Astensione nazionale dalle udienze penali: le ragioni

La Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane (UCPI) ha proclamato tre giornate di astensione dalle udienze penali per i giorni 5, 6 e 7 maggio.

Lorena Papini 05/05/25
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La Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane (UCPI) ha proclamato tre giornate di astensione dalle udienze penali per i giorni 5, 6 e 7 maggio 2025, come forma di protesta contro i contenuti del nuovo Decreto Sicurezza approvato dal Governo. La decisione, formalizzata con delibera del 12 aprile 2025, rappresenta una presa di posizione netta da parte dell’avvocatura penalista contro quella che viene definita una «deriva punitiva» del sistema penale italiano.

Indice

1. Le critiche al Decreto Sicurezza


Nel provvedimento adottato, l’UCPI esprime forti preoccupazioni per l’impianto normativo del decreto, che – a giudizio dei penalisti – introduce misure sproporzionate e inutili sotto il profilo della tutela della sicurezza collettiva. La delibera denuncia:

  • L’inutile introduzione di nuove fattispecie di reato, che si sommano a un già vasto catalogo di incriminazioni;
  • L’aumento sproporzionato e ingiustificato delle pene, spesso scollegato da una reale esigenza repressiva;
  • L’introduzione di aggravanti prive di fondamento razionale, che rischiano di essere strumenti di pressione piuttosto che di giustizia;
  • La criminalizzazione della marginalità e del dissenso, che secondo l’UCPI trasforma fenomeni sociali in questioni penali;
  • Nuove ostatività all’applicazione delle misure alternative alla detenzione, in contrasto con i principi costituzionali di rieducazione della pena.

2. Allarme carcere: sovraffollamento e suicidi


Particolarmente severa è la condanna delle conseguenze penitenziarie del decreto. L’Unione sottolinea come l’approccio repressivo non farà altro che aumentare la popolazione carceraria, già oltre i livelli di guardia, e aggraverà il problema strutturale del sovraffollamento. A ciò si aggiunge un altro dato drammatico: il numero record di suicidi in carcere registrato nel 2024, che rende urgente una seria riflessione sullo stato della detenzione in Italia.
Secondo la Giunta UCPI, il decreto ignora le raccomandazioni sovranazionali e si muove in senso opposto rispetto agli obiettivi di deflazione carceraria perseguiti da anni, con l’effetto paradossale di rendere il sistema più insicuro, alimentando tensioni sociali piuttosto che governarle.

3. Il senso dell’astensione dalle udienze


L’astensione dalle udienze penali è, per l’UCPI, l’unico strumento di protesta istituzionale che l’avvocatura ha a disposizione per segnalare al Parlamento e all’opinione pubblica i rischi derivanti da una legislazione penale concepita sull’onda dell’emergenza e dell’emotività.
L’Unione rivendica la propria funzione costituzionale di presidio delle garanzie processuali e dei diritti della persona, sottolineando come ogni riforma che incida sulla libertà personale debba essere improntata a criteri di razionalità, proporzionalità ed effettività, e non a logiche simboliche o punitive.

4. L’esclusione di tre circondari


Con successiva delibera del 14 aprile 2025, la Giunta ha tuttavia deciso di escludere dall’astensione i circondari di Tempio Pausania, Trapani e Chieti, per evitare sovrapposizioni con altre astensioni già deliberate a livello territoriale. Il Codice di autoregolamentazione dell’astensione dalle udienze prevede infatti un intervallo minimo di 15 giorni tra due astensioni nello stesso circondario, al fine di non compromettere il regolare svolgimento della giustizia penale.

5. Una protesta indirizzata alle istituzioni


Come di consueto, la delibera è stata trasmessa al Presidente della Repubblica, ai Presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Giustizia, ai capi degli uffici giudiziari e al Consiglio Nazionale Forense, affinché le ragioni della protesta siano formalmente conosciute da tutte le sedi istituzionali.
L’astensione del 5, 6 e 7 maggio si configura così non solo come una manifestazione di dissenso contro un singolo decreto, ma come un atto di denuncia più generale contro l’indirizzo politico che rischia di trasformare il diritto penale in strumento di gestione sociale, minando le basi del giusto processo e della dignità umana.

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