Aspetti connotativi della sequenza strutturata ex art. 1351 cod. civ. tra differenze contenutistiche e possibili strumenti rimediali

Redazione 27/07/16
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1- Profili introduttivi al contratto preliminare.

2- Il collegamento fra preliminare e definitivo.

3- Aspetti connotativi della sequenza strutturata ai sensi dell’art. 1351 cod. civ.

4- Cenni sui presupposti applicativi dell’art. 2932 cod. civ..

 

 

1-  Profili introduttivi al contratto preliminare

 

Il contratto preliminare[1], pur trovando diffuso utilizzo nell’ambito dei negozi traslativi dei diritti reali immobiliari[2], non riceve alcuna indicazione definitoria a livello normativo; il vigente quadro normativo si limita invero a prescriverne una necessaria coerenza di forma con l’accordo definitivo (art. 1351 cod. civ.). Tale assenza è ascrivibile principalmente al mancato riconoscimento del pactum de ineundo contractu nel codice civile del 1865 che – in ragione del principio promesse de vente vaut vente sancito dal Code Napoleon[3] (art.1589) e del dogma del consenso traslativo – non ammetteva la possibilità di assumere un vincolo preliminare, né di stipulare accordi aventi natura preparatoria[4].

 

Malgrado detta carenza, è tuttavia possibile qualificare il preliminare come contratto nominato che permette alle parti interessate, nell’esercizio della propria autonomia negoziale (art. 1322 cod. civ.), di definire un accordo in termini giuridicamente e direttamente cogenti; con il preliminare i contraenti si impegnano vicendevolmente a stipulare un futuro patto definitivo.

 

Il pactum de ineundo contractu costituisce quindi un tipico dispositivo giuridico (a forma obbligatoriamente coerente con quella del definitivo) che consente di vincolare nell’immediato l’assetto degli interessi perseguiti dai contraenti e di influire su tempi e modalità realizzative degli effetti giuridico-patrimoniali scaturenti dal rapporto negoziale; tale strumento determina, prima del momento traslativo, l’assunzione di un’obbligazione intermedia, rendendola in tal modo compatibile con l’essenza immediatamente traslativa dello schema della vendita, al contrario, basata sul principio del consenso (artt. 1470 e segg. cod. civ.; v. pure art. 1125 cod. civ. del 1865).

 

Dotato di specifica capacità di conformarsi a qualsivoglia paradigma negoziale[5], il contratto de quo produce l’obbligo (reciproco, in presenza di impegni bilaterali) alla stipula di un successivo negozio, inserendosi nella fase degli eventuali atti preparatori finalizzati al perfezionamento del contratto definitivo[6]; da quest’ultimo peraltro si differenzia nettamente, configurandosi come tipo negoziale in sé autonomo con compiti prodromici a realizzare la conclusiva voluntas delle parti.

 

Mediante lo schema causale dell’obbligo a contrarre, insito nell’accordo iniziale e destinatario di specifica previsione normativa (art. 2932 cod. civ.), le parti possono interagire sui dispositivi produttivi degli effetti negoziali; il fenomeno assume rilievo, specie nelle operazioni di scambio sottoposte al principio consensualistico[7]. Il preliminare resta quindi superato[8] dal definitivo, il cui contenuto può anche non conformarsi al patto iniziale, senza la necessità di un distinto consenso novativo, salvo che le parti (voluntas partium domina est) non abbiano espressamente previsto che sopravviva l’accordo iniziale[9]; sotto l’aspetto causale, il definitivo non è una ripetizione del preliminare, bensì un nuovo accordo che le parti stipulano in conformità del loro impegno ed al quale devono riferirsi tutti gli effetti, obbligatori e reali[10]

 

Gli elementi distintivi tra preliminare e definitivo, sufficientemente nitidi sul piano intuitivo, possono tuttavia evidenziare aspetti di problematicità a motivo dei termini concretamente usati dalle parti, ovvero della volontà dei contraenti stessi di voler anticipare taluni effetti finali del contratto (traditio della res, adempimento dell’obbligazione pecuniaria)[11]; per qualificazione dell’accordo in chiave di preliminare, pare quindi necessario che possa trarsi la comune voluntas dei contraenti di obbligarsi alla futura conclusione di un contratto con effetti traslativi finali[12].

 

In questa logica, il patto iniziale va pure differenziato da altre figure collocabili nell’area della preparazione dell’accordo, quali le c.d. minute, le lettere d’intenti, il negozio normativo. Le minute comprovano invero gli accordi parzialmente raggiunti (fino ad un determinato momento) nel corso della contrattazione e non sono direttamente impegnative per le parti, assumendo solo valore di pro-memoria utile all’ulteriore svolgimento delle trattative[13]. All’opposto, le lettere d’intenti mostrano il proposito delle parti, ma non attestano l’avvenuto perfezionamento del patto; per tale ragione non sono assistite da specifici rimedi contrattuali[14]. A contrariis, il contratto normativo è finalizzato a disciplinare una serie, potenzialmente illimitata, di futuri rapporti.

 

Di converso, il preliminare, opera riguardo ad un unico e successivo negozio[15]. Il contratto de quo non può tuttavia considerarsi quale semplice pactum de contrahendo, bensì come strumento destinato a realizzare un assetto di interessi prodromico a quello da attuare compiutamente con il definitivo. È quest’ultimo che, esprimendo il conclusivo accordo intervenuto fra le parti, costituisce la fonte (unica) dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto dalle parti stesse anche se contenente una disciplina diversa da quella inizialmente pattuita[16]. La connotazione di negozio preparatorio permane, del resto, pure in situazioni di particolare complessità, come nell’ipotesi di una serie di atti di vendita aventi ad oggetto singole quote indivise di un bene che si vuole invece acquistare interamente[17].

 

Prescritta per il contratto de quo la necessaria coerenza con la forma del definitivo (art. 1351 cod. civ.), il quadro normativo vigente si limita a prevedere (in caso di inadempimento) l’eventuale esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre (art. 2932 cod. civ.), peraltro non sostitutivo rispetto alla più generale tutela della risolubilità per inadempimento (art. 1453 cod. civ.); il contesto è parzialmente integrato da poche norme concernenti la trascrivibilità (a determinate condizioni) dell’accordo preliminare (art. 2645bis cod. civ.)[18], l’attribuzione di un privilegio speciale ai crediti del promissario acquirente (art. 2775bis cod. civ.), l’ipoteca sul bene oggetto della pattuizione preliminare (art. 2825 bis cod. civ.)[19]. Mancano indicazioni utili a tratteggiare la natura del collegamento tra preliminare e definitivo.

 

Da tale limitata disciplina si ha tuttavia conferma che il preliminare è strumento giuridicamente vincolante, benché non autosufficiente, in quanto impone ai contraenti di stipulare un successivo contratto (definitivo); a presidio dell’obbligo a contrarre[20] si pone l’esecuzione in forma specifica, che può tuttavia risultare impossibile ovvero esclusa per volontà delle stesse parti (art. 2932, co. 1, cod. civ.), alle quali va comunque riconosciuto un margine di libertà per valutare la convenienza economica dell’operazione[21].

 

 

2-  Il collegamento fra preliminare e definitivo.

 

La sequenza temporale fra il preliminare e il definitivo introduce alla più generale tematica del collegamento negoziale, costituente figura giuridica propria del diritto e della contrattazione privata che, nella libera organizzazione degli interessi meritevoli di tutela (art. 1322 cod. civ.), può creare assetti economici governati da contratti afferenti a tipi normativi eterogenei.

 

Ed invero, con il collegamento le vicende giuridiche di un contratto influiscono ineluttabilmente sull’altro e la funzione tipica di entrambi i negozi si integra in un contesto teleologico più ampio adeguato a soddisfare gli obiettivi perseguiti dai contraenti[22], i quali (pure mirando a risultati differenti) uniscono gli effetti di atti negoziali connotati da elementi causali diversi. Va peraltro tenuta distinta l’affine figura del c.d. contratto misto, viceversa,  costituito da elementi di negozi dissimili. In siffatta ipotesi si combinano invero le componenti dei differenti tipi che realizzano il contratto (unico ed inscindibile), assoggettato alla disciplina unitaria di quello prevalente (criterio, questo, determinabile in base ad indici economici, alla forza del tipo o all’interesse delle parti) salvo che le componenti del negozio non prevalente non siano incompatibili con quelle del contratto preponderante; in tale situazione si deve quindi attingere, nel rispetto dell’autonomia delle parti (art. 1322 cod.civ.), al criterio della integrazione delle discipline relative alle differenti cause che si combinano nel negozio[23].

 

Tra preliminare e definitivo si realizza, in senso tecnico, una sequenza volontaria, in quanto non prevista da una norma come indispensabile[24], e necessaria, attesa l’unitaria considerazione della fattispecie postulata dai contraenti. L’iniziale pattuizione ha come oggetto immediato la sola obbligazione a concludere un futuro contratto (in via mediata, essa ha invece per oggetto le prestazioni dedotte nel definitivo[25]), del quale si determina l’assetto dei rapporti fra la parti i contraenti; la pattuizione finale ha, all’opposto, ad oggetto la costituzione del rapporto negoziale.

 

La relazione tra i contratti de quibus si connota per la (doppia) sussistenza tanto del requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra due atti volontari diretti a disciplinare i vicendevoli interessi perseguiti dai contraenti (nell’ambito di un assetto economico globale), quanto di quello soggettivo, consistente nella comune volizione (degli effetti tipici dei singoli negozi posti in essere e) del coordinamento tra di essi per conseguire un ulteriore fine unitario, che ne trascende gli effetti assumendo una propria autonomia causale[26]. In tale contesto, non pare del resto indispensabile la corrispondenza delle parti[27], potendo il legame sussistere anche in caso di accordi tra soggetti diversi, sempre che le relative pattuizioni siano intese come funzionalmente congiunte per conseguire lo scopo comunemente voluto, come avviene nel contratto per persona da nominare (art. 1401 cod. civ.)[28] e, più in generale, nello schema della rappresentanza eventuale in incertam personam. È peraltro necessario che nel negozio preliminare siano indicati quantomeno gli elementi essenziali atti ad individuare l’oggetto e il contenuto dell’accordo definitivo[29].

 

In linea generale, il legame negoziale, tanto se previsto ex lege quanto se voluto dai privati, non dà luogo ad un autonomo, nuovo contratto; all’opposto, si configura quale strumento con cui le parti perseguono un risultato economico-patrimoniale unitario e complesso. L’obiettivo si realizza attraverso una pluralità coordinata di negozi che mantengono inalterata la loro intrinseca causa autonoma. Il collegamento costituisce quindi un mezzo di regolamento degli interessi delle parti; ne segue che le vicende afferenti ad un negozio (invalidità, inefficacia, risoluzione, ecc.) possono riverberarsi sull’altro, seppure non in funzione di condizionamento reciproco (ben potendo accadere che un solo contratto sia subordinato all’altro) e non necessariamente in rapporto di principale ad accessorio. Malgrado il nesso sia suscettibile di determinare una situazione di mutua attinenza tra i rapporti contrattuali, il vincolo non esclude che i singoli negozi si differenzino ciascuno in ragione di un’autonoma causa, serbando una giuridica individualità[30]. Del resto, in caso di rapporto funzionale, i vari accordi (che non danno luogo ad un contratto unico) restano soggetti alla disciplina del proprio paradigma negoziale; al contrario, l’interdipendenza si risolve nel principio di una regolamentazione unitaria delle vicende relative alla permanenza del vincolo contrattuale (simul stabunt, simul cadent)[31].

 

Con la sequenza preliminare-definitivo si realizza volontariamente un legame causale, diretto a conseguire assetti di interessi che trascendono la funzione delle singole convenzioni non contestuali. Ciascun contratto genera invero gli effetti conformi alla sua destinazione ed è produttivo di risultati giuridici ulteriori, costituendo uno strumento di integrazione della funzione economico-sociale perseguita dalle parti; il conseguente rapporto giuridico trova nel collegamento la propria fonte genetica e il suo regolamento funzionale[32].

 

 

3-  Aspetti connotativi della sequenza strutturata ai sensi dell’art. 1351 cod. civ..

 

La struttura della sequenza ex art. 1351 cod. civ., senz’altro, qualificabile come legame funzionale e necessario, lascia peraltro insoluta la tematica concernente la natura del definitivo che, pur configurandosi come pattuizione (sicuramente) autonoma e indipendente rispetto all’accordo preliminare, assume (nello stesso tempo) l’aggiuntiva funzione di dispositivo giuridico utile a garantire l’adempimento dell’obbligo precedentemente assunto dai contraenti. Si tratta, è intuibile, di profilo prodromicamente decisivo con riferimento alle conseguenze riguardanti tanto i vizi del volere o la capacità dei contraenti (art. 1191 cod. civ.), quanto le altre possibili sopravvenienze giuridicamente rilevanti (difetti di qualità o eventuali diritti di terzi sul bene), stante la circostanza che potenziali patologie presenti nella fase genetica sono suscettibili di riflettersi sui profili concernenti sia la validità dell’accordo definitivo sia l’adempimento degli obblighi assunti dai contraenti[33].

 

A supporto della natura autonoma della pattuizione finale depone l’intangibile facoltà delle parti di determinarsi liberamente a rinnovare la propria voluntas, ovvero a modificare i contenuti dell’accordo iniziale. Ogni contraria argomentazione porterebbe a disconoscere (senza giustificazione alcuna) qualsiasi valore al consenso espresso dai contraenti nel definitivo, che finirebbe per assurgere a mera ripetizione del preliminare; per tale via si introdurrebbe inoltre un limite arbitrario alle prerogative dell’autonomia privata[34].

 

A ben guardare, con il duplice consenso (iniziale e conclusivo) le parti si prefiggono un risultato unitario, da realizzare mediante il coordinamento di due distinte pattuizioni, le quali conservano comunque specifiche e autonome cause. Siffatta situazione rappresenta un ampliamento del criterio interpretativo, relativamente al profilo novativo. Invero, rinnovando la propria voluntas, i contraenti attribuiscono un’impronta conclusiva al regolamento di interessi predisposto col preliminare che l’ha reso vincolante; il definitivo è quindi il risultato di una trasformazione (riconosciuta e tutelata dall’ordinamento) dello schema del patto preliminare avente per oggetto l’elemento volontaristico[35]. Ne segue che (pur volendo tralasciare la tematica della causa mediata) le complessive circostanze che investono un negozio possono ripercuotersi sull’altro, sebbene non in funzione di condizionamento reciproco; può infatti accadere che uno solo dei contratti sia subordinato all’altro, ancorché in termini non necessariamente qualificabili come rapporto tra principale ed accessorio. Ovviamente, acclarare la natura, le modalità, l’entità e le conseguenze del nesso voluto dalle parti rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua, immune da vizi logici e giuridici e rispettosa delle norme di ermeneutica contrattuale (artt. 1362 e ss. cod. civ.)[36].

 

Ciò detto, la sequenza tra preliminare e definitivo è pure riconducibile nel più esteso contesto del legame funzionale, riscontrabile quando i singoli negozi (come nel caso de quo) sono orientati a conseguire uno scopo comune[37]; di converso, non sempre si riscontrano tutti gli elementi che autorizzano a connotare il legame in termini di coordinamento per adempiere una funzione fondamentale. È pure possibile riconoscere al collegamento de quo una natura genetica, modificativa o estintiva, ove uno dei due negozi influisca sull’altro in relazione al verificarsi di vicende di specie[38], come nel caso di revoca o di mutuo dissenso.

 

 

4-  Cenni sui presupposti applicativi dell’azione ex art. 2932 cod.civ. 

 

Come detto, poiché il preliminare è fonte di obblighi per i contraenti, se una parte no una delle parti, n adempie, la controparte ha facoltà di scegliere se recedere dal contratto (art. 1373 cod. civ. e, nel caso, artt. 1382 e 1385, comma due, cod. civ.[39]), a mezzo di un normale atto recettizio e senza particolari crismi formali[40]; può altresì chiedere la risoluzione (art. 1453 e segg. cod. civ.) o (qualora possibile e non escluso dal titolo) l’esecuzione in forma specifica (art. 2932 cod. civ.)[41]. Nelle ultime due ipotesi, è comunque salvo il diritto al risarcimento dei danni subiti, da comprovarsi (secondo i principi generali) con riferimento sia all’an che al quantum.

 

Ai fini (della richiesta) del provvedimento che produca gli stessi effetti che sarebbero scaturiti dal contratto definitivo (se stipulato), assurgono rilevanza le eventuali difformità contenutistiche tra l’accordo iniziale e quello successivo; ad eccezione delle discrepanze marginali o necessarie alla pattuizione conclusiva[42], le diversità tra i due contratti, che esprimano una nuova voluntas delle parti, sono indubbiamente suscettibili di incidere sulla concreta possibilità di agire per l’esecuzione in forma specifica.

 

Nelle ipotesi anzidette, comuni nell’ambito delle compravendite immobiliari, assume valore dirimente, in aggiunta alle altre clausole generali dell’ordinamento, la tematica riguardante la prevalenza contenutistica di un contratto rispetto all’altro[43]. Al riguardo, la giurisprudenza – di volta in volta ricorrendo ai vari parametri classificatori del legame negoziale – è giunta ad una significativa varietà di conclusioni, non sempre soddisfacenti sui piani della coerenza e dell’effettivo contemperamento delle ragioni da tutelare. Nello specifico, è stato considerato definitivo (nel senso di adempimento dell’obbligo di facere) il secondo contratto unicamente nel caso di un identico assetto degli interessi tra le due pattuizioni; in tal modo, si è negata (nella specie, al promissario acquirente) ogni legittimazione a promuovere l’actio di adempimento in forma specifica, per diversità dell’oggetto tra i due negozi; ciò, nonostante il rifiuto dell’altro contraente a stipulare il contratto definitivo[44].

 

In base a tale impostazione, secondo cui la parte adempiente può rivolgersi al giudice solo se il (criterio di) collegamento risulti rispettoso della piena identità di contenuto di entrambi i negozi (art. 2932 primo comma, seconda parte, cod. civ.), in caso di difformità (tra preliminare e definitivo) è inammissibile la domanda di esecuzione specifica; nondimeno, viene riconosciuto all’interessato il (più generale) rimedio della risoluzione per inadempimento, con diritto al relativo risarcimento del danno.

 

In tal modo, muovendo dal duplice assunto che (i) la funzione del negozio preliminare sarebbe quella di impegnare i contraenti alla futura stipula (alle condizioni e nei termini inizialmente convenuti) di un successivo contratto definitivo e (ii) la prestazione essenziale che ne forma oggetto è costituita da quel particolare facere, consistente nella stipulazione anzidetta, si giunge alla conclusione (non del tutto soddisfacente) che, ai fini dell’azionabilità dell’art. 2932, il contratto definitivo deve esattamente corrispondere agli elementi predeterminati in sede di accordo preliminare[45].

 

È il caso di osservare che detta prospettiva, ancorata ad un algido formalismo ermeneutico, rischia di arrecare pregiudizio alla parte adempiente e di favorire, invece, il contraente meno interessato all’adempimento che, apportando intenzionalmente modifiche anche marginali alla res o ad alcuni suoi elementi (tali da determinare la non coincidente identità del contenuto negoziale) può opporsi alle richieste di esecuzione in forma specifica e di scioglimento del contratto. Tale conclusione non pare sommessamente ammissibile. Ai fini dell’esecuzione ex art. 2932 cod. civ.[46], la condizione di stretta identità del bene oggetto del preliminare non può invero intendersi nel senso di una piena corrispondenza, bensì (in un’ottica più ampia) in modo da rispettare l’esigenza che la res non sia effettivamente diverso, per struttura e funzione, da quello considerato e promesso nell’accordo iniziale.

 

In presenza di differenze marginali e non afferenti alla reale utilizzabilità dell’oggetto, ancorché incidenti sul relativo valore, alla parte adempiente non spetta solo la facoltà (meramente alternativa) della risoluzione del contratto o dell’accettazione senza riserve della cosa viziata o difforme: può invero promuovere l’actio ex art. 2932 cod.civ. e chiedere (cumulativamente e contestualmente) l’eliminazione delle accertate difformità o la riduzione del prezzo[47]. In tale contesto, va osservato che, con precipuo riguardo alla mutata destinazione urbanistica di un bene promesso in vendita, tale nuova finalità incide unicamente (senza mutarne la natura) sull’attitudine della res ad un differente utilizzo e quindi sull’utilità che ne intende trarre il futuro proprietario. A ben guardare, siffatta situazione non pare di per sé suscettibile di costituire ostacolo alla richiesta di una sentenza costitutiva[48].

 

Ciò detto, rispetto al criterio della rigorosa identità dell’oggetto negoziale, deve assumere invece maggiore valenza l’attenzione rivolta all’uguaglianza degli interessi sottesi al preliminare e al definitivo; per questo motivo non pare dubitabile la legittimazione a promuovere l’esecuzione specifica nel caso di un oggetto non perfettamente conforme a quello originariamente indicato, sempre che la res risulti comunque idonea a realizzare gli interessi voluti (anche dalla parte adempiente) nel negozio preliminare.

 

Del resto, la richiesta di una pronuncia costitutiva non preclude, anche nell’ottica di corrispondere agli iniziali interessi delle parti, il diritto a conseguire una diversa composizione degli assetti economici cui i contraenti si erano dapprima obbligati; né esclude la contemporanea facoltà di agire per ottenere il riconoscimento della garanzia per vizi (con conseguente riduzione del prezzo in misura corrispondente al minus value connesso alla difformità).

 

In alternativa, è possibile invocare la risoluzione per inadempimento (che del resto non consente di realizzare specificamente le prestazioni fissate nel preliminare). A ben guardare, ai fini dell’azione ex art. 2932, il criterio del collegamento fondato sull’uguaglianza sostanziale degli interessi si rivela (senz’altro) più confacente alle esigenze del promissario acquirente il quale trova indubbiamente maggiori tutele laddove la res, pur diversa, sia in grado di realizzare gli obiettivi perseguiti sin dalla fase genetica del rapporto o comunque sussistenti nel tempo ancorché mutati rispetto a quelli considerati nel preliminare. Viceversa, sembra meno tutelata la situazione del promittente alienante sul quale peraltro incombono il possibile rischio d’impresa e la naturale oscillazione del value del bene in relazione alle quotazioni di mercato.

 

Va, al riguardo, considerato che l’uguaglianza sostanziale dell’oggetto costituisce un elemento ineliminabile ai fini del legame negoziale; per tale motivo, in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto, il provvedimento giudiziale, sostitutivo dell’accordo definitivo (non concluso), deve ineluttabilmente riprodurre il medesimo assetto di interessi assunto dalle parti, senza introdurre modifiche rispetto ai contenuti del patto preliminare[49]. Si deve altresì rilevare che non è sempre possibile ottenere una sentenza costitutiva diretta a produrre gli effetti giuridici voluti dalle parti del contratto iniziale. A ben guardare, l’ammissibilità dei rimedi di carattere generale (tra cui vanno sicuramente annoverati la riduzione del prezzo pattuito o la condanna alla eliminazione dei vizi) previsti per i contratti a struttura sinallagmatica, scaturisce dalla violazione dell’impegno assunto con il preliminare, costituente comunque fonte generativa dei diritti e degli obblighi negoziali delle parti[50].

 

Gli aspetti finora considerati si intersecano con la questione concernente la possibilità per una parte di chiedere ed ottenere una variazione unilaterale del regolamento degli interessi convenuto nel preliminare. In merito, si deve osservare che anche il contratto preliminare, per indiscutibile dato normativo, presuppone sempre lo scambio del consenso fra due o più parti (art.1321 cod. civ.) ed ha forza di legge tra i contraenti (art. 1372 cod. civ.); pure in siffatta ipotesi non pare quindi possibile escludere una (necessaria) bilateralità delle volontà per procedere alle modifiche dei patti convenuti o allo scioglimento del contratto.

 

Nel contratto definitivo le parti si vincolano infatti ad attenersi diligentemente al regolamento stabilito in sede di accordo preliminare, con riferimento sia agli elementi principali del negozio sia a qualsiasi condizione o elemento accidentale. Si è invero in presenza di un dato interpretativo sistematico che promana non solo dal combinato disposto di cui agli artt.1321 e 1372 cod. civ., secondo cui il contratto può essere sciolto solo per mutuo consenso (o per cause ammesse dalla legge), ma anche di un dato normativo (direttamente desumibile dall’art. 2932, comma primo, cod. civ.) che autorizza ad escludere un diritto di modifica unilaterale, in sede di definitivo, del regolamento negoziale.

 

 


[1] Sul preliminare si veda, ex multis: CHIANALE, Contratto preliminare, in Dig. Disc. privatistiche, Sez. Civ., 276; GABRIELLI, Contratto preliminare, in Enc. Giur., Roma, 1997; VITALONE, Il contratto preliminare, 2005, Torino; SACCO, in Sacco e De Nova, Il contratto, II, in Trattato di dir. civ., diretto da R. Sacco, Torino, 1993, p. 55; D’AMBROSIO, Contratto preliminare e contratto definitivo. Contratto preparatorio e preliminare del preliminare, in Riv. notariato, 1980, 1546. In giurisprudenza, si richiama per approfondimenti la recentissima Cass., Sez. II, 16 marzo 2016, n. 5211.

[2] Il preliminare trova scarso utilizzo nelle operazioni economiche di diversa natura; per la cessione dei diritti di utilizzazione delle invenzioni industriali, cfr. Cass., 26.7.2006, n. 16937; per la cessione di azienda v. Cass., 14.4.2004, n. 7075, in Foro it., 2005, I 3207; per la costituzione di società cfr. Cass., 18.6.2008, n. 16597; per la locazione v. Cass., 16.2.2010, n. 3592; Cass.11.5.2010, n. 11371.

[3] Promulgato con legge 16 marzo 1804.

[4] Sul tema cfr. GAZZONI, Il contratto preliminare. Le Teorie. Altalex.it, 27.2.2004; per la giurisprudenza francese cfr., in particolare, Cass. 3°civ.8 nov. 1995. n°93-18.987. in Bull. civ .III. n°230 . Dr. patr.1996 n°36.p. 75, obs. Macorig-Vénier)

[5] Fatte salve talune limitazioni all’autonomia delle parti relativamente a contratti ritenuti inconciliabili con la preesistenza di un vincolo a contrarre eseguibile in forma specifica (ad es. la donazione); sul tema v. Cass., 18.12.1996, n. 11311; sulla possibilità di realizzare un atto di liberalità attraverso un preliminare che precede un atto di trasferimento con funzione solutoria, v. Cass., 21.12.1987, n. 9500, in Corr. giur., 1988, 146, con nota di MARICONDA, Art. 1333 e trasferimenti immobiliari.

[6]Il preliminare costituisce difatti una fase pressoché inevitabile del più articolato procedimento a formazione progressiva del negozio; cosi Cass., S.U., 1.10.2009, n. 21045, in Giust. civ., 2010, II, 311 con nota di PALADINI, Il conflitto tra il privilegio ex art. 2775-bis c.c. e il creditore ipotecario.

[7] MAZZAMUTO, L’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, 2002, Torino; MONTESANO, Contratto preliminare e sentenza costitutiva, 1953, Napoli; ID. Obbligazione e azione da contratto preliminare, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1970. 

[8]Contra Cass., 18.11.1987, n. 8486. Per Cass. 22.9.2011, n. 19358 la stipula del definitivo non pone automaticamente nel nulla i diritti e gli obblighi nascenti dal preliminare, dovendosi aver riguardo alla reale volontà dei contraenti.

[9]Cass. 18.7.2003. n. 11262; Cass, Sez. II Civ. 16.4.2013, n.9184; Cass. 11.4.2007 n. 15585; Cass. 25.2.2003 n. 2824; Cass. 18.4.2002 n. 5635; Cass. 29.4.1998 n. 4354; Cass. 29.11.1994 n. 10210.

[10] Per tutti cfr.  BIANCA, Diritto Civile, vol. III, Milano, 1984, pag. 191.

[11] DE MATTEIS R., La contrattazione preliminare ad effetti anticipati, 1991, Padova.

[12] Cosi, Cass. Civ. Sez.II, 14036/07.

[13] SPECIALE R., Contratti preliminari e intese precontrattuali, 1990, Milano.

[14] In termini più generali, si rinvia a FERRO LUZZI, L’imputazione precontrattuale, Padova, 1999. 

[15] Cfr. SACCO, La preparazione del contratto, in Trattato di diritto privato diretto da RESCIGNO, Torino, 1982.

[16] Cass. 10.1.2007 n. 233.

[17] Cfr. Cass. Civ. SS.UU., 8.7.1993, n. 7481.

[18] In argomento, v. DI MAJO A., La trascrizione del contratto preliminare e regole di conflitto, in Corr. giur., 1997.

[19]Tali norme sono state introdotte con l. 28.2.1997, n. 30; d.lgs. 20.6.2005, n. 122; d.lgs. 12.9.2007, n. 169, di modifica e integrazione del d.lgs. 9.1.2006, n.5.

[20] DI MAJO A., voce Obbligo a contrarre, in Enc. giur., XXI, 1990, Roma.

[21] Inoltre, la previsione dell’art. 2932, comma due, cod. civ., concernente l’offerta formale della controprestazione (quale condizione di ammissibilità della domanda giudiziale rivolta all’esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre, nei soli casi in cui il pagamento del prezzo sia già esigibile sulla base del preliminare) consente di ipotizzare una variante della figura base individuabile in quell’accordo preliminare che è fonte di un’obbligazione di pagamento del prezzo corrispettiva a quella di trasferimento del diritto da attuarsi tramite un atto definitivo alla cui conclusione entrambe le parti si vincolano; sul tema cfr. (DE MATTEIS, La contrattazione preliminare ad effetti anticipati. Promesse di vendita, preliminari per persona da nominare e a favore di terzo, Padova, 1991, 140-143 e 172 ss.).

[22] E. CAMILLERI, Dal preliminare ai preliminari: la frammentazione dell’istituto e la disciplina della trascrizione, in Contratto impresa, 1999, 98. Secondo l’autore, il contratto preliminare più che come contratto tipico sia da configurare come uno, sfornito di una propria causa e destinato di volta in volta a colorarsi causalisticamente in base ala funzione economico sociale del diverso contratto prescelto.

[23]Cass. Civ.,  12 dicembre 2012, n. 22828, con Nota M. LANZIERI, in Altalex, 25 gennaio 2013.

[24] TROIANO, Il collegamento contrattuale volontario, Roma, 1999. Sul tema cfr pure: RAPPAZZO, I Contratti Collegati, Milano, 1998; in giurisprudenza cfr Cass.Civ., Sez. II, 11/7/2005, n.14486.

[25]In tal senso ROPPO, Il contratto, Milano, 2011, 611 e segg.. Frequente è il ricorso ad una sequenza negoziale costituita da una proposta e da una accettazione alla stipula di un successivo preliminare, da cui scaturirà l’obbli­go alla sottoscrizione di un contratto definitivo. Si parla in proposito di preliminare di preliminare (o negozio preli­minare aperto) avente contenuto diverso rispetto al successivo con­tratto preliminare stricto sensu inteso (c.d. chiuso), alla cui stipulazio­ne il primo vincola giuridicamente le parti ad addivenire. Al riguardo, cfr. CONTE, Appunti sugli orientamenti giurisprudenziali in tema di minuta di puntuazio­ne e «preliminare di preliminare», in Corr. giur., 2004, 8, 1067 ss.; cfr. anche Cass. Civ., sez. II, 2.4.2009 n. 8038. Sul tema, anche CARBONE, Contratto preliminare di preliminare: un contratto inutile?, in Diritto e giur., 1995, 464.

[26] Cfr., ex multis, Cass. Civ., 20/11/1992, n.12401, Cass.Civ., sez. III,19.7.2012, n. 12454; Cass. Civ., Sez. III, 17/05/ 2010, n. 11974, in Mass. Giust. Civ., 2010, 761; Cass. 16.3.2006 n. 5851.

[27] Cass. Civ. Sez. I, 12/12/1995, n. 12733.

[28]Cass. Civ., sez. III, 19 luglio 2012, n. 12454; Cass. 5.6.2007 n. 13164; Cass. 16.9.2004 n. 18655.

[29] Cass. Civ. Sez. II, 27/01/1997, n 827.

[30] Sul tema, più in generale, cfr. Cass. 07/07/2004, n. 12454; 18/07/2003, n. 11240.

[31] Così Cass. civile 22 marzo 2013 n. 7255, in Guida al diritto 2013, 22, 62; fra le tante altre, cfr. anche: Cass. Civ., 8.10.2008, n. 24792, in Guida al diritto 2008, 46, 79; Cass. Civ., sez. III, 10 luglio 2008 n. 18884, in Guida al diritto 2008, 42, 80; Il Civilista 2008, 5, 95 con nota di LUCIDO, e Responsabilità Civile e Previdenza 2008, 10, 2048;Cass. Civ., sez. I, 5 giugno 2007, n. 13164, in Giustizia Civile Massimario 2007, 6, Cass. civile, sez. II, 27 marzo 2007, n. 7524, in Giust. Civ. Mass. 2007, 3; Cass. civile  sez. III, 12 luglio 2005, n. 14611, in Giust. civ. Mass. 2005, 7/8 e Giur. it. 2006, 11, 2064 con nota di BATTELLI.

[32]Cass. civile, sez. I, 9 aprile 1983, n. 2520, in Giust. civ. Mass. 1983, fasc. 4 e Foro it. 1983, I, 1900 e Cass. civile, sez. III, 9 marzo 1984, n. 1641, in Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 3-4.

[33] Invero, se considerato quale semplice adempimento (del preliminare), l’accordo finale potrebbe essere concluso anche in stato di incapacità; viceversa, ove ritenuto un contratto autonomo, la capacità sarebbe richiesta anche in sede di stipula del definitivo.

[34]Cass. 10 gennaio 2007 n. 233, cit.

[35]Così PEREGO, I vincoli preliminari e il contratto, Milano, 1974, p. 88 ss.; in argomento si veda pure SANTORO PASSARELLI, Dottrine Generali del Diritto Civile, Napoli, 1997.

[36]Tra le tante, cfr Cass. Civ., sez. I, 5.6.2007, n.13164; Cass. 29-8-2004 n. 15381, Cass. Civ. Sez. III, 18.7.2002, n. 10403.

[37] Cfr. BIANCA, Diritto civile, vol.III, Milano, 2000, p.455, MESSINEO, Il contratto in genere, I, in Trattato di dir.civ. e comm., dir. da CICU-MESSINEO, vol.XXI, Milano, 1968, p.725.

[38] La distinzione è dovuta ad OPPO, Contratti parasociali, Milano, 1942, p.68.

[39] Ove la parte opti per il recesso, in caso di inadempimento del tradens, l’accipiens ha diritto di ritenere l’eventuale caparra ricevuta, mentre in caso di inadempimento dell’accipiens, il tradens ha diritto di ricevere in restituzione il doppio della caparra data.

[40] In tal senso anche Cass., 1.3.1994, n. 2032 e Trib. Cagliari, 11.11.1984, in Rep. Foro it., 1986, Contratto in genere, 392.

[41] Per completezza, si veda pure Cass., 26.2.1992, n. 11626.

[42] Si pensi alle integrazioni o ai “ritocchi” apportati dalle parti ovvero alle eventuali clausole necessarie per perfezionare il contratto definitivo (ad es.: dichiarazioni urbanistiche).

[43] Della questione si è occupata Cass. civ. sez. II, del  5 giugno 2012, n. 9063.

[44] Ne caso di specie, si era in presenza di un preliminare di immobile a edificarsi con determinate caratteristiche e per uno specifico prezzo

[45] Cass. Civ., Sez. II, 29.03.2006, n. 7273.

[46] In argomento cfr pure VISALLI N., L’esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre (art 2932), 1995, Padova.

[47] Cass. Civ., Sez. II, 26.01.2010, n. 1562.

[48] Cass. Civ., Sez. II, 20.03.2006, n. 6166.

[49] Cass. Civ., Sez. II, 19.10.2012, n. 18050.

[50] Cfr. anche Cass. Civ. 19/04/2000, n.5121.

Redazione

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