Configurazione reato art.617-quinquies cod. pen.

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La Corte di Appello di Messina confermava una sentenza con cui il Tribunale di Messina aveva condannato l’imputato alla pena ritenuta di giustizia, in relazione ai fatti costituenti il reato di cui agli artt. 110, 81, cpv., 617 quinquies, co. 2, con riferimento all’art. 617 quater, co. 4, n. 1), c.p., in rubrica a lei ascritti ai capi a) e b) dell’imputazione.
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore della persona accusata che, tra i motivi ivi addotti, deduceva vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato contestato.
(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 617-quinquies)

Per approfondire: Codice Penale e di Procedura Penale – Spiegati per la Polizia Giudiziaria

Corte di Cassazione -sez. V pen.- sentenza n. 17814 del 23-01-2023

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Indice

1. La questione


La Corte di Appello di Messina confermava una sentenza con cui il Tribunale di Messina aveva condannato l’imputato alla pena ritenuta di giustizia, in relazione ai fatti costituenti il reato di cui agli artt. 110, 81, cpv., 617 quinquies, co. 2, con riferimento all’art. 617 quater, co. 4, n. 1), c.p., in rubrica a lei ascritti ai capi a) e b) dell’imputazione.
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore della persona accusata che, tra i motivi ivi addotti, deduceva vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato contestato.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


Il motivo summenzionato era ritenuto inammissibile.
In particolare, gli Ermellini osservavano prima di tutto come i giudici di merito avessero reso una motivazione del tutto esente dai denunciati vizi, fondata su di un percorso motivazionale esaustivo, facendo corretta applicazione dei principi in materia di ragionamento logico-induttivo, tipici della prova logica, elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto, in relazione al quale alcune delle doglianze difensive risultano anche manifestamente infondate (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 1162 del 14/10/2021; Sez. 4, n. 30229 del 11/05/2021), rilevando al contempo, da un lato, che da tempo la giurisprudenza di legittimità ha definito in termini assolutamente convincenti la struttura del reato in contestazione, evidenziando che integra il reato di installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617 quinquies c.p.) la condotta di colui che installi, all’interno del sistema bancomat di un’agenzia di banca, uno scanner per bande magnetiche con batteria autonoma di alimentazione e microchip per la raccolta e la memorizzazione dei dati, al fine di intercettare comunicazioni relative al sistema informatico, dall’altro, che, trattandosi di reato di pericolo, non è necessario accertare, ai fini della sua consumazione, che i dati siano effettivamente raccolti e memorizzati (Sez. 5, n. 36601 del 09/07/2010).
Oltre a ciò, era altresì fatto presente come, in più recenti arresti, la giurisprudenza di legittimità abbia, inoltre, sottolineato, per un verso, come si debba parlare di pericolo concreto, sicché per la configurazione del reato è necessario accertare la idoneità dell’apparecchiatura installata a consentire la raccolta o memorizzazione dei dati e non che tali operazioni siano state effettivamente eseguite (cfr. Sez. 5, n. 3236 del 22/11/2019), per altro verso, che tale delitto è assorbito in quello di frode informatica, di cui all’art. 640 ter, c.p., nel caso in cui, installato il dispositivo atto ad intercettare comunicazioni di dati, abbia luogo la captazione, in tal modo trasformandosi la condotta preparatoria e di pericolo, di cui al primo reato, nell’alterazione del funzionamento o, comunque, in un intervento illecito sul sistema informatico, che sono modalità realizzative tipiche della frode (cfr. Sez. 5, n. 42183 del 07/09/2021).
La Suprema Corte, di conseguenza, alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, giungeva alla conclusione secondo la quale il delitto ex art. 617 quinquies, c.p. è integrato dalla semplice installazione all’interno di un sistema automatizzato, che consente di effettuare operazioni bancarie mediante tessera magnetica personale (cd. bancomat), di un’apparecchiatura tecnicamente idonea alla raccolta e alla memorizzazione dei dati informatici riservati, inseriti dai fruitori del sistema, senza che sia necessario, per la consumazione della fattispecie, l’effettivo prelievo dei dati, né, a maggior ragione, che tali dati vengano utilizzati attraverso indebiti prelievi sui conti correnti dei risparmiatori.

3. Conclusioni


Fermo restando che, come è noto, l’art. 617-quinquies, co. 1, cod. pen. stabilisce che chiunque, “fuori dai casi consentiti dalla legge, al fine di intercettare comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra più sistemi, ovvero di impedirle o interromperle, si procura, detiene, produce, riproduce, diffonde, importa, comunica, consegna, mette in altro modo a disposizione di altri o installa apparecchiature, programmi, codici, parole chiave o altri mezzi atti ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico ovvero intercorrenti tra più sistemi, è punito con la reclusione da uno a quattro anni”, nella decisione in esame, si chiarisce quando è configurabile siffatta fattispecie criminosa.
Si afferma difatti in tale pronuncia che, per la configurazione del reato è necessario accertare la idoneità dell’apparecchiatura installata a consentire la raccolta o memorizzazione dei dati e non che tali operazioni siano state effettivamente eseguite, non essendo invece necessario accertare, ai fini della sua consumazione, che i dati siano effettivamente raccolti e memorizzati, fermo restando che però tale delitto è assorbito in quello di frode informatica, di cui all’art. 640 ter, c.p., nel caso in cui, installato il dispositivo atto ad intercettare comunicazioni di dati, abbia luogo la captazione, in tal modo trasformandosi la condotta preparatoria e di pericolo, di cui al primo reato, nell’alterazione del funzionamento o, comunque, in un intervento illecito sul sistema informatico, che sono modalità realizzative tipiche della frode.
Inoltre, sempre nel provvedimento qui in commento, si individua un particolare caso in cui può ritenersi sussistente codesto illecito penale, vale a dire allorché si proceda sic et simpliciter all’installazione all’interno di un sistema automatizzato, che consenta di effettuare operazioni bancarie mediante tessera magnetica personale (cd. bancomat), di un’apparecchiatura tecnicamente idonea alla raccolta e alla memorizzazione dei dati informatici riservati, inseriti dai fruitori del sistema, senza che sia necessario, per la consumazione della fattispecie, l’effettivo prelievo dei dati, né, a maggior ragione, che tali dati vengano utilizzati attraverso indebiti prelievi sui conti correnti dei risparmiatori.
Tale sentenza, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare la sussistenza di questo reato, con particolar riguardo all’ipotesi appena menzionata.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta decisione, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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