La sentenza n. 3405 del 18 luglio 2025 del Tribunale di Milano affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro contemporaneo: l’utilizzabilità, ai fini disciplinari, dei messaggi inviati in chat private. Come strumento operativo per il professionista, potrebbe interessarti il volume Il nuovo processo del lavoro dopo la Riforma Cartabia – Questioni organizzative e applicazioni pratiche, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon. Per approfondimenti sul nuovo diritto del lavoro, abbiamo organizzato il corso di formazione Corso avanzato di diritto del lavoro -Il lavoro che cambia: gestire conflitti, contratti e trasformazioni.
Indice
- 1. I fatti in causa e il licenziamento disciplinare
- 2. Comunicazioni in chat private e potere di controllo datoriale
- 3. Quando la comunicazione diventa pubblica: il caso del post sui social
- 4. Il principio di proporzionalità nella sanzione
- 5. Riflessioni conclusive: confini e prospettive della privacy lavorativa
- Formazione per professionisti
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1. I fatti in causa e il licenziamento disciplinare
Il caso nasce dal licenziamento di un operaio che, attraverso un gruppo di messaggistica istantanea condiviso con alcuni colleghi, aveva diffuso commenti ritenuti offensivi nei confronti di esponenti dell’amministrazione comunale e della stessa azienda.
Il datore di lavoro, venuto a conoscenza dei messaggi, aveva disposto il licenziamento per giusta causa. Il lavoratore, impugnando il provvedimento, ha invocato la tutela dell’articolo 15 della Costituzione, che garantisce la libertà e la segretezza della corrispondenza.
Il Tribunale ha accolto il ricorso, richiamando la giurisprudenza costituzionale e di legittimità che assimila le chat private alle forme tradizionali di comunicazione riservata. Come la busta chiusa tutela la lettera cartacea, così le tecniche di autenticazione e accesso riservato garantiscono la segretezza dei messaggi digitali.
Il nuovo processo del lavoro dopo la Riforma Cartabia
Nel presente volume vengono affrontate, con un’esposizione chiara e semplice, le tematiche del diritto del lavoro, sostanziale e procedurale, sorte con le prime applicazioni pratiche delle novità introdotte dalla Riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022).Tra le tematiche che avranno un maggiore impatto “immediato” nelle controversie di lavoro, vi è l’introduzione della negoziazione assistita, che non si pone, però, come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, bensì quale mera facoltà attribuita alle parti, nonché la definitiva (attesa?) abrogazione del c.d. rito Fornero in materia di impugnativa giudiziaria dei prov- vedimenti di licenziamento.Il testo ripercorre tutte le novità più recenti, tra cui la sentenza della Corte costituzionale 7/2024, che si è pronunciata sulla disciplina dei licenziamenti collettivi prevista dal Jobs Act, ed affronta criticità e prospettive a distanza di circa un anno dalla Riforma, avvalendosi dell’ausilio di tabelle riepilogative per una migliore e più facile comprensione degli argomenti trattati e della più recente giurisprudenza.Completa il volume un pratico Formulario online stragiudiziale e giudiziale, disponibile anche in formato editabile e stampabile.Manuela RinaldiAvvocato cassazionista, consigliere e tesoriere del COA Avezzano. Direttore della Scuola Forense della Marsica, è professore a contratto di “Tutela della salute e sicurezza sul lavoro” e “Diritto del lavoro pubblico e privato” presso diversi atenei. Relatore a Convegni e docente di corsi di formazione per aziende e professionisti, è autore di numerose opere monografiche e collettanee.
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2. Comunicazioni in chat private e potere di controllo datoriale
La decisione milanese ribadisce che la tutela della corrispondenza privata prevale sul potere di controllo e disciplinare del datore di lavoro. L’articolo 15 Cost. impone un bilanciamento che non può risolversi in un controllo generalizzato delle comunicazioni, nemmeno quando esse avvengono tramite strumenti aziendali.
Il giudice ha ritenuto irrilevante, infatti, che i messaggi fossero stati inviati dal telefono aziendale: la disponibilità del mezzo non comporta la rinuncia alla riservatezza, in assenza di accordi o informative che consentano esplicitamente l’accesso del datore ai contenuti.
La sentenza conferma un orientamento ormai consolidato: il potere di vigilanza datoriale incontra un limite invalicabile nella sfera privata del lavoratore, quando le comunicazioni non siano destinate a un pubblico indeterminato ma a una cerchia chiusa di interlocutori.
3. Quando la comunicazione diventa pubblica: il caso del post sui social
Diversa, invece, la valutazione riservata al post pubblicato dal lavoratore su un social network in modalità pubblica. In quel contesto, le espressioni offensive rivolte ai vigili urbani, accompagnate dall’indicazione della propria qualifica di dipendente, hanno perso il carattere di riservatezza, diventando pienamente conoscibili da una “platea indifferenziata di destinatari”.
In tal caso, il Tribunale ha riconosciuto la legittimità della contestazione disciplinare, evidenziando che il diritto di libera manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.) non può estendersi fino a ricomprendere insulti gratuiti o affermazioni diffamatorie.
La distinzione fra comunicazione privata e pubblica rappresenta dunque la chiave interpretativa per delimitare il perimetro della tutela costituzionale e quello del potere disciplinare. Se la chat è chiusa e priva di finalità divulgative, prevale la segretezza; se invece il messaggio è accessibile al pubblico, si attiva la responsabilità disciplinare e civile del lavoratore.
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4. Il principio di proporzionalità nella sanzione
Pur riconoscendo la rilevanza disciplinare del post pubblico, il Tribunale ha escluso che tale condotta, isolatamente considerata, potesse giustificare la sanzione espulsiva. Eliminando dall’addebito i messaggi inviati in chat privata – in quanto inutilizzabili – il giudice ha ritenuto sproporzionato il licenziamento rispetto alla gravità dei fatti residui.
Ai sensi del D.Lgs. n. 23/2015, è stata pertanto dichiarata l’illegittimità del recesso, con condanna dell’azienda al pagamento di un’indennità pari a dodici mensilità.
La decisione evidenzia come la valutazione di proporzionalità non possa prescindere dal contesto complessivo: anche la presenza di precedenti disciplinari non è sufficiente, di per sé, a rendere proporzionato un licenziamento fondato su condotte in parte irrilevanti ai fini sanzionatori.
5. Riflessioni conclusive: confini e prospettive della privacy lavorativa
La pronuncia del Tribunale di Milano si inserisce nel solco di un’evoluzione giurisprudenziale che estende la tutela della riservatezza alle forme di comunicazione elettronica, riaffermando la centralità del diritto alla privacy anche nei rapporti di lavoro subordinato.
L’orientamento offre una duplice lezione: da un lato, il datore di lavoro non può fondare sanzioni su contenuti provenienti da chat private, pena la violazione della libertà e segretezza delle comunicazioni; dall’altro, il lavoratore deve essere consapevole che le esternazioni pubbliche sui social, specie se riconducibili alla propria posizione professionale, possono legittimare una reazione disciplinare, purché proporzionata.
In definitiva, la linea di confine tra libertà individuale e potere datoriale continua a essere tracciata dal principio di riservatezza: un principio che, nell’era digitale, assume un significato ancor più pregnante e complesso, destinato a orientare le future decisioni in materia di licenziamenti connessi all’uso delle tecnologie di comunicazione.
Formazione per professionisti
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