Via la mediaconciliazione obbligata: arriva la negoziazione assistita da avvocato?

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Dopo che finalmente, il 24 ottobre 2012, la Corte costituzionale ha deciso per l’incostituzionalità della mediaconciliazione (n.b.: la mediaconciliazione non è stata completamente cancellata dalla Corte costituzionale ma è solo stata resa non necessariamente preliminare all’azione giudiziaria), arriverà anche in Italia (in Francia è legge dalla fine del 2010) la negoziazione assistita da avvocato, detta anche “negoziazione partecipata”?

Un nuovo e importante ruolo sarà, in tal modo, finalmente riconosciuto agli avvocati italiani?

Questi saranno finalmente protagonisti, in larga scala e ciascuno in prima persona, della soluzione extragiudiziaria delle controversie, con omologa finale da parte del giudice, che conferisce la forza di titolo esecutivo all’accordo raggiunto attraverso la negoziazione assistita da avvocato?

Gli avvocati italiani, per esser protagonisti nella soluzione extragiudiziaria delle controversie, potranno cessare di essere, quali mediatori, strumenti degli altrui affari, come oggi troppo spesso sembra che siano, all’interno degli Organismi privati di mediazione?

Gli organismi più o meno unitari che rappresentano “politicamente” l’avvocatura italiana chiedano subito, ora che l’obbligatorietà della mediaconciliazione viene meno, un decreto legge che introduca, in linea col modello francese, l’accordo di negoziazione per una procedura partecipativa di negoziazione assistita da avvocato.

Non insistano più affinchè nell’ultimo scorcio di legislatura si faccia una riformicchia forense, corporativa e di corto respiro in tante sue disposizioni evidentemente incostituzionali (come quella che, ridefinendone la struttura, crea il CNF come nuovo giudice speciale).

Una pseudoriforma dell’avvocatura non è nell’interesse degli avvocati.

Risale al 25 maggio 2011 la presentazione alla Camera, da parte degli On.li Contento e Paniz (pdl), del progetto di legge “Disciplina della procedura partecipativa di negoziazione assistita da un avvocato” (Atto Camera 4376). Ad oggi neppure ne è iniziata la discussione.

La proposta di legge è volta ad introdurre nel nostro ordinamento il c.d. “accordo di negoziazione”: in sostanza una procedura di carattere conciliativo che sarebbe perciò alternativa al ricorso al giudice.

Si legge nella relazione alla proposta di legge: “La presente proposta di legge introduce nel nostro ordinamento la “procedura partecipativa di negoziazione assistita da un avvocato” o “accordo di negoziazione”, che è stata recentemente recepita nel codice civile francese, a seguito dell’approvazione da parte dell’Assemblea Nazionale della legge n. 20010-1609 del 22 dicembre 2010.

Trattasi di una procedura conciliativa alternativa al contenzioso, che riconosce alle parti il potere di autoregolamentazione dei loro rapporti e ai rispettivi avvocati un ruolo centrale nell’assisterle nella negoziazione finalizzata alla ricerca di un accordo, che una volta raggiunto viene poi omologato dal giudice, così da renderlo esecutivo, salvaguardando nel contempo la funzione giurisdizionale.

La procedura prende l’avvio con la redazione e sottoscrizione di una convenzione di procedura partecipativa di negoziazione assistita da un avvocato, che consiste in un accordo mediante il quale le parti in conflitto, che non hanno ancora adito per la controversia un giudice o un arbitro, convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole il conflitto e la controversia tramite l’assistenza dei propri legali. Viene anche previsto l’impegno a tenere riservate le informazioni non conosciute o non conoscibili che le parti si scambiano durante la procedura, salvo concordare la possibilità di produrre in giudizio la relazione riguardante gli aspetti tecnici della questione stesa con l’ausilio di esperti e consulenti nominati dalle stesse parti.

L’espletamento di questa procedura esonera le parti dalla conciliazione e dalla mediazione, nei casi in cui sono previste dalla legge, come anche previsto dalla legge francese.

La procedura partecipativa di negoziazione assistita da un avvocato può anche essere effettuata per cercare una soluzione consensuale della separazione o del divorzio, o della modifica delle loro condizioni, o per la regolamentazione dei rapporti tra genitori non coniugati. Tale procedura fa leva sulle funzioni proprie dell’avvocato, rafforza la qualità della sua prestazione professionale, impone allo stesso un’assunzione di responsabilità sia sotto il profilo della competenza professionale che della deontologia, laddove si amplia la sua competenza a certificare non solo l’autenticità della firma della parte che assiste, ma anche ad attestare che il contenuto dell’accordo corrisponde alla volontà espressa dalle parti; assicura, tramite l’omologa del giudice, sul piano sociale una “sicurezza giuridica” degli accordi raggiunti senza diminuire le tutele per il cittadino“.

OTTIMO, DIEREI.

Era ora che per disinnescare le liti si introducesse un metodo che riconosce l’insostituibile ruolo dell’avvocato per la tutela dei diritti nella fase precedente l’avvio del processo innanzi a un giudice.

Era ora che, per disinnescare le liti, si andasse in direzione opposta a quella incarnata dalla mediaconciliazione obbligatoria, che s’è dimostrato essere (alla prova dei fatti) soprattutto un aggiuntivo ostacolo procedurale da superare e che (sempre alla prova dei fatti) non ha reso più facili gli accordi.

Era ora che si proponesse una procedura che consente di pervenire ad un titolo esecutivo senza una eccessiva procedimentalizzazione del tentativo di evitare la causa (l’inutile coinvolgimento obbligato di un mediatore designato da un organismo di mediazione, magari privato e avente il lucro come fine e i “legali” -più o meno capaci e più o meno in posizione di sostanziale parasubordinazione- come mezzo).

Era ora che si ponessero le basi giuridiche per consentire di far concorrenza virtuosa al “sistema della mediazione tramite non avvocati”, sistema che non può non scontare, anche quanto a riconoscimento di valore legale ai suoi “prodotti”, la scelta di operare attraverso mediatori che possono (appunto perchè non necessariamente avvocati) anche non essere soggetti al rigorosissimo controllo deontologico che solo i Consigli dell’Ordine possono e devono garantire (sennò che ci stanno a fare!).

Era ora che si cercasse di semplificare, limitandosi ad “usare di più” i Consigli degli Ordini degli avvocati (che addirittura sono enti pubblici) a garanzia di clienti e avvocati, rinvigorendoli quali controllori della condotta integerrima dei protagonisti della composizione delle liti: gli avvocati.

Era ora che si progettasse la sostituzione (nel sistema complessivo delle A.D.R.) delle complicazioni inutili, quali quella del “metter su” un gigantesco e costosissimo -se non fosse costosissimo sarebbe inefficace- apparato di controllo degli organismi di mediazione, per assicurare organismi di mediazione “D.O.C.” ed evitare serissimi problemi, addirittura di infiltrazione della criminalità organizzata.

La Corte costituzionale, dicevamo, ha finalmente cancellato la obbligatorietà della c.d. mediaconciliazione affidata agli “organismi di mediazione”. Ora bisogna subito creare (magari con decreto legge) la c.d. “negoziazione partecipata” di cui siano protagonisti le parti ed una figura di avvocato “negoziatore” dalle stesse parti designato.

A mio avviso, la “negoziazione partecipata” dovrà essere alternativa alla c.d. mediaconciliazione facoltativa che abbiamo imparato a conoscere e, comunque, non dovrà esser configurata come una condizione di proponibilità della azione giudiziaria. Solo così si può riaprire la porta d’accesso alla giustizia erogata come servizio essenziale dallo Stato (porta nell’ultimo periodo tenuta socchiusa a causa della solo teorica funzionalità della mediaconciliazione), senza privatizzare la giustizia a favore di soggetti non sempre affidabili (come possono essere gli organismi di mediazione privati e i mediatori non avvocati se non assoggettati a controlli, come detto, costosissimi).

Gli avvocati hanno l’occasione storica di fare al meglio il loro lavoro, che non è quello di “pacieri” pagati da un organismo di mediazione che li designi e del quale siano sostanzialmente parasubordinati, ma è quello di professionisti del diritto pienamente idonei a “scremare” (per aver solo essi superato un esame di Stato specificamente incentrato sulla tutela dei diritti, al quale fa pure riferimento la Costituzione) le controversie degne d’essere portate innanzi a un giudice.

Non mi pare, invece, utile organizzare -come taluno ha auspicato- un sistema che preveda, in concorrenza con la mediaconciliazione, un “arbitrato giurisdizionale”, creando una “Camera arbitrale” composta di magistrati (in regola con i richiesti livelli di produttività, di rispetto dei termini di deposito delle sentenze e di valutazione positiva della professionalità) e di avvocati (designati dai Consigli degli Ordini in base a difficilmente graduabili requisiti di professionalità, probità e correttezza) alla quale il cittadino possa rivolgersi a costi fissati dal ministero della giustizia.

Il perchè mi pare evidente: quando si vuol semplificare non bisogna sempre creare nuovi organismi, graduatorie, giurisdizioni e procedure ad hoc: spesso basta “vedere in faccia” i protagonisti del settore e ridisegnarne i ruoli con saggezza. “Guardando in faccia” gli avvocati si vedranno dei liberi professionisti e si capirà che come liberi professionisti è il caso di pagarli: siano pagati dai titolari dei diritti che essi avvocati tentano di comporre; non siano pagati da “datori di lavoro” (del genere organismi di mediazione) che, col pagarli in relazione alla pratica assegnata, ne limiterebbero di necessità autonomia e indipendenza.

Magari si riuscira’ anche a trovare, nel nostro caso, una ragione in più per non cancellare i vecchi Consigli degli Ordini degli avvocati.

Si consideri ancora: gli avvocati sono tanti e guadagnano sempre meno ma hanno una dignità e non si possono ridurre a parasubordinati di organismi di mediazione privati e nemmeno a necessari legulei innanzi a mediatori talora incapaci (e non certo per loro colpa) di valutarne a pieno l’apporto tecnico giuridico al tentativo di mediazione.

D’altro canto i giudici sono pochi e devono fare il loro lavoro, non entrare a far parte dell’ennesimo nuovo organismo di A.D.R..

Infine, i Consigli degli Ordini (soprattutto i più piccoli) non possono agevolmente garantire una gestione economica ed un adeguato controllo di macchine organizzative nuove e complesse, quali gli organismi di mediazione forense (che in gran parte i COA hanno troppo precipitosamente costituito e ora si troveranno a dover “gestire in perdita”) e quali le ipotizzate “Camere arbitrali” che volessero costituire assieme ai locali Tribunali.

I Consigli degli Ordini, inoltre, non dovrebbero, a mio avviso, abbracciare con imprudente entusiasmo nuove attività non necessitate, alle quali s’affiancano nuovi rischi, quali il rischio di esser citati per risarcimento danni da parte degli avvocati iscritti all’albo che si ritenessero ingiustamente pretermessi nella designazione come membri di ipotetiche “Camere arbitrali” costituite presso i Tribunali.

In conclusione, mi pare l’uovo di Colombo: ciascun avvocato dovrebbe, in quanto tale, essere abilitato a svolgere il ruolo di “negoziatore” (nel senso sopra delineato dalla proposta di legge Atto Camera 4376) da una ormai improcrastinabile nuova legge. Il ruolo di negoziatore, sottolineo, non dovrebbe assolutamente esser riservato agli avvocati selezionati dal Consiglio dell’Ordine locale. Quest’ultimo, per rispetto del principio di concorrenza nel servizio professionale di avvocato (in fondo anche il COA e’ una “associazione di imprese”, secondo il diritto europeo della concorrenza) non può fare il selezionatore dei colleghi se non quando ricorrano esigenze imperative di interesse generale (le quali, di certo, nel caso non ricorrono perchè è il superamento dell’esame di Stato a garantire la professionalità degli avvocati-negoziatori). Al massimo i COA organizzino corsi di formazione per gli iscritti che vogliano fare i “negoziatori”.

A giusto commento della proposta di legge sulla mediazione assistita da avvocato, sul sito dell’Unione triveneta degli avvocati, lessi un interessantissimo articolo di approfondimento che si chiude con questo significativo passo di Gandhi: “Mi resi conto che la vera funzione dell’avvocato è di unire parti che si sono disunite; la lezione s’impresse così indelebilmente in me che occupai gran parte del tempo per ottenere compromessi privati in centinaia di casi. Non ci persi nulla, neppure denaro, certamente non l’anima. Io sono un avvocato”.

Perelli Maurizio

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