Assistenza dei familiari con disabilità: art. 24 della L. 183/2010 applicabile anche per il personale delle Forze Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco (Cons. Stato n. 1347/2013)

Redazione 05/03/13
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FATTO e DIRITTO

1.1.L’attuale appellante, Assistente della Polizia penitenziaria Salvatore B., in servizio presso la Casa Circondariale “******** e *******” di Torino, espone di aver presentato in data 10 giugno 2010 domanda di trasferimento alla Casa Circondariale di Enna al fine di poter assistere a’ sensi dell’art. 33 della L. 5 febbraio 1994 n. 102 la propria nonna convivente Rosolia B., nata il 16 gennaio 1926 ad Assoro (Enna) e già riconosciuta con verbale di visita medico-collegiale dd. 18 dicembre 2009 portartice di grave handicap per “sindrome di Alzaimer”.

Peraltro, con nota Prot. n. GDAP-0375176-2010-dd. 14 settembre 2010 il Direttore del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) ha respinto l’istanza del B., affermando nella specie “l’insussistenza del requisito dell’esclusività della prestazione assistenziale nei confronti del congiunto diversamente abile”.

Più in particolare, secondo il DAP “tale requisito non appar (iva) individuabile nel caso in esame in quanto l’oggettiva lontananza che intercorre tra la sede di servizio ed il domicilio del disabile è considerata ostativa sia in senso spaziale che in senso temporale con riguardo alla precisata continuità dell’assistenza. La norma in questione, infatti, ha come scopo quello di ampliare la sfera di tutela del portatore di handicap salvaguardo situazioni di assistenza in atto al fine di evitare rotture traumatiche e dannose della prestazione assistenziale. Da un attento esame degli atti prodotti il requisito dell’esclusività non sembra sussistere nel caso in esame, in quanto scarsamente documentato.; tale requisito è rilevato dall’Ufficio esaminante, dalle dichiarazioni dei parenti o affini entro il terzo grado del soggetto disabile, attestanti la loro indisponibilità a prestare la necessaria assistenza per motivi oggettivamente rilevanti”.

1.2. Con ricorso proposto sub R.G. 441 del 2011 innanzi al T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, il B. ha chiesto l’annullamento di tale provvedimento.

Peraltro, con sentenza n. 1092 dd. 4 febbraio 2011, resa a’ sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., la Sez. I-quater dell’adito T.A.R. ha respinto il ricorso del B., “Rilevato: che con il ricorso all’esame del Collegio si censura il provvedimento di diniego di trasferimento, ai sensi dell’art. 33 della L. 104 del 1992, fondato sull’asserita assenza dell’esclusività nell’assistente della persona affetta da grave handicap; che, posto che comunque, ratione temporis, alla specie si applica la disposizione vigente prima della modifica apportata dalla L. 24 novembre 2010 n. 183, deve puntualizzarsi che il requisito dell’esclusività non è venuto meno, per effetto di tale modifica; Ritenuto che il ricorso sia privo di fondamento, per quanto di seguito si evidenzierà; Considerato: che in proposito si condivide l’assunto dell’Amministrazione, secondo cui l’esclusività dell’assistenza, che è senz’altro necessaria, per accordare il trasferimento de quo, nel caso in esame sia mancante; che, infatti, oltre al ricorrente, vi sono numerosi altri parenti ed affini, addirittura entro il secondo grado, che non sono affatto impossibilitati ad assistere la Sig.ra **********, nonna del medesimo, non potendo costituire impedimento l’esercizio di un’attività lavorativa; Ritenuto: che, pertanto, correttamente sia stata contestata al ricorrente l’assenza dell’esclusività nell’assistenza per denegare il richiesto trasferimento; che la dedotta violazione dell’art. 10 bis della L. 7 agosto 1990 n. 241 e s.m.i. non valga a determinare l’annullamento del provvedimento gravato, atteso che, stante il difetto di tale requisito (in assenza di prova dell’impedimento di parenti ed affini ad assistere l’invalida), il contenuto di tale atto non sarebbe potuto essere differente; che conseguentemente il ricorso debba essere rigettato; che, stante una difesa non articolata da parte dell’Amministrazione resistente (solo costituzione formale), si ravvisino i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio, degli onorari di difesa e dei diritti”.

2.1. Con l’appello in epigrafe il B. chiede ora la riforma di tale sentenza, deducendo al riguardo con unico motivo l’avvenuta violazione o falsa applicazione dell’art. 33 della L. 104 del 1992 come modificato e integrato dalla L. 183 del 2010.

2.2. Si è costituito anche nel presente grado di giudizio il Ministero della Giustizia, concludendo per la reiezione dell’appello.

3. Alla pubblica udienza del 6 novembre 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4.1. Tutto ciò premesso, l’appello del B. va accolto.

4.2. Questa Sezione ha già avuto modo di rilevare (cfr., ad es., la sentenza n. 4047 dd. 9 luglio 2012) che l’art. 24 della predetta L. 183 del 2010 ha sostituito il comma 3 (permessi mensili retribuiti) ed il comma 5 (scelta della sede) dell’art. 33 della L. 104 del 1992 eliminando i previgenti requisiti della c.d. “continuità” e dell’”esclusività” nell’assistenza quali necessari presupposti per la concessione del beneficio del trasferimento nella sede di servizio compatibile con la prestazione dell’assistenza medesima.

Non va invero sottaciuto che l’art. 19 della stessa L. 183 del 2010, recante come rubrica “Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, ha anche disposto che: “…1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze Armate, delle Forze di polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti. 2. La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie”.

Secondo una pregressa esegesi fornita dalla Sezione e che pone l’accento sull’ampia accezione dei “contenuti del rapporto di impiego” ivi richiamati, sulla “peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali” che interessano il personale delle Forze Armate e di Polizia in ragione dei propri peculiari compiti istituzionali, la successiva disciplina attuativa costituisce un passaggio necessario, in mancanza del quale le disposizioni di dettaglio dettate per la generalità dei dipendenti non possono trovare immediata applicazione.

L’assunto, seppur fondato su considerazioni stimolate dalla particolare tecnica legislativa che nel riconoscere la “specialità” sembra introdurre motivi di deroga all’ordinario regime nel frattempo innovato per gli altri dipendenti, merita peraltro di essere parzialmente riconsiderato per diversi ordini di ragioni, primo dei quali è senza dubbio il carattere programmatico della disciplina testè riportata.

Nella sua prima parte la disciplina medesima reca infatti principi ed indirizzi, enucleabili, quanto ai principi, nella specificità delle Forze Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco nel quadro della generale disciplina del rapporto di impiego (in tutti i suoi aspetti: ordinamentale, economico, previdenziale etc.); quanto agli indirizzi, nell’esigenza di dare rilievo ai peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti, ed ai correlati impieghi in attività usuranti.

Nella sua seconda parte la disciplina stessa demanda ad altra e successiva fonte, di pari grado, l’attuazione ai principi ora riferiti.

Tale formulazione delle disposizioni normative in esame non è in generale idonea a giustificare l’inoperatività relativa della fonte nel cui contesto la norma è inserita, non foss’altro perché essa non contiene nessuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi piuttosto all’interprete come un autonomo articolato, fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego delle Forze Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco.

Né la disciplina in esame può essere considerata quale implicita disposizione transitoria che mantiene inalterata, nei confronti delle Forze Armate, tutta la disciplina previgente – ivi dunque compresi i benefici della L.104 del 1992 – in attesa di una valutazione di adeguatezza da parte del legislatore “speciale” e ciò in considerazione della dirimente circostanza per la quale, anche a prescindere da quanto ora chiarito circa la natura palesemente programmatica della disciplina in esame, l’ultravigenza di disposizioni normative espressamente sostituite nella disciplina generale dell’istituto necessita comunque di una chiara indicazione legislativa che ne proroghi temporalmente o soggettivamente l’efficacia, e ciò in deroga al principio per il quale la sostituzione presuppone in via generale una implicita abrogazione della norma sostituita.

Anche a prescindere pertanto – da tali considerazioni di fondo, in ogni caso si ricava dalla lettura della disciplina testè riportata che la norma speciale a preteso effetto “inibitorio” non fa specifico riferimento alle agevolazioni finalizzate all’assistenza dei familiari con disabilità grave: e ciò con riguardo alla collocazione – per così dire – “topografica” della norma medesima nell’ambito della fonte: essa è infatti dettata dal legislatore a coronamento di una serie di norme che hanno ad oggetto esclusivamente il rapporto di lavoro (lavori usuranti, lavoro sommerso, orario di lavoro, mobilità, part time etc.), ma è comunque collocata prima dell’art. 24 che segnatamente interviene a modificare la disciplina dettata dalla legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, con ciò lasciando intendere che la materia è oggetto di considerazione autonoma e trasversale che attiene a problematiche di carattere sociale più ampio.

L’insieme di tali notazioni testuali e sistematiche inducono conclusivamente a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni, con la conseguenza che sino a quando la disciplina attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco.

Ciò – beninteso – non significa che l’art. 19 sia un mero “manifesto” privo di valenza normativa, ove si consideri che, come innanzi chiarito, esso detta chiaramente un principio di specialità che vincola l’interprete e ne spiega le ragioni che lo ispirano, sì da porsi quale guida esegetica nell’applicazione di questioni dubbie o nella risoluzione di conflitti fra norme.

4.2. Va anche soggiunto che – diversamente da quanto affermato dal giudice di primo grado – la sopravvenuta novellazione dell’art. 33 della L. 104 del 1992 va applicata anche al caso del B., posto che all’epoca dell’adozione del provvedimento impugnato lo ius novum era già vigente, con la conseguenza che l’Amministrazione era per certo vincolata alla sua osservanza agli effetti della definizione del relativo procedimento, non influendo per certo sull’esito dello stesso la circostanza che esso era iniziato nella vigenza dello ius vetus.

5. L’appello è in conclusione accolto, con conseguente riforma della sentenza resa dal T.A.R. e annullamento del provvedimento impugnato con il ricorso proposto in primo grado.

Restano salve, naturalmente, le ulteriori determinazioni che l’Amministrazione dovrà adottare in sede di riesame dell’istanza di trasferimento.

Le spese e gli onorari di entrambi i gradi di giudizio possono essere peraltro integralmente compensati tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e – per l’effetto – in riforma della sentenza impugnata accoglie il ricorso proposto in primo grado e annulla il provvedimento con esso impugnato, salve restando le ulteriori determinazioni di competenza dell’Amministrazione intimata.

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari di entrambi i gradi di giudizio.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2012

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