Connessioni tra marchio, domain name e meta tag: tra definizioni e giurisprudenza

a cura della Dott.ssa Serena Biondi

Utile ai fini delle argomentazioni che seguono è un breve inquadramento circa i nomi a dominio ed i meta-tag: strumenti collegati ai marchi, più di quanto si possa immaginare. Per approfondimenti in materia di proprietà industriale consigliamo il volume: Manuale pratico dei marchi e dei brevetti

Domain name

In nome a dominio è l’indirizzo che consente di raggiungere un sito web.

Al nome a dominio si applica la stessa tutela riservata ai marchi, quindi chi registra un domain name, se non è in mala fede, può ottenere tutela nei confronti di chi, successivamente, ne usi uno uguale o simile.

Meta tag

I meta-tag sono metadati da implementare nel codice HTML che vengono interpretati dai browsers e dai motori di ricerca, il cui fine è di dare informazioni aggiuntive e specifiche.

La Giurisprudenza ha affermato che costituisce atto di concorrenza sleale l’utilizzo del marchio altrui come meta-tag nelle pagine pubblicitarie di un sito web poiché il visitatore che esegue la ricerca di un determinato marchio e vede comparire un diverso sito può pensare che vi sia un collegamento tra il marchio ed il sito terzo.

Questi strumenti sono utili a cogliere alcuni passaggi del caso subito analizzato

Nel 2012 l’A. M. E. S.p.A. citò, dinanzi al Tribunale di Milano, S.G., per aver registrato ed utilizzato fin dal 1999 un segno distintivo, su un sito internet, in violazione del proprio marchio e della propria testata giornalistica.

Il Tribunale accolse in parte questa domanda ritenendo operante la convalidazione del marchio registrato, riferibile al dominio, solo per le condotte poste in essere dalla S.G. sino al marzo del 2009, anno in cui tale marchio non fu rinnovato dalla titolare.

Successivamente la S.G propose appello e l’A.M.E. S.p.A. rispose con un appello incidentale chiedendo alla Corte di accertare che il marchio non si fosse mai convalidato a causa della mala fede di S.G., in quanto questo aveva registrato il marchio nella consapevolezza di violare il diritto anteriore della A.M.E. S.p.A..

La Corte d’appello di Milano rigettò l’appello principale ed accolse parzialmente l’appello incidentale, ritenendo che il marchio di proprietà di S.G. non si fosse mai convalidato. La Corte stabilì inoltre che l’uso di tale segno per contraddistinguere il sito internet di pertinenza del marchio di S.G. risultava interferente con il marchio in oggetto in quanto generava confusione, in virtù del principio di unitarietà dei segni distintivi, determinando dunque un rischio di associazione del sito al marchio (considerando che l’obiettivo di riferimento dei due marchi era il medesimo).

Secondo i Giudici della Corte d’Appello, S.G. aveva registrato ed utilizzato il segno in mala fede con l’intento cioè di agganciare il pubblico del marchio famoso, considerando inoltre che l’appellante aveva usato il segno anche quale “marchio meta-tag” per rendere il suo sito personale più facilmente raggiungibile dai motori di ricerca.

S.G. ha dunque presentato ricorso in Cassazione contestando l’esclusione della convalidazione del proprio marchio, negando di aver registrato il marchio in mala fede nonché contestando che fosse stata provata la notorietà del marchio registrato dalla società controricorrente anteriormente a quello per cui è causa.

La cassazione civile, sezione i, si e’ dunque pronunciata con sentenza n.4721 del 21/02/2020

La Corte ha ritenuto corretta la non applicazione dell’articolo 28 del Codice della Proprietà Industriale ed ha stabilito che la registrazione di un nome a dominio riproducente o contenente il marchio altrui costituisce contraffazione di detto marchio in quanto permette di collegare la propria attività a quella del titolare del marchio sfruttando la notorietà del marchio e traendone un indebito vantaggio.

Invero, solo il titolare di un marchio registrato può usarlo sul proprio sito o come nome a dominio.

La cassazione si era già espressa sui segni atipici nel periodo anteriore all’entrata in vigore del codice della proprietà industriale, con sentenza  n. 24620/10, secondo cui:

Nel periodo anteriore all’entrata in vigore del codice della proprietà industriale (D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30), anche ai nomi di dominio (di sito internet) deve applicarsi, sebbene si tratti di segni distintivi atipici, il R.D. 21 giugno 1942, n. 929, essendo essi strumenti attraverso cui accedere, nell’ambito di internet, ad un vasto mercato commerciale di dimensioni globali che consentono di identificare il titolare del sito web ed i prodotti e servizi offerti al pubblico, onde tali nomi rivestono una vera e propria capacità distintiva, in quanto, secondo la attuale concezione sulla natura e sulla funzione del marchio, non si limitino ad indicare la provenienza del prodotto o del servizio, ma svolgano una funzione pubblicitaria e suggestiva che ha la finalità di attrarre il consumatore, inducendolo all’acquisto”.

Tornando al caso in analisi, il marchio registrato in questione è, secondo i Supremi Giudici, sicuramente “forte” quindi gode di una rigorosa tutela; l’uso di detto marchio da parte di S.G. ha comportato un oggettivo agganciamento dato il medesimo nucleo ideologico semantico;  la Corte di Cassazione ha inoltre confermato la sussistenza della mala fede quale elemento impeditivo della convalidazione, all’atto della registrazione del marchio fatto valere dalla ricorrente, avvenuta vari decenni dopo la creazione del marchio agganciato, in conformità all’art. 28 CPI. E’ pertanto irrilevante il riferimento della ricorrente al fatto che il link, collegato al sito che pubblicizzava il libro della stessa, fosse stato introdotto solo nel 2008, in quanto la mala fede è stata ravvisata dalla Corte d’Appello, al momento della registrazione del successivo marchio.

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Andrea Sirotti Gaudenzi | Maggioli Editore

Dott. Lione Federico

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