Considerazioni sull’aggravante dell’art. 80 co. 2° DPR 309/90 in materia di stupefacenti

Redazione 31/10/01
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di Carlo Alberto Zaina

Queste brevi osservazioni traggono spunto da una recente pronunzia giurisprudenziale (sentenza resa dal G.U.P. di Rimini, nel processo penale definito con giudizio abbreviato a carico di S.Z.+5, avente ad oggetto un traffico di stupefacenti, culminato nel rinvenimento di un quantitativo complessivo di circa kg. 6 di sostanza, di cui metà cocaina e metà eroina), che si è soffermata sulla sussistenza, nella fattispecie, dell’aggravante dell’art. 80 co. 2° DPR 309/90[1].

La dissertazione svolta sul punto dal giudice di prime cure, focalizza l’iter giurisprudenziale attinente all’aggravante in esame.

Il G.U.P., infatti, aderisce pienamente a quell’evoluzione interpretativa della norma che ritiene applicabile l’art. 80 co. 2° DPR 309/90, laddove il quantitativo di stupefacente rappresenti un attentato alla salute di un numero rilevante ancorchè indefinito di tossicodipendenti[2].

Viene, pertanto, ricusato, nel caso concreto, il principio della capacità saturativa del quantitativo di droga rispetto ad un ambito territoriale, per un certo periodo di tempo[3].

Or bene, chi scrive, pur rendendosi conto che, in questi ultimi tempi vi è stato un deciso ritorno alle origini, con la ripresa di quei principi che derogano al cd. “criterio della saturazione”[4], ritiene di non poter accogliere tale interpretazione per una serie di motivi.

In primo luogo va contestata la circostanza che i criteri, oggi invalsi ed accolti dalla giurisprudenza di legittimità, possano rivestire natura di pura oggettività, sì da favorire il giudizio sul punto.

A contrario, va, invece, sottolineata l’estrema soggettività e vaghezza della valutazione che la criticata impostazione determina, posto che tra i parametri di pertinenza del giudice emergono:

1) Il giudizio relativo al pericolo che il quantitativo possa determinare in capo alla salute pubblica, anche quando il dato ponderale non attinga vertici di massimo valore;

2) l’indeterminatezza del reale bacino di utenza, cui lo stupefacente possa essere ritenuto destinato, in quanto si deve ricorrere a generiche locuzioni, quali “rilevante, ancorchè indefinito numero di tossicodipendenti”[5].

In pratica, a parere di chi scrive, nessun apprezzabile modifica può considerarsi intervenuta, con l’accettazione della “teoria della tutela della salute pubblica in relazione all’elevato numero di tossicodipendenti”, in quanto si priva il giudice anche di quel minimo supporto che, invece, in passato, poteva consistere, quantomeno, nella possibile utilizzazione di dati statistici, attinenti sia alla fenomenologia territoriale riguardante la diffusione media del consumo di droghe, sia alla proliferazione, sempre sul territorio, di reati specifici in materia di stupefacenti.

Tali parametri, seppur sommari e non del tutto esaustivi, un minimo quadro potevano offrirlo, in relazione alle singole realtà.

Attraverso la loro disamina, infatti, si poteva tentare di comprendere la capacità di penetrazione dei singoli tipi di stupefacente nel bacino di utenza cui la droga presumibilmente poteva essere destinata, nonché la portata satisfattiva dell’offerta illecita in relazione alla richiesta dei consumatori, nonchè al grado di purezza della sostanza usualmente smerciata in tale contesto territoriale [6].

Del pari, consequenzialmente, diveniva possibile, con apprezzabile grado di approssimazione, definire anche l’arco temporale nel quale poteva esaurirsi tale tipo di scorta, non rimanendo circoscritto il giudizio al singolo episodio processuale[7].

Per meglio comprendere i due aspetti metodologici e giungere ad un giudizio di adesione o all’uno od all’altro, non può tralasciarsi di rilevare che sia l’orientamento che si critica, che quello che si sostiene, partono da un unico presupposto, peraltro impropriamente definito oggettivo.

Esso attiene al quantitativo, che viene preso quale indicazione di partenza per l’esame della sussistenza dell’aggravante de qua.

La non completa oggettività di tale dato deriva dal fatto che il magistrato, in presenza di un quantitativo di droga, che appaia ictu oculi, di ammontare rilevante e non trascurabile, cioè, ovviamente e scolasticamente, non limitato a qualche decina di grammi[8], può esprimere una prognosi, però, esclusivamente legata sia alla propria esperienza professionale, sia alle proprie convinzioni personali.

Corre l’obbligo di rilevare, comunque, che dopo un periodo di stridenti contrasti interpretativi tra organi giurisdizionali, ormai ogni valutazione del magistrato non appare più ancorata ad un purissimo libero convincimento, sì da poter ritenere che si sia giunti ad denominatore comune sufficientemente omogeneo.

Così si è ritenuto sussistere l’aggravante in parola con riferimento alla detenzione di Kg. 2,5 di marijuana[9], di kg. 2 di cocaina con alta percentuale di purezza[10], di circa Kg. 2,761 di cocaina, da cui erano ricavabili ventiduemila – ventitremila dosi droganti[11].

Del pari è stata esclusa la circostanza della ingente quantità nella detenzione a scopo di cessione di grammi 501,5 di eroina, con principio attivo pari a grammi 279,636[12], nonché nella detenzione di un quantitativo di gr. 236 di eroina pura e gr. 18 di cocaina pura[13].

Correttamente, inoltre. la S.C. ha escluso che potesse ravvisarsi la sussistenza dell’aggravante in una fattispecie in cui si trattava di 81 grammi di eroina pura, destinati al consumo della città di Bari sia perché il quantitativo non poteva, di per sé, ritenersi ingente, sia perché da esso potevano ricavarsi circa ottocento dosi medie giornaliere e non quattromila dosi singole.

Deriva, quindi, il superamento di un possibile variegato ventaglio di soglie da cui partire, per operare, poi, una correlazione fra lo stupefacente e l’ambito di destinazione del medesimo, al fine di giungere alla quadratura del cerchio in un senso o nell’altro.

Qualunque sia, comunque, l’orientamento cui aderire, in primo luogo, va escluso, quindi, un criterio delibativo meramente e strettamente oggettivo, siccome legato al solo valore ponderale del compendio.

Tale dato aritmetico è solo primo dato rescindente cui fare riferimento, al fine di ammettere o meno l’ulteriore giudizio rescissorio sulla pertinenza concreta dell’aggravante rispetto alla fattispecie specifica.

Ciò anche in ragione del fatto che lo stesso legislatore non ha indicato alcun tipo di soglia matematica, oltre la quale automaticamente possa ravvisarsi la sussistenza dell’art. 80 citato.

Va, pertanto, rilevato come, ai fini di una corretta applicazione della norma dibattuta, si debba dare corso, a parere di chi scrive, ad un criterio misto, cioè composto sia da elementi soggettivi, che oggettivi.

Or bene, in presenza, come nella fattispecie di un quantitativo di sostanza drogante di un certo rilievo, se rapportata valutato in relazione alle proprie concrete caratteristiche qualitative ed al peso specifico di una singola dose ricavabile e cedibile, è evidente che il giudice possa e debba porsi il problema dell’integrazione della fattispecie aggravata[14].

Da pronunzie sia di merito che di legittimità si è posto l’accento quale elemento decisivo, al fine di orientare la scelta del criterio, ne senso opposto a quello che si propugna, sulla natura di reato di pericolo che connota l’ipotesi delittuosa in esame (art. 73 DPR 309/90, aggravato ex art. 80 co. 2°).

Tale argomento, speso al fine di dimostrare che prioritaria deve essere la tutela della salute della collettività, è, per lo scrivente, del tutto ininfluente sul piano specifico, proprio se rapportato all’art. 80 co. 2° DPR 309/90.

Il pericolo, inteso come possibile attentato all’integrità della pubblica salute, è, infatti, insito in ogni ipotesi di violazione di norme in materia di stupefacenti.

Da più parti, inoltre si tende a svilire il rapporto fra ogni singolo compendio illecito ed il bacino di utenza cui esso fosse destinato, in quanto si afferma che non può essere attendibile il solo riferimento al numero di persone che si sottopongano volontariamente a svezzamento da eroina o cocaina.

Come già si è avuto modo di sottolineare, in casi in cui si discetta della circostanza in parola, efficacemente, possono esser utilizzati quei parametri, forniti da rilievi statistici in tema di consumo medio di stupefacenti della tipologia di quelli sequestrati.

Non ci stancherà di sostenere come il rapporto con l’entità territoriale e con la capacità dell’offerta illecita di assolvere alla soddisfazione dell’altrettanto illecita domanda non possa empiricamente essere disatteso.

In base a simile impostazione risulta, infatti, molto più serio ed agevole l’apprezzamento della concreta possibilità di addivenire ad una seria valutazione dell’ampiezza o meno della diffusione dello stupefacente e del suo assorbimento in un contesto definito.

A corollario è possibile, inoltre, introdurre ad ulteriore efficace correttivo, anche la scansione temporale nella quale la ricordata diffusione avviene.

Solo, quindi, se un determinato quantitativo di sostanza può rispondere, in toto, ai bisogni ed alle capacità di recepimento di una zona geograficamente definita, per un periodo di tempo apprezzabilmente prolungato, sì da creare una non-necessità di nuovi importanti rifornimenti, si può ipotizzare l’aggravante discussa[15].

Ritengo, pertanto, che la magistratura sia di merito, che di legittimità debba operare una rivisitazione globale dei parametri da applicare in concreto, mirando a creare una condizione di applicazione della citata aggravante che si basi su dati apprezzabili, disancorati da formule astruse, che non aiutano la certezza del diritto.

Avv. Carlo Alberto Zaina

[1] Art. 80 – (Legge 26 giugno 1990, n. 162, art. 18, comma 1) – Aggravanti specifiche.

2. Se il fatto riguarda quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope, le pene sono aumentate dalla metà a due terzi; la pena è di trenta anni di reclusione quando i fatti previsti dai commi 1, 2 e 3 dell’art. 73 riguardano quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope e ricorre l’aggravante di cui alla lettera e) del comma 1.

[2] V. in proposito Cass. pen., sez. IV, 29-09-1999 (23-06-1999), n. 11244 – Pres. Fattori P – Rel. Marzano F – Farinatti B A – P.M. (conf.) Palombarini G

In tema di reati concernenti gli stypefacenti, la circostanza aggravante della qunatità “ingente”, di cui all’art. 80 DPR 9 ottobre 1990, n. 309, deve ritenersi sussistente quando il quantitativo, pur non raggiungendo il vertice massimo di valore, sia tale da rappresentare un pericolo per la salute pubblica ovvero per un rilevante, ancorché indefinito, numero di tossicodipendenti e, pertanto, allorché sia idoneo a soddisfare le esigenze di un numero molto elevato di tossicodipendenti senza ulteriore riferimento al mercato ed all’eventuale sua saturazione; tale riferimento è ultroneo rispetto alla “ratio” della norma e non facilmente accertabile, anche per il carattere di mercato clandestino rispetto al quale mancano conoscenze certe e riscontrabili. (Fattispecie relativa alla illecita detenzione di 8.621 pasticche di ecstasy, pari a Kg.2, 3, per 4.249 dosi medie giornaliere ).

Edita in Riv. pen. 1999, pag. 962

Cass. pen., sez. V, 15-03-1999 (20-01-1999), n. 3340 – Pres. Ietti G – Rel. Calabrese R – P.M. in proc. Stolder ed altri – P.M. (parz. Diff.) Abbate A

In materia di stupefacenti, l’aggettivo “ingente” utilizzato dal legislatore per definire la quantità di droga posta a fondamento dell’aggravante di cui all’art. 80, comma secondo D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, indica che questa, al di fuori dei “casi” limite di quantitativi grandissimi, enormi, smisurati (che costituiscono soltanto le ipotesi di palese e scolastica evidente presenza dell’aggravante stessa, nella espressione della sua massima estensione), deve – negli altri casi – essere in grado, anche alla luce delle sue caratteristiche e qualità, di soddisfare un numero molto elevato di tossicodipendenti, per un periodo di tempo piuttosto lungo, sì da essere idonea alla saturazione di una apprezzabile area di spaccio. In altre parole, per la ricorrenza dell’aggravante, la norma richiede un quantitativo che qualifichi decisamente il fatto in termini di grave pericolosità sociale.

[3] Cass. pen., sez. IV, 07-07-1998 (C.C. 30-06-1998), n. 2168 – Pres. Satta Flores B – Rel. Colaianni N – Ceka – P.M. (Diff.) Martusciello V

In tema di spaccio di stupefacenti l’aggravante della quantità ingente va applicata in rapporto alla capacità di saturazione del mercato, la quale non può essere ritenuta in ragione solo delle dosi ricavabili, senza riferimento al contenuto di sostanza pura -e quindi in una prospettiva meramente nominalistica e non attenta alla concreta situazione del mercato- e alla qualità dello stupefacente con riguardo ai suoi effetti negativi, diversi secondo i tipi di droga (“leggera” o “pesante”), sull’integrità della salute dei potenziali consumatori. (Fattispecie di kg 30 di marijuana e haschisch, ritenuta dalla decisione annullata ingente per il numero di dosi giornaliere (circa 10.000) ricavabili da detta quantità lorda, senza riferimento al contenuto di principio attivo).

[4] Cass. pen., sez. IV, 19-10-1996 (02-10-1996), n. 9182 – Pres. Consoli G – Rel. Lisciotto F – Moreno – P.M. (Conf.) Ferraro A

Ai fini della ravvisabilità dell’aggravante prevista dall’art. 80, comma secondo, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, deve considerarsi ingente solo quella quantità che sia idonea a cagionare il fenomeno della diffusione del consumo di sostanze stupefacenti in maniera molto ampia, tale da soddisfare le esigenze di un numero assai elevato di tossicodipendenti per un congruo periodo di tempo e in un’apprezzabile area di spaccio. E’, pertanto, da escludere che la citata aggravante ricorra solo se risulti influenzato il mercato nazionale, essendo irrilevanti quei quantitativi, ancorché notevoli, che determinino effetti nel più limitato ambito di aree regionali o metropolitane. L’accertamento dell’ingente quantità, inoltre, va compiuto con riferimento al singolo episodio isolatamente considerato (non già rapportandolo ai quantitativi sequestrati nel periodo in cui questo si è verificato), ed avuto riguardo al principio attivo contenuto nella sostanza, alla qualità della stessa e agli effetti negativi, diversi secondo i tipi di droga, causati dalla sua assunzione all’integrità dei potenziali consumatori.

[5] Cass. pen., sez. Unite, 21-09-2000 (21-06-2000), n. 17 – Pres. Consoli G – Rel. Losapio Md – Primavera e altri – P.M. (parz. Diff.) Leo A

La circostanza aggravante speciale dell’ingente quantità di sostanza stupefacente prevista dall’art. 80, comma secondo, D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, la cui “ratio legis” è da ravvisare nell’incremento del pericolo per la salute pubblica, ricorre ogni qualvolta il quantitativo di sostanza oggetto di imputazione, pur non raggiungendo valori massimi, sia tale da creare condizioni di agevolazione del consumo nei riguardi di un rilevante numero di tossicodipendenti, secondo l’apprezzamento del giudice del merito che, vivendo la realtà sociale del comprensorio territoriale nel quale opera, è da ritenersi in grado di apprezzare specificamente la ricorrenza di tale circostanza.

Edita in Arch. nuova proc. pen. 2000, pag. 650

V. altresì, conformi

Cass. pen., sez. VI, 06-03-1998, n. 2868 – RV210365

Cass. pen., sez. IV, 30-10-1999, n. 13236 – RV215006

e ancora nello stesso senso cfr. Cass., sez. IV, 19 febbraio 2000, Catania e altro, in Riv. pen., 2000, 460 secondo la quale per ritenere “ingente” una determinata quantità di sostanza stupefacente occorre far riferimento al solo dato quantitativo della medesima, siccome indicativo della sua idoneità a determinare una estesa diffusione del consumo, con il soddisfacimento di un numero molto elevato di tossico-dipendenti, senza che possa assumere rilievo alcuno il riferimento al mercato e alla sua saturazione; inoltre cfr. Cass., sez. IV, 23 giugno 1999, Farinatti, ivi, 1999, 962.

[6] Cass. pen., sez. II, 16-05-1998 (04-02-1997), n. 5847 – Pres. Zingale N – Rel. Esposito A – Francini – P.M. (Parz. Diff.) Ciampoli L

In tema di reati concernenti le sostanze stupefacenti, ai fini dell’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 80, secondo comma, D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, prevista per i fatti riguardanti ingenti quantità, il giudice deve tener conto del quantitativo di sostanza “pura” in una prospettiva non meramente nominalistica ma attenta alla concreta situazione del mercato ed ai pericoli per la salute pubblica; ciò sta a significare che, a prescindere dai casi limite di quantitativi grandissimi, enormi, smisurati che costituiscono le ipotesi di palese e scolastica presenza dell’aggravante nell’espressione della sua massima espansione, negli altri casi l’aggravante suddetta postula, per la sua sussistenza, un quantitativo che qualifica decisamente il fatto in termini di grave pericolosità sociale, sicché la relativa nozione non può prescindere da una valutazione ponderale della quantità e della qualità della droga rispetto alla tutela della salute pubblica, con incidenza sulla mobilità del mercato, sia pure localmente circoscritto, in rapporto all’offerta, all’assorbimento e alla diffusione

[7] Cass. pen., sez. IV, 30-10-1999 (28-05-1999), n. 13236 – Pres. Fattori P – Rel. Sepe Pa – Sibilla ed altro – P.M. (conf.) Iannelli M

L’aggravante, di natura oggettiva, di cui all’art. 80, comma quinto, D.P.R. n. 309/90 postula la sussistenza non solo di parametri quantitativi di considerevole entità, desumibili dall’aggettivo ingente, ma anche il riferimento concreto ai parametri relativi alla diffusione della droga sul territorio, sotto l’aspetto della soddisfazione delle esigenze di un elevato numero di tossicodipendenti su di una elevata area di mercato, e non solo con riferimento al singolo episodio ma anche in rapporto ai quantitativi sequestrati nel periodo in cui lo stesso si è verificato. (Fattispecie di annullamento con rinvio per difetto di motivazione in relazione alla detenzione di 390 gr. di eroina pura, non ritenuta dalla Corte di Cassazione quantità ingente di per sé).

Cass. pen., sez. VI, 03-09-1996 (21-03-1996), n. 8173 – Pres. Trojano P – Rel. Guida G – Lorenzi ed altri – P.M. (Parz. Diff.)

In tema di stupefacenti, perché sussista l’aggravante dell’art. 80 T.U.

309/90, occorre non solo che il quantitativo di droga contestato sia notevole, ma che corrisponda al concetto di uno degli aggettivi più elevati nella scala degli aggettivi di qualità. A tal fine non è sufficiente il mero esame del grado di diffusività e di considerazione del numero dei possibili tossicodipendenti posti in pericolo, ma, pur non potendosi prescindere dal dato quantitativo e qualitativo assoluto, occorre integrare tale valutazione con riferimento relativo ad una situazione di mercato in un determinato momento storico nella zona esaminata. L’accertamento dell’ingente quantità non può pertanto esaurirsi nella valutazione del singolo episodio isolatamente considerato, ma va rapportato ai quantitativi oggetto di usuali operazioni di rifornimento di un mercato, sia pure localizzato.

Ed ancora cfr. Cass. pen., sez. VI, 03-03-1993 (21-12-1992), n. 2033 – Pres. Moro AC – Rel. Albamonte A – Sabbatino – P.M. (Conf) Persiani

In materia di sostanze stupefacenti, la circostanza aggravante della quantità ingente, di cui al comma secondo dell’art. 80 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, postula un quantitativo caratterizzante decisamente il fatto contestato in termini di grave pericolosità sociale. Pertanto, la relativa nozione non può prescindere da una valutazione ponderata della quantità e qualità della sostanza stupefacente rispetto alla tutela della salute pubblica, assumendosi sotto tale aspetto, come dato caratterizzante, l’incidenza sulla mobilità del “mercato”, sia pure circoscritto localmente (secondo il rapporto: offerta, assorbimento, diffusione).

Edita in Riv. pen. 1993, pag. 1262

In termini analoghi Cass. Sez. VI, 2 ottobre 1997, Di Maria, Cass. pen., 1999, 2371; Cass. Sez. IV, 22 maggio 1997, Franzoni, Cass. pen., 1998, 2490; Cass. Sez. IV, 17 maggio 1996, Nucera, Cass. pen., 1997, 1155.

[8] Cass. pen., sez. V, 15-03-1999 (20-01-1999), n. 3340 – Pres. Ietti G – Rel. Calabrese R – P.M. in proc. Stolder ed altri – P.M. (parz. Diff.) Abbate A.

In materia di stupefacenti, l’aggettivo “ingente” utilizzato dal legislatore per definire la quantità di droga posta a fondamento dell’aggravante di cui all’art. 80, comma secondo D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, indica che questa, al di fuori dei “casi” limite di quantitativi grandissimi, enormi, smisurati (che costituiscono soltanto le ipotesi di palese e scolastica evidente presenza dell’aggravante stessa, nella espressione della sua massima estensione), deve – negli altri casi – essere in grado, anche alla luce delle sue caratteristiche e qualità, di soddisfare un numero molto elevato di tossicodipendenti, per un periodo di tempo piuttosto lungo, sì da essere idonea alla saturazione di una apprezzabile area di spaccio. In altre parole, per la ricorrenza dell’aggravante, la norma richiede un quantitativo che qualifichi decisamente il fatto in termini di grave pericolosità sociale.

Negli stessi termini, cfr. Cass. sez. IV, 30 giugno 1998, Ceka, RV 211466; Cass. sez. VI, 2 ottobre 1997, Di Maria e altro, RV 210365; Cass. sez. II, 4 febbraio 1997, Francini, RV 210728; Cass. sez. IV, 19 ottobre 1996, Ferraro, RV 205713; Cass. sez. VI, 3 settembre 1996, Lorenzi e altro, RV 206078; Cass. Sez. VI, 5 giugno 1995, Coletta, in Cass. pen., 1996, 1988, con ulteriori richiami.

[9] Cass. pen., sez. VI, 05-09-1996 (09-05-1996), n. 8287 – Pres. Trojano P – Rel. Trifone F – Amato G – P.M. (Parz. Diff.) Verderosa V

[10] Cass. pen., sez. IV, 07-06-1996 (17-05-1996), n. 5865 – Pres. Scorzelli F – Rel. Annunziata M – Nucera ed altri – P.M. (Parz diff) Toscani

[11] Cass. pen., sez. IV, 16-05-1996 (26-03-1996), n. 5007 – Pres. Viola G – Rel. Fattori P – Orjuela e altri – P.M. (Conf) Ciani

[12] Cass. pen., sez. VI, 05-10-1994 (05-07-1994), n. 10467 – Pres. Di Gennaro G – Rel. Fulgenzi R – P.G. in proc. Liboni – P.M. (Conf.) Verderosa

[13] Cass. pen., sez. VI, 15-04-1993 (22-01-1993), n. 3666 – Pres. Di Gennaro G – Rel. Albamonte A – P.G. in proc. Armenio – P.M. (Conf.) Cedrangolo

[14] Cass. pen., sez. VI, 03-11-1992 (11-05-1992), n. 10627 – Pres. Di Mauro G – Rel. Carnevali A – P.G. e Castaneda – P.M. (Conf.) Ranieri .

Ai fini della sussistenza dell’aggravante dell’ingente quantità di sostanza stupefacente prevista dall’art. 80 D.P.R. n. 309 del 1990 sono del tutto irrilevanti gli elementi di natura soggettiva (nella specie episodicità della condotta e marginalità del ruolo tenuto), dovendo aversi riguardo ai soli elementi oggettivi attinenti alla quantità, alla qualità e alla concentrazione della sostanza stupefacente. (In motivazione, la S.C. ha affermato che l’interprete deve considerare la sostanza oggetto del reato in relazione alle sue caratteristiche merceologiche e alla forza drogante che l’intera massa contiene in sé, avendo come punto di riferimento la norma dell’art. 75 D.P.R. n. 309 del 1990 integrata dal D.M. 12 luglio 1990 n. 186 che, enunciando il concetto di dose e determinando i limiti quantitativi massimi di principio attivo per le dosi medie giornaliere delle sostanze stupefacenti, ha dettato un criterio e un parametro di valutazione per la determinazione dell’entità della droga, anche ai fini dell’aggravante di cui all’art. 80 cit.; nella specie è stata ritenuta sussistere l’aggravante in relazione a Kg. 1,144 di cocaina con percentuali di prodotto puro del 61,2%, da cui erano ricavabili 4671 dosi)

[15] Cass. pen., sez. VI, 12-10-1998 (24-09-1998), n. 10722 – Pres. Di Noto L – Rel. Garribba T – Stomaci R – P.M. (Diff.) Ciani G

Nella valutazione dei fatti relativi a illeciti commerci di sostanze stupefacenti e psicotrope di cui all’art. 73 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ai fini della sussistenza dell’aggravante prevista dall’art. 80, secondo comma, del predetto decreto, deve ritenersi “ingente” quella quantità che, collocandosi fra i livelli più elevati della scala delle grandezze ponderali, sia idonea a saturare una vasta area di mercato per un apprezzabile periodo di tempo. Per esprimere tale giudizio deve aversi riguardo non al criterio della “dose singola”, bensì a quello della “dose media giornaliera”

Cass. pen., sez. VI, 06-03-1998 (02-10-1997), n. 2868 – Pres. Trojano P – Rel. Candela U – Di Maria V ed altro – P.M. (Conf.) Iadecola G

In tema di spaccio di sostanze stupefacenti, ai fini dell’aggravante prevista dall’art. 80 del DPR 9 ottobre 1990 n. 309, il concetto di quantità rilevante è relativo e deve essere rapportato all’area di mercato considerata in un determinato momento storico e al periodo di tempo necessario per quel mercato di assorbire o esaurire la quantità destinata allo spaccio.

Spetta al giudice del merito stabilire di volta in volta le condizioni in base alle quali può dirsi realizzata tale saturazione del mercato. All’uopo deve stabilire, dandone adeguata giustificazione in motivazione, per un verso, quale sia l’area di mercato nella quale la droga detenuta è destinata, intendendosi per mercato non solo l’area territoriale, ma anche la presumibile quantità di domanda cui l’offerta dello stupefacente sarà destinato e quali i criteri di individuazione dell’area stessa e, per altro verso, quale sia il periodo nel quale possa durare la saturazione del mercato, dato che, per quest’ultimo aspetto temporale il periodo di diffusività è tanto maggiore quanto più lungo sia il tempo di saturazione, non potendosi definire ingente un quantitativo che saturi il mercato in breve periodo, sì che la sua pericolosità si esaurisca presto. (Nell’affermare il principio di cui in massima la corte ha rinviato gli atti al giudice di merito perché valutasse i fatti alla luce dei parametri così indicati in una ipotesi in cui l’aggravante era stata ritenuta, solo in ragione delle dosi ricavabili, con riferimento a un quantitativo di 500 grammi di cocaina e 3 chilogrammi di hascisc).

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