Tecniche di co-mediazione familiare: co-mediazione semplice, integrata e interdisciplinare

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SOMMARIO:1Tratti caratterizzanti e contesto applicativo della co-mediazione familiare – 2. I differenti tipi di co-mediazione: semplice, integrata e interdisciplinare – 3. La mediazione interdisciplinare in particolare

Tratti caratterizzanti e contesto applicativo della co-mediazione familiare

In precedenza abbiamo avuto modo di approfondire il tema della co-mediazione in generale, obiettivi e vantaggi di tale metodo di conduzione della procedura mediativa, i rischi che pone, così come le abilità volte a contenerli a beneficio delle parti e dei professionisti coinvolti.

Si è quindi dedicato spazio ad alcuni dei tratti caratterizzanti la co-mediazione intesa quale processo di gestione della procedura, condotta da un binomio di professionisti che si rapportano contemporaneamente alle parti in conflitto [1].

Qui proveremo ad esaminare specificatamente, nell’ambito della mediazione familiare, le differenze esistenti tra i vari tipi di co-mediazione; tra essi la co-mediazione semplice, la co-mediazione integrata e la co-mediazione interdisciplinare.

Fondamento di ogni sistema di mediazione, nonostante le molteplici definizioni che di essa sono state attribuite dalle molteplici scuole e dalla letteratura, è che si tratta sempre e comunque di tecniche professionali di gestione delle negoziazioni tra le parti coinvolte in un conflitto.

Nella co-mediazione, questo processo avviene collegialmente e i mediatori condividono una forte esperienza di lavoro in team, in cui sono chiamati a sostenersi reciprocamente, assumere ruoli diversi a seconda del momento, suddividersi compiti, monitorare sulle varie fasi e sui tempi del percorso.

E’ indubbio che nell’ambito della mediazione familiare, la co-mediazione trova il più ampio spazio per potersi esprimere; sia perché la preparazione professionale dei mediatori familiari è più approfondita e completa rispetto a quella dei mediatori civili e commerciali, formati specificatamente per gestire conflitti di natura giuridica ed economico-patrimoniale, sia perché il mediatore familiare ha il ruolo di mantenere viva l’attenzione sulle emozioni delle parti in conflitto ed è chiamato a garantire loro un adeguato sostegno emotivo, facilitando la comunicazione e la conservazione della relazione in vista della tutela di un interesse comune.

Se è tuttavia vero, come è certo, che qualsivoglia conflitto trae origine da problematiche di tipo relazionale, è altresì chiara la ragione per cui molti mediatori civili e commerciali avvertano sempre più frequentemente l’esigenza di integrare le proprie competenze attraverso nuovi percorsi di formazione, tra cui senz’altro quello della mediazione familiare. Anche in materia successoria, condominiale, contrattuale, locatizia, medica, etc., le vicende personali sono alla base del conflitto e il mediatore attento, nel tempo sente accrescersi il bisogno di approfondire, capire, cogliere e, quindi, acquisire nuovi strumenti e abilità da poter utilizzare in mediazione.

Il servizio di co-mediazione familiare si pone come obiettivo quello di offrire ai protagonisti del conflitto (solitamente la coppia) professionisti che li possano aiutare a comunicare, onde poter individuare possibili accordi, volti a regolamentare in un momento di grandi cambiamenti e turbamento aspetti (quali quelli economici, patrimoniali, relativi all’affidamento dei figli, etc.) che necessitano di essere negoziati. La negoziazione non avviene seguendo la logica avversariale tipica del contenzioso giudiziario, ma è il risultato di un processo in cui i mediatori accolgono i protagonisti come persone, scindendoli dai loro problemi. I mediatori accompagnano le parti attraverso l’espressione delle emozioni e la condivisione degli inevitabili momenti di sconforto, disorientamento, dolore, rabbia, rancore e paura per il futuro che ogni separazione (in senso simbolico e non giuridico) porta con se’, interessando (a volte travolgendo) anche i familiari, tra cui in primis i figli.

Nel riconoscimento dei propri bisogni e degli interessi comuni, si apre la via per la negoziazione efficace e durevole: con il sostegno dei mediatori l’individuazione dei termini degli accordi risulterà frutto consapevole della volontà delle parti in conflitto e più facilmente sarà destinata a durare nel tempo, anche perché potrà essere verificata dagli avvocati e quindi i protagonisti del conflitto si sentiranno protetti e sostenuti in una logica di elevato livello professionale e totale collaborazione.

Le parti in mediazione familiare hanno la possibilità di comunicare in modo costruttivo, trovano uno spazio ove si sentono ascoltate e dove possono esprimersi in un contesto protetto e totalmente riservato: in tale ambito v’è spazio non solo per la gestione di eventi separativi o divorzili, ma, a mero titolo esemplificativo, per lo scioglimento delle unioni civili, la cessazione delle convivenze di fatto, le liti tra fratelli, tra eredi, tra generazioni, etc.

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I differenti tipi di co-mediazione: semplice, integrata e interdisciplinare

Premesso che non esiste un momento specifico, ne’ vi sono limiti al momento in cui la mediazione familiare può essere avviata e posto che essa può ricorrere in ogni fase del procedimento giudiziario eventualmente in corso, essa trova spazio e si presta ad accompagnare le parti sia prima, sia durante, sia successivamente ad esso.

Minimo comune denominatore dei differenti tipi di mediazione familiare è che le parti, con l’ausilio dei mediatori, definiscono quali sono le questioni che hanno bisogno di trattare (es. contributo al mantenimento dei figli, responsabilità genitoriale, vendita dell’abitazione, etc.) con priorità rispetto alle altre; i mediatori le aiutano a ripristinare il dialogo, così da poter esplorare soluzioni alle differenti problematiche, confutarle e così individuare quella o quelle più confacenti ai loro bisogni e interessi comuni.

Replicando questa modalità per ogni tema che richiede di essere affrontato, si dovrebbe nel tempo sfociare nella stesura di uno o più accordi di intesa (eventualmente anche provvisori sulle questioni più urgenti) in cui sono riassunti i termini essenziali dei patti raggiunti e utili a riorganizzare anche solo temporaneamente se occorre, la loro vita. Quando la mediazione si conclude mediante la stesura di un memorandum d’intesa condiviso, questo viene sottoposto ai legali affinché possa essere trasfuso negli atti necessari, differenti a seconda del contesto in cui stanno prestando consulenza ai propri assistiti.

Ebbene, nella co-mediazione semplice, i mediatori provengono dalla stessa area professionale e, pertanto, condividono la medesima formazione ed estrazione curriculare.

Poter confidare nella presenza di due mediatori, in generale, offre molti vantaggi, tra cui quello di far emergere i diversi punti di vista e osservare un aspetto del conflitto da una differente prospettiva. La discussione è aperta e può avvenire anche tra i professionisti: se condotta in modo costruttivo può aiutare le parti ad accrescere le proprie abilità negoziali e verificare direttamente che le discussioni possono essere condotte senza trascendere, attraverso l’ascolto attivo reciproco. Ciò non significa che non si litigherà, ma si potrà, nel caso, farlo bene.

La presenza di due mediatori, soprattutto se appartenenti a genere femminile l’uno e maschile l’altro, è utile per riequilibrare gli eventuali giochi di potere e prevenire tentativi di alleanza tra una parte e il mediatore dello stesso sesso o, come accade a volte, accrescerne l’ostilità laddove il mediatore appartenente allo stesso genere (maschile o femminile) può assumere simbolicamente il ruolo di antagonista, di cui essere gelosi o nei confronti del quale dimostrare ostilità e sfiducia in quanto potenziale competitor.

Generalmente, in questa tipologia di mediazione, i due professionisti tendono ad essere entrambi più qualificati e quindi maggiormente efficaci nelle loro aree di appartenenza (siano esse quella economico-giuridica o sociologica- psicologica – relazionale).

Esiste poi la co-mediazione integrata, in cui al mediatore familiare di estrazione psicosociale si affianca un esperto del diritto (es. in determinate occasioni quali la fase iniziale, o nel colloquio finale quale supporto tecnico per la redazione del progetto d’intesa -accordo).

Benché tale metodo sia efficace per gestire alcuni passaggi nevralgici della mediazione, tuttavia si espone al rischio di frazionamento del percorso e potrebbe altresì porre le parti in una posizione di parziale sfiducia determinata dall’errata sensazione che il percorso non sia poi così riservato e che, forse, il mediatore che fino a quel momento ha condotto non è sufficientemente qualificato per gestirlo appieno. Non solo: v’è il concreto rischio che le parti possano in un certo senso deresponsabilizzarsi e sentirsi meno stimolati sapendo di poter “affidare” il contenuto della loro intesa ad un terzo che fino a quel momento è rimasto estraneo al percorso: non dimentichiamo, infatti, che le intese raggiunte in mediazione familiare sono poi sottoposte al vaglio dei legali delle parti in conflitto e che obiettivo degli accordi non dovrebbe essere solo quello di fissare delle regole di vita, bensì di arrivare a stenderle in modo che in esse si possa “leggere” lo spirito e l’intento con cui sono state concordate.

I mediatori qui operano insieme in alcune fasi solamente (a volte solo in quella finale) e potrebbe verificarsi che il cambio di ritmo derivante dall’arrivo di un nuovo elemento, nonché la presenza del terzo fino a quel momento assente, possa essere percepito dalle parti come una figura invasiva e difficile da accettare. Il mediatore che fino a quel momento ha condotto la mediazione, potrebbe incontrare delle difficoltà nel cercare di creare integrazione tra tutti i presenti e mantenere il legame di fiducia che si è costruito fino a quel momento; il tutto con il rischio di vanificare il lavoro svolto e disperdere i risultati raggiunti.

Le parti potrebbero, concludendo, avere la sensazione di subire una sorta di frammentizzazione, un po’ come i loro problemi: da un canto quelli giuridici (diritti, doveri), dall’altro quelli relazionali. Se ciò accadesse, potrebbero legittimamente interrogarsi su cosa caratterizzi il ruolo del mediatore esperto in questioni tecnico-giuridiche dal loro avvocato.

Infine, esiste la co-mediazione interdisciplinare, in cui i mediatori sono appunto due, uno di estrazione psicosociale e l’altro proveniente da una formazione giuridica. I due professionisti, integrando le rispettive competenze, possono congiuntamente trattare sia questioni educative e relazionali, sia gli aspetti economico-patrimoniali, lavorando sugli aspetti emotivi, affettivi e simbolici legati al rapporto che le parti protagoniste della procedura hanno rispetto ai beni materiali.

Lavorano insieme per tutta la durata della mediazione e hanno la grande opportunità di osservare le dinamiche relazionali tra le parti in conflitto da diversi punti di vista, tutti importanti al fine di poterle aiutare nel migliorare la loro comunicazione e la loro capacità negoziale.

Le parti hanno a disposizione professionisti di differente estrazione, che tuttavia perseguono un obiettivo comune; il risultato è quello di poter potenzialmente offrire un livello qualitativo decisamente superiore, più attento e consapevole grazie alla multiprofessionalità.

La mediazione interdisciplinare in particolare

Se i mediatori sono in grado di gestire efficacemente i passaggi tra il ruolo di conduttore e quello di osservatore, avranno modo di intervenire in modo più incisivo e consapevole nelle rispettive aree di competenza e potranno porre domande utili a seconda del tema che in quel momento si sta affrontando.

Non solo: i due professionisti possono l’uno confidare nella presenza dell’altro e sapere che mentre si stanno concentrando nella gestione di una fase, il collega starà monitorando il clima, riconoscendo eventuali segni di disagio, nervosismo, dolore o difficoltà di una delle parti (ponendo tra le altre attenzione ai messaggi paraverbali).

Il ritmo sarà quindi più fluido e le dinamiche saranno caratterizzate dalla contaminazione positiva di differenti stili di conduzione della mediazione.

La presenza di due mediatori durante tutto il percorso mediativo, darà alle parti la sensazione di disporre di maggiore neutralità, di disponibilità e competenza.

Anche i mediatori avranno modo di potersi “appoggiare” al collega in caso di stanchezza e perdita di concentrazione, così come potranno confidare nel suo pronto ed efficace intervento nei casi in cui l’altro dovesse sentirsi agganciato emotivamente da una o da entrambe le parti; il tutto contenendo eventuali rischi di sbilanciamento e di perdita di equiprossimità, imparzialità e lucidità nella conduzione della mediazione.

La co-mediaizone integrata potrebbe risultare più costosa, così come meno semplice da organizzare in ragione della necessità di far coincidere le disponibilità di più soggetti; tuttavia si ritiene che sia un investimento che, se ben spiegato alle parti e da queste compreso, le aiuterà a lavorare meglio e in una condizione di maggiore serenità, fiducia e riconoscimento che le differenze possono costituire un valore aggiunto.

Imprescindibile, evidentemente, la fiducia irrinunciabile tra co-mediatori, che si declina non solo in una preparazione professionale adeguata, ma nella condivisione di ruoli, nella preventiva assegnazione di compiti e nel costante sostegno reciproco tra colleghi.

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Note

[1] “Co-mediazione: una grande opportunità di gestione delle procedure di mediazione; una sfida che racchiude vantaggi e alcuni rischi” Avv. Alessia Castellana – 29 aprile 2020 https://www.diritto.it/co-mediazione-una-grande-opportunita-di-gestione-delle-procedure-di-mediazione-una-sfida-che-racchiude/

Avv. Castellana Alessia

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