Brevi note in materia di società in house e ricorso al libero mercato

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Indice

  1. Inquadramento normativo, qualificazione della società in house e problema conoscitivo.
  2. Società in house e ricorso al libero mercato: regola o eccezione?

Inquadramento normativo, qualificazione della società in house e problema conoscitivo.

Le espressioni affidamento in house e ricorso al mercato sembrano porsi in una posizione ossimorica, costituendo la prima una modalità di gestione antitetica rispetto alla seconda.

Tuttavia, attraverso lo studio della disciplina prevista per le società in house si cercherà di comprendere se le stesse costituiscano una vera e propria deroga ai principi e alle regole che tutelano la concorrenza per il mercato e nel mercato, o se, viceversa, ne confermino la portata, collocandosi al di fuori del mercato, in un’ottica di autoorganizzazione e di efficienza amministrativa.

In tale prospettiva, la sussistenza di requisiti particolarmente stringenti -previsti per la qualificazione di una società in house e la mancanza di qualsivoglia forma di alterità soggettiva rispetto all’amministrazione controllante – consentono di restringere l’ambito di operatività dell’affidamento diretto, così garantendo la massima espansione delle regole di evidenza pubblica per il ricorso al mercato.

Ciò premesso, occorre partire dalla definizione di società in house.

Nata nell’ambito della giurisprudenza europea, la società in house riceve una compiuta disciplina nel d.lgs. n. 175 del 2016, con il quale il legislatore interviene per riordinare in modo organico ed unitario la materia delle società a partecipazione pubblica, fino a quel momento frammentaria e disomogenea.

In particolare, il legislatore, recependo i princìpi contenuti nelle Direttive UE nn. 23, 24 e 25 del 2014, individua specifici requisiti che le società in house, per essere tali, devono possedere (art.16 dlgs.n.50/2016).

In primo luogo, le società in house devono svolgere la prevalente attività in favore dell’amministrazione controllante, la quale vi esercita un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, ossia un’influenza determinante, sia sugli obiettivi strategici, che sulle decisioni significative, sia in forma diretta che indiretta.

Inoltre, oltre l’80% dell’attività della controllata, determinato in riferimento al fatturato totale medio per i tre anni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto o della concessione, deve essere effettuato nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dalla controllante.

Ed infine, nella persona giuridica controllata non vi deve essere alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione che non comportano controllo o potere di veto e che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.

La rigida predisposizione di indici normativi particolarmente stringenti, cui la P.A. deve attenersi qualora decida di non esternalizzare il servizio, confermano la configurazione della società in house in termini di mera articolazione dell’amministrazione controllante, dalla quale dipende in posizione subordinata e in rapporto interorganico.

Ed invero, le società in house non sono altro che una longa manus dell’amministrazione controllante, ossia una proiezione interna della propria organizzazione, cui la stessa Pubblica Amministrazione ricorre per realizzare gli interessi pubblici generali cui aspira.

Proprio la qualificazione delle società in house, nei termini ora riportati, comporta rilevanti implicazioni sul piano della disciplina loro applicabile, con particolare riferimento ai principi e alle regole in materia di evidenza pubblica.

In tale ordine di idee, come si avrà modo di approfondire in prosieguo, la scelta della Pubblica Amministrazione di non esternalizzare i propri servizi ricorrendo al mercato, ma di affidarli direttamente alle società in house, costituisce piena esplicazione del principio di libera autoorganizzazione cui l’intera azione amministrativa si ispira, in ossequio ai criteri di legalità, buona amministrazione e buon andamento ( art. 97 Cost.) .

Ed è nella prospettiva dell’efficienza dell’azione ammnistrativa che deve essere individuata la soluzione al quesito proposto, in ragione della quale l’affidamento diretto alle società in house non costituisce alcuna deroga ai principi in materia di tutela della concorrenza.

Società in house e ricorso al libero mercato: regola o eccezione?

Come anticipato, l’ affidamento in house e il ricorso al mercato, benchè in posizione antitetica, si pongono sulla medesima linea direttrice, diretta al raggiungimento del miglior risultato.

Ed è proprio nella necessità di garantire il miglior risultato che si coglie la non eccezionalità dell’istituto in esame e la sua riconducibilità ad uno dei moduli organizzatori di cui la pubblica Amministrazione si avvale per realizzare nel modo più efficace l’interesse pubblico perseguito, riuscendo ad ottenere una riduzione maggiore dei costi rispetto a quella ottenuta con il ricorso al mercato.

L’affidamento in house, dunque, costituisce una scelta gestionale volta a garantire l’efficienza, l’economicità, la qualità del servizio, nonché l’ottimale impiego delle risorse pubbliche, ponendosi in tale prospettiva sulla stessa linea direttrice delle regole che governano il ricorso al mercato, evitando qualsivoglia forma di alterazione della concorrenza.

Tuttavia, occorre chiarire come sia possibile che l’affidamento diretto ad un organismo societario, comunque esterno, benché dipendente dall’amministrazione controllante, non costituisca deroga a tutti quei principi e regole che, in materia di contratti pubblici, impongono il necessario rispetto dell’evidenza pubblica per l’esternalizzazione dei servizi.

Se, infatti, le regole dell’evidenza pubblica, che consentono l’accesso al libero mercato, hanno come obiettivo primario quello di assicurare la tutela della libera concorrenza, garantendo al contempo la qualità delle prestazioni e dei servizi forniti, scegliendo il miglior contraente tra i vari operatori economici, pare evidente come nell’affidamento diretto ad una società in house si assista, seppur a determinate condizioni, ad un allontanamento dal modello concorrenziale.

Tuttavia, onde evitare una distorsione delle regole di concorrenza e un’alterazione del libero mercato,  il legislatore prevede per l’in house requisiti strutturali e funzionali rigorosi e stringenti, in misura anche maggiore rispetto a quelli individuati dal diritto eurocomunitario.

Come si è già anticipato, è necessario che l’amministrazione controllante eserciti un’influenza dominante sulla società in house, tale da influire sia sulle scelte organizzative sia sugli obiettivi strategici dalla stessa perseguiti, così esercitando un controllo pubblico ben più ampio e penetrante rispetto a quello previsto dall’art. 2359 c.c. in materia di società di capitali, tanto da non lasciare alcuna autonomia gestionale in capo al singolo socio.

È altresì necessario che l’amministrazione controllante abbia la titolarità dei rapporti comportanti la qualità di socio pubblico nella società in house e che questa svolga, come già anticipato, l’attività di interesse generale in modo prevalente e in favore dell’ente pubblico controllante ( oltre l’80% del fatturato).

In tale ordine di idee si inserisce l’ulteriore garanzia che il legislatore prevede a tutela della concorrenza e della legalità dell’azione amministrativa, ossia l’obbligo per la Pubblica Amministrazione di motivare le ragioni che hanno comportato l’affidamento diretto e il mancato ricorso al mercato ( art. 192, comma 2, del dlgs. n. 50 del 2016).

Sul punto, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha chiarito che tale obbligo può dirsi assolto laddove la Pubblica Amministrazione prenda in considerazione sia la soluzione organizzativa e gestionale praticabile attraverso il soggetto in house, sia la capacità del mercato di offrirne una equivalente, esponendo in modo ragionevole e plausibile le ragioni di efficienza che, nel caso concreto, abbiano portato a preferire la prima rispetto alla seconda (Cons. St., sent. n. 2102/2021).

Una serie di garanzie e presidi normativi che il legislatore individua come necessari per evitare che la mancata esternalizzazione del servizio da parte della P.A., secondo le regole dell’evidenza pubblica, non falsi in alcun modo la libera concorrenza tra gli operatori economici, né determini una qualsivoglia alterazione del mercato.

Può quindi rilevarsi come la società in house, lungi dal costituire una vera e propria deroga alle regole di evidenza pubblica, ne confermi la validità e la conseguente portata applicativa, garantendo, nel modo più efficiente, il raggiungimento del miglior risultato, attraverso il ricorso a moduli gestionali di autoorganizzazione.

Ed infatti, la stessa giurisprudenza di legittimità ha più volte sottolineato la natura non eccezionale dell’istituto in esame, rilevando la mancata necessità di ricorrere alle regole dell’evidenza pubblica previste per le procedure esternalizzate, qualora la P.A. si avvalga di propri organi per produrre determinati servizi e realizzare gli interessi generali cui è preposta.

In altre parole, non solo non vengono derogate le regole previste in materia di contratti pubblici, ma queste non rilevano nemmeno, trattandosi di una scelta organizzativa interna allo stesso apparato dell’ente pubblico.

Invero, l’amministrazione controllante si rivolge ad organi che, pur avendo veste societaria,  sono soggetti ad un controllo così penetrante da non avere alcun margine di autonomia decisionale.

Ciò comporta che i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate, subordinati gerarchicamente all’ente controllante, sono soggetti, oltre alla giurisdizione ordinaria, anche a quella della Corte dei Conti (art. 12, dlgs. n. 50/2016).

Nelle società in house, infatti, la veste societaria non è sufficiente a schermare il socio pubblico rispetto alla compagine, poiché non vi è alcuna alterità soggettiva nella titolarità del patrimonio che, viceversa, rimane unica e si caratterizza per una mera separazione patrimoniale.

Pertanto, anche la duplice veste della società in house, pubblica da un lato, privata dall’altro, conferma ancora una volta la sua qualificazione in termini di mera articolazione o longa manus della Pubblica Amministrazione e, dunque, la sua portata non eccezionale o derogatoria rispetto alla disciplina prevista a tutela della concorrenza.

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Fonti:

Codice degli appalti- dlgs. n. 50/2016

 

Federica Colantonio

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