Aspetti aziendalistici nelle partecipate pubbliche – parte seconda

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(Parte seconda)

 

Leggi la prima parte del contributo a questo link.

Leggi la terza e ultima parte del contributo a questo link.

 

Leggi l’allegato al presente articolo: L’esperienza dei servizi di cura e assistenza a domicilio (SACD) nel sistema cantonale svizzero.

 

La comunicazione come creazione di valore 

 

 

            La comunicazione interna, come già osservato in più occasioni, è la struttura energetica dell’organizzazione e indice del suo stato di salute, una sua distorsione in qualunque suo aspetto comporta un lento declinare della funzionalità organizzativa, la velocità di trasmissione della comunicazione all’interno della struttura in relazione alla distorsione subita nei vari passaggi, può considerarsi un indicatore del funzionamento dell’organizzazione e dell’individuazione dei punti di sofferenza.

            Deve tenersi presente che il valore dell’informazione è proporzionale alla capacità del soggetto che la acquisisce di utilizzarla, se si considera che la mole di informazione da trattare è a sua volta in proporzione alla maggiore o minore incertezza ambientale, ne consegue che le variazioni delle forme organizzative portano a variazioni nella capacità di trattare quantità variabili di informazioni.

            La sovrabbondanza di informazioni se da un lato comporta un rumore di fondo, dall’altro migliora la fiducia tra i membri dell’organizzazione agevolando il trasferimento di conoscenze implicite con una maggiore efficienza nella soluzione dei problemi e nella creazione di conoscenza, la conoscenza a sua volta è sempre meno un sapere stretto di contenuti trasformandosi in realtà in capacità di codificare e decodificare messaggi.

            Non essendo la produzione e circolazione di informazioni distribuita in modo uguale, l’accesso ad esse comporta terreno per nuovi poteri e conflitti, d’altronde il puro accesso non è sufficiente senza una adeguata capacità di elaborazione in presenza di una globalizzazione che rende fluido l’ambiente, vi è una stretta interrelazione fra crescita della conoscenza data dall’elaborazione della informazione e fiducia, le quali si alimentano vicendevolmente con una sempre maggiore importanza rispetto alle macchine ed ai mezzi di investimento.

            Se si considera da un punto di vista aziendalistico l’importanza delle reti telematiche nell’accrescimento dell’informazione, nella riduzione dei costi di transazione e nel favorire un incontro più puntuale ed efficiente fra domanda e offerta, vi è una riduzione dell’organizzazione come strumento di coordinamento entrando la riorganizzazione entro una logica di processi alternativa al modello per funzioni, che in una dimensione aziendale verrebbe ad integrarsi in un “Business Dynamic Network”, catena del valore la quale collega tra loro fornitori, intermediari, distributori e clienti finali in un’unica impresa estesa che deve competere con altri sistemi di impresa.

            Tecnicamente il processo di comunicazione è un’attività in cui compaiono: fonte o emittente, messaggio, canale, ricevente, feedback (risposta); pertanto la comunicazione è un processo a due vie, andata e ritorno del messaggio (Modello di Laswell), in cui i flussi sono regolati dal “sapere” e dalla autorevolezza e solo in parte dal potere e dalla gerarchia, essa rappresenta uno dei pilastri della qualità totale permettendo il coinvolgimento di tutti i dipendenti nei processi aziendali di miglioramento, in funzione di una migliore capacità di risposta alle richieste degli utenti.

            I tipi di comunicazione all’interno di una organizzazione sono tre:

1) Comunicazione organizzativa, ossia comunicazioni ufficiali verso i propri dipendenti;

2) comunicazione tra persone o gruppi;

3) comunicazione informale, questa rispetto alla comunicazione formale si sviluppa con modalità incontrollabili sia alla fonte che nei successivi passaggi, normalmente alterando in maniera irreversibile il messaggio originario; queste comunicazioni informali hanno un notevole peso nel processo decisorio dei manager, in quanto sostituiscono in molti casi l’analisi di una eccessiva mole di dati difficilmente analizzabili.

 

Il processo di direzione si fonda essenzialmente sull’intuito e non su conoscenze di tipo logico sequenziale, contrapposta alla visione logico sistematica della conoscenza di derivazione occidentale vi è una visione in cui la “creazione di conoscenza” non deriva dalle banche dati, bensì da una conoscenza informale operativa accumulata con l’esperienza temporale dei quadri intermedi, elementi di massimo valore da non rimpiazzare massicciamente nella reingegnerizzazione con l’informatica.

Abbiamo detto che l’informazione è un fattore di produzione se non il principale che si aggiunge al lavoro e al capitale, più correttamente è la conoscenza, di cui l’informazione è parte, a rappresentare l’ulteriore fattore di produzione, essa è un bene che non si consuma con l’uso, ma anzi ne trae beneficio, sopravvivendo e consolidandosi solo se messa alla prova e confrontata con altre conoscenze, diventa in un tale contesto difficile separare nettamente la produzione di conoscenza e la gestione/distribuzione delle informazioni.

L’accumulo di conoscenza può avvenire o in forma implicita mediante esperienza diretta o esplicita tramite riflessioni su tale esperienza, la qualità della conoscenza è determinata dalla “varietà” dell’esperienza all’interno dell’organizzazione che porta il singolo individuo a elaborare proprie prospettive, tali prospettive per non rimanere a livello personale ma confluire nella conoscenza organizzativa hanno bisogno di un “magma” dove essere rielaborate.

Il terreno adatto per tale opera di interazione è costituito dal gruppo autonomo ed auto – organizzantesi, composto da diversi elementi provenienti da svariate funzioni , sostanzialmente vengono a valorizzarsi la conoscenza tacita quale premessa per la conoscenza esplicita, la creazione di nuova conoscenza rispetto alla semplice misurazione e gestione della conoscenza esistente ed il coinvolgimento di tutti i dipendenti nell’innovazione rispetto alla concentrazione in pochi individui selezionati.

Tuttavia sorgono almeno tre problemi:

1) La conoscenza per essere diffusa ha bisogno di essere codificata in quanto difficilmente la conoscenza tacita è trasferibile dai singoli o dalle piccole comunità, ma nel momento stesso in cui viene codificata risulta facilmente imitabile e quindi perde quel carattere di unicità che le fa acquisire valore;

2) La conoscenza formalizzata diviene statica e perde dinamismo rispetto alla velocità del cambiamento e quindi interesse per l’organizzazione;

3) La codificazione della conoscenza costa e aumenta la complessità dell’utilizzazione dell’informazione, questo fornisce la spiegazione del cosiddetto “paradosso della società dell’informazione”, per cui non sempre si producono gli attesi incrementi di produttività.

L’organizzazione deve sempre avere presente la natura del suo vantaggio competitivo quale sistema di competenze/conoscenze distintive, ogni processo di lavoro nel generare prodotti o servizi, genera parallelamente conoscenza che si trasferisce circolarmente tra i singoli e i gruppi e viceversa. La conoscenza rispetto alle tradizionali risorse (terra, lavoro, capitale) presenta un carattere transnazionale dovuto alla facilità di trasferimento, senza alti costi, ed alla capacità di generare il cambiamento.

Dall’inizio del XX secolo la quantità di lavoro, di materie prime e di energia è diminuita costantemente, parallelamente è cresciuta la quantità di informazione e conoscenze incorporata nella produzione (Thurow), consegue che il capitale intellettuale, quale risorsa umana, assume un valore strategico per l’organizzazione.

La patrimonializzazione della conoscenza, ossia la sua diffusione nel contesto organizzativo, necessita una formalizzazione della conoscenza tacita e la sua diffusione attraverso adeguate strutture organizzative, essendo l’apprendimento individuale il nodo strategico dello sviluppo aziendale occorre curare i canali della comunicazione aumentandone possibilmente la velocità e diminuendone la gerarchizzazione sino a sviluppare l’apprendimento individuale continuo.

L’innovazione informatica ha organizzato in un reticolo integrato la maggior parte del sistema produttivo, all’interno di questo network vi è facilità di informazione, con conseguente trasmissione in tempo reale del cambiamento e delle decisioni amministrative o di investimento. In pratica si crea il paradosso nel settore produttivo che gli attori economici pur distinti e anche in competizione, sono strettamente correlati tra loro.

Il collegamento tra visione strategica e azione deve essere basata su una visione economica di cui matrice comune di supporto è l’apprendimento, questi nasce dal modello mentale con cui il soggetto delinea la rete di relazioni di causa ed effetto con cui spiegare il funzionamento di un sistema ed i suoi limiti (Sterman); si tratta di una realtà in continuo movimento che comporta riaggiustamenti mentali provocati dall’apprendimento nel soggetto e nell’organizzazione.

In prima istanza si può dire che la forte incertezza stimoli forme di apprendimento con caratteri prevalenti di sintesi e di sperimentazione, mentre in contesti con limitata aleatorietà assumano maggiore rilievo i caratteri di analiticità e strutturali o istituzionali, questi ultimi assumono massima importanza ai bassi livelli della gerarchia, mentre salendo lungo la catena gerarchica acquista importanza la sperimentazione e sintesi (Olivotto).

L’essenza dell’organizzazione produttiva è data dall’esigenza di apprendimento continuo e dalla sua diffusione all’interno dell’organizzazione, questo in rapporto all’esigenza aziendale di adattarsi ad un ambiente esterno non prevedibile, ma in un ambiente turbolento è essenziale monitorare continuamente anche i processi comunicativi, ricordando che vi deve essere un sistema valoriale forte condiviso, coerente con la storia passata e l’immagine futura, nonché con l’evoluzione dei valori sociali; il messaggio che dovrà essere forte e unificante deve coinvolgere utenti e dipendenti, amalgamando le esigenze dell’organizzazione con quelle dell’ambiente.

La comunicazione precedentemente dall’alto verso il basso ha assunto attualmente carattere orizzontale proprio in un’ottica di elasticità organizzativa, si deve tenere presente che la struttura organizzativa determina i canali di comunicazione con le procedure di coordinamento e controllo, tali canali potranno essere lineari, rotanti a stella a seconda dell’apertura comunicativa.

La comunicazione dovrà essere:

–         Finalizzata al conseguimento degli obiettivi gestionali;

–         Pragmatica, cioè fondata su fatti e non su opinioni;

–         Trasparente e chiara senza influenze legate a valutazioni e aspettative non dichiarate;

–         Supportate e quindi centrata sull’ascolto e il feedback;

–         Trasmettere e ricevere “messaggi emotivi” che supportino i processi di integrazione con l’organizzazione.

 

Occorre tenere presente che ogni atto comunicativo inserendosi in un vissuto organizzativo interpersonale viene a modificare tale relazione interpersonale, a riguardo la comunicazione può operare nel dominio della razionalità tecnica ed avere carattere operativo e prescrittivo (Circolari ed ordini di servizio), oppure nel dominio della razionalità organizzativa ed avere carattere indefinito, in continua evoluzione, tesa a ridurre l’incertezza, pertanto scarsamente formalizzata.

Dobbiamo considerare che il management a causa della velocità e imprevedibilità delle trasformazioni non cerca di prevenire il cambiamento pianificando ma si preoccupa di costruire un’organizzazione “adattiva” in grado di percepirlo e di adattarsi ad esso, si sviluppano i concetti di comunicazione, informazione e “destabilizzazione” quale premessa per acquisire la capacità di reagire in maniera rapida ed adeguata alla “sorpresa” (Chris Meyer).

 

La qualità nei servizi

 

La Comunità Europea ha spostato l’attenzione dal soggetto erogatore del servizio all’utenza e ai suoi bisogni di qualità, sostituendo l’espressione “servizi pubblici” con quella più pertinente alla nuova visione di “servizi collettivi”, il concetto di servizio si presenta tuttora come una “categoria aperta” in divenire modificata nel tempo, d’altronde la valutazione della qualità in essi è qualcosa di relativamente nuovo che ha indotto in molte occasioni ad un puro trasferimento delle procedure dal settore manifatturiero, dove nei servizi non vi è una materialità del prodotto bensì una percezione dell’utente data dalla sua interazione con l’azienda erogatrice.

Considerando i comportamenti delle aziende erogatrici e l’atteggiamento psicologico e comportamentale degli utenti si può tracciare una classificazione dei servizi fondata sul grado di intangibilità del bene, la tipologia del rapporto tra soggetti erogatori e clienti, livello di influenza, comportamento, preparazione e numero addetti, livelli di standardizzazione, personalizzazione e informazione, procedimenti e processi, grado di fluttuazione della domanda, punte di domanda, sistema di erogazione.

Il giudizio sul servizio avviene non con riferimento a clausole normative o contrattuali bensì in termini di rapporti tra utente e fornitore, così che soprattutto nei servizi il giusto prezzo acquista un giudizio centrato in realtà sulla giusta qualità, in questa vengono a rapportarsi due concetti diversi l’uno che pone l’accento sulla qualità del sistema di produzione (Occidentale) l’altro sull’intero processo aziendale (Giapponese), si hanno in altri termini due logiche diverse: qualità del prodotto/servizio e qualità come cultura organizzativa, nel settore dei servizi è la seconda logica che tende a prevalere, l’efficienza quale qualità vuol dire comunicazione, visibilità, cooperazione piuttosto che quantitativamente output rispetto a standard prefissati, d’altronde la perdita della materialità del prodotto rende più difficile la comunicazione azienda/utente, la quale proprio per la difficoltà ne diventa centrale.

La qualità nei servizi ha per Zuliani dieci dimensioni:

–         Gli aspetti tangibili delle strutture, attrezzature, personale, strumenti di comunicazione;

–         Affidabilità;

–         Competenza;

–         Cortesia;

–         Credibilità;

–         Sicurezza;

–         Facilità di contatto;

–         Comunicazione, ossia ascolto e uso di un linguaggio comprensibile;

–         Capacità di risposta alle richieste del cliente in termini di volontà e tempo;

–         Comprensione delle esigenze del cliente.

Questo può raggiungersi solo perseguendo i seguenti obiettivi:

–         Progettare sin dall’inizio la qualità;

–         Utilizzo di una adeguata tecnologia;

–         Reclutare e formare personale idoneo;

–         Elevare le aspirazioni sociali relative ai servizi.

Gli aspetti critici sono il rischio di degenerazione burocratica, confusione nei rapporti, necessità di una continua sensibilizzazione e formazione del personale, alti costi iniziali, si deve considerare che gli utenti nella formazione del proprio giudizio partono da una percezione di efficacia nel risolvere le proprie necessità, per passare all’efficienza intesa quale prezzo pagato in rapporto alla quantità di risorse umane e finanziarie impiegate, questo nel caso di una insoddisfazione derivante dal gap tra attese e percezione del servizio, tale è il valore aggiunto che nella valutazione si tende talvolta a confondere con le valutazioni tradizionali fondate sulla pura contabilità dei costi, in un conflitto tra pura riduzione e investimenti.

 

Bibliografia

–         M. Barone – A. Fontana, Prospettive per la comunicazione interna e il benessere organizzativo, F. Angeli, 2005;

–         AA.VV., La pratica del problem solving, F. Angeli, 2007;

–         E. Fossati, La gestione strategica ed efficiente dei gruppi aziendali, Giuffrè 2004;

–         G. Negro, Organizzare la qualità nei servizi, Il Sole 24 Ore libri, 1996;

–         R. Miller, Strategie e politiche di marketing nelle imprese di pubblici servizi, CEDAM 1993;

(Corso di formazione e aggiornamento professionale per Manager della Pubblica Amministrazione, FOR.COM – Roma.)

 

 

Probabilità e affidabilità di sistemi complessi

 

            Occorre innanzitutto distinguere tra prevenzione, quale riduzione del numero di guasti che possono intervenire, e protezione, ossia riduzione della gravità del danno che può prodursi, in questa analisi delle complesse dinamiche di sistema la statistica si propone quale strumento dalle elevate potenzialità nello studio della prevenzione di guasti e infortuni, il rischio quindi può definirsi quale il prodotto fra la probabilità dell’accadimento di un evento sfavorevole (l’infortunio) e la magnitudo delle sue conseguenze, la affidabilità interviene a sua volta in termini strategici per la previsione, stima ed ottimizzazione della durata media di un sistema.

            La riduzione del rischio globale comporta che il costo delle misure di sicurezza meno il risparmio sui costi assicurativi deve essere inferiore al corrispettivo economico conseguibile a seguito di dette nuove dotazioni, l’obiettivo della massimizzazione del profitto si ottiene anche attraverso la riduzione degli sprechi tra cui rientrano gli oneri da incidenti secondo la seguente approssimativa schematizzazione:

–         Spese direttamente imputabili all’incidente, quali primi soccorsi, sovvenzioni, spese amministrative e legali, spese per sostituzione del personale, etc.;

–         Spese causate da danni materiali all’impiantistica e strumentazione;

–         Perdite economiche collegate alla perdita di produttività.

L’affidabilità (R) si rivela a sua volta un valido aiuto nel definire la qualità dei processi, attraverso la teoria dell’affidabilità si cerca di determinare la vita media, la sopravvivenza e la percentuale di buon funzionamento di un sistema, essa è funzione dello stato del componente C, dalle condizioni ambientali e sollecitazioni a cui è soggetto A e del tempo t:

R = R ( C,A, t)

I sistemi si possono classificare in quattro categorie:

–         Sistemi non riparabili, dove il guasto costituisce una transizione irreversibile a cui si applicano gli studi affidabilistici in senso stretto;

–         Sistemi riparabili, dove vi è un succedersi causale di funzionamento e guasto su cui verte lo studio della disponibilità;

–         Sistemi non ridondanti (sistemi serie), nei quali il verificarsi del guasto di un componente comporta il guasto dell’intero sistema;

–         Sistemi ridondanti (sistemi parallelo) nei quali il guasto di un elemento non blocca il sistema;

questi ultimi hanno un maggiore costo e complessità a cui corrisponde tuttavia una maggiore affidabilità, essi si articolano in due tipologie caratterizzate da ridondanza attiva e ridondanza passiva, nei primi i componenti ridondanti svolgono un ruolo funzionale mentre nei secondi i componenti ridondanti entrano in funzione solo al manifestarsi del guasto.

            L’analisi del rischio diventa uno strumento di progettazione e di supporto al processo decisionale, l’obiettivo principale è l’individuazione e caratterizzazione delle situazioni a cui si associano conseguenze non previste e non volute, più in generale si persegue la minimizzazione delle interruzioni del ciclo, il contenimento dell’impatto ambientale e il raggiungimento di elevati livelli di sicurezza, affidabilità ed economicità, l’ottimale dimensione economica di soluzioni affidabili non deve comunque andare fuori mercato, si deve tenere presente che nel valutare condizioni anomale di funzionamento la grandezza del rischio è data dal prodotto fra la probabilità di accadimento di un evento e la magnitudo delle sue conseguenze.

            Le fasi in cui si articola l’analisi sono le seguenti:

–         Individuazione degli eventi accidentali;

–         Valutazione della probabilità attribuibile agli eventi;

–         Valutazione delle conseguenze degli eventi;

–         Individuazione della funzione del rischio;

–         Confronto con i criteri di accettabilità prestabiliti;

–         Processo decisionale: pianificazione degli interventi.

Il ricorso a banche dati che raccolgono dati storici o a check lists è il più semplice e conveniente in sistemi standardizzati, occorre tuttavia garantire la completezza e la correttezza dell’analisi, l’analisi delle conseguenze si articola a sua volta nella individuazione della “sorgente”; dei conseguenti fenomeni e della valutazione del danno ad essi associato, il tutto conduce alla decisione finale di “accettare o meno il rischio”, la prevedibilità e l’affidabilità di sistema è una forma mentis che dalle procedure strettamente manifatturiere si estende utilmente ai servizi e a tutte le attività umane che acquistano una conformazione di sistema, non si tratta che di razionalizzare un’attività implicita nelle valutazioni che si compiono molte volte inconsciamente nel quotidiano.

 

(Corso di formazione e aggiornamento professionale per Responsabile della sicurezza, C.I.A.C. – Camere delle Imprese, dell’Artigianato e del Commercio – e FOR.COM – ROMA)

(Corso di formazione per R.S.P.P. – S.S.P.A. – Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione – ROMA)

 

Bibliografia

–         A. Mood – F. A. Gray Bill – D.C. Boes, Introduzione alla statistica, Mc Graw Hill, 1974;

–         R. Marion – P. Mariotti, Introduzione alla misura delle grandezze fisiche, Japadre Ed., 1971;

–         R. Billinton – R. N. Allan, Reability evolution of engineering systems, Plenum press, 1992.

(Corso di formazione in Teoria della comunicazione- FOR. COM.- ROMA)

(Rielaborazione di un ciclo di Seminari dell’autore su qualità, sicurezza e sviluppo organizzativo)

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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