L’incidenza del regime di trasparenza fiscale sull’accertamento definitivo della società di persone

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Le società di persone residenti

Le società di persone residenti, com’è noto, non rientrano tra i soggetti passivi né ai fini Irpef né ai fini Ires, in quanto per esse l’art. 5, c.1, del T.U.I.R., ha espressamente disposto il principio della “trasparenza fiscale”. Precisamente, attraverso una fictio iuris, il reddito o la perdita della società è imputato ai singoli soci, proporzionalmente alle quote di partecipazione, indipendentemente dalla effettiva percezione. Si spiega questa soluzione osservando che il reddito della società può considerarsi immediatamente posseduto dai soci anche prima della formale distribuzione e questa immedesimazione dei soci nella società implica una divaricazione nella titolarità degli obblighi e diritti tributari di natura formale e sostanziale in capo ai soggetti coinvolti[1].

La questione posta in questa sede verte sulla possibilità per il socio di una società di persona di contestare, in sede di ricorso contro un avviso di accertamento in rettifica del suo reddito da partecipazione alla società, anche l’accertamento in rettifica del reddito della società ormai definitivo per mancata impugnazione[2].

Il dibattito in seno alla giurisprudenza

Il tema è stato oggetto di un lungo dibattito, sia tra le corti di legittimità e di merito, sia tra gli studiosi della materia[3]. In estrema sintesi, ripercorrendo l’evoluzione giurisprudenziale, basterà ricordare che secondo l’indirizzo risalente della giurisprudenza di legittimità, successivo ad un intervento della Corte Costituzionale[4], «deve ritenersi sempre consentita al socio», allorché gli sia notificato l’avviso di rettifica del suo reddito personale, «la possibilità di tutelare i propri diritti nel modo più pieno e, quindi, anche contestando nel merito l’accertamento del suo reddito di partecipazione, a nulla rilevando che nel frattempo l’accertamento del reddito societario sia divenuto definitivo»[5].

L’orientamento che ha contrassegnato successivamente l’evoluzione giurisprudenziale, muove dall’intervento delle Sezioni Unite del 04 giugno de 2008, n. 14815, con il quale, risolvendo un contrasto interpretativo, la Suprema Corte ha osservato che l’unitarietà dell’accertamento, che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di cui all’art. 5 del TUIR e dei soci delle stesse (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40) e l’automatica imputazione dei redditi della società a ciascun socio proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso proposto da uno dei soci o dalla società, anche avverso un solo avviso di rettifica, riguarda inscindibilmente la società ed i soci (salvo che questi prospettino questioni personali), i quali tutti devono essere parte nello stesso processo.

La controversia, quindi, non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto dei soci, perchè non ha ad oggetto la singola posizione debitoria del singolo, bensì «la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto all’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, cioè gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione» (art. 14, c.1, del D.Lgs. n. 546 del 1992)[6]; ovvero, si è in presenza di una fattispecie di litisconsorzio necessario originario[7].

La decisione

Nella sentenza della Corte di Cassazione del 30 luglio 2014, n. 17360, si è altresì osservato che l’avviso di accertamento del reddito di società di persone, pur se divenuto ed irretrattabile per mancanza di impugnazione da parte di quest’ultima, non può considerarsi definitivo in pregiudizio dei soci ai quali l’atto non è stato notificato.

Un ulteriore approdo in questa direzione si riscontra anche nella giurisprudenza di merito. Nella sentenza della CTR della Campania del 24 settembre 2015, n. 8442, ad esempio, il collegio è giunto a ritenere che laddove il socio riceva un accertamento personale, recante la tassazione per trasparenza dei redditi accertati in capo alla società di persone, costui può sempre tutelare la propria posizione contestando, nel merito, i rilievi della maggiore imposta addebitata alla società, anche nel caso in cui l’accertamento societario sia divenuto definitivo per mancata impugnazione[8].

La definitività dell’accertamento societario, quindi, non implica la cristallizzazione della pretesa impositiva in capo al socio.  Spingendosi oltre – ma si tratta, per ovvie ragioni, di riflessioni che richiederebbero maggiori approfondimenti – si potrebbe giungere a ritenere che la peculiare disciplina della trasparenza fiscale che implica l’immedesimazione dei soci nella società e determina il superamento del c.d. “schermo societario”, consentirebbe al socio, attraverso l’impugnazione dell’atto individuale, di contestare anche l’accertamento societario, originariamente non impugnato, e divenuto solo apparentemente “definitivo”.

 

[1] Cfr., ad esempio, F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, parte speciale, 2, Milano, 2012,  23 ss; G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, parte speciale, Padova, 2014, 96 ss; S. La Rosa, Principi di diritto tributario, Torino, 2016, 49 ss.

[2] Non si può in questa sede fornire una risposta compiuta al quesito, pertanto ci si limiterà a qualche spunto di riflessione.

[3] In dottrina, per un primo commento, si vedano L. Lacone, Accertamento definitivo della società di persone, Azienda & Fisco,  n. 12,  2014,54 ss.; A. Carinci, L’accertamento nel regime di trasparenza delle società: responsabilità, garanzie e tutele per la società e per i soci , Rass. Trib., 1, 2006, 171 ss; L. Bracchitta – G. Di Sera, Avviso di accertamento e contestazione nel merito, Azienda & Fisco,1, 2003, 36 ss.

[4] Corte Cost., 12 aprile 1989, n. 184; cfr. ID, ordinanza, 29 gennaio 1998, n. 5

[5] Cass., 27 gennaio 2001, n. 1184; Cass., 2 febbraio 2001, n. 1946; Cass. n. 12376 del 22 agosto 2002.

[6] In tal senso, Cass. nn. n. 11459 del 2009; n. 13073, n. 17925 e n. 23096 del 2012; n. 1047 del 2013; n. 25300 e 27337 del 2014; 27337 del 2014; n. 2094 del 2015; n. 11727 e n. 13737 del 2016.

[7] Si è così giunti a ritenere che il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati, destinatario di un atto impositivo, implica, a pena di nullità per violazione del principio del contraddittorio (art. 101 c.p.c. e art. 111, c. 2, Cost.) rilevata in ogni stato e grado del procedimento ed anche d’ufficio, un giudizio necessariamente collettivo.

[8] Il socio di una società in accomandita semplice proponeva ricorso contro l’avviso di accertamento personale, emesso a seguito di un precedente avviso di accertamento spiccato nei confronti della società che individuava maggiori redditi in capo alla stessa; tali redditi venivano spalmati, per trasparenza, sui soci in maniera proporzionale alla partecipazione. Il rinvio va a http://iusletter.com/accertamenti-definitivi-si-al-ricorso-dei-soci/

 

Avv. Nicotra Antonio

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