Quando un matrimonio si scioglie per divorzio, la Legge stabilisce, in determinate circostanze, che uno dei due coniugi corrisponda all’altro un contributo economico. Si tratta dell’assegno divorzile da non confondere con l’assegno di mantenimento in quanto i presupposti e le finalità sono differenti.
Come noto la Cassazione Sezione Unite n.18287/2018 ha fissato nuovi principi per la attribuzione e quantificazione dell’assegno divorzile. Sulla scia di questa Cassazione, il 14 maggio 2019 la Camera dei Deputati ha approvato la proposta di legge “Modifiche all’art. 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898”. Ora l’assegno ha acquisito una nuova valenza. Comprendiamo insieme cos’è, come si è evoluto e se vi sono gli elementi per calcolarlo.
Assegno divorzile: cos’è e come si è evoluto l’assegno del coniuge più debole
L’assegno divorzile obbliga uno dei due ex coniugi a versare una somma specifica e pattuita all’altro “quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.
Negli anni, i criteri di attribuzione dell’assegno sono cambiati. Sono stati rivisti alla luce delle profonde evoluzioni della società civile. Prima il divorzio era una sorta di “incidente di percorso” e l’assegno aveva una valenza prettamente assistenziale, ma oggi a seguito dell’intervento della Cass. Sez. Un. suindicata, l’assegno di divorzio ha acquisito una funzione sia assistenziale che perequativo-compensativa. In tal modo l’assegno realizza una funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, valorizzando il ruolo ed il contributo dell’ex coniuge più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e a quello personale dell’altro coniuge.
Il Tribunale per determinare l’assegno dovrà preliminarmente accertare lo squilibrio tra i redditi dei coniugi e, successivamente, determinare l’importo dell’assegno tenuto conto delle condizioni economiche dei coniugi, del contributo economico di ciascuno coniuge durante il matrimonio, del contributo personale dato alla vita matrimoniale, come la cura dei figli, della durata del matrimonio e delle ragioni della decisione, cioè delle ragioni che hanno portato al divorzio.
Questi sono i parametri che il legislatore ha del resto riportato nella proposta di legge suindicata.
Pertanto il giudice deve determinare l’assegno sulla base del cd. principio di adeguatezza dei mezzi in capo al coniuge economicamente più debole, non solo al fine di assicurare l’autonomia e l’autosufficienza economica del coniuge ma al fine di valorizzare il contributo dato dal coniuge alla cura della famiglia e dei figli, che compensi, tenuto conto dell’età e della durata del matrimonio, il sacrificio delle aspettative professionali conseguite: questa è in particolare la funzione perequativa-compensativa dell’assegno. L’assegno non ha più lo scopo di ricostituire il tenore di vita matrimoniale, che era il vecchio parametro cui i giudici dovevano attenersi.
Se è chiara la funzione assistenziale e relativamente semplice la sua quantificazione così non è per la quantificazione della funzione perequativa-compensativa la cui quantificazione si ritiene non semplice.
Per comprendere meglio questo aspetto e come si sia arrivati a fissare questo principio è utile guardare Oltralpe, specialmente in Francia. Il codice civile francese agli articoli 270 e 271 infatti ha previsto la prestation compensatorie, cioè una indennità destinata a compensare la disparità di tenore di vita causata dal divorzio dei coniugi, con ciò appianando lo squilibrio delle condizioni di vita tra i coniugi al momento del divorzio (art.270 Code Civil).
L’importo viene calcolato dai tribunali francesi secondo i seguenti elementi: la durata del matrimonio; l’età e lo stato di salute dei coniugi; la qualifica e la situazione professionale dei coniugi; le conseguenze delle scelte professionali compiute durante la convivenza per l’educazione dei figli ed il tempo che dovrà ancora dedicarsi o per promuovere la carriera del coniuge a danno della propria; il patrimonio stimato o prevedibile dei coniugi sia in capitale che in reddito dopo la liquidazione del regime patrimoniale; i diritti esistenti e prevedibili dei coniugi; la rispettiva situazione pensionistica, stimando per quanto possibile la riduzione dei diritti al pensionamento determinata per il coniuge creditore (art.271 Code Civil).
I parametri francesi sono pertanto più completi rispetto ai parametri italiani, in particolare essi tengono conto anche della “evoluzione” della disparità del reddito nel futuro. Si noti che il giudice deve tener conto anche delle prospettive di pensionamento dei coniugi, in particolare della riduzione dei diritti alla pensione per scelte del coniuge creditore dell’indennità, dovute alle conseguenze delle proprie scelte professionali durante la vita matrimoniale.
Va anche detto che il periodo massimo per l’erogazione dell’indennità è di 8 anni.
Il codice francese prevede anche diverse modalità di erogazione dell’indennità: il pagamento può avvenire sotto forma di denaro, in un’unica soluzione oppure anche a rate, per un periodo, per l’appunto, che non può superare agli 8 anni; può essere sotto forma di rendita vitalizia, anche se ciò è evento raro (infatti tal caso avviene quando l’età o le condizioni di salute del beneficiario non gli consentano di mantenersi autonomamente; si ritiene sia necessario aver superato l’età pensionabile o quando gravi problemi di salute giustifichi prima l’erogazione). Va detto che anche il pagamento come rendita deve essere limitato nel tempo.
La indennità compensativa può essere anche pagata sotto forma di assegnazione di immobili in proprietà, diritto d’uso o usufrutto temporaneo.
Infine il pagamento dell’indennità può avvenire anche in forma mista, miscelando il pagamento di una somma con il pagamento sotto forma di trasferimento di beni mobili o immobili.
Pertanto il diritto francese, anche nelle modalità di erogazione, è indubbiamente più articolato e completo rispetto all’attuale situazione italiana. Ciò non potrebbe essere altrimenti considerato che l’elaborazione di detti principi in Italia è frutto di un recente intervento giurisprudenziale della Cassazione Sezioni Unite e non di un intervento legislativo organico.
Del resto l’indennità compensativa nella legge francese è stata introdotta nel 1975, rivista nel 2000 e di poi ancora nel 2004, mentre in Italia un intervento legislativo in materia di divorzio manca da oltre 30 anni! (la legge introduttiva del divorzio è del 1970, come ben noto, e l’ultimo intervento legislativo è del 1987!).
Pur tuttavia anche in Francia vi sono delle difficoltà: cioè avviene per il calcolo dell’indennità compensativa. Infatti sono stati elaborati in Francia essenzialmente 5 metodi di calcolo diversi, attuati dalle diverse giurisdizioni: il metodo Axel Depondt; il metodo di Dominique Martin Saint Leon; il metodo Stefane David; più recentemente il metodo Pc Pilot, che, a quanto pare, è il più riuscito, essendo un metodo di calcolo multi criterio basato su un software che raccoglierebbe il meglio dei diversi metodi utilizzati, correggendo i punti deboli di ciascuno di essi.
In ogni caso ogni metodo è ritenuto valido dalla Corte di Cassazione francese, la quale ha ribadito che per calcolare l’indennità compensativa occorre prendere in considerazione la durata del matrimonio, tutte le entrate dei coniugi, comprese anche donazioni ed eredità, e la situazione presente e prevedibilmente futura degli stessi, salvo naturalmente future eredità.
Ci auguriamo che anche in Italia vengano adottati precisi criteri e modalità di determinazione ed erogazione dell’indennità compensativa, che sia “temporalizzata”, come avviene anche in Francia; in particolare che, alla luce della lunga esperienza francese sui diversi metodi di calcolo, si tragga il meglio di essi enucleando anche in Italia un sistema univoco di calcolo che possa facilmente essere preso in considerazione da giudici, avvocati e operatori del settore, portando così chiarezza ed aiutando gli utenti nelle loro scelte di vita ed economiche.
Lo Studio Legale Giorgio Canal dal 1994 si occupa di Diritto di Famiglia, in particolare di separazioni e di divorzi, privilegiando con forza la soluzione consensuale della lite anziché quella contenziosa.
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