Tra le spese stragiudiziali sopportate dalla parte prima della lite rientrano anche quelle per l’ATP

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(Cass. civ. sez. III ord. 3 settembre 2019 n. 21975)

Il caso

Con atto di citazione Tizio conveniva davanti al Giudice di Pace di Taranto il proprietario, il conducente e l’impresa assicuratrice della macchina agricola che aveva danneggiato la sua l’autovettura provocando dei danni valutati mediante ATP nella misura di Euro 2.188,19 per ottenere la rifusione delle spese anticipate oltre a quelle sopportate prima del procedimento.

L’impresa assicuratrice convenuta contestava la quantificazione delle spese legali indicate dall’avvocato dell’attore, in una nota pro forma, e offriva banco iudicis un assegno di Euro 4.600,00 di cui Euro 2.400,00 per sorte capitale ed Euro 2.200,00 per spese legali. Tali importi venivano rifiutati da Tizio tuttavia il Giudice, ritenuta, invece, l’offerta congrua, rigettava l’ulteriore pretesa attorea e compensava le spese del giudizio.
L’attore, quindi, impugnava innanzi al Tribunale di Taranto la sentenza del Gdp chiedendo la condanna dell’assicuratore al pagamento dell’importo di Euro 3.427,42 per spese legali, detratto l’importo di Euro 2.200,00 per capitale già versato dalla compagnia assicuratrice, con rifusione delle spese di giudizio. Il Tribunale di Taranto rigettava l’appello e condannava l’appellante alle spese.
Tizio, allora, proponeva ricorso per la cassazione deducendo quattro motivi.

I motivi di ricorso

Con il primo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente denunciava la violazione del D.M. n. 55 del 2014, artt. 18,19 e 20 laddove il Tribunale aveva affermato che l’attività stragiudiziale svolta non aveva rilevanza autonoma rispetto a quella giudiziale potendo, quindi, essere liquidata nella fase di studio di quest’ultimo risultando così congrua la somma offerta banco iudicis di Euro 2.200,00 comprensiva di spese vive, stragiudiziali e giudiziali.

Con il secondo motivo denunciava, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione dell’art. 1223 c.c., in quanto il giudice non aveva autonomamente liquidato le spese legali che attenevano alla fase stragiudiziale (procedimento di constatazione, valutazione e liquidazione del danno, nonché successiva fase di negoziazione) ricomprendendole, invece, nelle spese giudiziali.
Con il terzo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 il ricorrente denunciava la violazione degli artt. 115 e 229 c.p.c. e art. 2733 c.c., in quanto il Tribunale non aveva ritenuto provate le richieste di maggiorazione richiesta nonostante l’assicuratore non avesse specificamente contestato la parcella delle spese stragiudiziali.

Con il quarto ed ultimo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente denunciava la violazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4 laddove il Tribunale aveva ritenuto giustificata l’applicazione dei minimi tariffari in ragione dell’offerta formulata in primo grado dalla compagnia di assicurazione e per la ridotta attività svolta dal difensore di parte attrice omettendo di indicare le singole voci che aveva ridotto, nonché, di motivare al riguardo.

La decisione della Corte

La Suprema Corte, valutando i motivi congiuntamente in quanto logicamente connessi, li ha reputati infondati e/o inammissibili e ha rigettato il ricorso.

Anzitutto la Corte premette che il Giudice dell’appello, nel confermare la sentenza di primo grado, ha ritenuto corretta la determinazione dell’importo dovuto per compensi legali relativi alla fase stragiudiziale inglobati nella fase relativa all’attività di studio propedeutico al procedimento di ATP (e liquidati sulla base dei parametri “medi” del D.M. n. 55 del 2014) sull’assunto che la fase stragiudiziale scaturita nella ATP preventiva non potesse, nel caso concreto, avere rilevanza autonoma – in conformità a quanto indicato nel D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 5 e art. 20 – e che essa dovesse, pertanto, essere ricompresa nell’attività di studio della controversia introdotta con il procedimento ex art. 696 bis c.p.c. Il Tribunale, inoltre, aveva affermato che per il calcolo del compenso non vi fossero i presupposti per la maggiorazione di cui al D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 6 – prevista solo ove sia intervenuta transazione stragiudiziale o giudiziale della lite – e aveva condannato l’appellante alle spese di lite, confermando la compensazione delle spese giudiziali del primo grado.
La Corte di Cassazione rileva che nella materia de quo prevale la considerazione che le spese per la consulenza tecnica preventiva disposta ex art. 696 bis c.p.c., contrariamente a quanto indicato dal ricorrente, non hanno natura giudiziale. Difatti la ATP preventiva di cui al novellato art. 696 bis c.p.c., per quanto in parte “giurisdizionalizzata”, è pur sempre finalizzata al componimento della lite e, non potendosi intendere come una fase giudiziale, non dà nemmeno luogo a un’autonoma liquidazione delle spese processuali da parte del giudice che l’ha disposta rientrando esse nel complesso delle spese stragiudiziali sopportate dalla parte prima della lite (cfr. Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26573 del 22/10/2018).

Le spese richieste da ricorrente, quindi, attengono tutte alla fase stragiudiziale e sono state valutate per quello che intrinsecamente valevano in relazione al valore della pretesa fatta valere non essendosi operata alcuna illegittima elisione di parte dell’attività professionale espletata, bensì una valutazione complessiva dell’attività di assistenza antecedente alla lite, tenendo conto dello stretto nesso causale e di inscindibilità che può sussistere tra le diverse prestazioni (sul punto si veda Cass. civ., sez. II, n. 2034/1994 e Cass. Sez. III, n. 6422/2017).

Il Giudice del merito, pertanto, ha valutato che l’attività antecedente al procedimento di ATP, concretatasi in una prima richiesta di risarcimento e in due lettere raccomandate ai fini dell’interruzione del termine di prescrizione, abbia avuto carattere complementare rispetto al procedimento di ATP preventiva avviato. In assenza dei presupposti e di prova per potere acquisire valenza autonoma tali attività, quindi, non potevano distinguersi dalla fase di studio della istanza di ATP preventiva valutata entro i limiti delle tariffe all’epoca previste.
Secondo la Terza Sezione, di conseguenza, la valutazione effettuata dal Tribunale in siffatti termini è, da un lato, insindacabile, perchè riferita a un accertamento in fatto sulla natura e qualità dell’attività prestata, e, dall’altro, corretta, perchè valutata come congrua sulla base delle tariffe legali vigenti e di principi giurisprudenziali già affermati in tale materia (v. anche Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 2644 del 02/02/2018 che ha ritenuto che le spese di assistenza legale stragiudiziale, pur avendo natura di danno emergente, vanno liquidate secondo le tariffe forensi; Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 19613 del 04/08/2017).

Ciò posto la Suprema Corte rileva che non può porsi neanche una questione di violazione di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per “erronea valutazione del materiale istruttorio” atteso che il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c. opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità. La denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura, pertanto, un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012. (cfr. Cass. Sez. 3, sentenza n. 23940 del 12/10/2017).
Infine, come ritenuto dal Giudice di merito, nel caso in esame non poteva neppure applicarsi la maggiorazione per effetto del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 6 sulle spese, posto che l’offerta transattiva complessiva non è stata accettata dalla controparte.

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Avv. Mazzei Martina

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