione dei decreti giustizia e terra dei fuochi, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon
Indice
- 1. Il caso concreto: quando il vizio parziale di mente incide sul furto in abitazione
- 2. La questione di costituzionalità: perché il divieto di bilanciamento viola l’art. 3 Cost.
- 3. La decisione della Corte: la “blindatura” del 624-bis c.p. è irragionevole
- 4. Le ricadute della sentenza: come cambia il bilanciamento nel furto in abitazione
- Ti interessano questi contenuti?
1. Il caso concreto: quando il vizio parziale di mente incide sul furto in abitazione
Il Tribunale ordinario di Teramo, in composizione monocratica, era chiamato a giudicare per un caso di furto in abitazione aggravato dalla violenza sulle cose dato che l’imputato, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, dopo aver forzato la porta di ingresso ed essersi introdotto all’interno di un’abitazione, si era impossessato di un televisore e di un portamonete contenente la somma di 35,00 euro.
Orbene, posto che l’autore del reato veniva tratto in arresto perché colto nella flagranza del reato, procedendosi nei termini di legge all’udienza di convalida e al giudizio direttissimo, nel corso del quale, il giudice abruzzese disponeva procedersi a perizia volta ad accertare la capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento della commissione del fatto, da tale accertamento era risultato come l’imputato fosse affetto da decadimento cognitivo conseguente a cronica intossicazione da alcol e stupefacenti, con la conseguenza che la capacità di comprendere il disvalore delle azioni e di scegliere condotte alternative, pur non essendo eliminata, era scemata grandemente, fermo restando che la medesima diagnosi era stata accertata in ulteriori relazioni peritali redatte in altri procedimenti penali concernenti lo stesso imputato e acquisite in siffatto giudizio.
Per siffatto giudice, pertanto, era risultato ampiamente comprovato come l’imputato, al momento del fatto, fosse affetto da una ridotta capacità di intendere e di volere, con la conseguenza che gli si sarebbe potuta applicare la circostanza attenuante di cui all’art. 89 cod. pen. ma, al contempo, non non sarebbe stato possibile procedere a una sentenza ex art. 72-bis del codice di procedura penale (ossia sentenza di non luogo a procedere o sentenza di non doversi procedere) e che vi fosse stata, di conseguenza, la concreta possibilità che, all’esito del giudizio, l’imputato avrebbe potuto essere condannato per il reato di furto in abitazione aggravato dalla violenza sulle cose.
Si evidenziava, inoltre, che, in un ipotetico giudizio di bilanciamento tra l’aggravante in parola e l’attenuante di cui all’art. 89 cod. pen., si sarebbe dovuta attribuire una netta prevalenza a quest’ultima dato che la grave condizione psicopatologica dell’imputato, per siffatto Tribunale, per come documentata e descritta dai periti, avrebbe delineato uno scenario nel quale la gravità della commissione del fatto di reato a lui attribuito sarebbe stata fortemente indotta dal suo stato mentale, tale quindi da ridurne sensibilmente la sua capacità di cogliere il significato sociale della propria condotta antigiuridica, nonché di scegliere in maniera orientata tra i vari impulsi dell’agire.
Pertanto, a parere di codesto organo giudicante, la rimproverabilità soggettiva del reato attribuito all’imputato sarebbe stata ampiamente ridotta, in forza della parziale incapacità di intendere e di volere, della quale lo stesso era risultato essere affetto al momento della commissione del fatto; in ragione di tale incapacità, l’attenuante di cui all’art. 89 cod. pen. avrebbe assunto un peso preponderante nel concreto disvalore penale della condotta, rispetto all’aggravante della violenza sulle cose, anche in considerazione dello scarso valore economico del bene attinto dalla vis, nonché del ridotto danno patrimoniale cagionato alla persona offesa. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025“, giunto alla sua V edizione, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon, e il Codice Penale e norme complementari 2026 – Aggiornato a Legge AI e Conversione dei decreti giustizia e terra dei fuochi, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
2. La questione di costituzionalità: perché il divieto di bilanciamento viola l’art. 3 Cost.
Il Tribunale di Teramo, in occasione della vicenda giudiziaria appena richiamata, – stante il fatto che, per il reato di furto in abitazione, l’art. 624-bis, quarto comma, cod. pen., preclude il normale giudizio di bilanciamento tra circostanze, disponendo testualmente che «[l]e circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 625-bis, concorrenti con una o più delle circostanze aggravanti di cui all’art. 625, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette circostanze aggravanti» in guisa tale che, conseguentemente, la chiara formulazione letterale della disposizione consente, nel caso di specie, di dare rilevanza all’attenuante della seminfermità di mente soltanto dopo che la pena base sia stata aumentata in virtù dell’applicazione della suddetta aggravante relativa alla violenza sulle cose – sollevava, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 624-bis, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui, disciplinando il furto in abitazione, non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista del vizio parziale di mente dall’art. 89 cod. pen. allorché essa concorra con la circostanza aggravante di cui all’art. 625, primo comma, numero 2), prima parte, cod. pen. (violenza sulle cose).
Ebbene, in ordine alla non manifesta infondatezza, il rimettente riteneva come siffatta questione di legittimità costituzionale avrebbe trovato giustificazione nella sentenza n. 217 del 2023 della Consulta, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, quinto comma, cod. pen. nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-bis), dello stesso art. 628 cod. pen.
In effetti, per il giudice a quo, quest’ultima disposizione, relativa al reato di rapina, sarebbe strutturata in maniera del tutto simile rispetto a quella oggetto del presente giudizio in quanto, in entrambe, il legislatore ha previsto un meccanismo in forza del quale, al ricorrere di talune aggravanti, le circostanze attenuanti concorrenti non sono soggette all’ordinario giudizio di bilanciamento, prevedendosi che la diminuzione di pena per queste ultime venga operato soltanto dopo che alla pena base si sia applicato l’aumento per la circostanza aggravante; in entrambe le disposizioni, inoltre, il legislatore esclude da tale regola l’attenuante di cui all’art. 98 cod. pen.
Di conseguenza, per il Tribunale di Teramo, seguendo la suddetta sentenza n. 217 del 2023, una volta che il legislatore abbia ritenuto di prevedere una specifica deroga all’applicazione del meccanismo di computo delle circostanze previsto dall’art. 628, quinto comma, cod. pen. in favore dei minorenni, un imperativo di coerenza, per linee interne al sistema, esigerebbe che tale deroga si estenda anche alla posizione, del tutto analoga, degli imputati affetti da vizio parziale di mente.
Ordunque, sempre secondo il giudice rimettente, tali argomentazioni ben si adatterebbero anche alla disposizione oggetto del presente giudizio in quanto, anche nell’art. 624-bis, quarto comma, cod. pen., viene esclusa dal novero delle circostanze attenuanti assoggettate alla regola ivi prevista quella di cui all’art. 98 cod. pen., mentre risulterebbe ingiustificatamente compresa quella del cosiddetto vizio parziale di mente, nonostante tra le due ipotesi vi sia una comune ragione che ne giustifica la loro previsione, vale a dire quella di attenuare il trattamento sanzionatorio allorquando il fatto di reato sia commesso da un soggetto con un grado di capacità di intendere e di volere limitato, così come, similmente, non vi sarebbero differenze rilevanti tra le due fattispecie di reato, tali per cui la declaratoria di illegittimità costituzionale del reato di rapina – nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante dell’art. 89 cod. pen., ancorché concorra con altre circostanze aggravanti – non possa scorgersi anche rispetto alla fattispecie di reato di furto in abitazione trattandosi, infatti, di norme collocate tra i delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose o alle persone, tenuto conto altresì del fatto che, da una parte, entrambe le norme incriminatrici, inoltre, sarebbero strutturate nella forma del cosiddetto reato complesso e ambedue prevederebbero, quale fattispecie base, il delitto di furto, dall’altra, tutte e due le norme sarebbero articolate nella struttura di reato di danno e a forma vincolata, visto che, tanto la rapina, quanto il furto in abitazione, sarebbero reati posti a tutela di plurimi beni giuridici, salvaguardando non soltanto il patrimonio, ma anche l’integrità fisica della vittima, il primo, e la sicurezza individuale e, più in generale, la sfera personale di inviolabilità e riservatezza della persona, il secondo.
Infine, il giudice a quo riteneva come il contrasto in questione non sarebbe stato risolvibile attraverso una lettura costituzionalmente orientata, atteso il suo inequivoco tenore letterale.
3. La decisione della Corte: la “blindatura” del 624-bis c.p. è irragionevole
La Corte costituzionale – dopo avere illustrato le argomentazioni sostenute a fondamento di codesta questione– considerava la questione suesposta fondata.
Nel dettaglio, i giudici di legittimità costituzionale, dopo avere compiuto un excursus giurisprudenziale, in relazione alle sentenze emesse dalla stessa Consulta in tema di bilanciamento di circostanze nel reato di rapina, ritenevano la questione suesposta fondata, reputando come non vi fossero ragioni per discostarsi da quanto affermato nelle pronunce n. 217 del 2023 e n. 130 del 2025 con cui la Corte costituzionale ebbe modo di dichiarare costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 3 Cost., l’art. 628, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra, nel primo caso, con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-bis), dello stesso art. 628 (ossia se il fatto è commesso in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa) e, nel secondo caso, con quella di cui al successivo numero 3-quater) (se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro) atteso che, in ambedue codeste decisioni, venne evidenziata, in particolare, «un’irragionevole disparità [della circostanza attenuante della seminfermità] rispetto al trattamento riservato [a quella] della minore età di cui all’art. 98 cod. pen., espressamente sottratta dal legislatore al divieto di equivalenza o prevalenza rispetto alle circostanze aggravanti elencate dall’art. 628, quinto comma».
In effetti, per il Giudice delle leggi, gli elementi di distinzione tra la questione in esame (ossia la circostanza che il meccanismo di “blindatura” si riferisce al reato di furto in abitazione e che la circostanza aggravante che il rimettente vorrebbe porre in bilanciamento con la seminfermità è quella della violenza sulle cose) e quelli oggetto delle suddette pronunce non giustificano una soluzione differente.
Pur tuttavia, dopo avere fatto siffatta affermazione, i giudici di legittimità costituzionale reputavano opportuno riportare, a questo punto della disamina, per chiarezza, la parte di interesse delle disposizioni in tema di furto in abitazione (art. 624-bis cod. pen.) e rapina (art. 628 cod. pen.), il che veniva effettuato nei seguenti termini: “L’ultimo comma dell’art. 624-bis cod. pen. stabilisce che «[l]e circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 625-bis, concorrenti con una o più delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 625, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette circostanze aggravanti». In maniera del tutto analoga, l’art. 628, quinto comma, cod. pen. prevede che «[l]e circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3), 3-bis), 3-ter) e 3-quater), non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti»”.
Ebbene, concluso tale raffronto comparativo di ordine normativo, sempre ad avviso della Consulta, il fatto che il meccanismo di “blindatura totale” sia riferito ai reati di furto in abitazione e furto con strappo (art. 624-bis cod. pen.), mentre nei due precedenti giurisprudenziali citati era riferito al reato di rapina (art. 628 cod. pen.), è irrilevante, dato che le censure non si appuntano sul suddetto meccanismo – considerato legittimo della stessa Consulta – ma su quali debbano essere le eccezioni a tale meccanismo, che il giudice a quo avrebbe voluto estendere alla seminfermità di cui all’art. 89 cod. pen..
Chiarito ciò, quanto poi alle diversità riguardanti l’aggravante con la quale l’attenuante della seminfermità entra in rapporto, per il Giudice delle leggi, valevano, mutatis mutandis, le considerazioni già svolte sempre dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 130 del 2025, deducendosi al contempo che la diversità tra le circostanze aggravanti, cosiddette privilegiate, che venivano in considerazione nelle citate sentenze n. 217 del 2023 e n. 130 del 2025 e quella che veniva in rilievo nel caso di specie, sempre a detta dei giudici di legittimità costituzionale, non giustificava una soluzione che si discosti dalle precedenti, proprio perché, anche in quella sede, è stata censurata la mancata estensione della deroga prevista in caso di minore età all’attenuante del vizio parziale di mente, sulla base di considerazioni fondate non già sulla natura delle aggravanti, ma sull’equiparabilità tra la condizione dell’infermo parziale di mente e quella del minorenne, entrambi soggetti che evidenziano un grado di rimproverabilità significativamente ridotto; considerazioni che, per la Corte, risultavano pienamente trasponibili anche al caso di specie.
La Corte costituzionale, di conseguenza, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, dichiarava l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3 Cost., dell’art. 624-bis, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui non consente, nel caso del delitto di furto in abitazione, di ritenere equivalente o prevalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui all’art. 625, primo comma, numero 2), prima parte, cod. pen..
4. Le ricadute della sentenza: come cambia il bilanciamento nel furto in abitazione
Fermo restando che l’art. 624-bis, co. 4, cod. pen., com’è noto, prevede che le “circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 625-bis, concorrenti con una o più delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 625, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette circostanze aggravanti”, con la pronuncia qui in commento, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo siffatto precetto normativo nella parte in cui non consentiva, nel caso del delitto di furto in abitazione, di ritenere equivalente o prevalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui all’art. 625, primo comma, numero 2), prima parte, cod. pen.
Tal che ne consegue che, per effetto di siffatta decisione, allorchè si proceda per un reato di questo genere, è adesso possibile riconoscere, come equivalente o prevalente, l’attenuante di cui all’art. 89 cod. pen., vale a dire quella riguardante il vizio parziale di mente, anche laddove ricorra l’aggravante di cui all’art. 625, co. 1, n. 2, prima parte, cod. pen., cioè quando il furto in abitazione sia commesso con violenza sulle cose.
Questa è dunque in sostanza la novità che connota la decisione qui in commento.
Ti interessano questi contenuti?
Salva questa pagina nella tua Area riservata di Diritto.it e riceverai le notifiche per tutte le pubblicazioni in materia. Inoltre, con le nostre Newsletter riceverai settimanalmente tutte le novità normative e giurisprudenziali!
Iscriviti!
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento