Consiglio di Stato sez. VI 13/5/2008 n. 2231; Pres. Barbagallo G.

Redazione 13/05/08
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Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con il ricorso di primo grado, è stato chiesto dagli odierni appellati l’annullamento del decreto Direttore generale USR Campania n. 3444/P del 24.10.2006 con cui era stata pubblicata la graduatoria relativa alla procedura selettiva per la copertura di 125 posti per il passaggio nell’area B posizione economica B3, profilo professionale collaboratore amministrativo;di ogni altro provvedimento precedente, preordinato, connesso o conseguente

Il Tar Campania ha accolto il ricorso rilevando che, da un canto, sussisteva nel caso di specie la Giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo, atteso che "il concorso interno per il passaggio dalle posizioni B1 e B2 alla posizione B3, dunque, non si risolve in una mera progressione orizzontale all’interno della medesima area funzionale, ma rappresenta il passaggio da un’area funzionale all’altra, costituendo una progressione di tipo verticale. Conseguentemente, ogni controversia inerente lo stesso radica la giurisdizione del giudice amministrativo".

Ha poi nel merito accolto il ricorso, ritenendo "assorbente la censura, secondo la quale illegittimamente l’Amministrazione ha omesso di comunicare, ai ricorrenti, l’avvio del procedimento, volto all’adozione della rettifica della graduatoria in virtù della quale era stato disposto il loro superiore inquadramento.".

L’amministrazione appellante – originaria resistente in primo gradoha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe, sotto entrambi i versanti motivazionali suindicati chiedendo che venisse dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in subiecta materia ed osservando poi, nel merito, che i provvedimenti impugnati si erano resi necessari al fine di ottemperare a provvedimenti giurisdizionali resi dal giudice ordinario: ricorreva pertanto l’ipotesi dell’atto dovuto, in ordine al quale non era necessaria l’osservanza dell’incombente procedimentale di cui all’art. 7 della legge n. 241/1990.

Le parti appellate non si sono costituite nell’odierno giudizio d’appello.

DIRITTO

Stante la completezza del contraddittorio e la mancata opposizione delle parti presenti la causa può essere decisa nel merito, tenuto conto della palese fondatezza dell’appello, con riferimento alla doglianza ivi prospettata concernente l’assenza di giurisdizione del giudice amministrativo in sebiecta materia.

Invero la ricostruzione dell’evoluzione giurisprudenziale in materia contenuta nell’appellata sentenza non tiene conto dell’orientamento della Suprema Corte di Cassazione, seguita dalla Sezione in ordine alla individuazione del giudice fornito del potere di decidere la controversia a tenore del quale "Alla luce della giurisprudenza costituzionale in tema di obbligatorietà del concorso pubblico (ordinanza n. 2 del 2001), l’art. 63 del d.lg. n. 165 del 2001 va inteso nel senso che la giurisdizione del g.a. non solo sussiste per le controversie relative a concorsi aperti a candidati esterni, ma si estende ai concorsi per soli candidati interni indetti per il passaggio da un’area funzionale ad un’altra, spettando poi al giudice munito di giurisdizione la verifica della legittimità dell’esclusione o dell’apertura del concorso all’esterno. Ne consegue che la giurisdizione del g.o. assume in tale ambito carattere residuale, limitata ai concorsi per soli interni che comportino progressioni professionali nell’ambito della medesima area, senza alcuna "novazione" dei relativi rapporti di lavoro." (ancora di recente,Cassazione civile, sez. un., 12 luglio 2007, n. 15588).

Già nel recente passato, peraltro, la Corte regolatrice della giurisdizione aveva affermato – sostanzialmente postulando la neutralità del dato concernente la differenziazione economica, al fine di determinare a quale plesso Giurisdizionale pertenga la cognizione di siffatte controversieche "In tema di lavoro pubblico contrattualizzato, l’art. 63, comma 4, del d.lg. n. 165 del 2001, allorquando riserva alla giurisdizione del g.a. "le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", pone riferimento non solo alle procedure concorsuali strumentali alla costituzione per la prima volta del rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive dirette a consentire l’accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore; pertanto, alla stregua di questo presupposto, deve ritenersi che le procedure che permettono il passaggio da un’area inferiore a quella superiore integrano un vero e proprio concorso – tale essendo anche la prova che viene denominata "selettiva" – qualunque sia l’oggetto delle prove che i candidati sono chiamati a sostenere; diversamente, la controversia (come nella specie) che attiene ad una selezione-concorso che comporta il passaggio (a soli fini economici) da una qualifica ad un’altra nell’ambito della stessa area resta devoluta alla giurisdizione del g.o.." (Cassazione civile , sez. un., 08 maggio 2007, n. 103749).

Nel caso di specie, per tabulas, la selezione comportava una progressione all’interno della medesima area, con incremento economico, dal che discende che la giurisdizione pertiene al giudice ordinario.

4. Occorre a questo punto verificare quali provvedimenti la Sezione debba adottare per dare attuazione al principio – affermato, sia pure sulla base di percorsi argomentativi in parte divergenti, tanto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (22 febbraio 2007, n. 4109) tanto dalla Corte costituzionale (12 marzo 2007, n. 77) – secondo il quale, allorquando un giudice declini al propria giurisdizione affermando quella di un altro giudice, il processo può proseguire innanzi al giudice fornito di giurisdizione e rimangono salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta davanti al giudice giurisdizionalmente incompetente.

4.1. In attesa dell’intervento legislativo auspicato dalla Corte costituzionale, il Collegio ritiene che per dare attuazione al principio enunciato dalle sopra indicate sentenze sia necessario:

a) rimettere le parti davanti al Giudice ordinario affinché dia luogo al processo di merito: tale rimessione, invero, da un lato, evita "l’inaccettabile conseguenza di un processo, che si debba concludere con una sentenza che confermi soltanto la giurisdizione del giudice adito senza decidere sull’esistenza o meno della pretesa" (Cass. sez. un. n. 4109/2007), e, dall’altro, è funzionale alla riconosciuta esigenza di far salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda;

b) precisare, comunque, che sono salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda: a tale precisazione da parte di questo Giudice non osta, infatti, la circostanza che sarà poi il Giudice ad quem a dover fare applicazione del principio della salvezza degli effetti. Del resto, è la stessa sentenza della Corte costituzionale n. 77/2007, a confermare implicitamente che la dichiarazione della salvezza degli effetti non è prerogativa esclusiva del Giudice ad quem, perché, altrimenti, la questione di costituzionalità dell’art. 30 L. n. 1034/1971 (e cioè di una norma che trova applicazione nel processo amministrativo) avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza. La Corte costituzionale, invece, ha dichiarato illegittima tale norma nella parte in cui non prevede che "gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito di declinatoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione". In tal modo la Corte sembra riconoscere che quella relativa alla conservazione degli effetti della domanda è una questione che rileva, in primo luogo, davanti al giudice che declina la giurisdizione;

c) infine, onde, evitare l’inconveniente, evidenziato in dottrina, di una azione sospesa sine die, e come tale sine die nella disponibilità assoluta di una delle parti, insieme alla precisazione della salvezza degli effetti, fissare un termine entro cui tale salvezza opera (il che conferma ulteriormente che la sentenza che declina la giurisdizione debba contenere la dichiarazione della salvezza degli effetti, anche al fine di delimitarne la durata).

4.2. Ai fini dell’individuazione di tale termine può essere applicato analogicamente, come hanno già affermato alcune sentenze di primo grado – seguendo le indicazioni fornite da autorevole dottrina – l’art. 50 c.p.c., anche perché, con l’affermazione del principio della translatio anche tra diverse giurisdizioni (e non sono tra diversi giudici appartenenti allo stresso plesso giurisdizionale), il difetto di giurisdizione diventa per molti aspetti analogo al difetto di competenza del giudice adito.

L’art. 50 c.p.c. prevede che sia lo stesso giudice che si dichiara incompetente a fissare il termine per la riassunzione davanti al giudice ritenuto competente; in mancanza di tale indicazione, il termine per la riassunzione è di sei mesi dalla comunicazione della sentenza.

Il Collegio, applicando tale norma, fissa il termine per la riassunzione davanti al giudice ordinario – termine fino alla scadenza del quale saranno salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda – in sei mesi decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione.

5. Alla luce delle considerazioni che precedono, la sentenza di primo grado deve essere annullata per difetto di giurisdizione, con rinvio davanti al giudice ordinario perché dia luogo al giudizio di merito.

Sono dichiarati salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda e si fissa il termine di sei mesi dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione, per la riassunzione davanti al giudice ordinario.

6. Le spese del giudizio possono essere compensate, sussistendo per ciò giusti motivi, tenuto conto delle oscillazioni della giurisprudenza sulla questione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione VI, annulla per difetto di giurisdizione la sentenza di primo grado. Rimette le parti davanti al giudice ordinario perché dia vita al giudizio di merito, fissando per la riassunzione il termine di mesi sei dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione.

Spese del giudizio compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Redazione