Anche in Sicilia si riducono i costi della politica negli enti locali

Greco Massimo 29/12/08
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Il 14 febbraio scorso, con una riflessione pubblicata su questo portale giuridico, intitolata “Il Consigliere perde lo status di Amministratore, ma non in Sicilia”, cercavamo di spiegare le ragioni giuridiche per le quali alcune previsioni dell’ultima Finanziaria nazionale (Legge n. 244 del 24/12/2007) non potevano considerarsi immediatamente applicabili nel territorio della Regione Siciliana. In tale occasione concludevamo sostenendo che “non appare applicabile la lett. a) del comma 24 che elimina lo status di amministratore locale ai consiglieri riservandolo solo ai sindaci, i presidenti delle Province, i presidenti di consiglio comunali e provinciali, i presidenti dei consiglio circoscrizionali ed ai membri delle Giunte di comuni e province. Così come non appare applicabile la lett. a) del comma 25 che elimina la possibilità, prima riconosciuta dal Testo Unico al consigliere, di richiedere la trasformazione del gettone di presenza in indennità di funzione. E’ invece da considerarsi immediatamente applicabile la parte della disposizione normativa che introduce il vincolo riduttivo dell’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere, che non potrà superare l’importo pari a un quarto dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente di provincia in base al decreto previsto dall’art. 19 della L.r. n. 30/2000”.
 
Ci era sembrato di capire che la Sicilia volesse sì contribuire al contenimento della spesa pubblica ma senza mettere in discussione i capisaldi della riforma introdotta dallo Stato con il decreto legislativo n. 265/99, poi trasferita nel Testo Unico degli enti locali con decreto legislativo n. 267/2000, e recepita, senza rinvio formale alla medesima, dal legislatore siciliano con la L.r. n. 30/2000. Abbiamo capito male. L’Assemblea Regionale Siciliana, con un disegno di legge ha approvato nella seduta del 4 dicembre 2008 un articolato di norme che mira, sostanzialmente, a recepire anche la parte della Finanziaria nazionale che incide sugli aspetti organizzativi-ordinamentali degli enti locali.
 
La moda della riduzione dei costi della politica sembra non risparmiare nessuno, contaminando anche le Regioni a statuto speciale. Luci ed ombre caratterizzano questa iniziativa legislativa. Se, infatti, può essere condivisa la riduzione del numero di assessori nelle giunte, stessa cosa non può dirsi per la scelta di eliminare lo status di amministratore ai consiglieri degli enti locali sopprimendo loro l’opzione, prima prevista al comma 7 dell’art. 19 della L.r. n. 30/2000, di chiedere la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, considerato altresì che detta trasformazione non poteva in alcun caso comportare per l’ente maggiori oneri finanziari. Cosa buona e giusta è stabilire un limite massimo mensile per ogni consigliere, “…. venendo ad essere coinvolto lo specifico fine (sempre però di principio) della riduzione dei costi della politica, che non può essere disconnesso dalle ragioni di coordinamento finanziario proprie di obiettivi di portata chiaramente nazionale” (Cons. Giust. Amm. Parere n. 649 del 5/09/2007), altra cosa è degradare lo status del consigliere democraticamente eletto, privandolo della qualifica di amministratore locale.
A questo punto appare utile riprendere il dibattito che ha indotto il legislatore ad approvare la riforma n. 265/99 (la proposta è stata presentata nell’autunno ’96 insieme alle Bassanini).
Si diceva infatti che:
la funzione del consigliere è espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività e, in quanto tale, è direttamente funzionale non tanto ad un interesse personale del consigliere, quanto alla cura di un interesse pubblico connesso al mandato conferito (Cons. Stato, sez. V, 8/09/1994, n. 976);
“..tale mandato non è avulso dall’intera vita dell’ente che, per sua natura, non si interrompe ad ogni legislatura, così come non sono limitati alla semplice durata di ogni mandato gli effetti degli atti compiuti dal consiglio” (Tar Abruzzo, sez. Pescara, 16/12/2004, n. 1100);
La riforma del Titolo V° della Costituzione, nel riconoscere pari dignità tra i vari livelli istituzionali che compongono la Repubblica, ha aperto nuovi scenari di autogoverno locale all’interno del quale anche il singolo Consigliere viene caricato di responsabilità che certamente prima non aveva” (Massimo Greco, “L’assegnazione di apparecchiature di telefonia mobile agli Amministratori locali”, Diritto.it, 11/09/2008);
Nel contesto del nuovo ordinamento degli enti locali dove ogni forma di controllo si è affievolita rispetto ai precedenti assetti da parte di organi statali regionali e con più poteri riconosciuti agli esecutivi comunali, con la distinzione dei compiti e responsabilità fra amministrazioni e dirigenti locali risultano rafforzati i compiti di indirizzo e controllo politico amministrativo da parte del consiglio comunale e dei singoli consiglieri” (Giovanni Gioffrè, “Il diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali nella legislazione degli enti locali”, Altalex, n. 2187 del 09/07/2008);
la nuova identità del consigliere si costruisce fuori dalle aule consiliari. Una nuova funzione esercitata “tra la gente”, per raccogliere le istanze che provengono dal territorio ed interfacciarle con l’azione politica dell’ente locale. Una vera e propria funzione di “ascolto” quindi, che prima era soltanto esercitata a fini esclusivamente elettorali e che oggi viene istituzionalizzata anche attraverso apposite forme espressamente previste nello statuto dell’ente;
Così può configurarsi un diritto-dovere del consigliere di partecipazione alla vita politico-amministrativa, volto al controllo e quindi al perseguimento fattuale dell’ordinato e corretto svolgersi delle sedute consiliari e del rispetto della legalità di ogni fase procedurale delle riunioni del Consiglio comunale, da ritenersi esplicazione del diritto di iniziativa, di attivazione, di stimolo nonché di vigilanza, che è intrinseco e connaturale all’espletamento del mandato popolare e che non è altrimenti conseguibile” (Cons. Stato, sez. II°, parere 26/01/2005, n. 8525/2004);
il D.lgs n. 265/99 ha indirettamente riconosciuto tale funzione prevedendo un’innovazione significativa rispetto al passato, e cioè la possibilità per il consigliere di optare dal regime del gettone di presenza a quello dell’indennità di funzione, svincolando l’indennità di funzione dallo stretto legame alla sola partecipazione alle sedute;
il citato D.lgs n. 265/99, i cui contenuti sono confluiti nel Testo Unico n. 267/2000, ha voluto assegnare un nuovo e più pregnante ruolo sia all’organo consiliare che agli stessi consiglieri, che non si esaurisce esclusivamente nella partecipazione alle sedute del consiglio, ma che si estende alla partecipazione alle riunioni dei gruppi come momento propedeutico alla funzione politica, di elaborazione progettuale e di studio delle proposte presentate all’ordine del giorno o in corso di elaborazione, nonché alla partecipazione ad iniziative promosse dall’Amministrazione o dall’Ufficio di Presidenza al fine di assicurare l’informazione preventiva, elemento fondamentale per consentire ai consiglieri di svolgere il proprio compito non solo con consapevolezza, ma, soprattutto, con continuità, presidiando l’ente;
la riforma in questione, riconosce implicitamente che la funzione del consigliere non si riduce alla mera partecipazione alle sedute, ma deve estendersi ad altri momenti, a loro volta istituzionali, anche se ad efficacia esclusivamente interna, in quanto non generano atti amministrativi dotati del potere di costituire, modificare o estinguere diritti o posizioni giuridiche. Questo ragionamento porta a valutare la natura remuneratoria dell’indennità di funzione in luogo di quella risarcitoria del gettone di presenza, in considerazione dell’ampiezza e della continuità delle funzioni (Oliveri Luigi, Problemi finanziari connessi alla trasformazione del gettone di presenza dei consiglieri in indennità di funzione, Giust.it n.10-2002).
Nulla di tutto questo, il consigliere non è più un amministratore e l’esercizio del suo mandato ritorna ad essere strettamente circoscritto al “palazzo” e alle sedute a cui partecipa. Pur di inseguire la moda del momento per ridurre i famosi “costi della politica” i legislatori preferiscono buttar via anche quello che di buono si è fatto in questi anni nel tentativo di creare quell’identità del consigliere indirettamente voluta dalla riforma del titolo V° della Costituzione.
Peraltro, che l’aria sia decisamente cambiata lo dimostra anche il recente parere espresso dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti per la Regione Siciliana in sede consultiva n. 30/2008 del 19/11/2008 in occasione di un quesito formulato dalla Provincia reg.le di Enna in ordine ai destinatari dei vincoli sull’uso delle apparecchiature telefoniche mobili. I Giudici contabili non hanno infatti esitato ad affermare che le disposizioni limitative dell’assegnazione di telefoni cellulari al “personale” dell’ente, contenute nel comma 589 della legge n. 244/2007, “…hanno per destinatari non solo i dirigenti e gli altri dipendenti, ma anche gli amministratori ed i consiglieri degli enti locali”.
La questione merita un approfondimento anche sul fronte della tutela costituzionale se è vero che l’autonomia degli enti locali è stata valorizzata dalla riforma del Titolo V° della Costituzione e dalla sentenza della Corte Costituzionale 8/10/2003 n. 303, che ne ha flessibilizzato l’applicazione ancorandola all’elemento procedimentale e consensuale attraverso lo strumento dell’intesa vincolante fra enti. Ma in mancanza del Consiglio regionale delle Autonomie Locali chi garantisce gli enti locali visto che “Il riconoscimento del diritto di azione agli enti locali dinanzi alla giustizia costituzionale è, pertanto, un capitolo chiuso, con la conseguenza che essi sono esclusi da qualsiasi forma di tutela processuale diretta, litisconsortile o per intervento ad adiuvandum” (Riccardo Nobile, “Enti locali e tutela costituzionale dell’autonomia: l’esperienza italiana e le principali esperienze europee”, LexItalia.it n. 10/2008).
A questo punto ci incuriosisce conoscere se e quali misure l’Assemblea Regionale Siciliana ha adottato per ridurre i propri costi della politica, ma l’argomento meriterebbe una trattazione specifica.
 
Massimo Greco

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