Comparazione, imposizione giuridica e diversità culturali: il singolare caso dei “reati” contro la vita nel codice penale albanese

Bozheku Ersi 11/02/10
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Innanzitutto, scusandomi da buon studioso straniero per il mio italiano, anch’io mi associo nel ringraziamento all’ISISC per questa meravigliosa opportunità dai contenuti altamente formativi, se non altro per la qualità e per lo spessore di coloro che sono intervenuti e al cui fianco oggi – immeritatamente, forse, – siedo.

E non vi nascondo l’enorme senso di imbarazzo da cui sono invaso per questo mio intervento – non previsto da programma – e che nasce, sotto la sollecitazione del prof. Foffani – che ringrazio –, dai colloqui avuti in questi giorni con il prof. Vinciguerra e, soprattutto, dalla curiosità dimostrata da molti di voi, durante le varie conversazioni avute, sulla disciplina del diritto penale in Albania stante la mia provenienza da quel paese.

Pertanto, vi chiede scusa – fin da adesso – su quello che andrò a dire, che probabilmente lo troverete poco stimolante. Ma in compenso, vi prometto che sarò breve, nella speranza di essere chiaro: ma questo me lo dovrete dire voi dopo.

 

II. Anticipazione del tema.

Inizio questo mio breve intervento cominciando dal titolo: “Comparazione, imposizione giuridica e diversità culturali: il singolare caso dei “reati” contro la vita nel codice penale albanese”.

La scelta nasce da una banale riflessione che ho maturato durante lo svolgimento dei miei primissimi studi mentre preparavo la mia tesi di laurea. Come i più accorti avranno colto fin da subito, si tratta di un titolo che volutamente presenta un elemento di distonia: “reati” contro la vita!

Sul punto tornerò a breve.

Preliminarmente, non posso non riallacciarmi a quanto osservava ieri il prof. Vinciguerra ossia che il diritto comparato deve essere volto ad analizzare e mettere a confronto diverse esperienze giuridiche, dopo una profonda analisi e dopo un attento confronto con quella che è la realtà, prima di tutto culturale e sociale di un determinato ordinamento. Infatti, solo dopo una simile attività la comparazione giuridica può diventare base per il miglioramento di un sistema giuridico.

A ragione il prof. Stile osservava – prima – che lo studio e l’analisi di sistemi diversi può portare ad un buon livello di conoscenza. Laddove, viceversa, tale analisi manca, laddove si procede direttamente alla ricezione – acritica – di quella o di questa norma, di questo o di quel sistema, si finisce inesorabilmente per creare dei veri e proprio MONSTRA GIURIDICI.

E la cosa più grave – a mio sommesso avviso – è che spesso sono gli organismi internazionali ed europei ad esigere – e spesso a forzare – i processi di integrazione degli stati e dei sistemi, diciamo cosi “in via di sviluppo”, trascurando che spesso si tratta di pretese volte verso paesi nei quali non è possibile rivenire una cultura giuridica omogenea e pertanto non è ragionevole ne conveniente pretendere e forzare il processo di sviluppo culturale.

Vinciguerra ieri diceva: non c’è comparazione per imposizione.

Di ciò sono pienamente d’accordo e sono convinto anch’io.

 

III. Il codice penale albanese e l’assurda disciplina dell’infanticidio.

Emblematico a mio sommesso avviso è il caso dell’Albania, paese fino a 20 anni fa appartenente al blocco c.d. dell’Est e che per quasi 50 anni è stato indottrinato da una forte ideologia comunista.

Un paese che si apre al mondo solo nel 1990: vi è l’avvento della democrazia; il paese si avvicina al mondo reale (superando definitivamente la demagogia); si apre alle istituzioni internazionali, le quali esigono l’immediato avvio di riforme istituzionali e giuridiche. Anzi vengono imposte delle riforme, quale condizione per poter accedere agli organismi internazionali ed Europei.

E per rispondere a tali richieste nel 1995 il legislatore albanese – con il fiato sul collo – realizza il codice penale post regime; ma lo realizza in fretta e furia, senza riflessioni, senza meditazioni, solo per asservire delle richieste provenienti da soggetti autorevoli.

E parlando con i giuristi albanesi, questi rispondono: “ci hanno chiesto un codice per dare un segnale di rottura con il passato, noi siamo andati a prendere – e copiare aggiungo io – quello francese perché il più semplice per noi”.

Ciò ovviamente non gli esime da colpa.

Tuttavia, devo comunque dare atto che per certi versi si tratta di un codice in verità nutrito di principi. Si trovano anche principi cardine del codice penale italiano (es ex art. 4 c.p.alb. l’ignoranza penale non scusa, salvo si tratti di ignoranza inevitabile, rievocando l’articolo 5 del codice Rocco dopo la lettura data dalla Corte Costituzionale con la celeberrima sentenza 364/1988). D’ogni modo, il codice albanese è in definitiva una riproposizione in parte del codice francese.

Si tratta di un codice connotato da tantissime e forti contraddizioni, perché – come detto – realizzato in fretta e furia, con il fiato sul collo appunto.

In particolare, proprio per darvi dimostrazione di ciò e più in generale di cosa succede quando si pretende di fare diritto senza una riflessione sul diritto, vi porto una divertente norma in tema di delitti contro la persona e segnatamente mi riferisco all’articolo 81 c.p. alb. intitolato “l’uccisione del neonato”, l’infanticidio per capirci. E sentite cosa dice la norma:

“…L’uccisione del neonato compiuta con dolo dalla madre, immediatamente dopo il parto, costituisce contravvenzione penale e si condanna con la multa o con la reclusione fino a due anni…”.

Eppure la rubrica si intitola dei “delitti contro la vita”; eppure si punisce con la reclusione da 10 a vent’anni l’omicidio comune “di chi con dolo uccide un uomo”, eppure si punisce con la reclusione non meno di 20 anni o con l’ergastolo “chi realizza la condotta omicida verso un minorenne, un incapace di intendere e volere, un magistrato, un poliziotto, un testimone, verso il denunciante”; infine, si punisce l’interruzione della gravidanza con la reclusione fino a 5 anni di reclusione, ecc. ecc.

Stranezza sintomatica di una evidente – diciamo cosi – schizofrenia legis.

Comunque, sta di fatto che il legislatore albanese ritiene di punire a titolo contravvenzionale la morte di un infante e ciò solo perché compiuto dalla madre nell’immediatezza del parto, senza spiegare, senza offrire alcun elemento sul quale fondare tale scelta.

AL di la del fatto che si parla di contravvenzione, di multa, di arresto fino a 2 anni, sul fondamento dommatico, della diversa e senza dubbio sulla più benevola scelta di punire la madre infanticida diversamente dall’omicidio, il legislatore albanese non offre alcuna indicazione, alcuna precisazione. C’è solo l’elemento dell’immediatezza del parto, troppo poco.

E allora, per capire innanzitutto la ratio della norma:

Bisogna parlare di minor grado di colpevolezza della madre perché the balance of her mind was disturbed because of the birth – come in Inghilterra? Un diminished responsability?

La scelta si fonderebbe su una causa d’onore (come in Italia e Spagna fino agli anni 80 e 90); su un fatto di isolamento psicologico della donna dovuto ad un abbandono morale e materiale da parte dei propri familiari, come nell’attuale art. 578 c.p italiano? Si tratterebbe di uno fatto cagionato in uno stato di turbamento , cosi come viene qualificato l’infanticidio oggi in Germania dopo l’abolizione del kindertoetung?

Oppure…?

Oppure, bisognerebbe parlare, paradossalmente, di minor valore della vita dell’uomo appena nato rispetto alla vita dell’uomo maturo e, quindi, dovremmo parlare di una condotta della madre che denoterebbe un minor disvalore rispetto una condotta di omicidio comune?

Ma se è cosi, il bene vita dell’infante sarebbe un bene di serie B, e dunque la spiegazione della norma si troverebbe in una minore antigiuridicità del fatto commesso?

Eppure, questa soluzione, per quanto assurda, trova dei validi referenti sia nella previsione della fattispecie come contravvenzionale, sia nell’esiguità della pena per essa prevista: si ricorda che la pena per la madre infanticida in Albania è la multa o la reclusione fino a due anni.

Difficile da comprendere, ma è cosi.

E non posso certamente dare torto al prof. F. Ramacci il quale, letto attentamente la norma, stupito, mi chiede – con il suo solito elegante stile – se in Albania vi sono problemi di carattere anagrafico e cioè problemi con le nascite…

E come darli torto, anche questa potrebbe essere una spiegazione: del resto, la norma de qua costituisce un’assurdità talmente evidente tale da escludere in radice qualsiasi valida spiegazione.

Del resto, colpisce che la morte di un essere umano venga punita a titolo di contravvenzione e con la pena irrisoria dell’arresto fino a 2 anni. Sembrerebbe veramente che il bene vita dell’appena nato sia un bene vita di qualità inferiore.

E pure, la rubrica è intitolata “…dei delitti, anzi crimini, contro la persona”.

Ma al di la del dato formale, è assurdo che un fatto grave quale l’omicidio dell’appena nato (per di più doloso come richiesto dalla norma) venga punito con una pena che può arrivare al massimo a due anni di reclusione o essere, addirittura, punito in via alternativa con la pena pecuniaria.

Attenzione: pena pecuniaria!

E, sul punto, vi è un articolo – il 54 c.p.Alb. –, che prevede l’estinzione dei reati contravvenzionali attraverso l’offerta del reo di pagare la metà del massimo della multa (1) prevista dalla legge, presentando la richiesta prima del verdetto finale di primo grado. Per le contravvenzioni la multa va dai 40 euro ai 2000 euro, euro più euro meno.

L’infanticidio è dunque in Albania oblazionabile!!!

Dunque, in Albania una madre che ha appena partorito ha licenza di uccidere il proprio neonato, un vero è proprio ius vitae ac necis, purché paghi, poi, prima della conclusione del processo, la metà del massimo della multa. Dunque, il messaggio che il legislatore albanese (trasmittente del messaggio legislativo) lancia con questa norma, a tutte le donne che partoriscono (riceventi naturali di tale messaggio) è il seguente: Puerpere! Potete uccidere purché paghiate prima della conclusione del processo 1000 euro, tanto dovete allo Stato per la vita del vostro figlio.

E vi risparmio a quali conclusioni si può arrivare in tema di concorso di persone…!

 

IV. Tirando le somme.

E allora, avviandomi alla conclusione. Ciò che trovo interessante rilevare, e che spero di aver trasmesso attraverso l’esemplificazione riportata, è che quando si pretende di riformare traendo spunto dalla comparazione bisogna riflettere in termini sistematici tenendo presente quello che è il contesto socio-culturale e non basta la mera traduzione, peraltro, fatta male, senza riflessione. E, però, ciò è possibile se, innanzitutto, a livello internazionale, le pretese siano calibrate alle conoscenze dell’interlocutore. Più che pretendere (e, di riflesso, tacitamente imporre), a mio modesto avviso, occorre favorire con pazienza l’analisi e la riflessione e ciò può avvenire solo attraverso la formazione dei giuristi del paese ospitante, in un ottica di più ampia programmazione.

Non mi sento, dunque, di rimproverare il legislatore penale albanese perché il suo prodotto – cioè il codice – è celere frutto di una celere richiesta avanzata dalle istituzioni internazionali, le quali invece di creare i presupposti per le riforme le hanno, in pratica, imposte.

E dico questo perché oggi in Albania vi è un movimento di frenesia, dove si creano norme su norme sotto la sollecitazione – sotto l’imposizione direi io – dall’UE e degli organismi internazionali, i quali, pongo addirittura dei termini perentori entro i quali intervenire, e ciò al fine di consentire l’accesso a questi organismi (ad es. dell’UE) nel più breve tempo, con l’inevitabile rischio che si creino norme non meditate, spesso sproporzionate, volte solo ad asservire formalmente l’Europa. Ma che beneficio si trae da ciò se poi i risultati sono come quelli appena descritti.

Io ho fatto l’esempio dell’infanticidio, perché il più evidente, il più eclatante e forse quello che descrive meglio quella che è la realtà. Ma potevo certamente fare molti altri. Potevo parlare del furto, dei reati fallimentari o, ancora, della “responsabilità penale delle persone giuridiche”.

Su quest’ultimo argomento, difficile anche per l’intera comunità internazionale dotata di ben più raffinati istituti e più sviluppate conoscenze giuridiche, cenno soltanto come vi è una profonda confusione con la responsabilità civile, mentre, la responsabilità penale non sembrerebbe venire neanche compresa. E ciò determina che nella maggior parte dei casi la disciplina in parola non venga applicata dalla magistratura, ovvero, peggio ancora, venga applicata male, con tutti i danni che ne derivano sotto il profilo della garanzia dei diritti.

Ora, per concludere, certo ha ragione il prof. Vinciguerra quando osserva che le richieste da parte della comunità internazionale e comunitaria, a un certo punto, sono indispensabili, tuttavia, ciò non può avvenire senza una previa profonda riflessione su quanto si possa esigere e su quanto si possa avere. E per avere qualche cosa bisogna, innanzitutto, favorire – investendo risorse economiche ed umane – lo sviluppo delle sulle conoscenze della classe dirigenziale.

Ciò detto, vi chiedo di nuovo scusa per aver abusato della vostra pazienza e del vostro tempo e vi ringrazio per l’attenzione. Grazie.

 

Ersi Bozheku

 

1Ai sensi dell’articolo 84 c.p.Alb. la multa per i delitti va dai 80 euro a 8.000 euro, invece per le contravvenzioni dai 40 euro ai 2000 euro.

Bozheku Ersi

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