La clausola di esonero dal pagamento delle spese condominiali che ha valenza unicamente tra il costruttore e gli acquirenti non è opponibile né al condominio, né agli eventuali successivi acquirenti dei singoli immobili. Il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile
riferimenti normativi: art. 1123 c.c.
precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. II, Sentenza del 27/02/2024, n. 5139
Indice
1. La vicenda: la clausola di esonero dal pagamento delle spese condominiali
La questione verte su una disputa tra una società e un condominio, inclusi i singoli condomini, in merito a spese condominiali contestate. La società ha presentato davanti al Giudice di Pace un atto di citazione (3 aprile 2014) contro il condominio e i condomini, opponendosi al decreto ingiuntivo con il quale le era stato ingiunto il pagamento di € 4.259,00, oltre interessi e spese legali, a titolo di spese condominiali. Secondo la società, nei contratti di compravendita delle unità immobiliari da essa alienate, era specificato che le unità immobiliari rimaste di sua proprietà – ossia dieci autorimesse – non avrebbero dovuto partecipare alla ripartizione delle spese condominiali fino alla loro vendita a terzi. Inoltre, la società ha contestato la delibera assembleare del 26 settembre 2011 che aveva approvato i bilanci consuntivo e preventivo, ritenendola nulla poiché le spese erano state suddivise anche a suo carico, in violazione del regolamento condominiale. Non limitandosi all’opposizione al decreto ingiuntivo, la società ha presentato una domanda riconvenzionale, chiedendo che i condomini fossero condannati al risarcimento dei danni in via equitativa, poiché riteneva che la loro condotta fosse stata contraria ai principi di buona fede. Il condominio ha fatto presente che l’attrice era decaduta dal diritto di contestare l’annullabilità della delibera, avendo superato il termine previsto dall’art. 1137 c.c., comma secondo. Inoltre ha notato che l’attrice non aveva richiesto, nemmeno in via riconvenzionale, l’accertamento della nullità o l’annullamento delle delibere precedenti relative ai bilanci consuntivi e preventivi, che prevedevano analoghe ripartizioni delle spese condominiali. Il convenuto ha anche affermato che il regolamento condominiale non conteneva alcuna disposizione che escludesse la società dal pagamento delle spese condominiali. Questa esclusione era prevista solo nei contratti di compravendita tra la società e i singoli condomini, rendendola, pertanto, non opponibile al condominio. Il Giudice di Pace ha accolto l’opposizione e revocato il decreto ingiuntivo opposto, rigettando la domanda riconvenzionale proposta dalla società e condannando il condominio alla refusione delle spese di lite. Secondo il giudice di primo grado l’esclusione della società dal pagamento delle spese condominiali era legittima in forza del regolamento condominiale di tipo contrattuale sottoscritto dai condomini al momento del loro acquisto, regolamento che poteva essere modificato soltanto a seguito di delibera assembleare assunta all’unanimità. Il Tribunale ha confermato la sentenza di prime cure.
Il giudizio di Cassazione è stato definito con ordinanza con la quale è stata cassata con rinvio la detta sentenza del Tribunale. La Cassazione ha precisato che la delibera contestata e mai impugnata poteva al più considerarsi annullabile avendo ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese per la gestione delle parti comuni, adottata in violazione dei criteri di legge o dalla convenzione. Il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile
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2. La questione : la validità della clausola
È valida la clausola di esclusione del costruttore dalla ripartizione delle spese condominiali per le unità immobiliari invendute contenuta unicamente nei singoli contratti di compravendita e non nel regolamento condominiale?
3. La soluzione
Il Tribunale ha notato che la delibera contestata ha ripartito in concreto tra i condomini le spese per la gestione delle parti comuni, in violazione dei criteri della convenzione. A parere del giudicante tale delibera era annullabile. Di conseguenza la società avrebbe dovuto far valere il vizio di annullabilità della decisione assembleare entro il termine di cui all’art. 1137 c.c., e cioè entro 30 giorni dalla comunicazione delle delibere. Il Tribunale ha rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta dalla società e per l’effetto confermato il decreto ingiuntivo opposto. Il giudice ha stabilito che il regolamento condominiale “Autorimesse” non può aver garantito alcuna esenzione della società dal pagamento delle spese relative alla gestione dei beni condominiali. In particolare il decidente ha richiamato l’articolo 9 dello stesso regolamento secondo cui nessun condomino, nemmeno rinunciando ai propri diritti di comproprietà sulle parti comuni o sull’uso dei servizi condominiali, possa sottrarsi all’ obbligo di contribuire alle spese, “salvo diverse disposizioni espressamente registrate agli atti”. Il giudice emiliano ha escluso che l’inciso “salvo diverse disposizioni in merito registrate agli atti” possa essere interpretato come un richiamo all’esclusione dal pagamento delle spese condominiali contenuta nei contratti di compravendita. Secondo il Tribunale l’esclusione della società dal pagamento delle spese condominiali ha valenza unicamente tra la società e gli acquirenti, non essendo opponibile né al condominio, né agli eventuali successivi acquirenti dei singoli immobili. In ogni caso ha notato che il regolamento non era contrattuale non essendo stato sottoscritto da tutti i condomini.
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4. Le riflessioni conclusive
La Suprema Corte, in una recente pronuncia (Cass. civ., sez. II, 27/02/2024, n. 5139), ha affrontato la questione delle clausole relative al pagamento delle spese condominiali inserite nei regolamenti condominiali redatti dal costruttore o unico originario proprietario dell’edificio. Secondo tale tesi, queste clausole possono essere considerate vessatorie, ai sensi dell’articolo 33 del Codice del Consumo (Dlgs 206/2005), qualora siano fatte valere dal consumatore o rilevate d’ufficio dal giudice e determinino un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti coinvolte nel contratto (costruttore e acquirente). In particolare, il carattere vessatorio si applica esclusivamente in contesti che riguardano rapporti di consumo, ossia tra il venditore professionista (costruttore) e il consumatore (nuovo condomino), e non può estendersi al rapporto tra il condominio e il costruttore ancora proprietario di unità immobiliari. La Corte ha inoltre chiarito, con un’altra decisione (Cass. civ., sez. VI, 21/06/2022, n. 20007), che il condominio non può utilizzare la normativa a tutela dei consumatori per difendersi dalle contestazioni avanzate dal costruttore in mora nei pagamenti. In sostanza, le disposizioni del Codice del Consumo mirano esclusivamente a tutelare il consumatore (acquirente) e non sono applicabili al rapporto tra condominio e costruttore.
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