Corte di Cassazione Penale sez. IV 27/2/1997 n. 1899

Redazione 27/02/97
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Configura il reato di interruzione di un servizio pubblico il comportamento di chi faccia uso intermittente dei dispositivi di illuminazione del proprio automezzo al fine di segnalare ai veicoli provenienti dalla direzione opposta la presenza di un posto di blocco delle forze dell’ordine, ove tale comportamento derivi un turbamento per la regolarità del servizio di controllo sulla strada.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Pisa richiedeva al Gip di emettere decreto penale di condanna nei confronti di M****************per il reato di cui all’art. 340 c.p. perché, mentre si trovava il 9 marzo 1995 in La Terza di Terricciola, alla guida, dell’autovettura Lancia Thema targata PI 612480, aveva fatto uso intermittente dei dispositivi di illuminazione al fine di segnalare ai veicoli provenienti, dalla direzione opposta di marcia la presenza di un posto di blocco dei Carabinieri, così turbando la regolarità di un pubblico servizio.
Con sentenza in data 19 giugno 1996, il Gip dichiarava non doversi procedere nei confronti del Pigliaru perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Osserva il Gip che l’uso improprio dei proiettori di profondità era sanzionato in via amministrativa dall’art. 153, comma 11, del codice della strada, e che tale disposizione, per il principio della specialità previsto dall’art. 9 della Legge 24 novembre 1981, n. 689, doveva applicarsi in luogo della norma penale di cui all’art. 340 c.p.. Il comportamento contestato all’imputato era, invero, solo potenzialmente in grado di turbare l’espletamento del servizio di controllo sulle strade, e anzi non vi era alcuna oggettiva capacità di realizzare concretamente, con il solo uso intermittente dei proiettori, il risultato illecito sanzionato dalla norma penale. E proprio per l’oggettiva impossibilità di collegare alla condotta scorretta nell’uso dei proiettori l’evento giuridico del turbamento del pubblico servizio, il legislatore aveva previsto per detta condotta solo una sanzione amministrativa.
2. Avverso la sentenza del Gip ha proposto ricorso per Cassazione il P.M. deducendo la violazione delle norme di cui agli artt. 340 c.p., 459 comma 3° e 129 c.p.p.. Sostiene il ricorrente che la condotta contestata al Pigliaru rientra nella previsione di cui all’art. 340 c.p. in quanto la questione se nel caso concreto sia stato realizzato o meno l’evento di tale reato attiene alle prove e quindi può essere valutata solo all’esito dell’istruttoria dibattimentale dopo l’escussione dei testimoni presenti al fatto. Il P.M., chiede, pertanto di annullare la sentenza impugnata, con le conseguenti statuazioni.
3. Il ricorso è fondato. In tema di concorso di norme penali ed amministrative è possibile applicare, in base all’art. 9 della legge 689/81 il principio di specialità soltanto se il concorso medesimo sia apparente e non formale (Cass. m. 10780 del 27.7.1990). Ora l’art. 153 comma 1° del Codice della strada non può ritenersi norma speciale rispetto all’art. 340 c.p. essendo assente nella prima disposizione dell’interruzione o turbamento di un pubblico servizio che costituisce elemento oggettivo della seconda. Nessun rapporto di genere e specie può ravvisarsi quindi tra le due norme, trattandosi invece di un concorso formale ed effettivo e non soltanto apparente di esso.
Che poi la condotta del Pigliaru fosse nel caso di specie solo potenzialmente in grado di turbare l’espletamento del servizio di controllo sulla strada effettuato dai carabinieri e che in concreto non abbia avuto tale effetto, è, cime esattamente rilevato dal ricorrente, questione di prova ma non dimostra affatto l’esistenza del principio di specialità invocato dal pretore. La sentenza impugnata va pertanto annullata, con rinvio agli atti alla Corte di appello di Firenze per una nuova deliberazione in ordine al rinvio a giudizio di Pigliaru.
(Omissi********>

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