La sentenza n. 10136/2025 del TAR Lazio chiarisce l’ambito applicativo del principio di rotazione negli affidamenti diretti sottosoglia ai sensi del d.lgs. 36/2023. La pronuncia evidenzia l’inammissibilità del ricorso proposto dal gestore uscente, confermando l’autonomia amministrativa nella scelta del contraente e delimitando implicitamente l’accesso agli atti nella fase di contestazione dell’aggiudicazione. La decisione assume rilievo sistemico per gli enti e gli operatori, anche in ottica di tutela della concorrenza e garanzia dell’imparzialità. Per approfondire, puoi consultare la nostra Guida normativa per l’Amministrazione Locale, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
Indice
1. La sentenza e il suo contesto
La disciplina degli affidamenti diretti nelle procedure sottosoglia è da sempre oggetto di attenzione sia per la sua flessibilità operativa, sia per il potenziale rischio di elusione dei principi di trasparenza, concorrenza e rotazione. Il decreto legislativo n. 36 del 2023, in attuazione della più recente riforma dei contratti pubblici, ha inteso rafforzare tali principi, pur mantenendo un margine decisionale rilevante in capo alla stazione appaltante. La sentenza in commento si inserisce in questo contesto, respingendo il ricorso del precedente affidatario di un servizio annuale, sulla base dell’applicazione rigorosa del principio di rotazione e senza riscontro di illegittimità procedurale. Il TAR Lazio, nel dichiarare inammissibile il ricorso, si sofferma implicitamente anche sulla questione dell’accesso e della conoscibilità degli atti di affidamento in capo a chi, in base alla normativa, risulti ontologicamente escluso dalla possibilità di ottenere il nuovo incarico. La decisione offre così uno spunto rilevante per comprendere i confini tra trasparenza, partecipazione e prerogative discrezionali della PA. Per approfondire, puoi consultare la nostra Guida normativa per l’Amministrazione Locale, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
2. Il principio di rotazione negli affidamenti diretti e il limite soggettivo all’accesso
La sentenza del TAR Lazio, Sez. I Ter, n. 10136 del 27 maggio 2025, rappresenta una chiara presa di posizione sul principio di rotazione negli affidamenti diretti sottosoglia, ribadendone la forza escludente nei confronti dell’operatore uscente, indipendentemente dall’eventuale maggiore meritevolezza dell’offerta da questi proposta. L’intervento giurisdizionale assume particolare rilievo in quanto riafferma che, anche nel caso di procedure che contemplino una pluralità di operatori consultati informalmente, la qualificazione della procedura come “affidamento diretto” – ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. b), d.lgs. 36/2023 – non muta, né si trasforma in procedura negoziata o comparativa.
Nel dettaglio, il Collegio ha riconosciuto come ostativo alla legittimazione attiva della ricorrente l’avvenuto affidamento nelle due annualità precedenti, sancendo l’inapplicabilità della deroga al principio di rotazione in mancanza di motivazione espressa da parte della stazione appaltante, riguardante la struttura del mercato e la qualità dell’esecuzione pregressa. La ratio della pronuncia è netta: l’assenza di deduzioni circa la non sostituibilità della ricorrente e la contestuale presenza di più manifestazioni d’interesse valide rende priva di fondamento ogni pretesa di subentro o rinnovazione del contratto da parte dell’affidatario uscente.
Il riferimento è all’articolo 49 del D. Lgs. 36/2023, il quale al comma 2 dispone che “In applicazione del principio di rotazione è vietato l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nei casi in cui due consecutivi affidamenti abbiano a oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi”.
Inoltre, lo stesso articolo 49 del D. Lgs. 36/2023, al comma 4, prevede che “In casi motivati con riferimento alla struttura del mercato e alla effettiva assenza di alternative, previa verifica dell’accurata esecuzione del precedente contratto nonché della qualità della prestazione resa, il contraente uscente può essere reinvitato o essere individuato quale affidatario diretto”.
Il combinato disposto dei commi 2 e 4 dell’art. 49 del D.Lgs. 36/2023 prevede che il contraente uscente non possa ottenere un nuovo affidamento dopo due affidamenti consecutivi nello stesso ambito, salvo che la stazione appaltante motivi puntualmente, ai sensi del comma 4, la ricorrenza congiunta di tutti i presupposti richiesti dalla norma a fondamento dell’eccezione.
La parte probabilmente più delicata della sentenza, seppur trattata in modo implicito, riguarda il tema dell’accesso agli atti nella fase successiva all’aggiudicazione. Se è vero che l’interesse conoscitivo degli operatori economici è riconosciuto, anche al di fuori dell’immediato interesse strumentale a ricorrere, esso tuttavia deve coordinarsi con il principio della legittimazione all’azione amministrativa. Il TAR, nel rigettare la censura per carenza d’interesse, limita di fatto anche la pretesa conoscitiva del ricorrente, laddove la sua posizione giuridica – come gestore uscente in regime di affidamento diretto – risulti già preclusa dalla normativa vigente. Non vi è dunque interesse concreto e attuale alla declaratoria di illegittimità, né alla declaratoria di inefficacia contrattuale o al subentro, rendendo irrilevanti anche le eccezioni sollevate con riguardo ai requisiti del concorrente vincitore.
La sentenza dimostra inoltre l’attenzione del giudice amministrativo nel non estendere impropriamente le garanzie previste per le procedure negoziate ai contesti in cui la discrezionalità dell’amministrazione è massima. Nonostante la presenza di una consultazione plurima, la qualificazione giuridica della procedura resta dirimente: l’avviso pubblico indicava chiaramente un affidamento diretto, con ampia valutazione discrezionale da parte della Federazione, fondata su esperienza pregressa e congruità dell’offerta economica. L’esperimento di una manifestazione d’interesse non trasforma la natura giuridica della selezione, né impone l’attivazione di garanzie partecipative tipiche di una procedura competitiva.
Questa interpretazione è coerente con quanto previsto dall’art. 49 del Codice dei contratti pubblici, che richiama il principio di rotazione quale strumento di tutela della concorrenza anche in assenza di una formale procedura comparativa. Come detto, la deroga al principio, consentita solo in casi eccezionali, deve essere sorretta da motivazione stringente, che qui non solo è mancata, ma non è stata nemmeno invocata dalla parte ricorrente. La pronuncia, quindi, pur non esprimendosi direttamente sulla richiesta di accesso, delimita implicitamente il perimetro applicativo del diritto conoscitivo alla sola ipotesi in cui persista un interesse qualificato, concreto e attuale.
Potrebbero interessarti anche:
3. Conclusione
La sentenza n. 10136/2025 del TAR Lazio rafforza il vincolo sistemico del principio di rotazione negli affidamenti diretti, escludendo in radice la legittimazione del gestore uscente in assenza di motivazione derogatoria. Implicitamente, si afferma che anche il diritto di accesso agli atti, per essere riconosciuto, deve poggiare su un interesse giuridicamente rilevante e attuale, non meramente esplorativo o conoscitivo, specie se esercitato in funzione contenziosa da un soggetto già precluso ex lege alla nuova aggiudicazione.
Ti interessano questi contenuti?
Salva questa pagina nella tua Area riservata di Diritto.it e riceverai le notifiche per tutte le pubblicazioni in materia. Inoltre, con le nostre Newsletter riceverai settimanalmente tutte le novità normative e giurisprudenziali!
Iscriviti!
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento