La VI sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 30780 del 15 settembre 2025, ha rigettato il ricorso di un padre confermando la relativa condanna per maltrattamenti in danno della figlia minorenne. La sentenza della Corte d’appello è stata ritenuta corretta e fondata sulle prove acquisite. La decisione rimarca come i giudizi denigratori di un genitore, perfino in un breve lasso di tempo, possano costituire il reato di maltrattamenti, specie se reiterati e orientati a minare la sensibilità del minore. Il collegio di legittimità ha evidenziato come il legame familiare attribuisca un peso ancora maggiore alle offese. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato il Codice Penale e norme complementari 2026 – Aggiornato a Legge AI e Conversione dei decreti giustizia e terra dei fuochi, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon
Indice
1. La contestazione dei maltrattamenti sulla minore
L’uomo era è stato accusato di maltrattamenti, reato disciplinato all’articolo 572 del codice penale, perpetrati tra gennaio e luglio 2020 nei confronti della figlia, all’epoca undicenne. A dir dell’accusa il padre, pur vivendo in Svezia per lavoro a causa della pandemia da Covid e avendo avuto contatti diretti con la figlia solamente durante tre fine settimana, le rivolgeva insistentemente frasi denigratorie al telefono. Le offese erano rivolte al suo aspetto fisico e alle sue capacità relazionali, così svilendola e umiliandola. Nella sentenza è riportato che il padre, con continuità, si rivolgeva alla ragazza tramite frasi quali “cicciona, fai schifo, susciti repulsione in me e in chi ti guarda”. Le condotte denigratorie sono culminate in un’aggressione fisica nel luglio 2020, anch’essa assorbita nel reato. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato il Codice Penale e norme complementari 2026 – Aggiornato a Legge AI e Conversione dei decreti giustizia e terra dei fuochi, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon
Codice Penale 2026
Il presente codice fornisce uno strumento di agile consultazione, aggiornato alle ultimissime novità legislative (legge AI, decreto flussi e L. 3 ottobre 2025, n. 147, di conversione del decreto cd. terra dei fuochi). L’opera è corredata dalle leggi speciali di più frequente applicazione e gli articoli del codice penale riportano le note procedurali utili alla comprensione della portata applicativa di ciascuna norma. Grazie a una selezione puntuale delle fonti, il volume è uno strumento indispensabile per avvocati e magistrati, studenti universitari e concorsisti. Completa il codice una sezione online che mette a disposizione ulteriori leggi speciali in materia penale e gli aggiornamenti normativi fino al 30 aprile 2026 Andrea GentileAvvocato cassazionista e dottore di ricerca in diritto penale dell’economia, è docente a contratto di Diritto penale e Diritto penale della Pubblica Amministrazione e responsabilità degli enti presso l’Università telematica San Raffaele di Roma. Autore e curatore di numerose pubblicazioni in materia penale, collabora con le principali riviste del settore.Paolo Emilio De SimoneMagistrato presso il Tribunale di Roma, già componente del Collegio per i reati ministeriali presso il medesimo Tribunale. Docente della Scuola Superiore della Magistratura, è autore di numerose pubblicazioni.
Andrea Gentile, Paolo Emilio De Simone | Maggioli Editore 2025
27.55 €
2. La difesa dell’imputato
La difesa dell’imputato ha contestato il giudizio di abitualità dei maltrattamenti. Il ricorso si basava su tre aspetti principali: la mancanza di episodi specifici per confermare la reiterazione delle condotte, il breve periodo di tempo (sei mesi) e la scarsità dei contatti diretti. Inoltre, ha sollevato la questione che un messaggio inviato dall’imputato alla figlia tre anni dopo i fatti, in cui si faceva riferimento al processo, avrebbe viziato la decisione. La difesa sosteneva che il messaggio era stato travisato e che la Corte d’Appello avesse erroneamente considerato un fatto estraneo all’imputazione.
3. Il rigetto delle motivazioni della difesa
Il collegio della VI sezione penale della Corte di Cassazione ha respinto in toto le argomentazioni interposte dalla difesa, quindi ha ritenuto che il ricorso non meritasse accoglimento poiché basato su motivi infondati. Inoltre, ha chiarito che la condotta dell’imputato non può non ritenersi coerente con l’accusa. La VI Sezione penale della Corte ha messo in evidenza che, benché i contatti diretti fossero limitati, le frequenti telefonate e il vincolo familiare hanno, in modo corretto, supportato il giudizio di merito, poiché l’intensità delle condotte vessatorie risultava legata proprio al ruolo di padre.
Potrebbero interessarti anche:
4. Prove e valutazione
La Suprema Corte, nella pronuncia depositata il 15 settembre 2025, ha confermato che il giudizio di merito non aveva subito vizi e nemmeno illogicità manifeste. Il ragionamento dei giudici era stato supportato non solamente dalle dichiarazioni della figlia, bensì pure da quelle della madre della minore e della sorella dell’imputato, che avevano descritto la personalità dell’uomo come “senza freni inibitori quanto alla abitudine nell’insultare le persone”. La Corte aveva anche considerato la relazione redatta dai servizi sociali, che aveva convalidato il disprezzo del padre verso l’aspetto fisico della figlia. In merito al messaggio inviato tre anni dopo, la Cassazione ha ribadito che il relativo valore probatorio non era collegato alla materialità del reato, bensì risultava necessario per dimostrare la “consolidata indifferenza” dell’imputato nei confronti della sensibilità della figlia, sintomo di un’abitudine che nemmeno la pendenza del processo aveva scalfito. Il ricorso è stato quindi rigettato e l’uomo condannato al pagamento delle spese processuali.
5. Body shaming che integra il reato di maltrattamenti
Il body shaming, inteso quale insieme di condotte verbali o comportamentali che denigrano l’aspetto fisico di un individuo, può integrare il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi previsto dall’art. 572 del codice penale, quando tali condotte: sono reiterate nel tempo, anche in un arco temporale limitato; provengono da un familiare, come un genitore, e quindi assumono un peso emotivo maggiore; causano un clima di vita umiliante e degradante, incidendo sulla dignità e sull’equilibrio psicologico della vittima. Nella fattispecie esaminata dalla Corte di Cassazione il padre rivolgeva alla figlia undicenne frasi come “Cicciona, fai schifo, susciti repulsione in me e in chi ti guarda”. Tali espressioni, reiterate nel tempo, hanno sortito un impatto devastante sulla personalità della minorenne, già vulnerabile per età e condizione. La Corte ha quindi ritenuto che: e frasi offensive, gratuite e gravi, rivolte da un genitore a una figlia adolescente, superano la soglia della mera offesa e si configurano come vessazioni abituali; la tematica dell’aspetto fisico in fase puberale risulta particolarmente delicata, e le denigrazioni su questo punto accentuano la sofferenza psicologica. Pure in assenza di una convivenza continuativa, il vincolo familiare e i contatti telefonici sono stati ritenuti sufficienti a integrare il contesto relazionale del reato. Per l’effetto, il body shaming, ove reiterato e proveniente da un familiare, non consiste solamente in una condotta riprovevole moralmente, bensì può assumere rilevanza penale quale maltrattamento, in particolare quando incide sulla dignità, sull’autostima e sullo sviluppo psicologico della vittima.
6. Il principio di diritto
Ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia di cui all’art. 572 c.p., è sufficiente che le condotte denigratorie e vessatorie siano reiterate nel tempo e idonee a creare un clima di vita umiliante e svilente per la persona offesa, anche in assenza di una convivenza continuativa. Le offese verbali gratuite e gravi rivolte da un genitore a una figlia adolescente, che colpiscono aspetti sensibili come l’aspetto fisico in fase puberale, integrano gli elementi oggettivi del reato, specialmente se inserite in un contesto relazionale familiare che amplifica l’impatto emotivo delle condotte. La abitualità delle condotte può essere evinta pure da elementi successivi ai fatti contestati, ove rivelatori di un atteggiamento consolidato e non occasionale.
Vuoi ricevere aggiornamenti costanti?
Salva questa pagina nella tua Area riservata di Diritto.it e riceverai le notifiche per tutte le pubblicazioni in materia. Inoltre, con le nostre Newsletter riceverai settimanalmente tutte le novità normative e giurisprudenziali!
Iscriviti!
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento