Autonomia e indipendenza delle avvocature pubbliche nell’organizzazione amministrativa.

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Il tema dell’organizzazione delle avvocature pubbliche e degli uffici legali, analizzato attraverso le esperienze amministrative degli enti pubblici – con particolare riferimento alle autonomie territoriali – e dei rispettivi assetti ordinamentali, pone alcuni problemi di natura giuridica la cui soluzione ha provocato significativi interventi giurisprudenziali che hanno consentito di tracciare le coordinate ermeneutiche per lo scioglimento dei nodi interpretativi ed applicativi.
Il tentativo di fare chiarezza rispetto a tali difficoltà ruota intorno all’apparente antinomia e, di conseguenza, al problematico contemperamento in seno all’organizzazione amministrativa dell’ ente pubblico di contrapposti principi dalla portata eccentrica: da un lato l’autonomia e l’indipendenza connaturale allo status professionale dell’avvocato della struttura pubblica, secondo la disciplina sull’ordinamento professionale disegnata dal R.D. 1578/1933, dall’altro la potestà auto-organizzatoria delle autonomie territoriali, con il precipitato dell’assoggettamento dell’avvocato-dipendente al vincolo gerarchico tipicamente connesso e funzionale al potere datoriale.
Si tratta in sostanza di risolvere in maniera equilibrata l’incompatibilità  tra la professione ed il lavoro subordinato allorché esso si inserisca in una struttura pubblica(1).
Il riferimento de iure condito per l’approccio al problema riflette una soluzione legislativa di tipo compromissorio, e si trova scolpito nell’art.3, R.D. n. 1578/1933.
La citata disposizione dopo aver precisato, al secondo comma, che l’esercizio della professione di avvocato è “incompatibile con qualunque impiego od ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello Stato, delle Province, dei Comuni”, fissa, al quarto comma lettera b, una esplicita eccezione per “gli avvocati [ed i procuratori] degli uffici legali istituiti sotto qualsiasi denominazione ed in qualsiasi modo presso gli enti di cui allo stesso secondo comma, per quanto concerne le cause e gli affari propri dell’ente presso il quale prestano la loro opera” (2), imponendo agli stessi l’iscrizione ad un “elenco speciale annesso all’albo”, sul presupposto dell’istituzione di uno specifico ufficio legale nell’ente e delle mansioni di contenuto professionale del dipendente, il quale dovrà essere addetto all’ufficio in via esclusiva.
Le interpretazioni offerte dalla giurisprudenza sulla disposizione hanno visto consolidarsi in maniera assolutamente univoca l’orientamento che condiziona l’iscrizione all’elenco speciale ex art. 3, ultimo comma, lett. b), r.d. 27.11.1933 n. 1578, alla ricorrenza del duplice, concorrente presupposto sopra richiamato; così come si renderà quindi imprescindibile la “esclusività dell’espletamento (da parte dell’avvocato pubblico) dell’attività di assistenza, rappresentanza e difesa dell’ente pubblico presso il quale presta la propria opera, nelle cause e negli affari dell’ente stesso” (3), è stato del pari, e con maggiore incisività, chiarito che “al fine dell’iscrizione negli elenchi speciali annessi all’albo degli avvocati, l’art. 3, ultimo comma, lett. b), r.d. 27 novembre 1933 n. 1578, richiede che presso l’ente pubblico esista un ufficio legale costituente un’unità organica autonoma e che coloro i quali sono ad esso addetti esercitino con libertà ed autonomia le loro funzioni di competenza, con sostanziale estraneità all’apparato amministrativo, in posizione di indipendenza da tutti i settori previsti in organico e con esclusione di ogni attività di gestione” (4).
Ed è appunto tale ultimo aspetto, illuminato dalla giurisprudenza evocata, che appare sviluppare il corollario più penetrante ed incisivo, sul versante dell’assetto organizzatorio demandato all’autonomia degli enti territoriali, discendente dall’affermazione dell’autonomia e dell’indipendenza professionale concascrata dall’art. 3, secondo comma, r.d. n. 1578/1933.
Difatti la norma che pure, sotto il profilo soggettivo, implica il “riconoscimento di uno status particolare agli avvocati pubblici, in assenza del quale verrebbe meno la natura professionale dell’attività svolta”, va piuttosto traguardata sotto il ben più pregnante profilo oggettivo, in vista della corretta collocazione delle avvocature nella struttura pubblica, ed a tali fini “postula una particolare organizzazione degli enti di appartenenza degli avvocati, nel senso della necessità di costituzione di un’autonoma e indipendente struttura operativa che valga, da una parte, ad inserirli nell’assetto degli enti e, dall’altro, a consentire ed assicurare il libero esercizio delle loro peculiari funzioni in assenza del quale verrebbe meno la natura professionale” che tipicamente connota la prestazione lavorativa (5).
Ovviamente, quanto al versante soggettivo, se i professionisti avvocati inseriti con vincolo di subordinazione presso gli uffici legali degli enti pubblici non potranno essere adibiti a compiti meramente amministrativi, non attinenti alla professione o comunque contrari alle regole deontologiche, d’altro canto il particolare status goduto dagli stessi non osterà all’attribuzione di mansioni di diverso contenuto, nell’ambito delle attività di natura professionale, né alla loro soggezione al potere gerarchico-funzionale (e non già gerarchico-professionale) degli organi datoriali di vertice (6).
Gli approdi ermeneutici illustrati circa l’inquadramento degli uffici legali nell’assetto ordinamentale degli enti pubblici, già acquisiti alla prevalente dottrina e consolidati negli uniformi interventi giurisprudenziali, pongono le premesse in diritto da cui muove una recentissima pronuncia Tar Sardegna, II sez., n. 7/2008,  intervenuta a ratificare quale ius receptum l’orientamento prevalente sopra esposto.
Il Collegio isolano, chiamato nella circostanza a pronunciarsi sulla censura di illegittimità di un regolamento comunale degli uffici e dei servizi, nella parte in cui disponeva l’organizzazione del servizio legale alle dipendenze di un settore amministrativo (nella fattispecie settore staff diretto dal Segretario generale dell’ente), ribadisce con chiarezza argomentativa i principi sopra evocati: “L’esistenza di un’autonoma articolazione organica dell’Ufficio legale dell’ente risulta indispensabile perché l’attività professionale, ancorché svolta in forma di lavoro dipendente, deve essere esercitata, in conformità alle disposizioni che la disciplinano, con modalità che assicurino oltre alla libertà nell’esercizio dell’attività di difesa, insita nella figura professionale, anche l’autonomia del professionista.
A tal fine l’istituzione di un ufficio legale nell’ambito di un ente determina l’insorgenza di una struttura che si differenzia da ogni altro centro operativo e postula una diretta connessione unicamente con il vertice decisionale dell’Ente stesso, al di fuori, quindi, di ogni altra intermediazione (Cfr. Cons. Stato, sez. V, 16.9.2004 n. 6023; TAR Molise Campobasso, 9.1.2002 n. 1).
Appare pertanto illegittima l’articolazione organica dettata con l’impugnata delibera, non potendo l’ufficio legale essere posto alle dipendenze del Settore Staff e, quindi, del suo Dirigente, il Segretario Generale del Comune, proprio perché la salvaguardia dell’autonomia e indipendenza dell’attività professionale in discorso, esclude che possa esservi una subordinazione gerarchica ed una ingerenza nella trattazione degli affari giuridico legali attinenti specificamente nelle competenze che il professionista può svolgere in virtù della sua iscrizione all’albo, competenze non rinvenibili nella figura del Segretario Generale (ovvero Dirigente amministrativo), che non postula la specifica preparazione professionale garantita dall’iscrizione all’albo” (7).
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE
 
 
1.                      Si veda *********, Relazione dei lavori Seminario “L’ufficio legale interno delle amministrazioni pubbliche dopo la L. n. 15/05” – Ita, Roma -2005. Sul tema si veda anche ********** “Gli avvocati degli enti pubblici nella giurisprudenza e nei pareri del Consiglio Nazionale Forense”, in Foro It., 2002 (I, 2701). Si veda infine ********, Relazione al Seminario “Avvocati degli Enti Pubblici”, Patronato forense, Roma, 2007.
2.                      Cfr. Tar Sardegna, sez II., 14 gennaio 2008, n. 7.
3.                      Cfr. Cass. Civ., Sez. Unite, 23 giugno 1995, n. 7084.
4.                      Cfr. Cass. Civ., Sez. Unite, 18 aprile 2002, n. 5559.
5.                      Cfr. Tar Lazio, sez. II, 23 novembre 1999, n. 2394.
6.                      M. Lipari, op. cit., pagg. 197-198.
7.                      Tar Sardegna, sez II., 14 gennaio 2008, n. 7 (v. supra).
 
 
 
 
 
 
 
Dal sito www.giustizia-amministrativa.it
REPUBBLICA ITALIANA
Sent. N. 7/2008
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Ric. N.765/2006
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA SEZIONE SECONDA
 
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 765/06 proposto dall’avv. *******, rappresentato e difeso dall’avv. ***************, presso il cui studio in Cagliari, via Besta n. 2, è elettivamente domiciliato;
contro
il Comune di Iglesias, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituitosi in giudizio;
per l’annullamento
1) della deliberazione della Giunta Municipale del comune di Iglesias n. 132 del 18.7.2006, con la quale è stato approvato il Regolamento comunale degli uffici e dei servizi, ed in particolare dell’art. 14 del Regolamento nella parte in cui ha disposto l’organizzazione del servizio legale alle dipendente del settore staff;
2) del silenzio rigetto, implicitamente formatosi a seguito dell’istanza del ricorrente in data 14.9.2005, reiterata il 14.12.2005, con la quale veniva richiesta l’istituzione del servizio legale in forma autonoma di settore;
            Visto il ricorso con i relativi allegati;
            Visti gli atti tutti della causa;
            Nominato relatore per la pubblica udienza del 14 novembre 2007 il consigliere ***************;
            Uditi gli avvocati come da separato verbale;
         Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
Il ricorrente, avv. XXXXXXX, riferisce di essere dipendente, a seguito di procedura concorsuale ed in forza di contratto di lavoro del 23.12.2004, del Comune di Iglesias in qualità di Responsabile dell’Ufficio legale del Comune, nel quale è l’unico avvocato presente.
Riferisce ancora che, essendo venuto a conoscenza della volontà dell’amministrazione   di   provvedere   alla   riapprovazione   del   regolamento degli uffici e dei servizi, ripetutamente oralmente e per iscritto chiedeva che il servizio legale venisse organizzato secondo legge in forma di settore, retto da una figura di Avvocato dirigente, e comunque posto in posizione di autonomia ed estraneità rispetto a tutti gli altri settori dell’ente.
Con l’impugnata delibera la Giunta Comunale ha approvato il nuovo regolamento dei servizi e degli uffici, confermando il precedente inquadramento del Servizio legale alle dipendenze del Segretario Generale in un settore amministrativo denominato “Staff”.
A sostegno del ricorso l’avv. XXXXXXX fa valere le seguenti censure:
1) violazione dell’art. 3 R.D.L. 1578/1933; violazione dell’art. 69 comma 11 del D.Lgs 165/2001 e dell’art. 2, comma 3 del D.Lgs 2 febbraio 2006 n. 30;
2) eccesso di potere per illogicità;
3) violazione dell’art. 107 TUEL D.Lgs 267/2000; violazione dell’art. 13 del regolamento comunale sull’ordinamento degli uffici e dei servizi ed eccesso di potere per contraddittorietà.
Alla pubblica udienza del 14 novembre 2007 la causa, non costituito il Comune di Iglesias, è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
D I R I T T O
                        Con il ricorso in esame l’Avv. XXXXXXX impugna la delibera, descritta in epigrafe, con la quale la Giunta Comunale di Iglesias ha approvato il regolamento di organizzazione dei servizi e degli uffici dell’Ente. In particolare impugna l’art. 14 nella parte in cui dispone che il Servizio legale sia un’articolazione del Settore Staff e quindi sia posto alle dirette dipendenze del Segretario Generale, dirigente di quest’ultimo.
            Impugna inoltre il silenzio rigetto che si sarebbe formato sull’istanza “in data 14.9.05, reiterata il 14.12.2005, con la quale veniva richiesta l’istituzione del servizio legale in forma autonoma di Settore”.
 La domanda di annullamento del silenzio è inammissibile.
Al momento della proposizione del ricorso il silenzio era infatti venuto meno, avendo l’Amministrazione, con l’impugnata delibera di approvazione del nuovo regolamento degli uffici, adottato un esplicito provvedimento contrario alla richiesta avanzata dal ricorrente, sul quale si incentra la materia del contendere.
Con riferimento all’impugnata delibera il ricorso deve essere accolto, stante la fondatezza del primo motivo, con il quale si deduce la violazione dell’art. 3 del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578.
L’art. 3 dopo aver disposto, al secondo comma, che l’esercizio della professione di avvocato è “incompatibile con qualunque impiego od ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello Stato, delle Province, dei Comuni”, detta, al quarto comma lettera b, una esplicita eccezione per “gli avvocati [ed i procuratori] degli uffici legali istituiti sotto qualsiasi denominazione ed in qualsiasi modo presso gli enti di cui allo stesso secondo comma, per quanto concerne le cause e gli affari propri dell’ente presso il quale prestano la loro opera”, imponendo che essi siano “iscritti nell’elenco speciale annesso all’albo”
La giurisprudenza che si è occupata dell’interpretazione della disposizione ha chiarito che “al fine dell’iscrizione negli elenchi speciali annessi all’albo degli avvocati, l’art. 3, ultimo comma, lett. b), r.d. 27 novembre 1933 n. 1578, richiede che presso l’ente pubblico esista un ufficio legale costituente un’unità organica autonoma e che coloro i quali sono ad esso addetti esercitino con libertà ed autonomia le loro funzioni di competenza, con sostanziale estraneità all’apparato amministrativo, in posizione di indipendenza da tutti i settori previsti in organico e con esclusione di ogni attività di gestione (Cass. Civ. SS.UU. 18.4.2002 n. 5559).
L’esistenza di un’autonoma articolazione organica dell’Ufficio legale dell’ente risulta indispensabile perché l’attività professionale, ancorché svolta in forma di lavoro dipendente, deve essere esercitata, in conformità alle disposizioni che la disciplinano, con modalità che assicurino oltre alla libertà nell’esercizio dell’attività di difesa, insita nella figura professionale, anche l’autonomia del professionista.
A tal fine l’istituzione di un ufficio legale nell’ambito di un ente determina l’insorgenza di una struttura che si differenzia da ogni altro centro operativo e postula una diretta connessione unicamente con il vertice decisionale dell’Ente stesso, al di fuori, quindi, di ogni altra intermediazione ( Cfr. Cons. Stato, sez. V, 16.9.2004 n. 6023; TAR Molise Campobasso, 9.1.2002 n. 1).
Appare pertanto illegittima l’articolazione organica dettata con l’impugnata delibera, non potendo l’ufficio legale essere posto alle dipendenze del Settore Staff e, quindi, del suo Dirigente, il Segretario Generale del Comune, proprio perché la salvaguardia dell’autonomia e indipendenza dell’attività professionale in discorso, esclude che possa esservi una subordinazione gerarchica ed una ingerenza nella trattazione degli affari giuridico legali attinenti specificamente nelle competenze che il professionista può svolgere in virtù della sua iscrizione all’albo, competenze non rinvenibili nella figura del Segretario Generale, che non postula la specifica preparazione professionale garantita dall’iscrizione all’albo.
La fondatezza della censura esaminata esime il Collegio dal esaminare le ulteriori censure proposte, che restano assorbite.
Il ricorso va pertanto accolto ed annullato l’impugnato regolamento nella parte in cui disciplina l’ufficio legale come articolazione del settore Staff.
            Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA
SEZIONE SECONDA
accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato, nei sensi di cui in motivazione.
Condanna il Comune di Iglesias al pagamento delle spese ed onorari del giudizio in favore del ricorrente, che liquida in complessivi € 3000,00 (tremila), oltre IVA e CPA come per legge;
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Cagliari, nella camera di consiglio, il giorno 14 novembre 2007 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna con l’intervento dei signori:
***********, Presidente,
*************, ***********,
***************, ***********, estensore.
 
 
 
Depositata in segreteria oggi 14/01/2008
                                                                       Il Segretario Generale

Siracusa Sergio

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