Concordato in bianco, le questioni inedite affrontate dal Notariato

Redazione 23/04/13
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Lilla Laperuta

Con lo Studio n. 100-2013 pubblicato il 19 aprile il Consiglio nazionale del notariato ha approfondito l’istituto del cd. concordato in bianco di cui all’art. 161, sesto comma, R.D. 16 marzo 1942, n. 267, introdotto con D.L. 83/2012, convertito dalla L. 134/2012. Con l’istituto si consente all’imprenditore di depositare il ricorso contenente la domanda di concordato, unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo del medesimo art. 161, entro un termine fissato dal giudice. Tale termine deve essere compreso fra 60 e 120 giorni (prorogabile di ulteriori 60 giorni). Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento n cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari (si produce cioè il blocco delle azioni esecutive, il c.d. automatic stay).

Nell’analisi dell’istituto il Notariato affronta la questione relativa al rapporto fra la decisione/delibera di procedere alla presentazione della domanda di concordato in bianco e la formulazione dell’art. 152 della legge fallimentare che individua nell’oggetto della decisione/delibera “la proposta e le condizioni del concordato”. Ci si chiede cioè se sia necessaria un’ulteriore e specifica manifestazione di volontà della società con riferimento al contenuto del piano e delle condizioni nel momento in cui queste dovranno essere disvelate.

Si propende al riguardo per la soluzione più rigorosa. “Non avrebbe d’altronde senso, si spiega, l’attribuzione, da parte dell’organo amministrativo di una sorta di delega in bianco a se stesso”.

Soluzione che, ad avviso della Commissione Studi, ancor più sembrerebbe doversi imporre laddove, in luogo dell’organo amministrativo, la relativa competenza sia attribuita statutariamente all’assemblea. Appare, infatti, si legge nel documento, difficilmente sostenibile, che laddove lo statuto preveda la competenza assembleare, i soci possano attribuire, in sede di delibera per la presentazione della domanda ai sensi dell’art. 161, comma 6, la competenza all’organo amministrativo di completare la relativa documentazione. Ciò varrebbe, in sostanza, a spogliarli di quella competenza a decidere sul contenuto del piano e della proposta che gli è invece riconosciuta nelle regole organizzative della società. Appare, quindi, evidente che, presentata la domanda in bianco o con riserva di produrre i documenti, anche la delibera dell’organo amministrativo (o dell’assemblea) con la quale si approva il contenuto del piano sia soggetta alla disciplina dell’art. 152 e vada autonomamente sottoposta a pubblicità.

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