Maternità surrogata: diritto alla procreazione, interesse superiore del minore e principi costituzionali

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Introduzione

Il progresso scientifico e la correlata evoluzione della tecnica in campo medico hanno permesso il superamento di patologie che si credevano incurabili: mentre si abbattevano ostacoli biologici, correlativamente subivano una progressiva erosione solide convinzioni di natura morale ed ideologica.
Le sempre più sconfinate possibilità di intervento della medicina sulla realtà biologica hanno determinato, nell’ultimo quarantennio, una vera e propria rivoluzione dei concetti normativi, dei comportamenti e delle consuetudini all’interno della sfera sociale, nonché dei principi morali di ciascuno.
Le tradizionali categorie giuridiche rischiano costantemente di apparire inadeguate di fronte al desiderio dell’individuo che, proprio in ragione del processo di tecnologizzazione in ambito medico, si convince sempre di più che la definizione di se stesso possa anche trascendere i propri limiti fisici.

Maternità surrogata e valori costituzionali

All’interno di questa cornice un ruolo particolare lo assume la maternità surrogata, per cui il superamento di un impedimento fisico non è solamente auspicabile, ma è addirittura necessario e connaturato all’idea stessa della procreazione mediante l’ausilio di un terzo.
Le possibilità procreative per mezzo di un soggetto “estraneo” suscitano certamente dilemmi morali all’interno delle sfera privata del soggetto, che dipendono dal modo in cui la donna sceglie di vivere la propria affettività e sessualità, oltre che dal suo istintivo desiderio di cercare di trovare una soluzione efficace alla propria sterilità(1) . Tali dilemmi non si esauriscono nell’intimità del soggetto ed assumono tinte ancora più forti proprio nel momento in cui si imbattono non solo in altri interessi (primi fra tutti quelli del nascituro)(2) , ma soprattutto quando devono misurarsi con i principi fondamentali dell’ordinamento, tra i cui fini rientra proprio il contemperamento ed il bilanciamento delle varie opzioni morali.
Tenuto conto che i casi di “gestazione per altri” sono diversi, probabilmente differenti saranno le sfumature dei profili etici e morali coinvolti.

Tipi di maternità surrogata

Tra le diverse definizioni di maternità surrogata una delle più efficaci risulta quella che la identifica come una forma di integrazione biologica della donna sterile e che consiste nell’intervento di una volontaria, estranea alla coppia, nel processo procreativo. Essa determina quindi una nuova forma di fecondazione artificiale eterologa(3) .
La donna, per soddisfare delle esigenze di genitorialità altrui, dietro il pagamento di un corrispettivo, o a titolo gratuito(4) , «contrattualmente noleggia […] il proprio utero ad una coppia di coniugi impossibilitata ad avere figli per sterilità della partner, impegnandosi a farsi fecondare artificialmente con il seme del marito di quest’ultima, a condurre a termine la gravidanza, nel rispetto di determinate norme di comportamento, ed a consegnare alla predetta coppia di coniugi committente il figlio così concepito, rinunciando ad ogni diritto su esso»(5) .
A fini chiarificatori è utile inoltre distinguere tra gestazione per altri (GPA) tradizionale e gestazione per altri di tipo gestazionale. Nel primo caso viene fecondato l’ovocita della madre biologica con lo sperma del padre biologico, mentre il secondo contempla, a sua volta, quattro fattispecie. Nella prima, la madre biologica sviluppa la gravidanza di un embrione fecondato, del quale i genitori intenzionali sono anche i genitori genetici; nella seconda, nella madre biologica viene impiantato l’ovulo di una terza donna, fecondato con lo sperma del solo padre genetico e intenzionale. La madre intenzionale avrà solo un legame sociale; nella terza, nella madre biologica viene impiantato l’ovulo della madre genetica e intenzionale, fecondato con lo sperma di un secondo uomo. Il padre intenzionale avrà solo un legame sociale; infine, nella quarte e ultima fattispecie la madre biologica porta avanti una gravidanza con l’ovulo di una terza donna, fecondato con lo sperma di un secondo uomo. Entrambi i genitori avranno solo un legame sociale(6) .

Favorevoli e contrari: lo spettro degli argomenti

Alla complessità di ciascuna possibilità procreativa si aggiunga un altro fattore che rende ancora più problematica la discussione, ossia il fatto che, all’interno del dibattito contemporaneo, i diversi “schieramenti” potrebbero essere più preoccupati dal difendere in maniera oltranzista una specifica posizione, cioè per ragioni ideologiche, piuttosto che dal manifestare un serio interesse diretto a comprendere se la propria opzione sia quella maggiormente in linea con i principi fondativi dell’ordinamento costituzionale.
Senza alcuna pretesa di esaustività, ma col principale scopo di cercare di comprende quale sia il terreno sul quale si sviluppa la discussione in materia, si riportano di seguito due posizioni contrapposte, che segnano proprio gli estremi del dibattito sulla maternità surrogata.
Per un verso abbiamo chi ha cura di difendere, prima di ogni altra cosa, la libertà della donna di decidere cosa fare del proprio corpo.
Chi adotta questa linea assume una posizione che per grandi linee può essere definita “femminista”(7) . Essa presenta, quale primo grande limite, quello di trascurare, o comunque di porre in secondo piano, gli interessi e i diritti del nascituro.
La legittima aspirazione di superare la propria sterilità dovrebbe infatti sempre considerare che esiste la possibilità di violare il diritto fondamentale del minore a nascere sano(8) , a sua volta fortemente connesso alla dignità dell’individuo.
Sul versante opposto si schierano coloro che, per preservare il “diritto sacro alla vita”(9) , ritengono che la maternità surrogata sia inimmaginabile, se non addirittura un vero e proprio abominio, poiché violerebbe il diritto “naturale” per eccellenza. Anche qualora volessimo dar per buone le ragioni sottese a tale tipo di impostazione, non potremmo non rilevare che essa tende a pregiudicare in maniera decisiva il diritto della donna di determinare in maniera libera le proprie scelte.
Si tenga in conto anche un altro elemento. Dal momento che nella società contemporanea il ricorso alla maternità surrogata proviene anche da soggetti che prima dell’intervento della tecnica erano esclusi da qualsiasi ipotesi procreativa (coppie omosessuali e single), i sostenitori di quest’ultima posizione conservatrice sono generalmente preoccupati anche dal fatto che la lenta modificazione dei nuclei familiari possa portare ad una progressiva erosione del modello di famiglia “tradizionale”(10) . È in ragione di ciò che bisogna considerare che «il diritto dovrebbe assicurare che ciò che le nuove tecnologie rendono possibile non comporti danni fondamentali, alterando l’equilibrio tra biologia, sociologia e simbolismo applicati ad un’immagine di famiglia in evoluzione» (11).

Riflessioni conclusive

Alla luce delle diverse declinazioni che il problema può assumere, a seconda di quale tipo di fattispecie si voglia prendere in esame, e tenuto conto delle diverse sfumature ideologiche che possono essere coinvolte, la prima cosa da fare è evitare di provare a risolvere dilemmi che non potranno mai avere una risposta univoca. Vano sarà perciò il tentativo di accordare alla maternità surrogata un certo significato del concetto di “naturale”, dato che, proprio in ragione dello sviluppo scientifico, è impossibile scovare il confine che dovrebbe esserci tra procreazione naturale e sua derivazione tecnologica.
Altrettanto fallace sarebbe il tentativo di trovare risposta al quesito “esiste, sul tema, una posizione moralmente universalmente accettabile?”.
L’unico ragionamento che possa soppesare le ragioni, i valori e gli interessi, sembra essere dunque quello che si propone di individuare una risoluzione soddisfacente alla seguente domanda: “in che misura una specifica posizione è in grado di rispettare i valori costituzionali?”.
In altri termini nessuna discussione è possibile se non si tiene in debito conto la costatazione che le riflessioni di fondo che accompagnano lo studio della maternità surrogata sono riconducibili ad un unico grande dilemma: fino a che punto può spingersi la tutela dell’autonomia e dell’autodeterminazione della donna senza che ciò contrasti con altri principi cardine della comunità democratica quali, fra tutti, la tutela della salute e il rispetto della dignità umana ?(12)
Non si può, seguendo una posizione preconcetta, ritenere che il diritto alla procreazione sia in assoluto preminente rispetto alla salute e all’interesse del nascituro. Così come, di contro, la donna non può essere considerata solamente un tramite, una sorta di contenitore, che soddisfi le esigenze di maternità e paternità altrui.
L’assenza di una disciplina in Italia deriva anche dall’ardua commisurazione dei numerosi interessi coinvolti e l’unica strada percorribile è quella che parte dal rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento democratico. L’assetto valoriale della costituzione deve essere quindi il punto di partenza per una normativa in materia, che sembra non più differibile, e ciò poiché solo la Costituzione, all’interno di un contesto plurale come quello contemporaneo, può essere la guida che non dia soluzioni predeterminate, ma che soppesi di volta in volta le ragioni e gli interessi in campo.

Note

 

(1)Il concetto di “sterilità” riguarda le coppie che non ottengono un concepimento dopo almeno 12 mesi di rapporti non protetti. Alcuni studiosi fanno riferimento ad un arco temporale di 12 mesi. Ciò è quanto osservato, tra gli altri, da M. Guida, Gli aspetti bio-medici della riproduzione umana medicalmente assistita come base per le riflessioni bio-etiche, in Il bambino che viene dal freddo, (a cura di A. Nunziante Cesaro), FrancoAngeli, Milano 2000, pp. 19-30. Si evidenzia come la sterilità debba esser tenuta distinta dalla “infertilità”, ossia dalla incapacità della madre di portare a termine una gravidanza, anche successivamente all’avvenuto concepimento, fino all’epoca in cui è garantita la vitalità del feto. Cfr. C. Flamigni, Il libro della procreazione, Mondadori, Milano 1998.
(2)Sullo status del minore nato a seguito di procreazione artificiale si veda, tra gli altri, C. Lega, Manuale di bioetica e deontologia medica, Giuffrè, Milano, in particolare pp. 180-181.
(3)Cfr. G. Cassano, Maternità «surrogata»: contratto, negozio giuridico, accordo di solidarietà?, in FD, n. 2, p. 164.
(4)Enormi implicazioni di ordine morale derivano soprattutto dalla maternità surrogata a titolo oneroso, maggiormente problematica rispetto alla sua forma gratuita. Per ciò che concerne in particolar modo il contratto di surrogazione si rimanda a A.B. Faraoni, La maternità surrogata, Giuffrè, Milano 2002, in particolare pp. 163-395
(5)G. Milani, La madre su commissione. Problemi giuridici, in GC, II, 316.
(6)Cfr. S. Pozzolo, Nuove tecnologie riproduttive: fra liberazione e nuove forme di patriarcato, in Diritto e questioni pubbliche, XVI-2016/2, pp. 53-65.
(7)Sulla centralità della figura femminile, nonché sulla risposta femminista al tema della maternità surrogata si veda C. Shalev, Nascere per contratto, Giuffrè, Milano 2002, in particolare pp. 149-168.
La situazione giuridica soggettiva del nascituro integrerebbe un vero e proprio diritto teso a tutelarne l’integrità psico-fisica e quindi la salute. In tal senso si veda A.R. Venneri, Diritto del nascituro a nascere sano, in Rass. dir. civ. comm., 1994, fasc. 4.
(8)In particolare, secondo una prospettiva cattolica, la procreazione artificiale si sostituisce all’atto coniugale e, quindi, depersonalizza la funzione generativa umana. In argomento si veda E. Sgreccia, M.L. Di Pietro, Manipolazioni genetiche e procreazione artificiale: orientamenti giuridici e considerazioni etiche, in DFP, II, 1351.
(9)È innegabile che la maternità surrogata abbia contribuito in maniera decisiva alla scissione di due elementi che in passato erano considerati strettamente connessi tra di loro, ossia la sessualità e la procreazione. Tale scindibilità ha avuto inevitabilmente riflessi sui costumi sessuali, familiari e sociali e ciò, a sua volta, ha determinato un processo di normativizzazione di cambiamenti inizialmente avvenuti, per l’appunto, in sede sociale. Sul punto si vedano G. Baldini, Considerazioni su paternità biologica e sociale nell’ambito della procreazione artificiale, in RaDC, 1, p. 344 e P. Vercellone, La fecondazione artificiale, in Trattato Vassalli di diritto civile, III, 309 e ss.
(10)C. Byk, Regole per la procreazione, in Una norma giuridica per la bioetica, (a cura di Mazzoni C.M), Il mulino, Bologna, 1998, p. 1994.
(11)Per quanto concerne i principi costituzionali, anche nel nostro paese rileva, in primo luogo, proprio la tutela alla dignità dell’uomo, come più generale espressione della garanzia di inviolabilità dei diritti inviolabili, fondamento della personalità individuale e della partecipazione alla comunità (art. 2 Cost.). Il rispetto dell’interesse superiore del figlio alla salute è da ricondurre (sul punto si veda M. Dogliotti, Inseminazione artificiale, diritti del minore e suggestioni paternalistiche, in FD, 300.) oltre che all’articolo 32 della carta fondamentale, anche al combinato degli artt. 29, 30 e 31 che riguardano le condizioni per la configurazione del rapporto tra figli e genitori.

Dott. Valia Ivan

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