Chi sono i beneficiari dell’amministrazione di sostegno?

Redazione 11/05/18
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I potenziali interessati all’amministratore di sostegno sono definiti dall’art. 404 del codice civile: sono le persone che, per effetto di un’infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovano nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi.

Possono beneficiare dell’amministrazione di sostegno:

  • gli anziani e/o disabili ma anche soggetti in dipendenza di alcool o sostanze stupefacenti;
  • persone in stato di detenzione;
  • pazienti oncologici in fase terminale o in stato di coma, a condizione che la loro situazione non sia così grave da renderli incapaci di provvedere ai propri interessi e da richiedere il ricorso all’interdizione (che riguarda quelle persone che si trovano in condizioni di abituale infermità mentale che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi).

Condizione necessaria è che queste persone siano in grado di esprimere i propri bisogni, le proprie aspettative e aspirazioni al punto che il giudice tutelare e l’amministratore non possano prescindere da esse. Il ricorso per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno può essere proposto dal diretto interessato (anche se minore, interdetto, inabilitato), dal coniuge o da una persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado o dagli affini entro il secondo grado, dal tutore, curatore o dal pubblico ministero.
La proposta può essere avanzata anche dai responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona. Se il ricorso concerne una persona già interdetta o inabilitata, deve essere presentato al giudice competente congiuntamente ad un’istanza di revoca
dell’interdizione o dell’inabilitazione.
Nel tempo la duttilità di questo istituto ha consentito, con il supporto della giurisprudenza, la possibilità di diverse e ampie applicazioni, ma anche l’insorgere di numerosi conflitti e patologie del sistema. L’utilità di questo istituto è, però, innegabile, attese la complessità della realtà attuale e la crescente
richiesta di tutela e di sostegno in diversi ambiti.

I presenti contributi sono tratti da 

Fonti deboli e processo penale

Il legislatore interno ha cercato di tradurre in dispositivi processuali gli impulsi provenienti dalle fonti europee ed internazionali, con la conseguenza che ha fatto ingresso nel codice di rito la figura del dichia- rante che necessita di specifiche esigenze di protezione. I nuovi schemi, diretti ad assumere il contributo dichiarativo della persona che si trova in un particolare stato di debolezza psicofisica, rappresentano pertanto sequenze preordinate di atti e comportamenti finalizzati a creare la prova dichiarativa dalla persona ritenuta meritevole di tutela, non soltanto dal procedimento penale, ma anche nel procedimento penale. L’autore procede quindi all’analisi delle nuove sequenze procedimentali, con cui raccogliere le dichiarazioni dei soggetti deboli, e dei nuovi congegni diretti a formare la prova dichiarativa nell’incidente probatorio ed in dibattimento.Nel percorso di esame emerge la frammentarietà caratterizzante l’intervento legislativo che dovrebbe essere sostituita da una profonda rimeditazione unitaria della protezione da garantire al dichiarante vulnerabile.Federico Cerqua Avvocato e dottore di ricerca in procedura penale. Ha indirizzato l’attività di ricerca su diversi aspetti del procedimento penale, dedicando particolare attenzione ai temi delle garanzie dell’imputato, delle misure cautelari, del procedimento a carico delle persone giuridiche. Ha pubblicato per questa Collana il volume Cautele interdittive e rito penale. Uno studio sulle alternative ai modelli coercitivi personali. 

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Casi pratici: amministrazione di sostegno per affetta da sindrome da shopping compulsivo

Con decreto 3 ottobre 2012, il Tribunale di Varese ha concesso la nomina di un amministrazione di sostegno per una signora affetta dalla sindrome‘‘da shopping compulsivo”.
La richiesta avanzata dai parenti della signora era motivata da eventi gravi, quali il licenziamento della stessa ai fini dell’incasso della somma relativa al trattamento di fine rapporto per realizzare acquisti compulsivi in beni di consumo e di lusso. La stessa aveva, poi, contratto debiti con società finanziarie,
per circa 50 mila euro, manifestando una totale incapacità di gestione del suo patrimonio.
Si era quindi accertata la presenza di una sindrome da acquisto compulsivo in capo alla beneficiaria; la nomina dell’amministratore di sostegno era finalizzata, perciò, all’intento di consentirle di “riacquistare la capacità di risparmio e gestione efficiente del reddito” e quindi la normalità di vita e di psiche.
Il giudice ha ritenuto d’istituire un percorso di sostegno a termine, biennale, per il tramite della nomina di un amministratore, nonché di una terapia di sostegno, all’uopo incaricando il Sert competente “affinché, previa presa in carico della persona beneficiaria, valutata la specifica situazione soggettiva, eroghi un servizio di sostegno e recupero per il soggetto beneficiario, eventualmente mediante anche un sostegno psicologico”.
Sul punto il provvedimento appare alquanto interessante per le implicazioni di partecipazione diretta e volontaria del soggetto alla terapia psicologica, che necessita di consapevolezza ed interazione.

Nomina di amministrazione di sostegno del coniuge legalmente separato

Ugualmente di particolare interesse è la decisione del Tribunale di Varese, Ufficio Vol. Giur., decreto 13 marzo 2012, del giudice tutelare, G. Buffone, che ha ritenuto di poter nominare amministratore di sostegno la moglie da cui il soggetto era legalmente separato.
Il ricorrente segnalava di essere stato colpito da ictus cerebrale ischemico nel maggio 2010, con esiti di persistente disabilità che lo aveva costretto ad avvalersi di carrozzina pieghevole e di essere stato riconosciuto portatore di handicap con invalidità civile superiore a 2/3 e con necessità di assistenza
permanente.
Specificava che la patologia di cui era portatore lo rendeva incapace di provvedere, da solo, a diversi atti gestionali ed amministrativi per cui richiedeva la nomina di un amministratore di sostegno.

I presenti contributi sono tratti da 

Fonti deboli e processo penale

Il legislatore interno ha cercato di tradurre in dispositivi processuali gli impulsi provenienti dalle fonti europee ed internazionali, con la conseguenza che ha fatto ingresso nel codice di rito la figura del dichia- rante che necessita di specifiche esigenze di protezione. I nuovi schemi, diretti ad assumere il contributo dichiarativo della persona che si trova in un particolare stato di debolezza psicofisica, rappresentano pertanto sequenze preordinate di atti e comportamenti finalizzati a creare la prova dichiarativa dalla persona ritenuta meritevole di tutela, non soltanto dal procedimento penale, ma anche nel procedimento penale. L’autore procede quindi all’analisi delle nuove sequenze procedimentali, con cui raccogliere le dichiarazioni dei soggetti deboli, e dei nuovi congegni diretti a formare la prova dichiarativa nell’incidente probatorio ed in dibattimento.Nel percorso di esame emerge la frammentarietà caratterizzante l’intervento legislativo che dovrebbe essere sostituita da una profonda rimeditazione unitaria della protezione da garantire al dichiarante vulnerabile.Federico Cerqua Avvocato e dottore di ricerca in procedura penale. Ha indirizzato l’attività di ricerca su diversi aspetti del procedimento penale, dedicando particolare attenzione ai temi delle garanzie dell’imputato, delle misure cautelari, del procedimento a carico delle persone giuridiche. Ha pubblicato per questa Collana il volume Cautele interdittive e rito penale. Uno studio sulle alternative ai modelli coercitivi personali. 

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