Affidamento ex art. 94 dpr 309/90: non mutano i parametri valutativi per la concessione del beneficio.

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La Suprema Corte riconferma la propria posizione in relazione ai requisiti richiesti per la concessione del beneficio di cui all’art. 94 Dpr 309/90, anche in presenza del mutamento normativo.
E’ questa la conclusione cui si perviene dall’esame della sentenza che si allega al presente commento.
In buona sostanza i giudici supremi – chiamati a valutare il ricorso di un condannato, il quale lamentava la mancata concessione dell’affidamento di cui all’art. 94 Dpr 309/90[1] – hanno ritenuto e, soprattutto, confermato la centralità del duplice parametro valutativo consistente sia nella valutazione della personalità del soggetto (condannato) istante, onde inferire da esso il giudizio in ordine alla sussistenza della pericolosità sociale, sia nella delibazione dell’idoneità del trattamento terapeutico proposto in ordine al recupero del condannato ed alla prevenzione del pericolo che questi commetta altri reati.
E’ di tutta evidenza che il recente intervento normativo fondato sulla L. 49/2006 non ha modificato, né stravolto il tema specifico dell’esecuzione della pena e dell’adozione di misure alternative al carcere per il tossicodipendente, posto che la stessa Corte – addirittura – precisa che il testo del nuovo comma 4 dell’art. 94 Dpr 309/90 prevedendo che il programma terapeutico debba assicurare la prevenzione dei reati, dimostra che il legislatore si è uniformato alla giurisprudenza di legittimità “che più volte aveva segnalato come il giudice, ben lungi dall’accettare supinamente il programma stesso, dovesse valutare la pericolosità  del condannato, la sua attitudine ad intraprendere positivamente un trattamento, al fine di garantire un effettivo reinserimento nel consorzio civile: cfr. Sezione prima, 4 aprile 2001, Di Pasqua”.
Semmai si può affermare che la novella legislativa in tema di stupefacenti, particolarmente e fondatamente contestata in gran parte delle sue proposizioni, appare, invece, accettabile nella parte in cui offre precisazioni ed interpretazioni, mai abbastanza esaustive, in ordine ai criteri che devono informare provvedimenti particolarmente delicati, quale è quello dell’affidamento in prova.
Certo è, come anticipato che l’esegeta della norma in oggetto non si scontra con novità di rilievo.
Non è, infatti, di oggi l’attenzione alla diagnosi di pericolosità del condannato ed alla prognosi relativa alla di lui capacità di sottoporsi ad un procedimento catartico, non solo sul piano fisico, ma, soprattutto, – ed è ciò che maggiormente importa – su quello psicologico.
Da tempo è’ stato ritenuto (Cfr. Cassazione Sez.I, 24 Maggio 1996, Bartolomeo[2]) che la ratio che sottende all’istituto in oggetto non è tanto quella di creare una nuova figura di misura alternativa, ma quanto piuttosto di ampliare e parzialmente modificare l’ambito di applicabilità della ordinaria misura dell’affidamento in prova di cui all’art. 47 L. 354/75 .
La Consulta, inoltre, (5 Dicembre 1997, n.377[3]), affrontando e rigettando la questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 32 cost., dell’art. 67 l. 24 novembre 1981 n. 689, in relazione agli art. 47 bis l. 26 luglio 1975 n. 354 e successive modificazioni, nonchè all’ art. 94 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, ha, a propria volta, efficacemente tratteggiato i rigorosi caratteri salienti dell’istituto.
Il giudice delle leggi ha affermato, infatti, che, nel caso dell’affidamento "terapeutico" di persona tossicodipendente o alcooldipendente, da un lato la "ratio" legislativa è nel senso di una preminenza data dalla norma all’intento di cura dello stato di dipendenza, donde l’essenzialità del programma di recupero come contenuto della misura: intento che mal si presta ad essere paralizzato dall’esito negativo di una "prova" di tutt’altro genere, in nulla "mirata" sul medesimo stato di dipendenza, qual è, in sostanza, l’applicazione della pena sostitutiva della semidetenzione o della libertà controllata.
Dall’altro lato, soprattutto, il legislatore ha compiuto una autonoma valutazione dei limiti di ripetibilità di questa particolare "prova", sancendo il divieto di disporre questa forma di affidamento "più di due volte".
Deriva dalle osservazioni che precedono che il criterio che ha sempre informato di sé il procedimento di valutazione instaurato ai fini dell’accoglimento della richiesta, è sempre stato quello per cui il giudice non deve valutare soltanto l’idoneità del programma di recupero dell’interessato e la non mera strumentalità della richiesta stessa, ma deve anche valutare la possibilità di formulare un giudizio prognostico positivo in ordine alla prospettiva che l’affidamento, anche attraverso le prescrizioni che debbono accompagnarlo, contribuisca alla rieducazione del reo ed assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
Certamente, come già detto, quindi, nulla è cambiato nell’universo della legislazione sugli stupefacenti in merito alla fase di concessione dei benefici alternativi alla detenzione carceraria.
Merita, infatti, di essere richiamata la assunta posizione dalla giurisprudenza di merito anche in passato.
Nell’impostazione di algido rigore che ha connotato l’epoca pre riforma, si è ritenuto di negare il beneficio richiesto, in assenza di positivi elementi di riscontro, qualora il riferito abuso sia assai risalente nel tempo, senza che il condannato si sia mai rivolto precedentemente ai servizi, in quanto si è considerato che la volontà di sottoporsi al programma terapeutico fosse preordinata alla concessione del beneficio.
Si tratta di un’impostazione di diritto confermata da un’interessante massima della Suprema Corte (Sez. I, 20 Maggio 1998, n.2935, Regia[4]) secondo la quale la certificazione attestante lo stato di tossicodipendenza e l’idoneità del programma concordato, da rilasciare a cura di una struttura sanitaria pubblica sono condizioni imprescindibili di ammissione al beneficio, e non sono ammessi, in relazione a tali certificazioni – fermi restando i poteri di indagine comunque attribuiti al tribunale di sorveglianza – equipollenti o accertamenti sostitutivi, al fine di evitare che lo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza, o l’esecuzione del programma di recupero siano in qualche modo preordinati al conseguimento del beneficio.
Nel caso concreto l’istanza di affidamento era stata rigettata sul rilievo che la necessaria certificazione di tossicodipendenza non era stata emessa dalla Usl competente, essendo avvenuto il ricovero del condannato in comunità terapeutica sulla base di certificato rilasciato da medico privato.
Si deve, poi, rilevare come si sia affermato (Cassazione Sez. I, 26 Ottobre 1995, n.5347, Siciliano[5]) l’affidamento in prova in casi particolari non richiede affatto che il programma terapeutico di recupero debba essere necessariamente attuato in struttura "residenziale", ma soltanto che esso sia "concordato con una unità sanitaria locale o con uno degli enti, associazioni, cooperative o privati" a ciò per legge abilitati.
Conseguenza di tale osservazione è quella per cui deve escludersi che il diniego della misura alternativa in questione possa essere validamente motivato con il semplice richiamo alla mancata previsione dell’attuazione del programma di recupero in struttura "residenziale", essendo invece necessario che il giudice di merito indichi le ragioni specifiche per le quali, nel caso concreto, ritiene che quel programma sia da considerare inidoneo.
Va, poi, sottolineato come rilevante non sia solo la dipendenza fisica, ma debba venire in ovvia considerazione anche quella psicologica.
In tal senso Cassazione Sez. I, 16 Dicembre 1997, Corallo[6], che ha sottolineato come in particolare, ove sia cessata la dipendenza fisica dall’uso di sostanze stupefacenti, è possibile conferire rilievo, ai fini della concessione del beneficio, alla sola dipendenza psichica dal consumo delle medesime che normalmente permane anche oltre la risoluzione della dipendenza fisica. Anche uno stato di sola dipendenza psichica potrebbe giustificare, infatti, la necessità di un adeguato programma terapeutico che, attraverso un trattamento privo di prescrizioni farmacologiche, sia idoneo a rimuovere gli effetti residui della tossicodipendenza.
In precedenza la stessa Sez. I, con la pronuncia 30 Maggio 1995, n.3293, Scangerla[7], aveva già affrontato il problema, sostenendo che l’attualità dello stato di tossicodipendenza e la necessità di un idoneo programma di recupero, ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale nei casi particolari, possono avere riguardo – qualora l’interessato abbia superato la fase della dipendenza fisica dallo stupefacente – anche alla sola dipendenza psichica: il tossicodipendente, infatti, non può ritenersi guarito in base alla mera constatazione della circostanza che non assume più droghe, avendo egli necessariamente bisogno di un ulteriore periodo di mantenimento terapeutico e di supporto psicologico.
La decisione della Suprema Corte appare, quindi, del tutto coerente sia con lo spirito della norma vigente, che armonica rispetto alla pronunzie intervenute nel passato, in quanto i due requisiti paradigmatici posti a fondamento, non possono essere, per la loro essenzialità e decisività, surrogati o sostituiti da altri.
 
 
Rimini, lì 7 Luglio 2006
 
Avv. Carlo Alberto Zaina
 
 
Cassazione Sezione prima penale sentenza 10-25 maggio 2006, n. 18517
Presidente Sossi relatore Mocali

Osserva

Col provvedimento di cui in epigrafe, il tribunale di sorveglianza di Bari dichiarava inammissibile, e comunque rigettava, la richiesta di affidamento terapeutico avanzata dal Trione ai sensi dell’articolo 94 Dpr 309/90.
Osservava il tribunale, sotto il profilo dell’ammissibilità , che analoga istanza era stata precedentemente rigettata, in quanto da certificazioni del SERT si ricavava che il Trione, sia per i trattamenti frattanto ricevuti, sia per la lunga detenzione sofferta, non era più¹ dipendente fisicamente dall’uso di droga. Quanto alla dipendenza psicologica, la conclusione era analogamente negativa, trattandosi di soggetto da lungo tempo in remissione coatta e non più ricaduto nell’uso di droghe, specie in considerazione della restrizione ormai ammontante a diciannove mesi. Le contrarie considerazioni contenute nella relazione sull’osservazione scientifica della personalità erano apodittiche e si basavano su argomentazioni generiche e prive di fattuale concretezza.
Sotto il profilo del merito, in ogni caso, la misura non era concedibile in quanto il Trione era gravato da numerosissimi e anche recenti condanne per gravi reati; era sottoposto alla sorveglianza speciale; gli era stata revocata la sospensione condizionata della pena per aver commesso reati; pendevano a suo carico altri procedimenti; gli era stata recentemente revocata la misura della semilibertà , dopo di che egli aveva continuato a violare la legge; il rapporto di polizia rappresentava la negatività  di un persona dalla pessima condotta e socialmente pericolosa.
Avverso tale pronuncia ricorreva per cassazione il Trione, che denunciava vizio della motivazione e violazione di legge.
Affermando la insussistenza di una dipendenza dalle sostanze stupefacenti, il tribunale andava in contrasto colle informazioni derivanti dall’osrvazione intramuraria, particolarmente pregnanti sull’individuare come permanente una sua compulsione all’uso dell’eroina, ad onta della remissione coattivamente imposta dal regime carcerario. Era evidente la prova della sua dipendenza psicologica da tale droga. Ma la motivazione appariva illogica anche per le ragioni esposte a sostegno del giudizio di infondatezza della richiesta, che facevano riferimento alla vita anteatta del ricorrente, senza valutare l’idoneità  del programma terapeutico, al fine di agevolare il processo di un suo reinserimento sociale.
Il ricorso è infondato.
Per quanto attiene all’accertamento dell’attualità  della tossicodipendenza del Trione, di quella fisica non è¨ più¹ il caso di parlare, giacchè¨ neppure il ricorrente vi fa specifico riferimento. Quanto a quella psicologica, la motivazione del provvedimento impugnato non presta il fianco a censure, in quanto il tribunale elenca gli elementi valutativi di segno contrario e disattende argomentatamene le difformi conclusioni raggiunte in sede di osservazione della personalità , pervenendo ad un giudizio di fatto motivato e non sindacabile da questa Corte, in quanto esente da manifeste illogicità  o da errori di diritto.
Ma, del resto, sarebbe poi assorbente il seguito della motivazione, che individua nel Trione un soggetto socialmente pericoloso e inaffidabile, in quanto ricaduto nella devianza nonostante i benefici e le misure alternative già  parzialmente fruite e poi revocate per la indegnità  della condotta successiva. E non è sostenibile la tesi che il passato (anche recentissimo) del soggetto debba cedere di fronte alla esistenza di un astratto programma di recupero, dal momento che lo stesso legislatore, colla legge 49/2006, proprio in riferimento all’istituto dell’affidamento terapeutico, disciplinato dall’articolo 94 Dpr 309/90, prevede al comma 4 che tale programma debba assicurare la prevenzione dei reati, così¬ uniformandosi alla giurisprudenza di questa Corte, che più volte aveva segnalato come il giudice, ben lungi dall’accettare supinamente il programma stesso, dovesse valutare la pericolosità  del condannato, la sua attitudine ad intraprendere positivamente un trattamento, al fine di garantire un effettivo reinserimento nel consorzio civile: cfr. Sezione prima, 4 aprile 2001, Di Pasqua.
Sotto tale profilo, l’ordinanza esprime una valida conclusione negativa, scrutinando attentamente la personalità  del richiedente, assolutamente refrattario al rispetto di qualsiasi regola; non vi è spazio per un ulteriore sindacato del giudice di legittimità 
Il ricorso va dunque rigettato, colle ulteriori statuizioni indicate nel dispositivo
PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 



[1] ART. 94. MODIFICATO DALLA L. 49/2006.
"1. Se la pena detentiva deve essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, l’interessato puo` chiedere in ogni momento di essere affidato in prova al servizio sociale per       proseguire o intraprendere l’attivita` terapeutica sulla base di un programma da lui concordato con un’azienda unita` sanitaria locale o con una struttura privata autorizzata ai sensi dell’articolo 116. L’affidamento in prova in casi particolari puo` essere concesso solo quando deve essere espiata una pena detentiva, anche residua e congiunta a pena pecuniaria, non superiore a sei anni od a quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente reato di cui all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Alla domanda e` allegata, a pena di inammissibilita`, certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata accreditata per l’attivita` di diagnosi prevista dal comma 2, lettera d), dell’articolo 116 attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, la procedura con la quale e` stato accertato l’uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche, l’andamento del programma concordato eventualmente in corso e la sua idoneita`, ai fini del recupero del condannato. Affinché il trattamento sia eseguito a carico del Servizio sanitario nazionale, la struttura interessata deve essere in possesso dell’accreditamento istituzionale di cui all’articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, ed aver stipulato gli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies del citato decreto legislativo";
 2. Se l’ordine di carcerazione e` stato eseguito, la domanda e` presentata al magistrato di sorveglianza il quale, se l’istanza e` ammissibile, se sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda ed al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, qualora non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza del pericolo di fuga, puo` disporre l’applicazione provvisoria della misura alternativa. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al comma 4. Sino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il magistrato di sorveglianza e` competente all’adozione degli ulteriori provvedimenti di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni";
3 .  AI FINI DELLA DECISIONE, IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA PUÒ ANCHE ACQUISIRE COPIA DEGLI ATTI DEL PROCEDIMENTO E DISPORRE GLI OPPORTUNI ACCERTAMENTI IN ORDINE AL PROGRAMMA TERAPEUTICO CONCORDATO; DEVE ALTRESÌ ACCERTARE CHE LO STATO DI TOSSICODIPENDENZA O ALCOOLDIPENDENZA O L’ESECUZIONE DEL PROGRAMMA DI RECUPERO NON SIANO PREORDINATI AL CONSEGUIMENTO DEL BENEFICIO. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 92, commi 1 e 3.
 4. Il tribunale accoglie l’istanza se ritiene che il programma di recupero, anche attraverso le altre prescrizioni di cui all’articolo 47, comma 5, della legge 26 luglio 1975, n. 354, contribuisce al recupero del condannato ed assicura la prevenzione del pericolo che egli commetta altri   reati. Se il tribunale di sorveglianza dispone l’affidamento, tra le prescrizioni impartite devono essere comprese quelle che determinano le modalita` di esecuzione del programma. Sono altresì stabilite le prescrizioni e le forme di controllo per accertare che il tossicodipendente o l’alcooldipendente inizi immediatamente o prosegua il programma di recupero. L’esecuzione della pena si considera iniziata dalla data del verbale di affidamento, tuttavia qualora il programma terapeutico al momento della decisione risulti gia` positivamente in corso, il tribunale, tenuto conto della durata delle limitazioni alla quali l’interessato si e` spontaneamente sottoposto e del suo comportamento, puo` determinare una diversa, piu` favorevole data di decorrenza dell’esecuzione
5 .  L’AFFIDAMENTO IN PROVA AL SERVIZIO SOCIALE NON PUÒ ESSERE DISPOSTO, AI SENSI DEL PRESENTE ARTICOLO, PIÙ DI DUE VOLTE.
6 .  SI APPLICA, PER QUANTO NON DIVERSAMENTE STABILITO, LA DISCIPLINA PREVISTA DALLA LEGGE 26 LUGLIO 1975, N. 354 , COME MODIFICATA DALLA LEGGE 10 GIUGNO 1986, N. 663
6-bis. Qualora nel corso dell’affidamento disposto ai sensi del presente articolo l’interessato abbia positivamente terminato la parte terapeutica del programma, il magistrato di sorveglianza, previa rideterminazione delle prescrizioni, può disporne la prosecuzione ai fini del reinserimento
 sociale anche qualora la pena residua superi quella prevista per l’affidamento ordinario di cui all’articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354.
 6-ter. Il responsabile della struttura presso cui si svolge il programma terapeutico di recupero e socio-riabilitativo e` tenuto a segnalare all’autorita` giudiziaria le violazioni commesse dalla persona sottoposta al programma. Qualora tali violazioni integrino un reato, in caso di      omissione, l’autorita` giudiziaria ne da` comunicazione alle autorita` competenti per la sospensione o revoca dell’autorizzazione di cui all’articolo 116 e dell’accreditamento di cui all’articolo 117, ferma restando l’adozione di misure idonee a tutelare i soggetti in trattamento       presso la struttura".
 L’art. 94 nella formulazione previgente recitava    
(LEGGE 26 LUGLIO 1975, N. 354, ART. 47-BIS, INTRODOTTO DALL’ART. 4-TER DEL DECRETO-LEGGE 22 APRILE 1985, N. 144, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI, DALLA LEGGE 21 GIUGNO 1985, N. 297, COME SOSTITUITO DALL’ART. 12 DELLA LEGGE 10 OTTOBRE 1986, N. 663). AFFIDAMENTO IN PROVA IN CASI PARTICOLARI
1 .  SE LA PENA DETENTIVA, INFLITTA NEL LIMITE DI QUATTRO ANNI O ANCORA DA SCONTARE NELLA STESSA MISURA, DEVE ESSERE ESEGUITA NEI CONFRONTI DI PERSONA TOSSICO-DIPENDENTE O ALCOOLDIPENDENTE CHE ABBIA IN CORSO UN PROGRAMMA DI RECUPERO O CHE AD ESSO INTENDA SOTTOPORSI, L’INTERESSATO PUÒ CHIEDERE IN OGNI MOMENTO DI ESSERE AFFIDATO IN PROVA AL SERVIZIO SOCIALE PER PROSEGUIRE O INTRAPRENDERE L’ATTIVITÀ TERAPEUTICA SULLA BASE DI UN PROGRAMMA DA LUI CONCORDATO CON UNA UNITÀ SANITARIA LOCALE O CON UNO DEGLI ENTI PREVISTI DALL’ART. 115 O PRIVATI. ALLA DOMANDA DEVE ESSERE ALLEGATA, A PENA DI INAMMISSIBILITA’, CERTIFICAZIONE RILASCIATA DA UNA STRUTTURA SANITARIA PUBBLICA ATTESTANTE LO STATO DI TOSSICODIPENDENZA O DI ALCOOLDIPENDENZA E LA IDONEITÀ, AI FINI DEL RECUPERO DEL CONDANNATO, DEL PROGRAMMA CONCORDATO.
2 .  SI APPLICANO LE DISPOSIZIONI DI CUI AGLI ARTICOLI 91, COMMI TERZO E QUARTO, 92, COMMI PRIMO E TERZO.
3 .  AI FINI DELLA DECISIONE, IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA PUÒ ANCHE ACQUISIRE COPIA DEGLI ATTI DEL PROCEDIMENTO E DISPORRE GLI OPPORTUNI ACCERTAMENTI IN ORDINE AL PROGRAMMA TERAPEUTICO CONCORDATO; DEVE ALTRESÌ ACCERTARE CHE LO STATO DI TOSSICODIPENDENZA O ALCOOLDIPENDENZA O L’ESECUZIONE DEL PROGRAMMA DI RECUPERO NON SIANO PREORDINATI AL CONSEGUIMENTO DEL BENEFICIO.
4 .  SE IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DISPONE L’AFFIDAMENTO, TRA LE PRESCRIZIONI IMPARTITE DEVONO ESSERE COMPRESE QUELLE CHE DETERMINANO LE MODALITÀ DI ESECUZIONE DEL PROGRAMMA. SONO ALTRESÌ STABILITE LE PRESCRIZIONI E LE FORME DI CONTROLLO PER ACCERTARE CHE IL TOSSICODIPENDENTE O L’ALCOOLDIPENDENTE PROSEGUE IL PROGRAMMA DI RECUPERO. L’ESECUZIONE DELLA PENA SI CONSIDERA INIZIATA DALLA DATA DEL VERBALE DI AFFIDAMENTO.
5 .  L’AFFIDAMENTO IN PROVA AL SERVIZIO SOCIALE NON PUÒ ESSERE DISPOSTO, AI SENSI DEL PRESENTE ARTICOLO, PIÙ DI DUE VOLTE.
6 .  SI APPLICA, PER QUANTO NON DIVERSAMENTE STABILITO, LA DISCIPLINA PREVISTA DALLA LEGGE 26 LUGLIO 1975, N. 354 , COME MODIFICATA DALLA LEGGE 10 GIUGNO 1986, N. 663
 
[2] Cass. Pen., 1997, 2227
[3] Giur. Costit., 1997, fasc.6
[4] CED Cassazione, 1998
[5] Cass. Pen., 1996, 3766
[6] Giur. It., 1999, 129, nota di INZERILLO
[7] Giust. Pen., 1996, II, 106
 

Zaina Carlo Alberto

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