Arbitrato nelle controversie di lavoro in ambito internazionale. Il caso di un dipendente di ambasciata estera in italia.

GF Legal 31/08/20
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 di  MARIO FUSANI

 

Il ricorso all’istituto arbitrale nelle controversie di lavoro internazionali può risolvere il limite della giurisdizione del Giudice. Il caso della Corte Suprema di Cassazione (Ordinanza n. 11129 del 10 giugno 2020) di un dipendente di un’Ambasciata estera in Italia verso lo Stato datore di lavoro.

 

Il panorama dei rapporti di lavoro in una città come Roma presenta aspetti di complessità maggiori di quelli di altre città.

Ciò, dipende dal fatto che in questa città, come sa chi come me, vi lavora da molti anni, oltre al normale personale dipendente privato e pubblico, si sommano anche molti rapporti di lavoro di carattere per così dire “sovranazionale”, sia all’interno di Organizzazioni Internazionali che lì hanno sede (ad es. la FAO), sia nell’ambito dei rapporti di lavoro connessi alla presenza delle molte rappresentanze diplomatiche presenti (sia presso lo Stato italiano che presso lo Stato del Vaticano).

Si tratta di ambiti nei quali, oggi più che mai, il ricorso all’arbitrato nell’ambito delle controversie di lavoro ai sensi dell’art. 412-quater c.p.c., potrebbe costituire uno strumento molto efficace per superare le criticità connesse al tema dell’applicabilità della Giurisdizione Italiana che, molto, spesso, le rappresentanze diplomatiche estere presenti si rifiutano di riconoscere come un recente caso esaminato dalla Corte di Cassazione, ancora una volta dimostra.

Ad esempio, attivare una procedura arbitrale per risolvere le controversie anche in materia di lavoro, in un caso di contenzioso tra Stati e persone fisiche o giuridiche, permette di risolvere la lite superando le difficoltà legate alla diversità del sistema giuridico, della lingua e culturale, assicurando alle parti una risoluzione della lite in tempi certi e rapidi nel massimo rispetto della riservatezza.

 

Il caso

Si tratta dell’Ordinanza del 10 giugno 2020, n. 11129, con cui la Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civile, hanno dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice Italiano in presenza di un accordo tra dipendente di un’Ambasciata estera in Italia e lo Stato datore di lavoro, in virtù del quale si deroga alla generale regola sulla giurisdizione (entro alcuni limiti può essere quella dello Stato ospitante), in considerazione del fatto che, nel citato caso, l’eventuale esame sulla legittimità dell’accordo tra le due parti, avrebbe comportato una possibile interferenza su atti dello Stato e, conseguentemente, sulle loro prerogative sovrane.

Esaminando, molto rapidamente la questione, questa prende avvio con il deposito di un ricorso ex articolo 414 c.p.c., con il quale un lavoratore chiedeva al Giudice del lavoro del Tribunale di Roma di accertare il rapporto di lavoro intercorso, a partire dal 1 gennaio 2006, fino al licenziamento, con l’Ambasciata degli Emirati Arabi Uniti, per lo svolgimento di mansioni di interprete riconducibili al livello A1 del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle ambasciate, lamentando di avere percepito una retribuzione inferiore a quella prevista dalla legge, chiedendo la condanna dell’Ambasciata convenuta al pagamento di differenze retributive, TFR e indennità sostitutiva del preavviso, oltre alla regolarizzazione contributiva e previdenziale.

 

L’Ambasciata degli EAU si costituiva chiedendo il rigetto della domanda ed eccependo anche il difetto di giurisdizione del Giudice Italiano.

 

 

La normativa dei rapporti di lavoro nell’ambito del diritto internazionale

Il caso citato, consente di richiamare l’attenzione su alcune fonti normative internazionali in tema di rapporti di lavoro e su alcuni orientamenti Giurisprudenziali della Corte CEDU e della Corte di Cassazione Italiana.

 

In particolare, quanto al tema delle fonti, l’art. 11 della Convenzione delle Nazioni Unite (Conv. di New York del 2 dicembre 2004 – ratificata con L. 14 gennaio 2013, n. 5) e nello specifico, il paragrafo 1 di tale norma sui contratti di lavoro, afferma che: “Sempre che gli Stati interessati non convengano diversamente, uno Stato non può invocare l’immunità giurisdizionale davanti a un tribunale di un altro Stato, competente in materia, in un procedimento concernente un contratto di lavoro tra lo Stato e una persona fisica per un lavoro eseguito o da eseguirsi, interamente o in parte, sul territorio dell’altro Stato”.

 

Osservando ora alcune pronunce di Giurisdizioni Superiori Europee e Italiane, emergono alcuni aspetti rilevanti.

In primo luogo, il contenuto dell’art. 11 sopra citato, ha trovato accoglimento sul piano internazionale, nelle sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha ricordato come, in materia di contratti di lavoro, non sia applicabile l’immunità giurisdizionale dello Stato estero sebbene, la stessa norma della Convenzione citata, presenti alcune deroghe a tale principio generale.

In tal senso infatti, una deroga convenzionale, è costituita dall’ipotesi in cui l’impiegato e lo Stato datore di lavoro si accordino per iscritto così come avvenuto nel caso citato.

Per questo, per la Corte di Cassazione, nel caso di specie, seppure la controversia riguardi aspetti soltanto patrimoniali, ricorre però, l’ipotesi della deroga convenzionale, per avere espressamente accettato, e sottoscritto, la deroga convenzionale alla giurisdizione italiana in favore della giurisdizione degli Emirati Arabi Uniti (così come indicato dalla clausola del contratto di lavoro);

Ora posto, che la Corte di Cassazione Italiana, nel pronunciarsi in passato, su vicende analoghe, ha sostenuto il principio secondo cui, in tema di controversie inerenti ai rapporti di lavoro di personale delle Ambasciate di Stati stranieri in Italia, la giurisdizione italiana può sussistere, vale la pena ricordare quale sia la condizione posta dalla stessa Suprema Corte perché ciò sia consentito.

 

Per i Giudici di Cassazione, infatti, ciò è legittimo, purché la domanda del prestatore di lavoro non comporti: “apprezzamenti, indagini o statuizioni che possano incidere o interferire sugli atti o comportamenti dello Stato estero che siano espressione dei suoi poteri sovrani di autorganizzazione”.

 

I vantaggi dell’arbitrato internazionale in materia di lavoro

Pertanto, alla luce delle norma internazionale citata, e dell’orientamento Giurisprudenziale Europeo e Italiano, non si può escludere che nei limiti del principio poc’anzi citato, e delle deroghe ad esso previste, le parti possano decidere, tramite accordo, l’eventuale devoluzione di una simile controversia ad un procedimento arbitrale, rimettendo la decisione del contenzioso ad uno o più soggetti privati (c.d. Arbitro o Collegio Arbitrale), chiamati a pronunciare un lodo arbitrale.

L’arbitrato lavoro è, inoltre, capace di garantire la risoluzione del contenzioso con velocità, in quanto i tempi sono noti alle parti e più rapidi rispetto ad un normale iter giudiziario, competenza, considerando l’alto livello degli arbitri esperti della materia oggetto della lite, e riservatezza, riguardo i contenuti della sentenza.

Elemento quest’ultimo, di non secondaria importanza, specie per una rappresentanza diplomatica straniera, probabilmente poco interessata ai possibili clamori di una controversia giudiziale.

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