Consiglio di Stato Sezione VI Sentenza 25 settembre 2007, n. 4925: Concorsi pubblici – La regola dell’anonimato – modalità delle prove di esame – esclusione del ricorrente dalle prove orali – la prova pratica, “sostanziandosi in una relazione scritta valu

sentenza 20/12/07
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Consiglio di Stato Sezione VI Sentenza 25 settembre 2007, n. 4925
FATTO E DIRITTO
 
1. Con la sentenza impugnata, il TAR per il Lazio ha accolto, previa loro riunione, i ricorsi del sig. G. G., disponendo l’annullamento degli atti impugnati: bando di concorso per titoli ed esami per la copertura di 185 posti di "aiuto medico legale", nella parte in cui (art. 5) dispone le modalità delle prove di esame; provvedimento di esclusione del ricorrente dalle prove orali; giudizi di inidoneità nella prova pratica; graduatoria finale ed eventuale nomina dei vincitori del concorso, nonché ogni altro atto, presupposto, connesso o consequenziale, comunque lesivo.

I primi giudici – dopo avere disatteso le eccezioni, sollevate dall’INAIL, di tardività dell’impugnativa dell’art. 5 del bando di concorso e (con riguardo al secondo ricorso) di inammissibilità per violazione del principio del ne bis in idem – hanno statuito la fondatezza dei ricorsi, in quanto la prova pratica, "sostanziandosi in una relazione scritta valutabile previamente (rispetto alla discussione del caso) dalla Commissione", non doveva essere sottoscritta (come richiesto dalla Commissione), al fine di garantire l’applicazione del principio dell’anonimato, che è "portato del criterio generale di imparzialità della Pubblica Amministrazione", come sarebbe stato riconosciuto in controversia analoga da questo Consiglio di Stato (cfr. Sez. V, 2 marzo 2000, n. 1071).

1.1. Avverso tale sentenza interpone appello l’INAIL, il quale non condivide la statuizione del TAR Lazio, in quanto il bando di concorso prevede due prove, una pratica e una orale, e la prova pratica consiste in "una relazione scritta redatta sul modello 22-ss e discussione del caso esaminato", con la ulteriore precisazione che "la prova pratica sarà effettuata attraverso l’esame clinico diretto di un soggetto ovvero sulla base della documentazione sanitaria concernente un caso clinico specifico". Secondo l’Istituto appellante, invero, dette modalità di espletamento della prova pratica non richiedevano l’anonimato, atteso che alla redazione redatta su un modello di costituzione di rendita (modulo 22-ss), doveva seguire immediatamente la discussione del caso esaminato anche mediante l’esame clinico diretto di un soggetto; sicché, diversamente da quanto statuito dal giudice di primo grado, non si sarebbe potuto procedere alla preliminare correzione, in forma anonima, delle relazioni scritte e alla discussione del caso in immediata sequenza temporale.

1.2. Nell’attuale fase di giudizio non si è costituito l’appellato.

1.3. I ricorso è stato infine assunto in decisione alla pubblica udienza del 4 maggio 2007.

2. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.

2.1. Come già statuito da questa Sezione nelle recentissime decisioni 22 febbraio 2007, n. 943 e 19 marzo 2007, n. 1285, pronunciate in relazione ad analoghe controversie, dalle cui statuizioni il Collegio non intende discostarsi, la questione della violazione della regola dell’anonimato, che, nella specie, avrebbe dovuto essere applicata dalla Commissione esaminatrice nella prova pratica, la cui modalità di svolgimento è prevista dall’art. 5 del bando di concorso, non può essere risolta con il richiamo a principi giurisprudenziali, che sia il primo giudice sia l’appellata ritengono assolutamente univoci nel senso di richiedere il rispetto del principio dell’anonimato delle prove effettuate mediante l’elaborazione di uno scritto.

Non occorre ulteriormente specificare (e/o adattare al caso in esame) la portata del richiamato principio dell’anonimato delle prove scritte da valutare, la cui "cogenza" non può essere messa in discussione, giacché esso "assicura l’indipendenza di giudizio dell’organo valutativo" (Cons. St. Sez. V, n. 1071 del 2000).

Gli interventi della giurisprudenza amministrativa in materia sono copiosi e si caratterizzano, fra l’altro, per una applicazione rigorosa e sempre più esplicita della regola dell’anonimato nelle procedure concorsuali nelle quali sia presente una prova scritta.

Nella decisione n. 1071/2000 della Sezione V del Consiglio di Stato (citata dal TAR, siccome espressione di un principio generale ed incondizionato), la struttura stessa della argomentazione è costruita in base alla considerazione che la redazione di un elaborato scritto debba essere anonima, anche in mancanza di una espressa previsione del bando che disciplina la procedura concorsuale.

Uno dei passi che detta decisione dedica alla inderogabilità della regola dell’anonimato descrive la ragione per cui è necessario che l’elaborato non sia immediatamente e chiaramente riferibile ad un concorrente: l’anonimato evita il rischio, anche potenziale, di condizionamenti esterni.

La relazione tra anonimato ed elaborato scritto è diretta, per cui occorre verificare se, nella specie, le modalità (previste dal bando) di svolgimento della prova pratica si concretizzino nella redazione di uno scritto, che la Commissione avrebbe dovuto "valutare previamente rispetto alla discussione del caso in immediata sequenza temporale"; infatti, solo se la prova pratica si sostanzia nella redazione di un elaborato scritto, la applicazione della regola dell’anonimato assume un carattere cogente; diversamente la pretesa di applicare questa regola non ha alcun senso.

Acquista un particolare rilievo, da siffatto punto di vista, la previsione di cui all’art. 5, nella quale si descrive la prova pratica: essa consta di una "relazione scritta redatta sul modulo 22-ss e discussione del caso esaminato"; al quarto comma dello stesso art. 5 si specifica che "la Commissione esaminatrice stabilirà la durata e le modalità di svolgimento della prova pratica che sarà effettuata attraverso l’esame clinico diretto di un soggetto ovvero sulla base dell’esame della documentazione sanitaria concernente un caso clinico specifico".

Non c’è dubbio che la prova pratica sia unica e sia unitariamente considerata, come emerge dal successivo art. 7 del bando, il quale prevede che venga attribuito alla prova pratica il punteggio di 20, senza che debba essere espresso alcun giudizio previo sulla relazione scritta redatta su un modello di costituzione di rendita (modulo 22-ss).

Questa relazione costituisce dunque uno dei due momenti che strutturano l’unica prova pratica, la quale deve essere valutata insieme alla "discussione del caso esaminato", che è "l’esame clinico diretto di un soggetto", in cui si sostanzia lo svolgimento della prova pratica.

La questione della applicazione, nella specie, della regola dell’anonimato deve necessariamente tenere presente questa configurazione della prova pratica, e specialmente il fatto che essa è unica ed è strutturata in due momenti, perfettamente complementari e coerenti: compilazione del modulo e discussione del caso esaminato.

Una considerazione della regola dell’anonimato che accentui la sua "portata generale ed inderogabile" in tutti i casi in cui la prova pratica contenga un qualsiasi elemento "scritto", contribuirebbe ad assimilare indebitamente la prova pratica a quella scritta, ed a considerare la prova pratica come un succedaneo della prova scritta. Comporterebbe, perciò, in definitiva, una configurazione della prova pratica che non risponde alla previsione del bando, con il risultato di rendere inutile lo svolgimento di tale prova, giacché l’obiettivo che l’INAIL si proponeva di conseguire con la procedura concorsuale in esame era l’accertamento delle "capacità tecnico-professionali" dei concorrenti, e non che questi dimostrassero di possedere conoscenze teoriche del caso esaminato.

Se, quindi, si tiene presente che, nella specie, non era prevista la redazione di un autonomo elaborato scritto, occorre concludere – conformemente a quanto statuito nelle citate decisioni della Sezione – che l’effettuazione della prova pratica non poteva essere assoggettata alla regola dell’anonimato, come ritenuto dai primi giudici (in tal senso, Cons. St., Sez. V, n. 417 del 2006).

2.2. Dal che consegue l’accoglimento dell’appello e, per l’effetto, dell’infondatezza dell’originario gravame, in riforma della sentenza di primo grado.

Sussistono peraltro giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, pronunciando definitivamente sul ricorso in appello in epigrafe specificato, lo accoglie, e, in riforma della sentenza impugnata, dichiara infondato il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

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