Beni pubblici: regime giuridico e differenze

Redazione 05/02/19
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Il libro III del codice civile individua i beni che possono essere oggetto di diritto. La proprietà, avente ad oggetto beni mobili o immobili, può avere natura pubblica o provata, così come disciplinato dall’art. 42 Cost.

I beni appartenenti al patrimonio dello Stato si distinguono in: demanio pubblico e beni patrimoniali.

Il demanio pubblico

Relativamente al demanio pubblico il capo II del codice civile li disciplina tassativamente e tra questi rientrano: il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti, i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; infine, le opere destinate alla difesa nazionale.

Si ritene, altresì, che i diritti reali che spettano allo Stato, alle Provincie e ai Comuni siano parimenti soggetti al regime del demanio pubblico, in forza degli artt. 822 e 825 c.c.

I suindicati beni sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritto a favore di terzi, se non nei casi espressamente previsti dalla legge.

L’Agenzia del demanio, ai sensi dell’art. 1 d.l. n. 351/2001, con i propri decreti dirigenziali, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso gli archivi e gli uffici pubblici, è chiamata a individuare e a catalorizzare i singoli beni demaniali e quei beni facenti parte del patrimonio dello Stato, siano essi disponibili o indisponibili.

La pubblicazione dei suddetti decreti in Gazzetta Ufficiale produce un effetto dichiarativo, tale da permettere il passaggio della proprietà nel patrimonio dello Stato, salvo precedenti trascrizioni. Gli effetti della trascrizione rendono l’atto opponibile ai terzi in forza dell’art. 2644 c.c.

L’autorità amministrativa titolare della tutela dei bene appartenenti al demanio pubblico, è legittimata a procedere in giudizio sia in via amministrativa, sia impiegando gli ordinari mezzi a difesa della proprietà e del possesso ex artt. 948-951 c.c.

I beni del demanio vengono catalogati all’interno dell’inventario, avente natura descrittiva desunta dai rispettivi catasti. L’inventario è a cura del Ministero delle finanze e delle altre amministrazioni centrali.

Nell’ipotesi in cui tali beni cessino la loro destinazione a uso pubblico, passano direttamente nel patrimonio dello Stato.

L’inizio e la cessazione della demanialità, muta a seconda che si faccia riferimento a beni naturali o beni pubblici artificiali.

Per i beni naturali l’inizio della demanialità si colloca al momento della loro venuta a esistenza. Di conseguenza, assume valore meramente dichiarativo l’atto con cui la P.A. individua e classifica tale tipologia di beni.

Per i beni del demanio artificiale non è sufficiente la loro venuta ad esistenza, occorre un valore ulteriore : la destinazione del bene all’uso pubblico.

Come cessa la demanialità? Viene dichiarata dalla P.A. e il relativo atto deve essere oggetto di pubblicità.

I beni patrimoniali

Quanto ai beni patrimoniali dello Stato si distinguono in: beni mobili, immobili e indisponibili e disponibili.

Relativamente ai beni mobili per la loro natura o determinazione di legge sono disciplinati dagli artt. 812 ss. c.c. andranno ricompresi anche i materiali per i servizi pubblici.

Si definiscono indisponibili, invece, quei beni che per loro stessa destinazione ad un servizio pubblico e governativo non possono essere alienati o comunque sottratti dal patrimonio dello Stato.

Ne fanno parte ai sensi dell’art. 826 co. 2 e 3 c.c.: le foreste, le miniere, le cave e torbiere, le cose di interesse storico-archeologico, paleontologico e artistico; i beni e gli istituti di sicurezza pubblica; infine, gli uffici destinati al pubblico servizio.

Si può ritenere che al di là delle formali distinzioni codicistiche i beni demaniali e i beni del patrimonio indisponibile sono sottoposte al medesimo regime che giustifica la tendenza della dottrina ad inquadrarli nell’ambito di una tutela unitaria.

Seguendo questo orientamento, poi, la Cassazione ha ritenuto che l’appartenenza al patrimonio indisponibile di un bene :”va esclusa quando il tempo che intercorre tra la destinazione ad uso pubblico del bene e l’inizio del periodo utile a fini di usucapione (oltre dieci anni) trascorre senza che sia stato posto in essere alcun atto concreto di utilizzazione del fondo a fini di pubblica utilità”.

Queste conclusioni traggono spunto dall’impostazione delle Sezioni Unite della Cassazione secondo cui:”i beni patrimoniali indisponibili, al pari di quelli demaniali, attesa la comune destinazione dalla soddisfazione di interessi pubblici, possono essere attribuiti in godimento a privati soltanto nella forma della concessione amministrativa, la quale, anche quando si configuri come concessione-contratto – vale a dire come combinazione di un negozio unilaterale autoritativo (atto deliberativo) della p.a. e di una convenzione attuativa (contratto) –, implica sempre l’attribuzione dal privato di un diritto condizionato, che può essere unilateralmente soppresso dall’amministrazione stessa con la revoca dell’atto di concessione, in caso di contrasto con il prevalente interesse pubblico, con la conseguenza che, emesso il relativo provvedimento amministrativo, con l’intimazione della restituzione del bene, la posizione del privato stesso degrada ad interesse legittimo ed è suscettibile di tutela davanti al giudice amministrativo e non in sede di giurisdizione ordinaria” (Cass., SS.UU., 23 giugno 1993, n. 6950).

Secondo l’art. 828 c.c. i beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato non possono essere sottratti alla loro destinazione se non attraverso le modalità stabilite dalla legge che li riguarda. Detti beni, perciò, sono in astratto commerciabili, salvi gli specifici divieti recati dalle disposizioni legislative di settore, ma sono gravati da uno specifico vincolo di destinazione all’uso pubblico.

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato che «i beni patrimoniali indisponibili, al pari di quelli demaniali, attesa la comune destinazione dalla soddisfazione di interessi pubblici, possono essere attribuiti in godimento a privati soltanto nella forma della concessione amministrativa, la quale, anche quando si configuri come concessione-contratto – vale a dire come combinazione di un negozio unilaterale autoritativo (atto deliberativo) della p.a. e di una convenzione attuativa (contratto) –, implica sempre l’attribuzione dal privato di un diritto condizionato, che può essere unilateralmente soppresso dall’amministrazione stessa con la revoca dell’atto di concessione, in caso di contrasto con il prevalente interesse pubblico, con la conseguenza che, emesso il relativo provvedimento amministrativo, con l’intimazione della restituzione del bene, la posizione del privato stesso degrada ad interesse legittimo ed è suscettibile di tutela davanti al giudice amministrativo e non in sede di giurisdizione ordinaria»» (Cass., SS.UU., 23 giugno 1993, n. 6950).

Diversamente dai beni demaniali, quelli indisponibili sono espropriabili e soggetti ad usucapione entro i limiti della loro destinazione, a condizione cioè che lo scopo pubblico risulti comunque servito dal bene così come destinato dalla p.a. Così è stato affermato in giurisprudenza per ciò che concerne l’espropriazione forzata per debiti, ritenuta ammissibile per i beni indisponibili sempre che la vendita forzata risulti compatibile con la permanenza del vincolo di destinazione pubblica.

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