Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana sentenza n. 907/07 in materia elettorale

sentenza 27/03/08
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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 907/07 ********
 
N.     187    ********
 
ANNO 2007
            Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 187/2007, proposto dai signori
°° e °°,
rappresentati e difesi dall’avv. *********************, con domicilio eletto in Palermo, via P.F. Dè ******* n. 22, presso lo studio dell’avv. ***************;
c o n t r o
– il PARTITO SOCIALISTA – NUOVO PSI, in persona del legale rappresentante pro tempore;
***,
– COMUNE DI MESSINA, in persona del Sindaco pro tempore, non costituiti in giudizio;
nonché contro
– l’ASSESSORATO REGIONALE PER LA FAMIGLIA, LE POLITICHE SOCIALI E LE AUTONOMIE LOCALI, in persona dell’Assessore pro tempore;
– la COMMISSIONE ELETTORALE CIRCONDARIALE DI MESSINA, in persona del legale rappresentante pro tempore;
– l’UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO, PREFETTURA DI MESSINA, in persona del Prefetto pro tempore;
– il MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;
– l’UFFICIO CENTRALE ELETTORALE PER LA ELEZIONE DEL SINDACO E DEL CONSIGLIO COMUNALE DI MESSINA DEL 27/28 NOVEMBRE 2005, in persona del legale rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato con domicilio ex lege presso la medesima in Palermo, via De Gasperi n. 81;
e nei confronti
– dei signori *** rappresentati e difesi dall’avv. **************, con domicilio eletto in Palermo, via Nunzio Morello n. 40, presso lo studio dell’****************** (appellanti incidentali);
– del ***, rappresentato e difeso dall’avv. **************, con domicilio eletto in Palermo, via Nunzio Morello n. 40, presso lo studio dell’****************** (appellante incidentale);
– dell’avv. ***, rappresentato e difeso dall’avv. *****************, con domicilio eletto in Palermo, via Domenico Trentacoste n. 89, presso la signora ******************;
– dell’ing. ***, rappresentato e difeso dall’avv. **************** con domicilio eletto in Palermo, via Trentacoste n. 89, presso la signora ******************;
nonché nei confronti dei signori
***, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza n. 2380, in data 28 novembre 2006 del Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, I;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo;
Visti gli atti di costituzione in giudizio, con appello incidentale, dei signori ***;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori ***;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Consigliere ********************; uditi, alla pubblica udienza del 21 giugno 2007, l’avv. ************* per gli appellanti, l’avv. dello Stato ********* per le amministrazioni appellate, l’*************** per ********* °° ed altri, l’avv. ***********, su delega dell’avv. ***********, per ****** °°ò e l’avv. ***********, su delega dell’avv. ***********, per ********* °°;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
I
1.         In vista delle consultazioni elettorali per il rinnovo delle cariche municipali di Messina, indette per il 27 e 28 novembre 2005, era depositata dal sig. ********* °°, una lista recante un contrassegno con la seguente dicitura : “Partito Socialista – Nuovo PSI”, costituito da un cerchio con bordo rosso, bianco, corona circolare verde, al centro del quale era raffigurato un garofano con la corolla rossa ed il gambo verde.
            Tale lista, che comprendeva nr. 37 candidati, era depositata su delega dell’************************, che l’aveva resa in qualità di ******************** del Partito socialista, Nuovo PSI, con sede in Roma, via Torre Argentina nr. 47.
            Venuto a conoscenza della presentazione della suddetta lista, l’****************************, detto “****”, con telegramma del 3 novembre 2005, opponendosi all’ammissione della suddetta lista, comunicava alla Commissione elettorale circondariale (******) di Messina che l’on.le *********** non ricopriva più alcun incarico all’interno degli organi direttivi del Partito Socialista Nuovo PSI, in quanto al V Congresso del Partito era stato eletto alla carica di ******************** del Partito lo stesso on.le *****.
            La C.E.C. di Messina, con verbale del 3 novembre 2005 nr. 91 ammetteva la lista, ritenendo “di non essere legittimata ad entrare nel merito della questione sopra prospettata atteso che il sindacato di competenza di questa Commissione elettorale circondariale è limitato alla verifica – di natura formale e non sostanziale – che le liste dei candidati a Sindaco e a Consiglieri comunali siano state sottoscritte e presentate da colui il quale, ai sensi dell’art. 7, comma 3, della legge regionale n. 7/92, così come sostituito dall’art. 1 della legge regionale n. 35/97, dichiara, con firma autenticata da ******************, di possedere la qualità di Rappresentante del Partito o gruppo politico o di essere stato dallo stesso delegato”.
            Nella specie – osservava altresì la C.E.C. – la delega dell’on.le *********** al sig. ********* °°, nell’autentica della firma redatta dal notaio, riportava l’attestazione della “identità personale, qualifica e poteri di firma” del delegante.
2.         Il verbale del 3 novembre 2005 era impugnato dall’***********, nella cennata qualità, con il ricorso nr. 3049/05 R.G., depositato il 21 novembre 2005, in particolare sul rilievo che la lista era stata presentata da soggetto non avente (per le ragioni anzidette) legittimazione a proporla.
            Il Presidente della Prima Sezione del Tribunale Amministrativo, con decreto nr. 1757 del 23 novembre 2005, sospendeva il verbale impugnato, ordinando alla C.E.C. di riconvocarsi ed esaminare, entro 24 ore, le ragioni dell’esposto-denuncia, adottando poi i provvedimenti consequenziali ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 18 e 21 del DPRS n. 3/1960.
            In ottemperanza al suddetto decreto, la C.E.C. si riconvocava il giorno successivo (24 novembre 2005) e, riesaminata la questione, disponeva nuovamente l’ammissione della lista con il verbale nr. 119, osservando che:
– dal verbale del V Congresso del Partito celebrato in data 21 ottobre 2005 risultava che prima di ogni votazione assunta dall’assemblea (sulla regolarità dell’assemblea medesima e sull’elezione dell’on. *****, quale nuovo Segretario) non si è proceduto alla verifica dei poteri degli aventi diritto al voto ed alla loro individuazione ed identificazione;
– tale verbale non contiene gli elementi minimi ed essenziali per poter affermare che l’elezione dell’*********, quale Segretario Nazionale del Partito socialista Nuovo PSI sia validamente avvenuta, essendo del tutto incerta e non altrimenti verificabile, in base ai documenti prodotti a questa Commissione, l’identità di coloro che hanno partecipato alla votazione e la legittimazione di costoro ad esprimere il proprio voto in seno al Congresso Nazionale;
                     Pertanto … in mancanza di prova contraria ed in ossequio al più generale principio del favor voti, deve ritenersi che la legittimazione a presentare la lista sussista in capo all’on. ******************, il quale, anche dai documenti prodotti dal legale dello stesso on. *****, risulta che era il Segretario nazionale in carica al momento dell’apertura del V Congresso tenutosi in data 21 ottobre 2005;
                     infine, la delega rilasciata dall’on. ****************** al sig. ********* °° per la presentazione della lista e l’utilizzo del simbolo del partito, riporta in calce l’autentica della firma fatta dal notaio dr. *****************, il quale ha certificato espressamente “identità personale, qualifica e poteri di firma” per l’atto in questione.
            Anche il verbale n. 119/2005 era impugnato avanti al T.A.R. Sicilia, Sezione staccata di Catania, dall’***********, che proponeva motivi aggiunti al ricorso principale nel giudizio nr. 3049/05, ribadendo in particolare la validità della propria elezione a Segretario nazionale del Partito e la conseguente erroneità della interpretazione data dalla C.E.C. al materiale probatorio offerto in visione ad essa e depositato agli atti del fascicolo elettorale.
            Il Presidente della Prima Sezione del Tribunale Amministrativo, con decreto nr. 1790 del 25 novembre 2005, sospendeva il verbale nr. 119/2005 e ordinava l’esclusione della lista in esame, ritenendo ad un primo esame (condotto ai fini della decisione monocratica sulla istanza cautelare) valido ed efficace il titolo di Segretario nazionale del Partito vantato dal ricorrente, in assenza, specialmente, di qualsiasi impugnativa giudiziale in sede civile degli atti del V° Congresso Nazionale del Partito Socialista – Nuovo PSI.
            La C.E.C., in ottemperanza al suddetto decreto presidenziale, con verbale nr. 121 del 25 novembre 2005 provvedeva all’esclusione della lista dalle competizioni elettorali del 27 e 28 novembre 2005.
            I decreti presidenziali del TAR del 23 e del 25 novembre 2005 erano impugnati in via d’urgenza dai signori ********* °°, presentatore della lista in vertenza, e dal signor ******** °°, in qualità di candidato alla carica di Sindaco, avanti al Presidente di questo Consiglio che con decreto n. 958, in data 26 novembre 2005 dichiarava inammissibile l’istanza, avendo la medesima ad oggetto decreti presidenziali cautelari non autonomamente soggetti ad appello trattandosi di provvedimenti monocratici destinati a perdere efficacia con il sopraggiungere della ordinanza cautelare collegiale da adottare nella prima camera di consiglio utile ex art. 21 nono comma della legge n. 1034/1971. Nel decreto presidenziale n. 958/2005 si sottolineava tuttavia che “il ricorso ed i motivi aggiunti proposti in prime cure dovevano essere dichiarati inammissibili in quanto, alla stregua dell’orientamento assunto in materia da questo Consiglio, la impugnazione in sede giurisdizionale amministrativa degli atti endoprocedimentali concernenti la ammissione ed esclusione di liste è ammessa soltanto all’esito della proclamazione degli eletti”.
            Nel giudizio introdotto con il ricorso nr. 3049/2005 in particolare:
– si costituiva l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, chiedendo la declaratoria di inammissibilità o comunque il rigetto del ricorso e dei relativi motivi aggiunti;
si costituivano ad opponendum i signori******************, ***************, ***************, ***********************, ***************, **************, *******************, ****************, *****************, ***************, *************** nonchè il signor ************** e il sig. ************* (candidati della lista in vertenza);
– si costituivano ad opponendum anche i signori ********* °° e ******** °°, nonchè i signori **********’****** e **************** (questi ultimi cittadini elettori e candidati non eletti nella consultazione di cui trattasi), che sostenevano la legittimità dell’ammissione della lista presentata su delega dell’*****************;
– si costituiva ad adiuvandum, sostenendo le ragioni dell’esclusione della lista, il sig. Reattino ******** (cittadino elettore del Comune di Messina);
– interveniva altresì adesivamente e si costituiva come terzo il signor ************* (candidato non eletto, cittadino elettore e Presidente nazionale della Nuova Democrazia Cristiana).
3.         Intanto, dopo le consultazioni nel frattempo svoltesi, gli Uffici elettorali in data 13 e 20 dicembre 2005 procedevano alla proclamazione degli eletti alla carica di Sindaco e di Consigliere Comunale del Comune di Messina.
            Erano proposti allora quattro ulteriori ricorsi.
            Di questi, due erano diretti a sostenere il titolo alla ammissione della lista presentata per delega dell’***************; e precisamente:
– il ricorso nr. 100/06, proposto dai signori**********D’****** e ****************, avverso il verbale dell’ufficio Centrale Elettorale per il turno di ballottaggio del 13 dicembre 2005, di proclamazione alla carica di sindaco di Messina del candidato Genovese Francantonio e del verbale in data 20 dicembre 2005 del Presidente dell’Ufficio Centrale Elettorale recante proclamazione dei candidati eletti al Consiglio Comunale di Messina, nonché degli atti e provvedimenti conseguenziali, presupposti e connessi ed in particolare del verbale dell’ufficio elettorale circondariale del Comune di Messina, nr. 121 del 25 novembre 2005;
– il ricorso nr. 124/2006, proposto dai signori ********* °° (presentatore della lista), ******** °° (candidato alla carica di sindaco) e ************* (candidato della lista) avverso gli stessi atti.
            In entrambi i gravami i ricorrenti impugnavano il risultato elettorale in quanto non era stata ammessa alle consultazioni la lista presentata dal sig. ********* °°, assumendo, tra l’altro, l’illegittimità dell’esclusione per motivi in parte riconducibili alla affermata legittimazione dell’***************** in qualità di ******************** del Partito Socialista – Nuovo PSI ed in parte a vizi propri del provvedimento di esclusione della lista adottato dalla C.E.C..
            Proponevano ricorso incidentale i sigg.ri *************, ***************, ****** °°ò, ********* °°, (Consiglieri eletti nelle consultazioni di cui trattasi, nel frattempo svoltesi) che impugnavano a loro volta le risultanze elettorali nella parte in cui la C.E.C. aveva inizialmente ammesso la lista presentata dal sig. °° *********, lamentando sia la carenza di potere in capo al delegante on.le *********** quanto alla rappresentanza del Partito Socialista, sia altri vizi propri del provvedimento di ammissione della C.E.C..
            Si costituivano anche il sig. ********’Amore e altri (ricorrenti incidentali nel giudizio introdotto con il ricorso n. 124/2006), nella qualità di cittadini elettori e consiglieri eletti, sostenendo la irricevibilità, la inammissibilità e la infondatezza dei gravami.
            Si costituiva infine l’Avvocatura distrettuale della sede di Catania, concludendo per il rigetto dei ricorsi principali e dei ricorsi incidentali.
4.         Gli altri due ricorsi erano diretti a sostenere la tesi opposta. Si tratta dei ricorsi:
nr. 103/2006, del Partito socialista – Nuovo PSI, in persona dell’********* contro:
– il verbale nr. 91/2005 del 3 novembre 2005 della C.E.C. di Messina, con il quale era stata considerata regolare ed ammessa alle elezioni la dichiarazione di presentazione di lista dei candidati a firma del sig. °° Salvatore dell’1 novembre 2005 (presentata il 2 novembre 2005 che aveva preso il numero di lista nr. 31 contraddistinto dal contrassegno “PARTITO SOCIALISTA – NUOVO PSI” contenente 37 candidati);
– il verbale nr. 119/2005 del 24.11.2005, della C.E.C. di Messina, con il quale, dopo l’emissione del decreto presidenziale 1757/2005, era stata considerata regolare e nuovamente ammessa alle elezioni la dichiarazione di presentazione di lista di candidati a firma del sig. °° Salvatore dell’1 novembre 2005, presentata il 2 novembre 2005, che aveva preso il numero di lista 31 contraddistinta dal contrassegno “PARTITO SOCIALISTA – NUOVO PSI” contenente 37 candidati;
– gli atti endoprocedimentali, preparatori ed istruttori, nonché ogni provvedimento successivo, connesso e/o consequenziale;
– l’atto di proclamazione del dott. *********************, quale Sindaco di Messina, avvenuto a cura dell’Ufficio centrale elettorale in data 13 dicembre 2005 “sconosciuto”, e ogni altro atto endoprocedimentale, precedente, preparatorio, successivo e/o connesso, parimenti sconosciuto, ivi compresa l’eventuale deliberazione di ratifica, verifica, e proclamazione avvenuta in Consiglio Comunale;
– l’atto di proclamazione dei 45 consiglieri comunali eletti, avvenuta a cura dell’Ufficio centrale Elettorale in data 20.12.2005, sconosciuto e di ogni altro atto endoprocedimentale, precedente, preparatorio, successivo e/o connesso, parimenti sconosciuto, ivi compresa l’eventuale deliberazione di ratifica, verifica e proclamazione avvenuta in Consiglio Comunale;
nr. 110/2006, dei signori ********* °°, *************** , *****************, *************** (cittadini elettori) che chiedevano, per la ipotesi in cui dovessero rivivere gli originari atti di ammissione, l’annullamento dei verbali della C.E.C. di Messina nr. 91/2005 del 3.11.2005 e nr. 119/2005 del 24 novembre 2005, nonché degli atti successivi, connessi e consequenziali.
            Lamentavano in particolare l’illegittima ammissione (a suo tempo disposta dalla C.E.C.) della lista presentata dal sig. ********* °°.
            In relazione al ricorso n. 103/2006 depositavano memoria (unica, in quanto riguardante anche il ricorso n. 3049/05) i signori ********* °° e ******** °°, deducendo la inammissibilità e comunque la infondatezza dei gravami.
            Per il rigetto concludeva anche l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, contestando in particolare la legittimazione passiva dell’Ufficio elettorale centrale di Messina, in quanto organo straordinario temporaneo.
            In relazione al ricorso n. 110/2006 si costituiva l’Avvocatura distrettuale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso ed eccependo il difetto di legittimazione passiva di alcune delle Amministrazioni intimate.
5.                 Con varie successive ordinanze il TAR, in sede collegiale, disponeva il rinvio della trattazione del ricorso cautelare e dei ricorsi di merito, per problemi attinenti essenzialmente alla regolarizzazione del contraddittorio.
            Con ordinanza n. 161, in data 10 aprile 2006, il Collegio disponeva la riunione dei cinque giudizi, rinviandone la trattazione alla udienza dell’8 giugno 2006 per necessità di completare il contraddittorio.
            Analogamente era disposto, con ordinanza n. 638 del 6 aprile 2006 per la trattazione della domanda cautelare nel ricorso n. 3049/2005.
            Alla successiva udienza pubblica dell’8 giugno 2006, nonché alla camera di consiglio di pari data, i giudizi riuniti (compresa la domanda cautelare pendente nel ricorso nr. 3049/05), erano trattenuti in decisione ed era ulteriormente ordinata l’integrazione del contraddittorio e il rinnovo delle notifiche a mezzo esclusivo di ufficiale giudiziario (ord. nr. 251/06, depositata il 15 giugno 2006 e ord. nr. 974/06 dep. il 16 giugno 2006).
            Alla udienza del 12 ottobre 2006, la trattazione delle cause veniva nuovamente rinviata, su dichiarazione di alcuni difensori che avevano aderito allo sciopero nazionale degli avvocati (indetto con la delibera dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana del 5.7.2006 e successivamente reiterato).
            Le nuove udienze erano fissate per il 9 novembre 2006 anche per il prosieguo della trattazione cautelare del ricorso nr. 3049/05 (ord. nr. 1606/06 depositata il 17 ottobre 2006).
            In data 28 ottobre 2006, il sig. *************, ricorrente incidentale nei giudizi nn. 100/06 e 124/06 depositava memoria in cui chiedeva la sospensione dei giudizi in attesa della pronuncia del giudice civile nella causa promossa dall’On.le “****” ***** contro l’************************ (la cui prima udienza era prevista per il 29 dicembre 2006).
            Alla udienza pubblica del 9 novembre 2006 avanti al TAR i giudizi riuniti, erano trattenuti per la decisione; era contestualmente trattenuta in decisione anche la domanda cautelare pendente nel ricorso nr. 3049/05.
II
1.         Il TAR, con sentenza n. 2380, in data 28 novembre 2006, formulava alcune osservazioni introduttive, in cui:
a) precisava tra l’altro che:
– oggetto dei ricorsi non era l’accertamento e la verifica del diritto dell’*********** o dell’***************** ad usare il simbolo ed il nome del Partito Socialista (aspetto sul quale è precluso al giudice amministrativo ogni giudizio o decisione avente effetto inter partes);
– si trattava invece di individuare la regola di comportamento e di giudizio che le Commissioni Elettorali devono osservare per il caso in cui sorga una contestazione che comporta un oggettivo dubbio sulla titolarità del simbolo politico da parte del presentatore della lista e/o del delegante;
– al riguardo la C.E.C. deve utilizzare i suoi poteri di indagine fino al limite per questi previsto dall’Ordinamento, ossia accertare se tale questione è risolvibile alla luce della documentazione offerta dalle parti nel procedimento elettorale di esame delle liste presentate. Se, con l’uso di tali poteri (comunque formali) e nei termini previsti dall’Ordinamento, non è possibile risolvere la contestazione e dunque persiste il dubbio sull’uso del simbolo, allora la C.E.C. deve necessariamente escludere la lista;.
– e ciò nella esigenza di tutela dell’elettore e della efficacia ed efficienza del procedimento elettorale;
pertanto, quando tale legittimazione “d’ingresso” appare dubbia, o meglio, è contestata per ragioni afferenti la titolarità del nome e del simbolo del partito, l’esigenza di tutelare l’affidamento degli elettori deve essere tutelata al massimo grado e quindi deve impedirsi l’accesso alle competizioni elettorali da parte di quelle formazioni politiche “in forse”, fino a quando il conflitto interno non sia risolto con gli ordinari strumenti, anche qui, chiaramente previsti dall’Ordinamento (ossia tutele endoassociative oppure una pronuncia del giudice civile, che, come si vedrà, è pure soggetta a precisi limiti).
b)- confermava la già disposta riunione dei cinque giudizi;
c)- dichiarava poi che non vi era luogo a procedere all’esame, separato e preventivo, della domanda cautelare ancora pendente sul ricorso n. 3049/05, atteso che il ricorso stesso veniva deciso nel merito;
d)- dichiarava inammissibile, perché non notificato ad alcuna parte, l’atto di intervento adesivo e di costituzione del terzo presentato dal signor ************* nel ricorso citato.
            Osservava poi in particolare, con il corredo di ampie argomentazioni, che:
I) ————————————–
Ia) In punto di diritto, appare utile rilevare che la C.E.C. aveva il dovere di verificare i titoli di legittimazione dei due contendenti (e quindi, nella prima fase del procedimento, ha errato ritenendo di non potere entrare nel merito della contestazione), ma nel farlo ha ecceduto il limite – pur sempre formale – dei suoi poteri (in quanto ha espresso un giudizio di merito sulla legittimazione del delegante ***************** e del contestatore, ***********). Si potrebbe dire, quindi, con espressione avente ovviamente puro valore descrittivo, che la C.E.C ha errato due volte, in quanto, negandosi dapprima il potere di verifica l’ha poi esercitato con eccesso, mediante “giudizi di valore”; e quindi ha omesso di osservare quella sorta di “giusto mezzo” tra gli estremi;
Ib) premesse ampie argomentazioni sul tema della invalidità delle delibere assembleari e sul tema, più generale, del rapporto tra inesistenza e invalidità nell’ambito del diritto civile, concludeva che la elezione dell’on. ***** non poteva ritenersi inesistente, come ritenuto dalla C.E.C. nella seduta del 24 novembre 2005, restando, naturalmente, impregiudicata la questione circa la (perdurante e/o permanente) validità o meno dell’”evento” (ossia, lo si ripete, del Congresso e della elezione) e di, conseguenza, della effettiva valenza giuridico-negoziale di esso; ma tale questione deve essere proposta e risolta esclusivamente nella sede istituzionale a ciò deputata, ossia di fronte al giudice civile avente giurisdizione in tal senso (e, fino ad allora, o comunque in assenza di una pronuncia di annullamento del negozio invalido, quest’ultimo continuerà a produrre gli effetti suoi propri; come si vedrà, tale considerazione produce conseguenze ben precise non solo in ordine al giudizio di illegittimità della decisione della C.E.C., ma anche in tema di legittimazione a proporre il ricorso da parte dell’*********** “in quanto” rappresentante del Nuovo Partito Socialista Italiano);
Ic)       la C.E.C. si sarebbe dovuta limitare ad accertare la esistenza o meno di un documento probatorio della carica e dei poteri di rappresentante del Partito di cui era stato utilizzato il simbolo in capo a colui che contestava la sussistenza di tale qualità nei confronti del proponente; analogamente, avrebbe dovuto accertare la esistenza o meno di simile documento in capo al presentatore della lista; e nel caso del permanere del dubbio, ossia mancando prove “certe” a favore del proponente, avrebbe poi dovuto optare per l’esclusione della lista.
            L’esclusione deriva dal fatto che, appunto nei casi in cui è dubbia la legittimazione a proporre la lista, non è tanto rilevante il fatto che sia controversa o meno la legittimazione di chi contesta detta presentazione e quindi non sarà questo aspetto a formare oggetto di accertamento da parte della C.E.C., ma, al contrario, diviene centrale e rilevante il fatto che non è certa la legittimazione di chi propone la lista. Su quest’ultimo, infatti, grava l’onere di fornire la prova in proposito.
            …, laddove si creino situazioni di incertezza, all’interno delle formazioni politiche o dei partiti politici, circa la rispettiva leadership, tali situazioni dovranno essere risolte (in via di autonomia organizzativa avvalendosi degli ordinari strumenti associativi oppure mediante il ricorso al giudice ordinario) prima della partecipazione ad una competizione elettorale (ovviamente se a partecipare alla competizione sarà una lista con il simbolo ed il nome del partito), perché è prevalente l’interesse pubblico alla tutela della sincerità del voto ed alla stabilità del risultato, che non possono essere messi in forse da dissidi interni alle formazioni politiche che vi partecipano senza avere la necessaria coerenza e stabilità organizzativa (esponendo così l’espressione della sovranità popolare ad inammissibili condizioni di validità e di effettività esterne al voto).
            …, la Commissione ha, di fatto, svolto un giudizio di merito tra gli interessi contrapposti, entrambi costituzionalmente tutelati: quello del presentatore della lista, che è l’interesse all’esercizio del diritto politico di elettorato passivo ed il favor admissionis; quello dell’odierno ricorrente, che è l’interesse alla libertà di associazione e di manifestazione del pensiero.
            Tuttavia, nell’assetto normativo che è quello emergente dal citato art. 18 del D.pres reg. 1/1960 (coerente, d’altronde, con quello vigente a livello nazionale per effetto dell’art. 33 del DPR 570/1960) non sussistono spazi per una comparazione di questi contrapposti interessi, perché questa scelta è già stata fatta dal legislatore che ha inteso tutelare un terzo genere di interessi, rispetto a quelli appena esaminati, costituito dalla tutela della libertà di espressione del voto, ossia la tutela dei cittadini elettori, poiché ha previsto un meccanismo che impone l’accertamento della provenienza della lista, al fine di consentire il formarsi di un libero, consapevole e, quindi, responsabile convincimento da parte di questi ultimi.
            Pertanto, alla luce delle suddette ragioni, la C.E.C. ha errato nell’ammettere alle competizioni elettorali in esame la lista presentata dal sig. °° su delega dell’*****************.
Id) si soffermava poi sulla capacità e idoneità probatorie riconoscibili al materiale prodotto di fronte alla CEC e sulle deduzioni ed eccezioni proposte dalle parti controinteressate e resistenti nei ricorsi n. 3049/05, n. 103/06 e n. 110/06 e ricorrenti nei ricorsi 100/06 e 124/06 osservando in particolare, con ampi approfondimenti, che:
1) la documentazione presentata dall’********* sugli esiti del V Congresso era più che sufficiente a far sorgere un legittimo affidamento sulla sua veridicità e come tale sorregge le ricostruzioni del “fatto” negoziale (ossia l’avvenuta o contestata elezione) per entrambe le parti contrapposte nel procedimento elettorale.
2) non era condivisibile la tesi secondo cui la C.E.C. sarebbe stata “obbligata” all’ammissione per effetto della autentica contenuta nella delega proveniente dal Notaio, secondo la quale è certa la provenienza e “le qualità personali” del delegante.
3) errata era la tesi secondo cui, nell’escludere da ultimo la lista in vertenza, la C.E.C. avrebbe operato al di fuori dei tempi contingentati dal procedimento; sul punto si richiamava la tesi già espressa da quel Tribunale in altro giudizio, sulla possibilità della C.E.C. di superare i limiti previsti, salvo l’effetto utile ossia decidendo sui ricorsi o le opposizioni entro i tempi strettamente necessari a consentire di fatto la partecipazione alla competizione elettorale (TAR Catania, II, 25 luglio 2003, nr. 1203).
4) per stessa ammissione della parte controinteressata, era “notorio” che l’esito del Congresso era oggetto di palesi contestazioni, con il che si conferma che la stessa ****** avrebbe dovuto attivare i propri poteri di indagine sulla legittimazione del delegante il presentatore di lista e che, pur non avendolo fatto, una volta portata alla sua attenzione la contestazione formale della legittimazione suddetta, avrebbe dovuto escludere la lista, per le ragioni esposte prima che sono relative all’effetto che il “dubbio” sulla legittimazione a proporre la lista produce in ordine al procedimento elettorale.
II) l’ammissione della lista in vertenza era poi viziata anche per la differenza sussistente tra il simbolo presentato dal signor °° (con la indicazione Partito socialista – Nuovo P.S.I.) e quello oggetto di delega da parte dell’on. *********** (con la nuova indicazione Socialisti uniti per l’Europa); di conseguenza la intera verifica della CEC si sarebbe dovuta indirizzare all’accertamento della titolarità dell’on. *********** ad utilizzare il simbolo nuovo sia pure connesso a quello storico o tradizionale del Partito socialista dallo stesso rappresentato fino alla contestata elezione; e ciò soprattutto in relazione alla necessità o meno delle sottoscrizioni ai fini della validità della presentazione delle liste; per contro doveva riconoscersi con riferimento alla data dell’ammissione della lista la legittimazione ad agire dell’on. ***** nei ricorsi 3049/05 e 103/06, ancorché da ultimo con ordinanza cautelare in data 25 gennaio 2006 ex art. 700 c.p.c. il Tribunale di Roma avesse statuito la legittimazione dell’on. *********** a rivestire la carica di Segretario nazionale del Partito socialista – Nuovo P.S.I;
III) quanto ai ricorsi n. 100/06 e 124/06 ne rilevava la infondatezza, affermando che :
a)                 la C.E.C. era vincolata alle disposizioni emesse dal TAR con decreto presidenziale, escludendo dalla competizione elettorale la lista;
b)                tale esclusione era tempestivamente intervenuta prima della consultazione, non rilevando la inosservanza degli ordinari termini elettorali;
c)                 rituale era il ricorso contro l’ammissione della lista, senza attendere la proclamazione degli eletti; in ogni caso la questione aveva perso di rilevanza, perchè, dopo la proclamazione degli eletti contro l’ammissione erano stati proposti i ricorsi n. 103/06 e n. 110/06;
d)                il decreto monocratico cautelare aveva prodotto regolarmente i suoi effetti sino alla pronuncia di merito.
            Conclusivamente il TAR:
– dichiarava inammissibile l’atto di costituzione di terzo e di intervento ad adiuvandum del signor ************* nel giudizio n. 3049/05;
– accoglieva il ricorso n. 3049/2005 con i relativi motivi aggiunti nonché il ricorso n. 103/06 e il ricorso n. 110/06 e, per l’effetto, annullava gli atti con esso impugnati;
– respingeva i ricorsi n. 100/06 e 124/06;
– dichiarava improcedibili per carenza di interesse i ricorsi incidentali proposti nei ricorsi n. 100/06 e n. 124/06;
– condannava i soccombenti al pagamento delle spese di giudizio.
2.         La sentenza è stata appellata dai signori ******** °° e ********* °° che hanno dedotto:
1) Inammissibilità del ricorso n. 3049/2005; violazione dell’art. 83/11 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, sostenendo la carenza di legittimazione in capo all’********* alla proposizione dei ricorsi in primo grado, profili di difetto di giurisdizione, violazione del principio di massima partecipazione alle consultazioni elettorali, insussistenza dei presupposti per escludere la lista e rilevando che i provvedimenti cautelari presidenziali del TAR incidevano sul principio di autonomia della funzione amministrativa;
2) violazione di pronuncia d’urgenza del Giudice civile; violazione degli artt. 669 e 700 c.p.c.; difetto di giurisdizione, con richiamo alla ordinanza collegiale del 21 gennaio 2006 che aveva nelle more dei giudizi statuito l’invalidità del Congresso socialista e della elezione dell’********* a ********************;
3) violazione dell’art. 83/11 d.P.R. n. 570/1960; violazione dei principi sulla inammissibilità dei ricorsi elettorali prima della proclamazione degli eletti;
4) violazione dei principi sul giusto processo dell’art. 111 Costituzione; violazione artt. 21 c. 8, 9, e 13 della legge 9 dicembre 1971, n. 1034, censurando la esclusione della lista disposta in sede cautelare monocratica;
5) mancata decisione su un punto rilevante della controversia; violazione dell’art. 52 r.d. 17 agosto 1907, n. 642; violazione dell’art. 21 della legge TAR; violazione dei principi del giusto processo, censurando alcune determinazioni procedimentali assunte dal TAR (in particolare relativamente alla riunione dei ricorsi, ai rinvii della decisione, alla parziale identità dei ricorsi n. 3049/05 e n. 103/06).
            In conclusione gli appellanti hanno chiesto l’annullamento della sentenza appellata, quanto ai ricorsi di primo grado con la declaratoria di inammissibilità del ricorso n. 3049/2005, di improcedibilità e, comunque, di inammissibilità dei ricorsi n. 103/2006 e n. 110/2006 e conseguentemente l’accoglimento del ricorso n. 124/2006 e la pronunzia di intervenuta decadenza al 7 dicembre 2005 del decreto presidenziale del TAR n. 1790/2005 emesso sul ricorso n. 3049/2005.
            Si sono costituiti in giudizio:
A) il signor ************* che ha controdedotto all’appello principale, denunciandone la genericità e quindi l’inammissibilità prospettando anche profili di incostituzionalità dell’art. 83, comma 11, ove interpretato nel senso di escludere la tutela giurisdizionale, prima della proclamazione degli eletti per contrasto con gli artt. 3, 24, 111, e 113 Cost. e chiedendo in via subordinata il riconoscimento dell’errore scusabile quanto alla immediata impugnazione contro il provvedimento di ammissione della lista. Ha altresì proposto appello incidentale, deducendo:
– la inammissibilità dei ricorsi n. 100/06 e n. 124/06 in quanto diretti contro atti meramente esecutivi di ordinanza cautelare monocratica del TAR;
– la inammissibilità dei ricorsi n. 100/06 e n. 124/06 per mancata notifica ai candidati eletti ai consigli circoscrizionali del Comune di Messina;
– la lista Partito socialista-Nuovo PSI presentata dal signor °° andava comunque esclusa per vari motivi (utilizzava illegittimamente un contrassegno di partito senza averne la legittimazione; la presentazione e la sottoscrizione della lista dovevano comunque provenire dal Segretario regionale del partito o da un suo delegato);
– il signor °° aveva presentato un simbolo (con la indicazione Partito socialista – Nuovo P.S.I ) diverso da quello oggetto di delega da parte dell’on. *********** (simbolo quest’ultimo recante la diversa indicazione “Socialisti uniti per l’Europa”); i candidati della lista a loro volta avevano fatto riferimento al simbolo tradizionale del Partito socialista – Nuovo PSI;
– false apparivano le sottoscrizioni apposte in calce alle dichiarazioni di accettazione della candidatura e alla dichiarazione antimafia dei candidati alla carica di consigliere comunale e alla carica di Sindaco della lista di cui trattasi (si richiama la istanza di primo grado con la quale si era espressamente chiesta la autorizzazione a proporre querela di falso avverso le suddette sottoscrizioni nonché avverso le dichiarazioni di autenticità delle medesime apposte da un unico funzionario del Comune di Nola);
– la esclusione della lista si giustificava per le ragioni indicate nel proprio ricorso incidentale di primo grado;
– erano fondati anche i ricorsi incidentali proposti nei giudizi n. 100/06 e n. 124/06 dai signori ****** °°ò, *************** e ********* °°;
– viene altresì riproposta l’istanza di sospensione del giudizio in attesa della pronuncia del giudice ordinario in ordine all’accertamento della qualità di segretario del Partito socialista – Nuovo PSI e la conseguente legittimazione alla presentazione della lista di tale partito nelle competizioni elettorali;
B) – i signori ********* °°, *************** e ************** (appellanti incidentali) che hanno svolto analoghe considerazioni;
C) – il signor ****** °°ò, che ha eccepito:
– la tardività dell’appello proposto ben oltre il termine di venti giorni fissato dall’art. 29 della legge n. 1034/1971 s.m.;
– la sua inammissibilità perché proposto da persone non in possesso della qualità di elettori del Comune di Messina;
– la mancata notifica all’Ufficio centrale elettorale e alla Commissione elettorale circoscrizionale;
– la esclusione della lista era esecutiva di provvedimento cautelare giurisdizionale.
D) – il signor ********* °° che ha sollevato le medesime eccezioni di cui al punto C).
            Gli appellanti principali e il signor ***** hanno ulteriormente illustrato le proprie tesi in memorie difensive.
4.         Alla pubblica udienza del 21 giugno 2007, gli appelli sono passati in decisione.
D I R I T T O
1.         In via pregiudiziale vanno esaminate le eccezioni di irricevibilità e di inammissibilità dell’appello principale sollevate dal signor ****** °°ò e dal signor ********* °°.
Questi hanno dedotto:
a) – la tardività dell’appello proposto ben oltre il termine di venti giorni fissato dall’art. 29 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 s.m.;
b) – la sua inammissibilità perché proposto da persone non in possesso della qualità di elettori del Comune di Messina;
c) – la mancata notifica all’Ufficio centrale elettorale e alla Commissione elettorale circoscrizionale;
d) – il carattere esecutivo della esclusione della lista (dovuta in ottemperanza al provvedimento cautelare giurisdizionale).
Le eccezioni sono infondate.
a)        L’art. 29 citato, al comma 2, (modificativo dell’art. 83 comma 12 del d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570)stabilisce che i ricorsi avverso le sentenze in materie di operazioni elettorali sono proposti entro il termine di venti giorni dalla notifica della sentenza, per coloro nei cui confronti è obbligatoria la notifica; per gli altri cittadini elettori nel termine di venti giorni decorrenti dall’ultimo giorno della pubblicazione della sentenza medesima nell’albo pretorio del comune.
Come rilevato in giurisprudenza il termine di venti giorni dalla pubblicazione nell’albo pretorio si riferisce ai soli titolari dell’azione popolare; pertanto, la mancata notificazione della sentenza di primo grado a chi di quel giudizio è stato parte necessaria rende applicabile, per la proposizione dell’appello, il termine annuale di decadenza ridotto della metà (Consiglio Stato, sez. V, 25 febbraio 2002, n. 1090).
Rientrano tra questi ultimi i signori ********* °° e ******** °°, che in primo grado rivestivano la qualità di ricorrenti o in altri casi di controinteressati in qualità rispettivamente di presentatore della lista in vertenza e di candidato a Sindaco collegato alla lista medesima.
            In questa prospettiva l’appello appare tempestivo, in quanto notificato nei termini di legge. Più esattamente si tratta di sentenza depositata il 28 novembre 2006 e non notificata; mentre l’appello è stato notificato il 27 gennaio 2007 e, quindi, tempestivamente pur considerato il termine dimidiato semestrale.
b)        E’ pur vero che gli appellanti non risultano essere cittadini del Comune di Messina ma è altrettanto vero che sono legittimati ad agire rispettivamente come presentatore della lista (il signor °° *********) e come candidato alla consultazione (il signor ******** °°).
c)        La terza eccezione, a prescindere da un approfondimento in diritto (in relazione alla eccezione di difetto di legittimazione passiva degli organi citati sollevata dall’Avvocatura dello Stato in primo grado) è infondata in punto di fatto.
L’appello risulta utilmente notificato alla CEC (Commissione elettorale circondariale) e all’Ufficio centrale elettorale, presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo in data 29 gennaio 2007.
Va aggiunto che, ove pure fosse esatta, l’eccezione avrebbe comportato solo la integrazione del contraddittorio e non la inammissibilità dell’appello.
d)        Quanto alla censura sub d) il Collegio osserva che è bensì esatta la tesi secondo cui il procedimento elettorale, quanto alla esclusione della lista in vertenza, è esecutivo di provvedimento cautelare d’urgenza del Presidente della Prima Sezione del TAR, ma osserva altresì che tale circostanza non rileva in termini di inammissibilità dell’appello che è correttamente e utilmente diretto in particolare ad affermare la inammissibilità del ricorso n. 3049/2005 contro l’ammissione della lista di cui trattasi, prima della proclamazione degli eletti e quindi la illegittimità della mancata partecipazione di essa alla competizione elettorale, sia pure in conseguenza della misura cautelare disposta interinalmente dal Presidente della 1^ sezione del TAR con irreversibili effetti sul risultato elettorale.
2.         Ad avviso del Collegio uno è infatti il tema fondamentale della odierna decisione:
– quello della impugnabilità da parte dell’on. *****, nella affermata qualità di Segretario nazionale pro tempore del nuovo PSI, della ammissione alle elezioni della lista presentata dal signor ********* °° su delega dell’***************; e, più in particolare, quello della impugnabilità immediata di detta ammissione prima della proclamazione degli eletti.
In proposito il Collegio ritiene che appare estranea al giudizio elettorale la impugnazione immediata e quindi la sospensione cautelare di atti endoprocedimentali anteriormente alla proclamazione degli eletti.
            Dal punto di vista letterale vanno richiamate le disposizioni dettate dal già citato art. 83/11 del T.U. n. 570 del 1960 (introdotto dall’art. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 le cui norme di carattere procedurale sono tuttora vigenti in quanto richiamate dall’art. 19 dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1034) che stabiliscono quanto segue: "Contro le operazioni per l’elezione dei consiglieri comunali successive alla emanazione del decreto di convocazione dei comizi, qualsiasi cittadino elettore del Comune, o chiunque altro vi abbia diretto interesse, può proporre impugnativa davanti alla sezione per il contenzioso elettorale (ora: al Tribunale amministrativo regionale – n.d.r.) con ricorso che deve essere depositato nella segreteria entro il termine di giorni trenta dalla proclamazione degli eletti".
La disposizione trova fondamento logico nel fatto che il procedimento elettorale, in quanto preordinato a realizzare l’interesse pubblico primario a che la consultazione si svolga nella data stabilita con il decreto di convocazione dei comizi, presenta struttura peculiare articolata in momenti legati l’uno all’altro da cadenze cronologiche ravvicinate e fusi in un rapporto funzionale che non tollera interruzioni o ritardi.
3.         Possono sul punto richiamarsi i seguenti passaggi procedimentali previsti dall’ordinamento di settore (cfr. in particolare artt. 8, 17, 18, 19, 20, 21 del d.P.Reg. 20 agosto 1960, n. 3 nonchè la l.r. 26 agosto 1992 n. 7 e la l.r. 15 settembre 1997, n. 35):
– (Entro il 60° giorno precedente quello della votazione)
Emanazione del decreto dell’Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali recante la fissazione della data di votazione.
– (45° giorno precedente quello della votazione)
Pubblicazione, a cura del Sindaco o organo straordinario del Comune, del manifesto di convocazione dei comizi elettorali.
– (Entro il 30° giorno precedente quello della votazione) Inizio del periodo di propaganda elettorale (artt. 1 e 2 legge 4 aprile 1956 n. 2121).
– Dal 30° giorno e sino alle ore 12,00 del 25° giorno precedente quello della votazione
Presentazione al Comune delle liste dei candidati al Consiglio comunale e delle collegate candidature a Sindaco.
– Entro il 25° giorno precedente quello della votazione
Trasmissione alla Commissione elettorale circondariale, a cura del segretario comunale o di chi lo sostituisce legalmente, delle liste dei candidati al Consiglio comunale e delle collegate candidature a Sindaco.
– 1° giorno successivo a quello di scadenza per la presentazione delle liste
– Termine ultimo per esame, approvazione, eventuali modificazioni o contestazioni delle liste dei candidati al Consiglio comunale e delle collegate candidature a Sindaco, da parte della Commissione elettorale circondariale.
Presentazione alla Commissione elettorale circondariale di nuovi documenti in luogo di quelli contestati per vizi formali o perché presentati in difformità a quanto prescritto.
– Entro il 3° giorno successivo a quello di scadenza per la presentazione delle liste
Presentazione di nuovi contrassegni in sostituzione di quelli ricusati dalla commissione elettorale circondariale.
 – Entro il 4° giorno successivo a quello di scadenza per la presentazione delle liste
Riunione della Commissione elettorale circondariale per decidere su eventuali contestazioni nell’esame delle liste e delle candidature.
Comunicazione delle decisioni adottate dalla Commissione al Prefetto per la stampa delle schede di votazione e al Sindaco per la preparazione dei manifesti relativi alle liste dei candidati al Consiglio comunale e alle collegate candidature a Sindaco.
(Dal 20° al 2° giorno precedente quello della votazione)
Stampa delle schede di votazione a cura dell’Ufficio territoriale del Governo, confezione dei relativi pacchi per le singole sezioni elettorali e recapito ai Comuni interessati.
– Entro il 15° giorno precedente quello della votazione
Affissione all’albo pretorio ed in altri luoghi pubblici, a cura del Sindaco, del manifesto recante le liste dei candidati al Consiglio comunale e delle collegate candidature a Sindaco.
Affissione all’albo pretorio del programma amministrativo dei candidati alla carica di Sindaco.
– ore 24,00 del 2° giorno precedente quello della votazione
Termine della propaganda elettorale (art. 9, legge n. 212/1956 e successive modifiche).
            Sembra evidente, già da questa scansione procedimentale, che interventi del giudice amministrativo, nella compiuta articolazione di primo grado e di appello, sono irrealizzabili e comunque altererebbero i limiti temporali degli adempimenti concatenati a garanzia di un corretto svolgimento delle consultazioni.
4.         La giurisprudenza, in ragione di ciò, si era orientata già in passato ad escludere la impugnabilità immediata degli atti infraprocedimentali, anche se direttamente lesivi (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 14 febbraio 1984, n. 122 secondo cui nel procedimento amministrativo elettorale l’atto impugnabile è costituito dalla proclamazione degli eletti; per cui è inammissibile il ricorso proposto avverso l’atto di esclusione di una lista elettorale).
In seguito si era ammessa una eccezione per gli atti aventi attitudine a ledere in via immediata interessi (in particolare l’esclusione di una lista o di un candidato; cfr. Consiglio Stato Ad. Plen., 24 luglio 1997 , n. 15; v. anche di recente Consiglio Stato, sez. V, 14 novembre 2006, n. 6683).
Per lo più si negava però l’immediata impugnabilità degli atti non immediatamente lesivi come l’ammissione di una lista o di un candidato (Consiglio Stato, sez. V, 31 dicembre 1993, n. 1408; Consiglio Stato, sez. V, 10 marzo 1998, n. 282; Consiglio Stato, sez. V, 30 marzo 1994, n. 217).
Si ribadiva così che nel procedimento elettorale, salvo che per alcuni atti autonomamente impugnabili in ragione della loro lesività immediata, vige il principio secondo cui ogni impugnazione deve essere rivolta contro l’atto di proclamazione degli eletti, dalla cui data decorre il termine per la proposizione del ricorso (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 18 giugno 2001, n. 3212, che disattendeva l’eccezione di irricevibilità diretta contro l’impugnazione non immediata del provvedimento di ammissione delle liste).
            Sul punto non mancavano indirizzi giurisprudenziali difformi, che configuravano un onere di impugnazione immediata almeno in capo ai cittadini elettori anche con riguardo alla ammissione di liste o candidati. E ciò nella considerazione che essi sono titolari di azione a tutela del corretto svolgimento della consultazione elettorale, posizione che va tutelata con l’immediata e tempestiva impugnazione degli atti ritenuti lesivi di detto interesse (ivi compresa l’ammissione delle liste, su cui cfr. C.S., V, 15 marzo 2001, n. 1521), in termini decorrenti dalla data di pubblicazione delle liste ammesse, o al più tardi, dalla data delle votazioni. L’interesse fatto valere in via d’azione dai cittadini elettori per il corretto svolgimento della consultazione elettorale – si sottolineava – poteva concernere anche l’esclusione o l’ammissione, asseritamente illegittime, di una o più liste di candidati, in quanto la presenza o l’assenza di queste ultime avrebbero potuto influenzare la volontà degli elettori ed alterare quindi il risultato del voto: pertanto, l’esclusione o l’ammissione di una lista avrebbero rappresentato atti immediatamente lesivi, impugnabili entro il termine decadenziale decorrente dalla conoscenza della mancata partecipazione della lista stessa, conoscenza da intendere acquisita, stante il regime di pubblicità proprio del procedimento elettorale, alla data di pubblicazione delle liste ammesse o, al più tardi, alla data delle votazioni (Consiglio Stato, sez. V, 21 ottobre 1998, n. 1528; v. anche Consiglio Stato, sez. V, 3 novembre 2001, n. 5695).
            Altri orientamenti, dai cennati presupposti, pervenivano alla conclusione secondo cui l’impugnazione contro l’ammissione è sempre facoltativa, ferma restando comunque la necessità di impugnare il successivo atto di proclamazione degli eletti (cfr. CS, V, 3 febbraio 1999, n. 116).
            In materia è da ultimo intervenuta la Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che, con decisione n. 10 in data 24 novembre 2005, ha escluso in ogni caso la impugnabilità immediata di atti infraprocedimentali elettorali e quindi la sospensione di essi da parte del giudice, affermando che tale esegesi è conforme ai principi costituzionali in materia di tutela giurisdizionale.
            E’ utile riportare i passaggi essenziali di questa decisione:
3.5. …, la giurisprudenza ha puntualizzato che il procedimento elettorale di cui si tratta, caratterizzato dalla celerità dei relativi adempimenti – pur se strutturato in una serie di sub procedimenti, nei quali sono chiamati a pronunciarsi vari organi e adottate diverse deliberazioni – è stato considerato dal legislatore in una prospettiva unitaria, in vista dell’esigenza primaria di consentire lo svolgimento della consultazione della data stabilita. Tale volontà legislativa, chiaramente espressa dalla norma, appare adeguatamente giustificata pure tenendo conto della eventuale lesività di atti intermedi del procedimento, risultando comunque pienamente tutelata, mediante l’impugnazione dell’atto finale del procedimento, la posizione dei soggetti che da tali atti intermedi si ritengano lesi, …
D’altronde, in presenza di una disposizione legislativa che stabilisce in modo inequivoco che contro tutte le operazioni elettorali l’impugnativa va proposta in un termine perentorio abbreviato, decorrente dalla proclamazione degli eletti, è evidente che in sede applicativa della norma non può individuarsi un diverso termine di decorrenza da quello espressamente indicato, a meno di non voler ritenere (…………….) che per gli atti endoprocedimentali trovi applicazione l’ordinario termine di impugnazione di sessanta giorni, tesi anch’essa palesemente contrastante, tuttavia, con la lettera della norma, che non pone in realtà alcuna limitazione per l’impugnazione delle operazioni elettorali congiuntamente all’atto conclusivo del procedimento elettorale.
3.6. – Tanto premesso, l’Adunanza plenaria è dell’avviso che, contrariamente a quanto postulato dalla più recente giurisprudenza in materia, debba essere esclusa la possibilità di impugnazione, anche prima della proclamazione degli eletti, di tutti gli atti endoprocedimentali riguardanti le operazioni per le elezioni comunali. E ciò non solo per le già accennate esigenze di rispetto della lettera e dello spirito della norma ma anche in considerazione di ulteriori elementi, come di seguito precisato.
3.7. – In via preliminare è opportuno sottolineare che la non impugnabilità immediata di atti aventi effetti sicuramente lesivi (quali quelli di esclusione dal procedimento elettorale), con conseguente improponibilità anche di eventuali misure cautelari, non appare contrastante con il principio, affermato dalla Corte costituzionale (v. sentenza 27 dicembre 1974, n. 284), secondo cui il potere di sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo è un elemento connaturale del sistema di tutela giurisdizionale. Questo perché nella fattispecie in discorso non si prospetta una esclusione o una limitazione dell’area di esercizio del potere medesimo, ma si stabilisce soltanto un criterio di accorpamento di tutte le impugnative riferibili allo stesso procedimento elettorale, ragionevolmente giustificato – a quanto si è visto – dall’intendimento del legislatore di consentire lo svolgimento della consultazione nel termine stabilito, spesso corrispondente a quello riguardante altri analoghi procedimenti, per evidenti ragioni di concentrazione dell’impegno politico ed amministrativo richiesto per le tornate elettorali.
Né può ritenersi che la possibilità di accordare misure cautelari con riguardo agli atti endoprocedimentali (ad esempio: ammettendo liste escluse o escludendo liste ammesse) possa rappresentare un mezzo efficace per scongiurare il pericolo di successivo annullamento dell’intero procedimento elettorale, poiché bisogna ricordare, invece, che si tratta pur sempre di strumenti con efficacia provvisoria, in attesa di una definitiva pronuncia sul merito; inoltre, in relazione ai tempi tecnici occorrenti appare inverosimile, e comunque del tutto eccezionale, la eventualità che intervenga un giudicato prima della conclusione delle operazioni elettorali.
3.8. – Né sembra porre alcun problema la circostanza, paventata dal giudice di primo grado, che dopo la proclamazione degli eletti l’interesse del ricorrente venga tutelato in relazione ai risultati elettorali poiché, da un lato, va ribadito che i ricorsi elettorali, proposti dal cittadino elettore, risultano rivolti al mero soddisfacimento di un interesse pubblico, e, dall’altro lato che la scelta di concentrazione delle impugnative effettuata dal legislatore sembra, appunto, rispondente anche all’esigenza di evitare la proposizione di eventuali impugnative meramente strumentali e propagandistiche.
A tale riguardo è opportuno aggiungere che il legislatore, dopo aver delineato una procedura improntata a criteri di accentuate garanzie di imparzialità e di obiettività, ha affidato i compiti più delicati ad organi collegiali quale la Commissione elettorale mandamentale e l’Ufficio elettorale, nell’ambito delle quali sono chiamati ad operare magistrati e funzionari di alto livello, in base a quanto previsto, rispettivamente, dall’art. 18 della legge 6 ottobre 1947, n. 1058, e dall’art. 20 del T.U. n. 570 del 1960. Anche in considerazione di tali garanzie, dunque, il legislatore sembra aver volutamente escluso la possibilità di intervento e di coinvolgimento del potere giudiziario, prima dell’atto finale delle elezioni, in questioni connotate da caratteri eminentemente politici. Ciò per ragioni facilmente intuibili, ossia perché, da una parte, il rigore delle norme procedimentali risulterebbe adeguato ad assicurare con sufficiente certezza la regolarità del procedimento; e, dall’altra parte, perché l’intervento prematuro degli organi giurisdizionali potrebbe provocare, oltre ad una eccessiva risonanza delle vicende in contestazione, anche artificiose iniziative finalizzate alla strumentalizzazione di eventuali provvedimenti cautelari favorevoli (si pensi, ad esempio, all’ipotesi che una determinata lista venga ammessa, con riserva, a partecipare alle elezioni e che, dopo l’esito negativo delle stesse, i soggetti interessati rinuncino al ricorso, con conseguente possibilità di vanificare il risultato elettorale).
In ogni caso, contrariamente a quanto sostenuto dagli appellati, non appare sostenibile l’assunto secondo cui l’immediata impugnabilità degli atti endoprocedimentali garantirebbe la efficacia e la economicità del procedimento elettorale, assicurando il vantaggio della certezza e della stabilità dei relativi risultati. Anzitutto, come opportunamente segnalato dalla difesa del ricorrente, seppure l’ammissione di una lista può apparire in astratto pregiudizievole rispetto all’interesse del candidato sindaco appartenente ad altra lista, deve rammentarsi che, con il meccanismo del voto disgiunto, gli elettori possono esprimere la loro preferenza anche per un candidato sindaco diverso da quello al quale è collegata la lista per cui essi hanno votato, con la conseguenza che l’interesse a ricorrere può essere effettivamente verificato soltanto all’esito finale delle elezioni. Ma, a parte ciò, deve ribadirsi che, in realtà, la concentrazione di tutte le impugnative, in un momento successivo alle elezioni, appare in grado di salvaguardare maggiormente i valori richiamati dai predetti resistenti, restando in questo maniera precluse le iniziative meramente strumentali che, in facile elusione degli invocati principi di buona fede e di correttezza, potrebbero dare àdito più agevolmente a manovre distorsive ed accordi fraudolenti per falsare l’andamento delle votazioni.
5.         Il Collegio (cfr. già decisione n. 287 in data 22 giugno 2006) condivide pienamente le tesi dell’Adunanza plenaria, (riprese dall’appello principale, di tal che infondata per quel che qui rileva è la eccezione di incompletezza dell’impianto difensivo dell’appello medesimo sollevata dagli appellanti incidentali).
Va rilevato in sintesi che:
– il procedimento elettorale ha cadenze accelerate che sono obbligatorie per gli organi amministrativi elettorali; è stato così affermato che le esigenze di celerità procedimentale, che ai sensi dell’art. 7 comma 1 l. 7 agosto 1990 n. 241, consentono di omettere la comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo, si riscontrano pure nel procedimento elettorale, che è scandito con estremo rigore dalla legge nei tempi e nelle modalità, per cui è legittimo che l’ufficio elettorale centrale adotti provvedimenti, anche in autotutela (nella specie si trattava di annullamento dell’ammissione di un gruppo o di una lista di candidati), senza dare la predetta comunicazione, essendo obbligato a emanare i propri atti tempestivamente e senza indugio nei termini stabiliti dalla legge e per evitare qualunque differimento della competizione elettorale (Consiglio Stato, sez. V, 29 gennaio 1996, n. 111). Ed ancora è stato rilevato chela commissione elettorale mandamentale ha il potere-dovere di procedere alla correzione degli errori nei quali sia incorsa nell’ammissione di liste e candidati, purché il detto potere di autotutela venga esercitato entro il limite temporale costituito dall’inizio delle successive fasi del procedimento (Consiglio Stato, sez. V, 22 gennaio 1987, n. 19).
– sono assicurate garanzie di neutralità all’interno del procedimento elettorale per la presenza operativa di qualificati componenti e per la possibilità di reclami o anche di interventi in autotutela da effettuarsi in termini prefissati;
– tali cadenze sono incompatibili, quanto alla immediata impugnativa degli atti infraprocedimentali, con un compiuto, tempestivo, svolgimento del giudizio non solo di merito ma anche cautelare; basti sottolineare che nella specie l’intervento cautelare adottato in via d’urgenza dal presidente della prima Sezione del TAR non è stato esaminato dal Collegio di primo grado se non a distanza di circa un anno, unitamente al merito, quando le elezioni si erano da tempo svolte, ed ovviamente, allorchè la pronuncia cautelare aveva già prodotto effetti irreversibili (con conseguente assorbimento della domanda cautelare);
– non è ipotizzabile contro tali atti infraprocedimentali una tutela cautelare piena e tempestiva senza alterare le cadenze procedimentali, a scapito della corretta formazione della volontà elettorale. Il caso di specie appare ancora una volta sintomatico: la ammissione della lista in vertenza è stata sospesa in via d’urgenza dal giudice il 23 novembre 2005, è stata ribadita dalla CEC il giorno successivo, è stata esclusa dal giudice il 25 novembre 2005 a due giorni dalle elezioni, quando ormai erano stati affissi i manifesti elettorali con le liste dei candidati, era pressochè ultimata la campagna elettorale ed erano state stampate le schede, poi ristampate in esecuzione della pronuncia cautelare del TAR. Il che ha impedito anche eventuali regolarizzazioni nei termini di legge (cfr. art. 18 d.P.Reg. n. 3/1960 s.m.i.). E’ del tutto verosimile poi che, in questa situazione, elettori propensi a votare per la lista, esclusa all’ultimo momento, si siano trovati in difficoltà ad esprimere il voto, vale a dire a votare correttamente con la dovuta ponderazione e previa individuazione così di una diversa scelta, ove pure fossero stati in grado di avere conoscenza della circostanza che un intervento del giudice aveva avuto l’effetto di escludere la lista;
– l’esclusione cautelare di una lista ha comportato quindi un illegittimo svolgimento delle elezioni con effetti, riguardanti non solo la lista in questione, ma altresì tutte le altre liste, effetti che non sono ricostruibili ex post. Non è ovviamente possibile stabilire, ad esempio, quanti voti sarebbero confluiti sulla lista esclusa, nè su quali liste e candidati (a Sindaco e a Consiglieri) tali voti siano confluiti; se e in quale misura la tardiva esclusione abbia influito sulla percentuale di voti nulli, di schede bianche e degli astenuti;
– la corretta e piena tutela giurisdizionale alla luce della ricordata lettera e ratio legis poteva e doveva, invece, essere assicurata solo dopo la proclamazione degli eletti, quando, soprattutto in caso di ammissione delle liste, può essere verificata anche l’incidenza delle eventuali illegittimità della loro partecipazione sul risultato elettorale e quindi l’interesse a farne valere i vizi, al fine di una giusta composizione di due esigenze egualmente fondamentali per l’ordinamento (la conservazione, ove possibile, degli atti giuridici e la relativa massimizzazione degli effetti del procedimento elettorale con la salvaguardia della volontà del corpo elettorale. Cfr. Consiglio Stato, sez. V, 23 agosto 2000, n. 4586; Consiglio Stato, sez. V, 20 marzo 2006, n. 1437);
– l’intervento monocratico cautelare nel caso di specie escludendo una lista ha impedito lo sviluppo del procedimento elettorale nei modi di legge; il che comporta necessariamente la ripetizione del procedimento stesso;
– risultano quindi inammissibili, come verrà meglio chiarito in prosieguo, le censure degli appellanti incidentali dirette ad evidenziare che la lista doveva comunque essere esclusa; a prescindere da ogni altro rilievo le doglianze, ove pure fossero corrette, non escluderebbero la circostanza che il procedimento si è svolto al di fuori delle scansioni temporali di legge e che vi è stata comunque una alterazione del risultato elettorale non ricostruibile ex post.
6.         Per questi motivi già in un primo orientamento giurisprudenziale si rilevava che un intervento cautelare avrebbe imposto comunque la ripetizione dell’intero procedimento per consentire il rispetto dei termini procedimentali inderogabili. Si osservava così che l‘ammissione con riserva di una lista di candidati (nella specie a seguito di sospensione ordinata dal T.A.R. dell’esecuzione del provvedimento di esclusione disposto dalla commissione elettorale mandamentale) non avrebbe potuto consentire che, a causa delle ormai prossime operazioni di voto, il relativo manifesto fosse affisso per un termine minore di quello previsto dall’art. 34 t.u. n. 570 del 1960, essendo sempre possibile rimuovere l’irregolarità sollecitando l’esercizio (in quel caso) da parte del prefetto del potere di rinviare le elezioni. In mancanza di tale intervento e del rispetto del termine di legge l’intero procedimento elettorale avrebbe dovuto ritenersi illegittimo (Consiglio Stato, sez. V, 26 giugno 1981, n. 293).
            Per ragioni analoghe una ripetizione delle consultazioni deve ritenersi necessaria nel caso in esame in cui l’esclusione della lista è stata tardivamente disposta dalla Commissione elettorale sulla base di provvedimento cautelare del giudice, con conseguenze, come detto, non ricostruibili sulla destinazione dei voti che sarebbero stati attribuiti alla lista esclusa.
            In vista della rinnovazione delle operazioni elettorali, va poi precisato alla stregua di un indirizzo giurisprudenziale, pienamente condiviso dal Collegio, che non è configurabile una cristallizzazione della situazione partecipativa come definita in sede giurisdizionale in relazione alle precedenti consultazioni annullate, con la conseguenza che devono essere ammesse alla nuova consultazione sia le liste in precedenza legittimamente o illegittimamente escluse o ammesse sia eventuali nuove e diverse liste, e ciò in quanto in caso contrario, in violazione dei principi di democrazia, escludendosi dalla rinnovazione liste rappresentative di quote di elettorato, si determinerebbe nella sostanza un distacco tra corpo elettorato attivo e organi rappresentativi e il condizionamento dello stesso elettorato attivo, che non si concreta solo nella possibilità di esprimere un voto, ma postula soprattutto la facoltà di scelta fra candidati e liste (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 31 maggio 2007, n. 2817).
7.         Tali temi sono ripresi anche dalla giurisprudenza più recente sempre nella prospettiva della ammissione cautelare (caso opposto a quello in esame, ma con argomenti adattabili ad esso): i ricorsi contro le operazioni elettorali successive alla emanazione del decreto di convocazione dei comizi, tra le quali ci sono quelle relative all’ammissione delle liste elettorali – è stato osservato – vanno proposti dopo la proclamazione degli eletti. Vero è che in tal modo non c’è immediata tutela giurisdizionale contro i provvedimenti di esclusione delle liste; ma è altrettanto vero che l’ammissione della lista esclusa potrebbe essere data solo con provvedimento cautelare di sospensione dell’efficacia dell’esclusione – non essendo praticamente possibile definire il giudizio prima dello svolgimento delle elezioni – sicché in ogni caso l’ammissione o esclusione della lista, e con esse i risultati dell’elezione, sarebbero provvisori, e vi sarebbero altrettante probabilità di far competere una lista illegittimamente esclusa quante di fare svolgere elezioni invalide; e in definitiva l’immediatezza della tutela sarebbe puramente apparente. La situazione rimarrebbe la stessa quand’anche, sforzando oltremodo i tempi processuali a scapito del diritto di difesa, il giudizio potesse essere definito in primo grado, con sentenza soggetta ad appello, prima dello svolgimento delle elezioni. Per di più l’esecuzione dell’eventuale ordinanza cautelare di sospensione o sentenza di accoglimento del ricorso contro l’esclusione, pronunciata immediatamente prima del giorno fissato per i comizi, imporrebbe il rinvio di questi ultimi. Non si presta perciò a dubbio d’illegittimità costituzionale la suddetta disposizione di legge che, a fronte dell’alea non evitabile di cui si è detto, persegue i fini, di evidente rilievo costituzionale, di non turbare, con la proposizione di ricorsi non immediatamente risolutivi, né lo svolgimento delle operazioni elettorali né la serenità dei giudizi; così come ha stabilito l’adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali di questo Consiglio con la decisione n. 10 del 2005(Consiglio Stato, sez. V, 6 febbraio 2007, n. 482).
Tali considerazioni, condivise dal Collegio, consentono di superare i problemi di costituzionalità delle norme citate, laddove non prevedono la immediata impugnazione degli atti infraprocedimentali del procedimento elettorale.
I principi di democrazia, posti a fondamento essenziale della Repubblica, sono prevalenti rispetto ad ogni altro interesse (che il Collegio non ha mancato di considerare) interferente nel caso di specie (quanto a quelli pubblici in particolare l’interesse alla stabilità degli organi delle Amministrazioni).
Non sembra d’altra parte rilevante il richiamo del giudice di primo grado alla sentenza della Corte costituzionale n. 154/1995 che riguarda l’illegittimità di norme regionali recanti il termine per l’impugnazione della proclamazione degli eletti, in ragione di un difetto di potestà legislativa della Regione al riguardo.
8.         Ricapitolando quanto finora esposto, il Collegio, aderendo alla giurisprudenza dianzi citata, ritiene che la fase precedente la proclamazione degli eletti debba svolgersi secondo la cadenza prefissata dal legislatore senza possibilità di alterazioni del tempo, ritmo e/o del contenuto degli atti amministrativi per effetto dell’intervento del giudice amministrativo.
Tale principio è in linea con la esigenza di assicurare che fino alla proclamazione degli eletti la volontà popolare si formi e si esprima senza inframmettenza alcuna e ciò è coerente con i principi costituzionali in tema di tutela giurisdizionale.
Invero tra la esigenza di immediata giustiziabilità e quella di rispettare la cadenza del procedimento è stata privilegiata quest’ultima, ma limitatamente ad un profilo temporale in quanto, dopo la proclamazione degli eletti, può essere fatto valere dinanzi al giudice naturale anche qualsiasi vizio eventualmente incorso nella fase precedente.
Ciò posto, sull’intervento del giudice in questa fase, esatto o sbagliato che sia, deve sempre prevalere il principio di continuità delle operazioni elettorali voluto dal legislatore e confermato dalla giurisprudenza.
Conseguentemente, l’alterazione del procedimento elettorale per effetto dell’intervento del giudice rileva ex se, sul piano storico-fattuale, indipendentemente da ogni indagine sul relativo contenuto.
Pertanto, ove tale intervento risulti acclarato in punto di fatto e risulti altresì che abbia effettivamente provocato l’alterazione della fase del procedimento anteriore alla proclamazione, v’è la necessità di rimuovere ogni effetto di tale intervento rinnovando cioè le operazioni elettorali ab imis secondo quanto già in precedenza rilevato.
Da quanto anzidetto discende la conseguenza che gli appelli incidentali, volti a sostenere la esattezza nel merito del provvedimento del giudice e la conseguente carenza di interesse degli appellanti a contestare il risultato elettorale conseguitone, sono essi stessi inammissibili per originario difetto di interesse in quanto – ripetesi – l’intervento del giudice che altera il procedimento in questa fase non può in nessun caso trovare una legittimazione ex post secundum eventum litis.
Diversamente opinando verrebbe implicitamente negato il principio di continuità delle operazioni elettorali perché se ne legittimerebbe l’incisione da parte di provvedimenti cautelari sommari del giudice, sia pure sotto condizione di una verifica ex post sulla loro esattezza. Ciò, per quanto anzidetto, è proprio quanto il sistema normativo intende evitare.
Il Collegio pertanto ritiene di non dover affrontare le questioni attinenti alla ammissibilità o meno della lista controversa, questioni che peraltro, alla luce di quanto sopra, neppure avrebbero dovuto costituire oggetto di trattazione da parte del primo giudice.
In conclusione sul piano processuale risultano inammissibili tutti i ricorsi e motivi di rito e di merito proposti ad opponendum dell’appello principale perché la reiterazione ab imis del procedimento elettorale fa venir meno l’interesse a coltivarli, mentre gli altri motivi dell’appello principale restano assorbiti per la stessa ragione.
Infine, la richiesta di riconoscimento di errore scusabile riguardante l’irritualità del ricorso n. 3049/2005, in quanto proposto prima della proclamazione degli eletti, ove pure potesse essere presa in considerazione, non potrebbe comunque consentire di superare i profili di inammissibilità del ricorso stesso, evidenziati in precedenza.
9.         Per le ragioni che precedono – assorbito ogni altro motivo ed eccezione – in accoglimento, come da motivazione, dell’appello principale, ed in riforma della sentenza appellata, va dichiarato inammissibile il ricorso in primo grado n. 3049/2005 diretto contro l’ammissione della lista presentata dal sig. ********* °° su delega dell’Onorevole *********** con i successivi motivi aggiunti. Per l’effetto va disposto – stante lo svolgimento della consultazione in assenza di tale lista – l’annullamento della consultazione elettorale e della conseguente proclamazione degli eletti.
            Conseguentemente, i ricorsi proposti in primo grado dopo la proclamazione degli eletti nei quali, per motivi di rito e/o di merito, veniva chiesto l’annullamento del risultato elettorale per la mancata partecipazione della lista in vertenza risultano assorbiti o comunque improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse.
            I ricorsi principali o incidentali proposti in primo grado, anche essi dopo la proclamazione degli eletti, nei quali veniva invece chiesto, per motivi di rito e/o di merito, la conferma del risultato elettorale risultano inammissibili per carenza di interesse attesa la pronuncia sul ricorso 3049/2005 da cui discende, come anzidetto, oltre all’annullamento della proclamazione degli eletti altresì l’obbligo di reiterare ab imis la consultazione elettorale. In nessun caso, invero, questi ricorrenti avrebbero potuto conseguire lo scopo di mantenere fermo il risultato elettorale scaturito dalla consultazione del 27 – 28 novembre 2005. Di qui anche l’inammissibilità degli odierni appelli incidentali.
10.      Sussistono, in relazione alla complessità e, per alcuni aspetti, alla novità delle questioni esaminate, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana in sede giurisdizionale come da motivazione accoglie l’appello principale e dichiara inammissibili gli appelli incidentali.
Annulla le consultazioni elettorali per il rinnovo delle cariche municipali di Messina, svoltesi il 27 e 28 novembre 2005.
Compensa tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria della Sezione giurisdizionale di questo Consiglio di trasmettere la presente decisione all’Assessore della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali della Regione Sicilia, al Prefetto di Messina e al Sindaco del Comune di Messina, per quanto di rispettiva competenza.
Così deciso in Palermo dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 21 giugno 2007 con l’intervento dei signori: *****************, Presidente, ********************, estensore, *****************, ****************, **************, componenti.
F.to: *****************, Presidente
F.to: ********************, Estensore
F.to: **************, **********
Depositata in segreteria
il 3 ottobre 2007
 

sentenza

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