Assemblea e coniugi in condominio

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È frequente che in ambito condominiale due coniugi acquistino un appartamento e/o altre unità immobiliari. In tal caso, nel silenzio della legge bisogna stabilire se l’avviso di convocazione debba essere inviato sia al marito sia alla moglie, oppure se sia sufficiente inviarlo ai detti comproprietari in modo collettivo e impersonale, presso l’indirizzo di uno di loro. Problemi possono sorgere anche per la presenza in assemblea e conseguente votazione o per l’impugnazione delle delibere assembleari.

Coniugi e avviso di convocazione

La Cassazione aveva affermato il principio secondo cui, ai fini della regolare costituzione dell’assemblea del condominio, la valida convocazione di uno dei comproprietari pro indiviso di piani o porzioni di piano può risultare anche dall’avviso dato all’altro comproprietario, qualora ricorrano circostanze presuntive tali da far ritenere che il secondo comproprietario abbia reso edotto il primo della convocazione. Secondo la stessa corrente di pensiero il medesimo principio sarebbe applicabile anche al caso di coniugi conviventi in pieno accordo e senza contrasto di interessi tra loro.

Non si ritiene di condividere quest’orientamento, sulla considerazione del fatto che anche il singolo comproprietario deve essere tutelato individualmente.

In ogni caso la tesi sopra espressa non è attualmente sostenibile atteso che l’articolo 1136 c.c, sesto comma, come modificato dalla legge 220/2012, stabilisce come l’assemblea possa deliberare solo se tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati.

E’ inevitabile, quindi, che l’amministratore, indipendentemente dalla conoscenza di fatto della convocazione, convochi separatamente ciascun coniuge con raccomandata, posta elettronica certificata, fax o consegna a mano. Ne consegue che può essere annullata una delibera se all’assemblea condominiale non è stata convocata la moglie di un condomino (invece regolarmente convocato) comproprietaria con lo stesso di un appartamento all’interno del condominio. Non importa, infatti, che all’assemblea prenda parte il marito, se lo stesso non agisce in nome della moglie (App. Catania 23 aprile 2019 n. 924). Trova applicazione infatti il principio sancito dall’art. 1441 c.c., secondo cui l’annullamento può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse esso è stabilito dalla legge e, di conseguenza, il condomino convocato non è legittimato ad impugnare la delibera per l’omessa convocazione di altri condomini, compreso il consorte con cui ha l’immobile in comunione legale. In ogni caso la convocazione di marito e moglie è scelta obbligata se i coniugi sono separati e residenti in due luoghi diversi (Trib. Milano 18 ottobre 1993).

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Presenza e votazione in assemblea

Qualora un’unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell’articolo 1106 del codice (art 67 disp. att. c.c., comma 2). Questo significa che, nonostante l’immobile in condominio sia cointestato, in assemblea ha diritto a presenziare solo uno dei due coniugi che agirà e voterà nell’interesse di entrambi; se il coniuge è comproprietario sembra utile un documento scritto che confermi il diritto a partecipare alla riunione (ad esempio un verbale di assemblea dei comunisti). In ogni caso il criterio anzidetto trova applicazione anche nei casi in cui la delibera dovesse essere assunta all’unanimità come per esempio nel caso in cui si trattasse di approvare criteri di ripartizione delle spese che deroghino a quelli legali (Cass. civ., sez. II, 12/06/2017, n. 14584).

Impugnazione delle delibere

In linea generale, il singolo comunista ha il potere individuale di impugnarne le delibere ove sussistano le condizioni di cui all’art. 1137 c.c. (Cass. civ., sez. II, 18/02/2000, n. 1830).

Nel caso di immobile facente parte di una comunione legale coniugale, opera l’art. 180, comma 1, c.c., sulla cui base la rappresentanza in giudizio per gli atti relativi all’amministrazione dei beni della comunione spetta ad entrambi i coniugi disgiuntamente; di conseguenza ognuno di essi ha una propria legittimazione ad esperire qualsiasi azione, non solo le azioni di carattere reale o con effetti reali, volte alla tutela della proprietà o del godimento dell’immobile, ma anche le impugnazioni delle delibere condominiali che si assumono pregiudizievoli alla sicurezza o al decoro del fabbricato o all’uso delle parti comuni, senza che sia indispensabile la partecipazione al giudizio dell’altro coniuge; in altre parole non si verte in un’ipotesi di litisconsorzio necessario; del resto, proprio in ragione del fatto che ciascuno dei comproprietari pro indiviso della unità immobiliare ha autonoma legittimazione ad impugnare le delibere dell’assemblea condominiale, non vale in alcun modo il dissenso manifestato dall’altro comunista: questo non preclude il diritto di azione individuale né vale che il comproprietario abbia dapprima aderito all’impugnazione e poi abbia rinunziato all’azione (Cass. civ., sez. II, 08/07/2021, n. 19435).

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