Usura bancaria e strumenti di difesa

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 Il tema dell’usura ad oggi è molto diffuso e conosciuto e va inquadrato nell’art 1815 c.c. il quale disciplina le modalità degli interessi e corresponsione del contatto di mutuo. Le parti, che per qualsiasi esigenza si trovano a dover richiedere un mutuo alla banca di fiducia, il più delle volte erogano interessi che superano il tasso soglia previsto dalla Banca d’Italia e facilmente individuabile sul sito della stessa. Il tasso soglia ha una valenza trimestrale e, qualora quest’ultimo dovesse essere superiore rispetto a quanto dovuto, gli interessi versati risultano illegittimi e quindi non dovuti. Vediamo di seguito la disciplina che si applica al tema dell’usura.

Indice:

  1. Usura ad origine e contratti bancari,
  2. Le tesi contrapposte: le Sezioni Unite si pronunciano in tema di usurarietà;
  3. Decreto sviluppo e decreto salva banche;
  4. Art. 644 c.p.;

1. Usura ab origine e contratti bancari

L’usura bancaria è una fattispecie normativa introdotta dall’Art. 644 del Codice penale italiano ed è stata riformulata dalla Legge n. 108 del 7 marzo 1996, che ha apportato profonde innovazioni e modifiche in materia di usura nell’ordinamento giuridico dell’Italia.

Come noto l’art. 1815 del c.c. disciplina le modalità di corresponsione degli interessi nell’ambito del contratto di mutuo. Lo stesso recita:

Salvo diversa volontà delle parti il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell’articolo 1284. Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi

La norma prevede che, salvo diversa pattuizione delle parti, gli interessi sono determinati a norma dell’art. 1284 c.c. e che, ove fossero convenuti interessi usurari, la clausola in questione è nulla e conseguentemente non dovrà corrispondersi alcun interesse. Ciò significa che il contratto di mutuo è qualificato a titolo gratuito, ab origine, ove si dovesse rilevare la previsione di un interesse usurario. La verifica sulla usurarietà del tasso di interesse va attuata facendo riferimento alla stipula del contratto, quindi al momento in cui gli interessi sono promessi o convenuti, a prescindere dal momento del pagamento. Affinchè si verifichi la nullità o l’inefficacia delle clausole usuraie è, quindi, sufficiente che il contratto preveda tassi usurari. La legge n. 108/96 ha modificato l’art. 1815 c.c. che stabilisce: “se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”. Ancora l’art. 1 del D.L. 70/2011 recita: “si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti”.

I parametri da tenere in considerazione per verificare la sussistenza dell’usura sono indicati dall’art. 2 della legge n. 108/1996. In modo particolare, è bene approfondire il comma I e IV in quanto:

  • Comma I: “Il Ministro del tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall’Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d’Italia ai sensi degli articoli 106 e 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. I valori medi derivanti da tale rilevazione, corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento, sono pubblicati senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale”
  • Comma IV: “Il limite previsto dal terzo comma dell’articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali”

Come si deduce da quanto sopra riportato, la materia dell’usura, è disciplinata da materie di natura sia civile che penale e infatti, lo stesso art. 644 c.p., nell’attuale formulazione, dispone che: “Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altre utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con reclusione da due a dieci anni e con multa da euro 5.000 ad euro 30.000′ … La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari … Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.”

Proprio sul punto, la stessa Cassazione Penale, sez, Il, sent. n. 45982 20 settembre 2017, ha affermato che il reato di usura si consuma non solo con la promessa o la dazione di interessi, ma anche nel caso in cui oggetto di pattuizione siano altri vantaggi usurari, ovvero illegittimi profitti, di qualsiasi natura, che l‘accipionsriceve e che, per il loro valore, raffrontato alla controprestazione, assumono carattere usurario (Cass. sez. 2 n. 5683 del 25/10/2012, Rv 255238).

Il legislatore, con la riforma del 1996, ricalcando le norme dell’ordinamento francese, ha deciso di individuare gli interessi usurari attraverso criteri di carattere oggettivo. Infatti, la legge n. 108/96, oltre ad aver modificato l’art. 644 c.p ed il secondo comma dell’art. 1815 c.c, rimette al Ministero del Tesoro, sentita la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi, l’individuazione- mediante rilevazioni trimestrali- del limite di usurarietà dei tassi di interessi , denominato anche tasso soglia, superato il quale, da un punto di vista civilistico, gli interessi devono essere considerati usurari; di conseguenza la relativa clausola contrattuale deve considerarsi nulla e, quindi, non sono dovuti interessi in nessuna misura. Dopo l’emanazione della legge e la sua entrata in vigore si è subito evidenziato in dottrina il problema della possibilità o meno di far rientrare nella disciplina’ antiusura anche gli interessi moratori oltre che quelli corrispettivi sviluppandosi due tesi interpretative contrastanti: l’una escludente, l’altra favorevole invece ad una inclusione degli interessi moratori. Quindi, anche il tasso di mora, pattuito contrattualmente, non può superare il tasso soglia di usura al momento della stipula e pertanto, in caso di superamento, si riterrà che siano convenuti interessi usurari e il finanziamento sarà da ritenere gratuito ai sensi dell’art 1815 c.c. A tal riguardo però, in quegli anni, si è acceso un lungo dibattito che è poi stato risolto dallo stesso legislatore e infatti, l’art. 1, comma 1°, del d.l. 29.12.2000, n. 394, di interpretazione autentica dell’art. 644 c.p., convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, I. 28.2.2001, n. 24, riconduce alla nozione di interessi usurari quelli convenuti “di qualsiasi titolo”, e la relazione governativa che accompagna il decreto fa più esplicito riferimento a ogni tipologia di interesse, “sia esso corrispettivo, compensativo o moratorio”. In tal senso si è pronunciata anche la Corte costituzionale con sentenza 25.2.2002, n. 29 sulla legittimità costituzionale della I. n. 24/2001.

Nello specifico, la Consulta ha precisato, che: “va in ogni caso osservato — ed il rilievo appare in sé decisivo — che il riferimento, contenuto nell’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 394 del 2000, agli interessi “a qualunque titolo convenuti” rende plausibile — senza necessità di specifica motivazione —l’assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori”.

Con la recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione numero 26286/2019,  è stato stabilito che “Nei rapporti bancari, anche gli interessi convenzionali di mora, al pari di quelli corrispettivi, sono soggetti all’applicazione della normativa antiusura, con la conseguenza che, laddove la loro misura oltrepassi il c.d. “tasso soglia” previsto dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 2, si configura la cosiddetta usura c.d. “oggettiva” che determina la nullità della clausola ai sensi dell’art. 1815 c.c., comma 2. La corte di Cassazione, con ordinanza 13 luglio-4 ottobre 2017, n.23192 sancisce che:” nei contratti di finanziamento gli interessi corrispettivi e moratori si cumulano al fine della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura.”

La Suprema Corte di Cassazione, con una recentissima sentenza n.19597/2020 hanno ribadito che:

“La disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al contratto concluso….Si applica l’art. 1815, comma 2, c.c., onde non sono dovuti gli interessi moratori pattuiti, ma vige l’art. 1224, comma 1, c.c., con la conseguente debenza degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente convenuti”.

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2. Le tesi contrapposte: le Sezioni Unite si pronunciano in tema di usurarietà

In data 18/09/2020, le sezioni unite vengono chiamate a pronunciarsi sul tema in questione ovvero se gli interessi moratori sono soggetti o meno alla normativa anti-usura. Sul punto infatti, sia in dottrina che in giurisprudenza, vi erano interessi contrapposti. Le tesi seguivano due diversi orientamenti:

  1. Tesi restrittiva: in riferimento alla non applicabilità della disciplina antisura agli interessi di mora si richiamavano:
  • All’art. 1815, comma 2, cod. civ. che si riferisce ai soli interessi corrispettivi e all’art. 644, comma 1, c.p. che incrimina chi si fa «dare o promettere» interessi usurari «in corrispettivo di una prestazione di denaro;
  • Alla funzione degli interessi: gli interessi corrispettivi hanno funzione remunerativa per il godimento del denaro, i moratori, invece, risarcitoria, rappresentando, ex art. 1224 cod. civ., il danno conseguente l’inadempimento di un’obbligazione pecuniaria;
  • Alla previsione dell’art. 1284, comma 4, cod. civ. secondo cui se «le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali»: essendo, invero, sovente il tasso della disciplina speciale, di cui all’art. 5 d.lgs. n. 231 del 2002, superiore al tasso-soglia usurario, allora, ai fini dell’usura, non potevano rilevare gli interessi moratori convenzionali, perché, altrimenti, la norma ammetterebbe una “usura legale”;
  • All’inquadrabilità dell’interesse di mora nell’art. 1382 cod. civ. che poteva, quindi, se eccessivo essere ridotto d’ufficio dal giudice, ai sensi dell’art. 1384 cod. civ.; mentre resterebbe a tal fine inapplicabile l’art. 1815, comma 2, cod. civ;
  1. Tesi estensiva:i sostenitori si questa tesi, a differenza dei primi, si appellavano:
  • Ai lavori preparatori della legge n. 24 del 2001, ove si afferma che si voleva considerare l’usurarietà di ogni interesse «sia esso corrispettivo, compensativo o moratorio;
  • Alla funzione degli interessi;
  • Alla ratio della norma o interpretazione finalistica: il criterio oggettivo previsto dalla legge n. 108 del 1996 intende tutelare le vittime dell’usura e il superiore interesse pubblico all’ordinato e corretto svolgimento delle attività economiche, fini che sarebbero vanificati ove si escludessero dall’ambito di applicazione gli interessi moratori;
  • Alla irrilevanza del relativo tasso-soglia avendo la legge n. 108 del 1996 costruito il giudizio di usurarietà su di un unico tasso soglia per ciascun tipo di finanziamento e distinto solo tra i diversi modelli contrattuali, non anche tra le differenti specie di costo del credito, prevedendo uno spread tra T.e.g.m. e tasso-soglia, tollerato dal sistema, appunto per lasciare uno spazio ulteriore rispetto ai parametri di mercato.

A tal riguardo le sezioni unite, prendendo visione delle sopra menzionate tesi, abbracciano quella estensiva in quanto ritengono che alla luce delle rationeslegis sottese alla disciplina antiusura (quali la tutela del fruitore del finanziamento, la repressione della criminalità economica, la direzione del mercato creditizio e la stabilità del sistema bancario) ed in particolare dell’esigenza di piena tutela del soggetto debitore, il concetto di interesse usurario e la relativa disciplina repressiva non possano dirsi estranei all’interesse moratorio, così mostrando di abbracciare la tesi estensiva che vuole anche il tasso di mora assoggettato alla normativa antiusura. Per le sezioni Unite, l’esigenza primaria è quella di non lasciare il debitore alla merce del finanziatore  il quale ultimo, se è subordinato al rispetto del limite della soglia usuraria quando pattuisce i costi complessivi del credito, non può dirsi immune dal controllo quando, scaduta la rata o decorso il termine pattuito per la restituzione della somma, il denaro non venga restituito e siano applicati gli interessi di mora, alla cui misura l’ordinamento (cfr. art. 41 Cost.) e la disciplina ad hoc dettata dal legislatore ordinario non restano indifferenti. Le Sezioni ritengono che la disciplina anti-usura, mira a sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto, inclusi gli interessi moratori.

La rilevazione del “tasso effettivo globale medio, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura” dovrebbe essere effettuata, ogni tre mesi, dal Ministro dell’Economia, sentita la Banca d’Italia (art. 2, comma 1 della legge 108/96).

Come si vede bene, la fattispecie base dell’usura si caratterizza per la predeterminazione normativa di un tasso soglia, per ogni tipologia di finanziamento (operazione di credito), al di sopra del quale l’interesse diventa usurario; questa fattispecie può essere definita “usura oggettiva”.

Si sottolinea che in questo primo tipo di usura vi è l’assenza di qualsiasi riferimento alla situazione di debolezza economica della vittima del reato; il requisito dell’approfittamento dello stato di bisogno, previsto nella fattispecie dell’usura delineata dall’art. 644 c.p. del 1930, in vigore fino al 1996, non è più richiesto affinché si perfezioni il delitto e vale solo come circostanza aggravante. Il bene, il valore tutelato dalla legge in questa ipotesi base è sicuramente l’ordine nel mercato del credito: chiunque presti soldi non può farlo richiedendo o percependo un corrispettivo (interesse non solo nominale, ma “effettivo” è globale”) superiore a quello stabilito periodicamente dalla legge, tramite l’autorità amministrativa

La legge nel caso dell’usura non punisce il fatto (naturale) che qualcuno chieda, con un contratto, degli interessi illeciti (usurari), ma oggetto delle sanzioni, civili e penali, è l’accordo da cui discende la dazione/pretesa di interessi usurari. Ciò significa che il reato e l’illecito civile, si commettono già con la stipula del contratto. L’ oggetto, l’“arma” del delitto di usura, è proprio l’accordo, con cui si chiedono interessi oltre il limite o sproporzionati ed i colpevoli, in tal caso, saranno logicamente tutti quelli che approvano e utilizzano (anche in sede giudiziaria) il contratto usurario.

La banca quindi, dovrebbe sempre rispettare i limiti imposti dalla Banca d’Italia in tema di usura, i quali variano trimestralmente. Ad oggi, l’usura sopravvenuta non è considerata “una vera e propria usura”

3. Decreto salva banche e decreto sviluppo

Nel 2011 è stato emanato un Decreto attuativo detto “Decreto Sviluppo”: è stato constatato che finora le banche erano soggette ad un limite sui tassi di interesse che potevano applicare al mutuo; il cliente poteva, nel caso avesse riscontrato un possibile tasso d’usura, rescindere il contratto, anche se da tempo, gli istituti di credito non accettavano molto volentieri questo vincolo ritenendolo leonino. Ora per effetto del Decreto Sviluppo questo limite è stato innalzato. In sintesi cambia il metodo per il calcolo del tasso di usura, prevedendo che la soglia venga definita aumentando del 25% il tasso medio rilevato con l’aggiunta di un ulteriore 4%. Inoltre, la norma fissa un differenziale massimo tra tasso soglia e tasso medio pari all’8%.

Per evitare gravi ripercussioni nel sistema bancario e creditizio italiano, si ritenne opportuno varare il D.L. n. 394/2000, successivamente convertito nella legge n. 24/2001, noto, ai più, come Decreto Salva Banche.

Tale norma è intervenuta ad arginare la situazione che si sarebbe potuta creare a seguito dell’applicazione della L. 108/96, mediante la previsione dell’art. 1, comma 1 L. 24/2001, il quale dispone che ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815, secondo comma c.c. si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal loro pagamento. Tuttavia, al fine di non pregiudicare i diritti dell’utenza creditizia mediante tale disposizione (cosiddetta di interpretazione autentica) proprio in considerazione dell’inaspettata caduta dei tassi di interesse verificatasi in Europa e in Italia, il legislatore stabilì un Tasso di sostituzione, fissato per l’8% per i mutui sulla prima casa fino a 150 milioni di lire, a favore di tutti coloro i quali avevano stipulato un mutuo a tasso fisso prima dell’aprile 1997.

4. Art 644 del codice penale

L’art. 644 c.p., sancisce che «Chiunque … si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari , prevede un criterio obiettivo per la rilevazione dell’usurarietà dell’interesse: «la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari» (art. 644, comma 3, c.p.). Tale limite, denominato anche “tasso-soglia”, è individuato, come detto, con decreto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) il quale «sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi rileva trimestralmente(come già in premessa anticipato) il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferiti ad anno degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari … nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura» (art. 2, comma 1, l. n. 108/1996).

In conclusione, la legge ha previsto una procedura amministrativa volta a rilevare in modo oggettivo il livello medio dei tassi d’interesse praticato dalle banche e dagli altri intermediari finanziari autorizzati, ancorando il disvalore sociale collegato al concetto di usura al superamento di tale livello-soglia. Dunque, è certo che la norma di cui all’art. 644 c.p. si presenta come una norma penale parzialmente in bianco, in quanto per determinare il contenuto concreto del precetto penale è necessario fare riferimento ai risultati di una articolata procedura amministrativa.

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Carmina Valentino

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