Perdita di chance per rapporto parentale: risponde la struttura

La struttura sanitaria risponde della perdita di chance di continuare a godere del rapporto parentale subito dai congiunti di un paziente.

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Tribunale di Macerata – Sentenza n. 465 del 20-06-2025

SENTENZA_TRIBUNALE_DI_MACERATA_N._462_2025_-_N._R.G._00001432_2020_DEPOSITO_MINUTA_20_06_2025__PUBBLICAZIONE_20_06_2025.pdf 269 KB

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Indice

1. I fatti: la morte del paziente e la perdita di chance


Un signore si ricava presso il Pronto Soccorso dell’ospedale avendo avvertito dalla notte precedente un forte dolore addominale che non cessava. All’ospedale assegnavano al paziente un codice verde e non gli venivano rilevati i parametri vitali, mentre dopo poco più di un’ora veniva dimesso, dopo una visita da parte del sanitario che annotava la risoluzione della sintomatologia lamentata dopo che il paziente era riuscito a defecare, nonostante rimanesse una “lieve dolenzia addominale alla palpazione profonda”.
Il giorno successivo, però, il paziente continuava ad avvertire dolore addominale e così veniva trasportato al pronto soccorso già in arresto cardiaco, dove, a seguito di una ecografia e poi di una TAC di conferma, veniva accertata la presenza di una rottura di un aneurisma addominale.
Il paziente però non poteva essere sottoposto ad immediato intervento chirurgico, in quanto in serata decedeva.
I figli e i nipoti del paziente adivano il Tribunale di Macerata per richiedere la condanna della struttura sanitaria al risarcimento dei danni subiti sia dal paziente direttamente, sia dagli stessi attori quali congiunti del paziente, ritenendo sussistente una responsabilità dell’ospedale per non aver eseguito i necessari esami ed accertamenti strumentali dai quali sarebbe stato possibile diagnosticare l’aneurisma già dal primo accesso al Pronto Soccorso con conseguente aumento delle possibilità di sopravvivenza del paziente pari al 40%.
La struttura sanitaria si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea, in quanto riteneva che gli approfondimenti di esami indicati dagli attori erano ingiustificati a fronte del quadro clinico iniziale che lamentava il paziente al momento in cui si era recato la prima volta al Pronto soccorso ed in quanto non vi era la prova che l’aneursima era già presente al primo accesso.  Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon

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La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.

 

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2. Le valutazioni del Tribunale


Preliminarmente il giudice ha ricordato che la natura della responsabilità della struttura sanitaria riveste carattere contrattuale. La stessa trova la sua fonte nel contratto atipico di spedalità, che si perfeziona al momento dell’accettazione del paziente presso la struttura sanitaria per l’esecuzione della prestazione medica. In virtù del predetto contratto di spedalità, la struttura sanitaria deve offrire al paziente un servizio che ingloba sia la prestazione medica principale, sia la salvaguardia e la protezione del paziente nel corso della sua permanenza presso la struttura sanitaria medesima.
La struttura sanitaria, inoltre, risponde dell’esecuzione della suddetta prestazione (principale ed accessoria) sia per quanto ad essa direttamente riferibile, sia per i fatti ascrivibili ai sanitari in essa operanti, anche se eventualmente non sono alle sue dipendenze.
Dalla natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria, deriva che il creditore paziente danneggiato ha l’onere di provare l’esistenza del contratto di spedalità e l’aggravamento della propria situazione patologia nonché il nesso di causalità tra detto aggravamento e la condotta attiva o omissiva dei sanitari. Invece, la struttura sanitaria debitrice ha l’onere di dimostrare che la prestazione professionale è stata eseguita in modo diligente e che gli esiti dannosi sono stati causati da un evento imprevedibile ed inevitabile con l’ordinaria diligenza.
La prova del nesso di causalità deve essere fornita applicando la c.d. regola del “più probabile che non”, secondo la quale l’evento dannoso è da considerarsi causato dalla condotta della struttura sanitaria convenuta nel caso in cui detto evento non si sarebbe verificato qualora la convenuta avesse tenuto regolarmente la condotta doverosa.
In secondo luogo, il giudice ha analizzato la tipologia di danni invocati dagli attori.
In particolare, gli attori hanno invocato il risarcimento del danno, subito dal paziente, per la perdita di chance di sopravvivenza di quest’ultimo nonché il danno, subito direttamente dagli attori, per la perdita della chance di mantenere il rapporto parentale con il proprio congiunto.
Con riferimento alla prima tipologia di danno, il giudice ha evidenziato come il danno da perdita di chance di sopravvivenza del paziente, sarà risarcibile qualora gli attori provino il nesso causale, secondo gli ordinari criteri civilistici (cioè del “più probabile che non”) tra la condotta dei sanitari e l’evento incerto (cioè la possibilità perduta di sopravvivere), nonché che detta chance avesse dimensione di apprezzabilità, serietà e consistenza.
Con riferimento alla seconda tipologia di danno, il giudice ha evidenziato che è ormai consolidato il riconoscimento del danno non patrimoniale derivante dalla perdita della chance di continuare a godere del rapporto parentale, in favore dei congiunti di persona che in conseguenza di un fatto illecito abbia subìto gravi lesioni o sia deceduta ovvero abbia perso la possibilità di sopravvivere, costituendo dato di comune esperienza che eventi di siffatta portata incidano sul diritto all’intangibilità della sfera degli affetti e sulla reciproca solidarietà familiare.
Infine, per quanto riguarda i soggetti legittimati ad ottenere il risarcimento di detto danno, il giudice ha precisato che i componenti della c.d. famiglia nucleare (cioè coniuge, figli, genitori e fratelli) devono senz’altro considerarsi aventi diritto al risarcimento. Invece, i parenti meno stretti (come nonni, nipoti, zii, cugini, suocero e nuora, cognati) devono offrire la prova della qualità e dell’intensità del rapporto affettivo con il parente, se vogliono ottenere il relativo risarcimento del danno.

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3. La decisione del Tribunale


Nel caso di specie, secondo il Tribunale, in consulenti d’ufficio hanno accertato che le condotte omissive dei sanitari dell’ospedale hanno impedito di diagnosticare tempestivamente la rottura dell’aorta addominale e che dette condotte imprudenti hanno fatto perdere al paziente le chance di sopravvivere nella misura del 40%.
Conseguentemente, il giudice ha liquidato a favore degli attori il danno subito dal proprio congiunto per la perdita del 40% delle possibilità di sopravvivere, quantificandolo in via equitativa attraverso il riconoscimento di un importo pari al 100% di danno biologico permanente (calcolato su una persona dell’età del paziente deceduto) e riducendolo al 40%, cioè alle chance di sopravvivenza perdute.
In secondo luogo, il giudice ha riconosciuto un danno da perdita delle chance di mantenere il rapporto parentale a tutti gli attori (quindi compresi i nipoti, in quanto le prove per testi hanno dimostrato la sussistenza di un rapporto affettivo con il paziente deceduto). Anche in questo caso, il giudice ha provveduto ad una liquidazione equitativa di detto danno, riducendo al 40% (corrispondente alle chance di sopravvivenza perdute dal congiunto) l’importo che sarebbe stato riconosciuto ad ogni singolo attore applicando i parametri previsti dalla apposita Tabella milanese.

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Avv. Muia’ Pier Paolo

Co-founder dello Studio Legale “MMP Legal”, svolge la professione di avvocato in Firenze, Prato e Pistoia, occupandosi in via principale con il suo staff di responsabilità professionale e civile; internet law, privacy e proprietà
intellettuale nonchè diritto tributario. …Continua a leggere

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