Il “contributo minimo” alla Consulta: accesso alla giustizia e onere fiscale

Questione di legittimità costituzionale della subordinazione dell’iscrizione a ruolo di una causa civile al versamento di un contributo minimo.

Scarica PDF Stampa Allegati

L’Ordinanza Interlocutoria n. 32234/2025 della Corte di Cassazione, III Sezione Civile, ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 812, della Legge n. 107/2024. La norma subordina l’iscrizione a ruolo di una causa civile al preventivo versamento di un contributo minimo di € 43. La Corte motiva il rinvio alla Consulta per il potenziale contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, configurando l’onere come un ostacolo di indole fiscale, estraneo alla funzione processuale, che viola il diritto di agire in giudizio e il principio di uguaglianza. Il provvedimento ha disposto la sospensione del giudizio in corso, che era relativo al rilascio di un alloggio di edilizia residenziale.

Corte di Cassazione -sez. III civ.- Ordinanza interlocutoria n. 32234 dell’11-12-2025

32234.pdf 213 KB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Indice

1. Contesto processuale


L’Ordinanza Interlocutoria origina da un ricorso proposto da due soggetti avverso una sentenza della Corte d’Appello del 2024. La controversia verteva sull’opposizione al decreto con cui era stato ordinato agli attori il rilascio di un alloggio di edilizia popolare, in quanto ritenuti non più in possesso dei requisiti per fruirne. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano rigettato la domanda dei ricorrenti. La Cassazione, nel valutare il ricorso, ha ritenuto che i motivi di merito non potessero essere esaminati, dovendo affrontare preliminarmente la questione procedurale riguardo l’operatività dell’art. 1, comma 812, della Legge n. 107/2024, applicabile ratione temporis al ricorso, poiché proposto dopo l’entrata in vigore al 1° gennaio 2025.

2. Contributo minimo e improcedibilità


La norma sotto scrutinio stabilisce che, salve le ipotesi di esenzione, “nei procedimenti civili la causa non può essere iscritta a ruolo se non è versato l’importo determinato ai sensi dell’art. 13, comma 1, lettera a), o il minor contributo dovuto per legge”. La Cassazione ha interpretato il termine “causa” quale sinonimo di “ricorso”, estendendo l’applicazione della norma anche al giudizio di legittimità. La Corte ha escluso che il ricorso potesse beneficiare di esenzioni e ha ritenuto che l’omesso versamento del contributo minimo (quantificato in € 43, ex art. 13, comma 1, lettera a), d.P.R. n. 115/2002) comporterebbe l’esito obbligatorio dell’improcedibilità del ricorso. La formulazione letterale, che sancisce l’impossibilità di iscrivere la causa a ruolo, non lascia spazio a interpretazioni adeguatrici. Ciò rende la questione rilevante ai fini della decisione del giudizio pendente.

3. Onere fiscale e diritto di azione


La Corte ha ritenuto la questione non manifestamente infondata in riferimento agli articoli 3 (uguaglianza), 24 (diritto di difesa) e 111 (giusto processo) della Costituzione. Innanzitutto, viene ribadita la natura di debito tributario del Contributo Unificato, richiamando la consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite (sentenza n. 4315/2020 e ordinanza n. 8810/2025) e della Corte Costituzionale (sentenze n. 120/2016 e n. 67/2019).

4. Distinzione tra oneri processuali e oneri fiscali


L’hub della censura risiede nell’indirizzo interpretativo della Corte Costituzionale, a partire dalla sentenza n. 21/1961 (relativa al solve et repete) e consolidato nelle sentenze n. 333/2001, n. 522/2002 e n. 140/2022. La giurisprudenza costituzionale distingue tra oneri:

  • imposti per assicurare uno svolgimento conforme alla funzione processuale (consentiti),
  • tendenti al soddisfacimento di interessi del tutto estranei alle finalità processuali, che costituiscono un ostacolo alla tutela giurisdizionale, violando l’art. 24 Cost.

La Cassazione ha rilevato che l’art. 1, comma 812, preclude in radice la possibilità di promuovere un giudizio civile se non previo versamento della somma. A differenza del previgente “deposito per soccombenza” (ritenuto costituzionalmente legittimo in passato perché non era un “pagamento” ma un “deposito” la cui perdita era solo eventuale), il nuovo onere rappresenta un pagamento coattivo per l’accesso.

5. Criticità costituzionali


Il Collegio ha individuato plurime ragioni per ritenere l’onere in contrasto con la Costituzione:

– violazione del diritto di azione (art. 24 e 111 Cost.): la norma è dettata dall’unico obiettivo di «fare cassa», configurando una coazione indiretta. Non esiste alcun collegamento logico tra l’imposizione del tributo e un obiettivo di razionalizzazione del servizio giustizia o con l’esito dei pregressi gradi di giudizio. Di conseguenza, la disposizione sacrifica il diritto alla tutela giurisdizionale in nome di un interesse di natura fiscale, ponendo un irragionevole limite all’accesso alla giurisdizione,

– violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.):

  • assenza di esenzioni per i non abbienti: la norma si applica in via generale, senza alcuna esclusione, neppure per gli ammessi al patrocinio a spese dello Stato. Questo crea una disparità tra chi può versare i 43 euro e chi ne è privo, impedendo di fatto l’accesso alla giurisdizione ai meno abbienti;
  • disparità tra ricorrente principale e incidentale: la Cassazione, recependo i rilievi del Procuratore Generale, ha notato che l’obbligo ricade solo su chi iscrive a ruolo (il ricorrente principale), esentando il ricorrente incidentale, il che rappresenta una evidente e ingiusta disparità di trattamento;
  • irrazionale uniformità del versamento: il versamento richiesto è la stessa somma (43 euro) a prescindere dal valore dei ricorsi. Ciò comporta un vantaggio per i ricorsi di valore elevato (che avrebbero dovuto pagare un contributo maggiore) e, soprattutto, una violazione del principio di uguaglianza, poiché trattare allo stesso modo situazioni differenti (ricorsi di diverso valore) non è conforme al principio costituzionale;
  • irrilevanza dell’esiguità della somma: pur considerando che l’entità dell’onere (43 euro) possa apparire modesta, la Corte ha concluso che la legittimità costituzionale va scrutinata in rapporto ai principi fondanti dell’ordinamento. L’esiguità della somma non è idonea a escludere il dubbio di legittimità di una norma che tocca un diritto inviolabile come l’accesso alla giurisdizione.

6. Sospensione e rinvio alla Consulta


La Corte di Cassazione ha dichiarato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 812, della Legge n. 107/2024, rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost. Il Collegio ha disposto la trasmissione dell’ordinanza alla Corte Costituzionale e la sospensione del giudizio in corso.

Vuoi ricevere aggiornamenti costanti?


Salva questa pagina nella tua Area riservata di Diritto.it e riceverai le notifiche per tutte le pubblicazioni in materia.
Inoltre, con le nostre Newsletter riceverai settimanalmente tutte le novità normative e giurisprudenziali!
Iscriviti!

Iscriviti alla newsletter
Iscrizione completata

Grazie per esserti iscritto alla newsletter.

Seguici sui social


Avv. Biarella Laura

Laureata cum laude presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Perugia, è Avvocato e Giornalista.
È autrice di numerose monografie giuridiche e di un contemporary romance, e collabora, anche come editorialista, con redazioni e su banche dati giu…Continua a leggere

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento