Tassatività delle cause di esclusione e mancata presentazione della certificazione di qualità (Sent. N.00006/2012)

Lazzini Sonia 07/05/12
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Per il Tar Aosta n. 6 del 23 gennaio 2012 la mancata presentazione di una certificazione di qualità valida, non è causa di esclusione

E’ corretto che la contro interessata non sia stata esclusa nonostante avesse prodotto le certificazioni ISO 9001 e ISO 14001 scadute nel 2010 ed anzi la stessa è stata ammessa a regolarizzare tale documentazione

Conseguentemente se l’impresa avesse presentato anche una cauzione dimezzata, l’amministrazione avrebbe dovuto ammetterla con riserva, e consentire la presentazione di una nuova garanzia?

Siamo sicuri che in questo modo venga tutelata la par condicio?

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la mancata esclusione della controinteressata nonostante quest’ultima avesse prodotto una certificazione di qualità scaduta (della quale aveva consentito, nel corso della stessa seduta, la sostituzione con quella in corso di validità).

Il motivo è infondato alla luce del nuovo disposto dell’art. 46 coma 1 – bis d. lgs. 163/06 che ha introdotto il principio della tassatività delle clausole di esclusione, limitando la discrezionalità delle stazioni appaltanti in tal senso.

Non rientrando l’ipotesi in questione tra i casi tassativi in cui è possibile comminare l’esclusione, la controinteressata non poteva comunque essere esclusa

Gia’ a suo tempo scrivevamo…..

(breve commento a sentenza numero 227 del 9 giugno 2011 pronunciata dal Tar Provincia Autonoma di Bolzano)

al fine di poter accedere al beneficio della dimidiazione della cauzione deve esserci una più o meno perfetta corrispondenza tra le lavorazioni certificate e quelle da eseguire.

La presentazione di una cauzione per un importo ridotto rispetto a quello prescritto equivale alla mancata presentazione di tale garanzia, e quindi ad una fattispecie alla quale avrebbe dovuto necessariamente seguire l’esclusione dell’offerta dalla gara

Giusto un’osservazione

Siamo sicuri che con l’introduzione del principio della tassattività delle cause di esclusione in vigore dal 14 maggio 2011 una tale fattispecie sia ancora possibile?

Riportiamo qui di seguito un importante passaggio tratto dalla sentenza numero 227 del 9 giugno 2011 pronunciata dal Tar Provincia Autonoma di Bolzano

Con il primo motivo la ricorrente incidentale denuncia la violazione dell’art. 75, comma 7 del lgs. 163/2006 avendo la B_ s.r.l. presentato una cauzione provvisoria dimidiata senza essere in possesso dei requisiti richiesti dalla norma citata.

Il motivo è fondato.

La facoltà di presentare la cauzione provvisoria in un importo ridotto del cinquanta per cento, come previsto dal comma 7 della norma, costituisce un beneficio a favore di imprese che offrono garanzie di maggiore affidabilità, in quanto in possesso di una capacità certificata nell’esecuzione dell’opera, oggetto dell’appalto

La B_ s.r.l. a tal fine ha dimesso il certificato di attestazione del sistema di qualità rilasciato dalla *lia s.p.a., con il quale viene certificato che il “sistema di gestione per la qualità implementato dall’organizzazione B_ s.r.l. è conforme alla norma UNI EN ISO 9011:2008 e alle prescrizioni del documento Sincert RT per le attività: progettazione, installazione e manutenzione di impianti termotecnica.”

Orbene, se è vero che in astratto la certificazione è conforme all’art. 75, comma 7 del d.lgs. 163, la stessa tuttavia è limitata agli impianti termici, che, a norma del disciplinare di gara costituisce soltanto il 22,14 % dell’importo d’opera.

Logica e buon senso suggeriscono che ci dev’essere – al fine di poter accedere al beneficio della dimidiazione della cauzione – una più o meno perfetta corrispondenza tra le lavorazioni certificate e quelle da eseguire.

Questa tesi è stata seguita anche dall’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici (pareri n. 155 e 156 del 9.09.2010) laddove viene puntualizzato che “nel caso in cui la certificazione identifica espressamente talune tipologie di lavorazioni, la predetta certificazione attesta la capacità organizzativa ed operativa dell’impresa limitatamente alle lavorazioni indicate, per tutte le altre, invece, l’Impresa risulta priva della certificazione di qualità.”

Tesi, peraltro, costantemente seguita dalla giurisprudenza amministrativa, per ultimo TAR Genova, sez.II, 24 giugno 2010, n. 5260.

Secondo il disciplinare di gara la garanzia per la cauzione provvisoria (per un importo di Euro 104.430,80, pari al 2% dell’importo complessivo dei lavori) doveva essere inserita nella busta A relativa alla “documentazione amministrativa” a pena di esclusione.>>

Prima del 14 maggio 2011 non vi erano dubbi che

decisione numero 4830 del 29 agosto 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato con commento alla sentenza di primo grado sentenza numero 2067 del 28 novembre 2008 pronunciata dal Tar Liguria, Genova

ed in più

****Commento a sentenza numero 1948 dell’ 11 novembre 2011 pronunciata dal Tar Puglia, Lecce

Nel commento anche T.a.r. Campania Salerno, I, sentenza n. 6538 del 14 maggio 2010; T.a.r. Puglia Bari, I, sentenza n. 1379 del 3 giugno 2009; T.a.r. Campania Napoli, I, sentenza n. 8841 del 28 giugno 2005)

Legittima e doverosa esclusione per presentazione di certificazione di qualità scaduta:la cauzione provvisoria deve quindi essere presentare per intero

La Provincia si era quindi inequivocabilmente autovincolata a disporre l’esclusione dalla procedura dei concorrenti che avessero presentato una cauzione dimezzata senza allegare prova delle condizioni per poter beneficiare di tale riduzione, ossia la certificazione di qualità in corso di validità.

Per contro, RICORRENTE, oltre ad aver presentato una SOA scaduta, aveva allegato alla propria domanda di partecipazione una certificazione di qualità anch’essa ampiamente scaduta, vale a dire un certificato UNI EN ISO:2000 rilasciato dall’organismo Moody International Certification scaduto in data 18 ottobre 2007. Essa era quindi incorsa in una omissione sanzionata con l’esclusione dalla disciplina di gara, con le logiche conseguenze del caso

Né vale assumere che sarebbe stato onere della Stazione appaltante verificare, eventualmente accedendo ai siti ufficiali degli organismi certificatori, la corrente vigenza della certificazione di qualità dell’appellante.

La legge di gara era infatti univoca, mediante le disposizioni che più volte sono state richiamate, nel porre a carico dei concorrenti l’onere della dimostrazione delle condizioni previste dall’articolo 75, comma 7, del Codice dei contratti per accedere al beneficio del dimezzamento della cauzione provvisoria

l’istituto del c.d. dovere di soccorso codificato dall’art. 46 d.lgs. n. 163/2006 consiste nell’invito a completare il contenuto di documenti (o a chiedere chiarimenti su di esso), non già a produrre un documento valido in sostituzione di uno invalido.

Passaggio tratto dalla decisione numero 4830 del 29 agosto 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

I motivi del ricorso

La lex specialis ha previsto, in conformità all’art. 75, comma 1, del D.Lgs. n. 163 del 2006, l’obbligo di presentazione, da parte dei concorrenti, di una cauzione provvisoria di importo pari al 2% dell’importo posto a base di gara.

La stessa legge di gara ha precisato, inoltre, che “per i candidati in possesso dei requisiti di cui all’art. 75, comma 7, l’importo indicato dal bando è ridotto del 50 % ”. In sostanza, perciò, qualora i concorrenti fossero stati in possesso di certificazione di qualità conforme alle norme UNI EN ISO 9000, rilasciata da organismi accreditati ai sensi delle norme UNI CEI 45000, l’importo della cauzione avrebbe potuto essere ridotto del 50 % .

Il disciplinare, sempre al punto 7.2, ha peraltro previsto anche che, al fine di beneficiare di tale riduzione, i soggetti interessati dovevano produrre in allegato alla domanda di ammissione, in originale o in copia, il documento comprovante le condizioni anzidette.

In coerenza con tale indicazione, poi, il disciplinare ha specificato, al punto 10 (“cause di esclusione”), che costituiva motivo di esclusione dalla gara la costituzione della cauzione provvisoria in misura inferiore a quanto indicato nel bando di gara e/o la mancata dimostrazione delle condizioni di cui all’articolo 75, comma 7, del codice dei contratti.

La Provincia si era quindi inequivocabilmente autovincolata a disporre l’esclusione dalla procedura dei concorrenti che avessero presentato una cauzione dimezzata senza allegare prova delle condizioni per poter beneficiare di tale riduzione, ossia la certificazione di qualità in corso di validità.

Ciò premesso, dall’esame della documentazione presentata da RICORRENTE emergeva che la medesima, oltre ad aver presentato una SOA scaduta, aveva allegato alla propria domanda di partecipazione una certificazione di qualità anch’essa scaduta. Nel certificato UNI EN ISO:2000 rilasciato dall’organismo Moody International Certification ed inserito nella documentazione da essa presentata ai fini della partecipazione alla gara era difatti riportata quale data di emissione quella del 19 ottobre 2004: sicché, avendo dette certificazioni validità triennale, il certificato era già scaduto in data 18 ottobre 2007 e, quindi, invalido.

3. Violazione della lex specialis; violazione dei punti 7.5 e 10 lett. L) e lett. Q) del disciplinare di gara; eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità manifesta, travisamento dei fatti e contraddittorietà.

I motivi di censura esposti nei precedenti punti I e II venivano estesi dalla CONTROINTERESSATA anche al precedente provvedimento con cui la Provincia, in data 8 maggio 2008, aveva originariamente escluso RICORRENTE dalla gara.

La commissione, infatti, a giustificazione della misura espulsiva aveva allora richiamato esclusivamente il disposto di cui al punto 10 lett. G) del disciplinare, secondo il quale “Costituiscono motivo di esclusione dalla procedura di gara la mancanza di uno o più dei requisiti generali di ammissione e dei requisiti di qualificazione”: laddove, come esposto in precedenza, l’estromissione della stessa società dalla procedura avrebbe dovuto essere disposta, più pertinentemente, in base a quanto prescritto dai punti 7 e 10 lett. L), Q) e O) del medesimo disciplinare.

La ricorrente, sulla scorta di tali censure, concludeva chiedendo l’annullamento dei provvedimenti impugnati, con conseguente condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno in forma specifica ovvero, ove ciò non fosse stato possibile, per equivalente.

Resistevano all’impugnativa la Provincia di Genova e la controinteressata.

Il Tribunale adìto definiva il giudizio con la sentenza n. 2067 del 2008 in epigrafe, con la quale, disattesa l’eccezione di inammissibilità del gravame opposta sul rilievo che la ricorrente avrebbe dovuto impugnare la sentenza n. 1294/2008, piuttosto che chiedere con un nuovo ricorso di primo grado l’annullamento degli atti assunti in sua esecuzione, accoglieva l’impugnativa della CONTROINTERESSATA, ritenendone fondati ed assorbenti i primi due mezzi, e dichiarava (allo stato) inammissibile la sua domanda risarcitoria.

A seguito della sentenza, la Provincia di Genova con determinazione del 19/12/2008 disponeva l’aggiudicazione definitiva a favore del R.T.I. CONTROINTERESSATA.

Avverso la stessa pronuncia, tuttavia, RICORRENTE proponeva il presente appello, articolando a suo sostegno tre mezzi d’impugnativa con i quali deduceva, in sintesi:

– la violazione del giudicato formatosi sulla precedente sentenza dello stesso T.A.R. n. 1294 del 2008, con la quale la decisione appellata si sarebbe posta in radicale conflitto, negando anche il risultato pratico riconosciuto dalla prima: l’attestazione SOA aggiornata era stata acquisita alla procedura in legittima e doverosa applicazione della sentenza n. 12942008, contro la quale CONTROINTERESSATA avrebbe avuto l’onere di proporre nei termini opposizione di terzo o appello; e la nuova attestazione di RICORRENTE aveva definitivamente comprovato sia la verifica triennale della stessa SOA, sia l’aggiornamento della certificazione di qualità rilevante ai fini del dimidiamento dell’importo della cauzione provvisoria dovuta;

– la circostanza che il TAR avrebbe dovuto applicare anche in questa occasione il principio -espresso nella propria precedente pronuncia- per cui l’Amministrazione non avrebbe potuto escludere la RICORRENTE, bensì avrebbe dovuto permettere la (rectius, ormai, riconoscere la legittimità dell’intervenuta) regolarizzazione formale dei documenti, in ossequio al c.d. dovere di soccorso di cui all’art. 46 del d.lgs. n. 163/2006;

– la natura di irregolarità non viziante della mancanza di verifica triennale delle attestazioni SOA.

Resistevano all’appello la CONTROINTERESSATA e la Provincia di Genova, che con le rispettive memorie ne deducevano l’infondatezza e concludevano per la sua reiezione.

Le resistenti adducevano soprattutto, per un verso, la diversità di oggetto del precedente contenzioso rispetto al nuovo; per altro verso, la cogenza della lex specialis nel correlare l’esclusione alla mancata produzione della documentazione oggetto dell’omissione di RICORRENTE.

La domanda cautelare annessa all’appello veniva respinta.

L’Amministrazione stipulava quindi il contratto di appalto con la CONTROINTERESSATA.

Le posizioni delle parti venivano ulteriormente illustrate ed approfondite con successive memorie.

Alla pubblica udienza del 21 giugno 2011 l’appello è stato trattenuto in decisione.

Il parere del supremo giudice amministrativo

La lex specialis prevedeva, in conformità all’art. 75, comma 1, del d. lgs. n. 163 del 2006, l’obbligo di presentazione, da parte dei concorrenti, di una cauzione provvisoria di entità pari al 2% dell’importo a base di gara. La disciplina di gara soggiungeva che “per i candidati in possesso dei requisiti di cui all’art. 75, comma 7, l’importo indicato dal bando è ridotto del 50 % ”. All’uopo i concorrenti dovevano, però, essere in possesso di certificazione di qualità conforme alle norme UNI EN ISO 9000, rilasciata da organismi accreditati, e produrre in allegato alla domanda di ammissione il documento comprovante le suddette condizioni, pena l’esclusione dalla gara (prevista, appunto, dal disciplinare, alla lett. O) del punto 10, per il caso della costituzione della cauzione provvisoria in misura inferiore a quanto indicato nel bando di gara senza la dimostrazione delle condizioni di cui all’articolo 75, comma 7, del codice dei contratti).

Dall’esame della documentazione presentata da RICORRENTE era emerso, invece, che la medesima aveva allegato alla propria domanda di partecipazione una certificazione di qualità emessa il 19 ottobre 2004, e scaduta perciò già in data 18 ottobre 2007.

Non risulta quindi alcuna corrispondenza tra le censure oggetto di esame nel giudizio di T.A.R. sfociato nella sentenza n. 1294/2008 e quella, ora in esame, che il successivo ricorso della CONTROINTERESSATA ha sottoposto, poco dopo, all’attenzione dello stesso Giudice.

Poiché, pertanto, la materia della causa di esclusione appena indicata era estranea all’ambito oggettivo del precedente giudicato, quest’ultimo non può dirsi violato sotto alcun profilo, e si manifesta ineccepibile il promovimento da parte di CONTROINTERESSATA di un nuovo ricorso giurisdizionale di primo grado per fare valere il relativo motivo di estromissione.

Per quanto esposto, il primo motivo d’appello risulta, almeno per questa parte, infondato.

2 Altrettanto agevole è poi avvedersi dell’effettiva esistenza della specifica causa di esclusione appena detta, e perciò dell’infondatezza delle ulteriori doglianze d’appello che la pongono in discussione.

Assume l’appellante che la Stazione appaltante, in legittima e doverosa applicazione della sentenza n. 12942008, aveva acquisito alla procedura la sua attestazione SOA aggiornata, e tale nuovo documento aveva definitivamente comprovato non solo l’avvenuta verifica triennale della stessa SOA, ma anche, stante la previsione del punto 7.5 delle Norme di partecipazione, l’intervenuto aggiornamento della certificazione di qualità occorrente ai fini del dimidiamento dell’importo della cauzione provvisoria.

Deduce infine lo stesso appellante, con il suo secondo mezzo, che il TAR, in ogni caso, avrebbe dovuto applicare anche in questa occasione il principio -espresso nella pronuncia già passata in giudicato- per cui l’Amministrazione non avrebbe potuto escludere la RICORRENTE, bensì avrebbe dovuto permettere la regolarizzazione formale dei suoi documenti in ossequio all’art. 46 del d.lgs. n. 163/2006.

In contrario è tuttavia immediato constatare che il giudicato ha ammesso nel caso concreto, sì, il ricorso alla regolarizzazione documentale ex art. 46 cit., ma al solo scopo di accordare la possibilità di ovviare alla carenza formale che aveva formato oggetto di quella causa, con riferimento, dunque, al requisito di qualificazione intorno al quale si controverteva.

Per ciò che attiene ad ogni altro requisito di partecipazione, pertanto, il giudicato non soccorre, e quindi esso non potrebbe imporre di dare per garantite, né tantomeno per già avvenute, regolarizzazioni di sorta.

La regolarità della posizione di RICORRENTE con riguardo agli altri requisiti, non essendo influenzata dall’accertamento contenuto nella sentenza coperta da giudicato, dipende allora unicamente dalle previsioni della lex specialis e dalla loro avvenuta osservanza (o meno), da parte del concorrente, a tempo debito.

Nel caso concreto, come si è già visto, la disciplina di gara recava, però, una tassativa previsione di esclusione, in tema di cauzione provvisoria, per il caso della omessa giustificazione documentale nel termine dato per la presentazione della domanda di ammissione : il punto 10, lett. O), del disciplinare annoverava tra i motivi di esclusione “la costituzione della cauzione provvisoria in misura inferiore a quanto indicato nel bando di gara e/o la mancata dimostrazione delle condizioni di cui all’articolo 75, comma 7, del codice dei contratti” (in coerenza, del resto, con la previsione della precedente lett. L), che includeva nello stesso elenco, in termini generali, l’ipotesi della “domanda di ammissione non corredata dalla documentazione prescritta”).

Per contro, RICORRENTE, oltre ad aver presentato una SOA scaduta, aveva allegato alla propria domanda di partecipazione una certificazione di qualità anch’essa ampiamente scaduta, vale a dire un certificato UNI EN ISO:2000 rilasciato dall’organismo Moody International Certification scaduto in data 18 ottobre 2007. Essa era quindi incorsa in una omissione sanzionata con l’esclusione dalla disciplina di gara, con le logiche conseguenze del caso.

Benché in astratto, perciò, la lex specialis ammettesse la possibilità di documentare la certificazione di qualità anche attraverso l’attestazione SOA, nello specifico RICORRENTE, che aveva mancato di comprovare il primo requisito nel termine prescritto, non aveva alcun titolo per beneficiare di una rimessione in termini che potesse sanare gli effetti della propria autonoma e specifica omissione.

Né vale assumere che sarebbe stato onere della Stazione appaltante verificare, eventualmente accedendo ai siti ufficiali degli organismi certificatori, la corrente vigenza della certificazione di qualità dell’appellante. La legge di gara era infatti univoca, mediante le disposizioni che più volte sono state richiamate, nel porre a carico dei concorrenti l’onere della dimostrazione delle condizioni previste dall’articolo 75, comma 7, del Codice dei contratti per accedere al beneficio del dimezzamento della cauzione provvisoria.

Infine, l’istituto del c.d. dovere di soccorso codificato dall’art. 46 d.lgs. n. 163/2006 consiste nell’invito a completare il contenuto di documenti (o a chiedere chiarimenti su di esso), non già a produrre un documento valido in sostituzione di uno invalido.

La difesa dell’appellata ha fatto opportunamente notare, del resto, che il T.A.R., con la sentenza n. 1294/2008, ha ritenuto applicabile l’istituto a fronte di un thema decidendum ben diverso da quello attuale, in cui si controverteva della legittimità di un’esclusione disposta per la mancanza –e non per la omessa documentazione- dei requisiti di qualificazione.

3 Le considerazioni che precedono conducono a confermare la sentenza oggetto di scrutinio nella parte in cui ha stigmatizzato la mancata esclusione dalla gara della RICORRENTE ai sensi del punto 10, lett. O), del disciplinare, a causa dell’omessa giustificazione da parte sua del titolo a presentare una cauzione provvisoria di importo dimezzato.

L’esclusione dell’appellante per la causale indicata costituiva, infatti, un atto dovuto.

 

 

Il commento alla sentenza di primo grado

sentenza numero 2067 del 28 novembre 2008 pronunciata dal Tar Liguria, Genova

Inoltre, dalle “Norme di Partecipazione” più sopra richiamate, emerge inequivocabilmente che la Provincia si era altresì autovincolata a disporre l’esclusione dalla procedura dei concorrenti che avessero presentato una cauzione dimezzata, senza allegare prova delle condizioni per poter beneficiare di tale riduzione, ossia la certificazione UNI EN ISO in corso di validità.:ciò posto, rileva il Collegio come la società controinteressata abbia allegato alla domanda di partecipazione una certificazione di qualità scaduta.

Infatti, nel certificato UNI EN ISO 9001:2000 rilasciato dall’organismo di certificazione ed inserito nella documentazione presentata ai fini della partecipazione alla gara, è riportata, quale data di emissione quella del 19 ottobre 2004.

Posto che dette certificazioni hanno validità triennale, è evidente che il certificato, scaduto in data 18 ottobre 2007, è inidoneo a provare il possesso della condizione per poter beneficiare della cauzione di importo dimezzato._Pertanto, non avendo dimostrato come richiesto dal disciplinare a pena di esclusione il possesso dei requisiti per beneficiare della dimidiazione del 50% dell’importo della cauzione provvisoria, la società controinteressata non poteva essere ammessa alla gara per cui è causa anche in ragione di tale inadempienza.

Né, nella specie, può trovare applicazione l’Istituto della integrazione documentale, come ritenuto dalla società controinteressata nella memoria difensiva.

Non v’è dubbio, infatti, che in presenza di una regola chiara, univoca e vincolata nella sua applicazione, il principio che impone all’amministrazione di invitare l’interessato ad integrare o regolarizzare la documentazione prodotta, non può trovare utile applicazione.

In tale ipotesi, invero, l’esclusione diventa atto dovuto e ogni ulteriore apprezzamento circa l’ordine di prevalenza degli interessi pubblici (certezza delle regole; par condicio) è stato già effettuato e si è consumato all’atto dell’esercizio della potestà di emanare la lex specialis di gara.

Del resto, diversamente ritenendo, l’integrazione si tradurrebbe in una inammissibile alterazione della par condicio rispetto agli altri concorrenti che abbiano regolarmente prodotto la documentazione richiesta sotto espressa comminatoria di esclusione dalla gara, supplendo a carenze documentali addebitabili solo alla ditta concorrente.

****Commento a sentenza numero 1948 dell’ 11 novembre 2011 pronunciata dal Tar Puglia, Lecce

Nel commento anche T.a.r. Campania Salerno, I, sentenza n. 6538 del 14 maggio 2010; T.a.r. Puglia Bari, I, sentenza n. 1379 del 3 giugno 2009; T.a.r. Campania Napoli, I, sentenza n. 8841 del 28 giugno 2005)

Inadatto certificato di qualità per dimezzare la cauzione

Assume prioritario rilievo il contestato profilo dell’inidoneità del “certificato di qualità” presentato ai fini del dimezzamento della cauzione.

L’agevolazione di cui trattasi è volta a premiare le imprese che sono in possesso di capacità certificata nell’esecuzione delle <lavorazioni della stessa natura di quelle da affidare> e che, quindi, offrono garanzia di maggiore affidabilità, con conseguente attenuazione del rischio di inadempimento

ove non diversamente specificato, la certificazione del sistema di qualità aziendale e la dichiarazione della presenza degli elementi significativi e tra loro correlati del sistema di qualità aziendale si riferiscono <a tutte le categorie oggetto di attestazione

in assenza di specifiche limitazioni contenute nella certificazione stessa, quest’ultima comprende tutte le lavorazioni che l’impresa esegue nell’espletamento della propria attività e per le quali ha conseguito l’attestazione SOA

di contro, nel caso in cui la certificazione <identifica espressamente talune tipologie di lavorazioni>, la predetta certificazione attesta la capacità organizzativa ed operativa dell’impresa limitatamente alle lavorazioni indicate, per tutte le altre, invece, l’impresa risulta priva della certificazione di qualità

è ormai jus receptum che <deve esserci una corrispondenza tra la categoria prevalente dei lavori posti in gara e quella a cui si riferisce la certificazione di qualità>

[…]

Né si può condividere la tesi dell’Amministrazione che la certificazione di qualità dell’impresa si riferirebbe alla gestione dell’impresa nel suo complesso e non sarebbe collegata alle specifiche attività svolte.

Come espressamente affermato dall’Autorità di Vigilanza “la certificazione attesta la capacità organizzativa ed operativa dell’impresa limitatamente alle lavorazioni indicate, per tutte le altre, invece, l’impresa risulta priva della certificazione di qualità”.

Del resto è logico che sussista il collegamento ed il riferimento specifico, posto che, altrimenti, si potrebbe pervenire all’assurdo di riconoscere il beneficio (del dimezzamento) ad imprese che svolgono (con qualità) tutt’altro rispetto ai lavori posti in gara.

La sussistenza del collegamento e dell’identità (con la categoria prevalente) risultava “essenziale” per la facoltà di dimezzamento della cauzione

Passaggio tratto dalla sentenza numero 1948 dell’ 11 novembre 2011 pronunciata dal Tar Puglia, Lecce

Nel commento anche T.a.r. Campania Salerno, I, sentenza n. 6538 del 14 maggio 2010; T.a.r. Puglia Bari, I, sentenza n. 1379 del 3 giugno 2009; T.a.r. Campania Napoli, I, sentenza n. 8841 del 28 giugno 2005)”.

Ed allora, se “nella pluralità e complessità delle prestazioni che una stazione appaltante può individuare nell’indire un appalto non è possibile pretendere la perfetta coincidenza tra l’attività imprenditoriale cui si riferisce una certificazione di qualità e la totalità delle voci incluse nella descrizione del servizio”, è tuttavia necessario che tale requisito sia posseduto con riferimento alla categoria prevalente dei lavori posti in gara e quella a cui si riferisce la certificazione di qualità (T.a.r. Sicilia Catania, III, 14 dicembre 2010, n. 4721; T.a.r. Puglia Bari, I, 3 giugno 2009, n. 1379).

Nel caso in esame, invece, il certificato del sistema di qualità prodotto dalla Ricorrente Impianti (e in base al quale essa forniva una garanzia ridotta del 50%) era rilasciato “in relazione al seguente scopo: Studi di progettazione e gestione di global service degli impianti. Progettazione e installazione di impianti tecnologici e impianti per la distribuzione di energia elettrica in corrente alternata” (laddove la categoria prevalente nei lavori de quibus era quella “Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela (opere edili): OG2”).

Il riferimento alle altre attività svolte dalla ditta, dunque, pure contenuto mediante indicazione delle relative sigle nel certificato in parola, non estendeva alle medesime la valenza della certificazione stessa.

La cauzione offerta da Ricorrente Impianti, dunque, violava la disciplina posta dal bando -espressamente a pena di esclusione- sul punto: a quanto appena esposto segue l’accoglimento del ricorso incidentale proposto dal RTI Controinteressata e, per il carattere escludente dello stesso, l’inammissibilità -per difetto di legittimazione- di quello principale della Ricorrente Impianti

Si legga anche

poiché la riduzione dell’importo cauzionale è giustificata dalla maggiore affidabilità strutturale ed operativa dell’impresa, è necessario che tale requisito sia posseduto con riferimento all’oggetto specifico dell’appalto

Nella specie, il riassunto principio risulta violato, posto che le imprese aggiudicatarie non possiedono la certificazione di qualità per le categorie prevalenti oggetto di gara.

Ricorso per violazione e falsa applicazione del bando e del disciplinare di gara del 26 ottobre 2006, violazione e falsa applicazione dell’art. 75 del d. lgs. n. 163/2006, violazione del d.p.r. n. 445/2000, avuto concorrente riguardo: b1) al rilievo per cui – non essendo la certificazione di qualità rilasciata alla controinteressata inerente le categorie di lavori (OG8 e OHG13) di cui all’appalto – l’importo della garanzia non avrebbe potuto essere – come invece era stato – ridotto del 50%; b2) alla circostanza per cui – secondo sarebbe risultato da una verifica effettuata su Internet – i certificati prodotti non sarebbero stati in atto validi;

qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?

Fondato risulta, per contro, il successivo motivo di doglianza, con il quale le ricorrenti si dolgono della circostanza che l’associazione aggiudicataria si sia avvalsa della facoltà di dimezzare la cauzione provvisoria, concessa alle concorrenti dotate di certificazione di qualità nel solo (ed evidente) caso che la detta certificazione fosse corrispondente alle categorie di lavori previste per l’appalto e non – come, per l’appunto, occorso nella specie – nel caso in cui detta certificazione fosse inerente ad altre categorie. Di fatto, nell’assunto critico delle ricorrenti, l’aggiudicataria possedeva la certificazione solo per le categorie OG1, OG3 e OG6 e non per le categorie OG8 e OG13, inerenti il bando.

5.- La tesi è corretta.

Costituisce, invero, jus receptum – dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi – quello per cui poiché la riduzione dell’importo cauzionale è giustificata dalla maggiore affidabilità strutturale ed operativa dell’impresa, è necessario che tale requisito sia posseduto con riferimento all’oggetto specifico dell’appalto, onde tale collegamento significa che debba esservi corrispondenza tra la categoria prevalente dei lavori posti in gara e quella a cui si riferisce la certificazione di qualità (da ultimo, T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 3 giugno 2009, n. 1379 e già, perspicuamente, T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 28 giugno 2005, n. 8841).

Nella specie, il riassunto principio risulta violato, posto che le imprese aggiudicatarie non possiedono la certificazione di qualità per le categorie prevalenti oggetto di gara.

6.- L’accoglimento del motivo che precede appare, come tale, assorbente di ogni altra doglianza, legittimando il complessivo accoglimento del gravame.

Ne discende la fondatezza della correlata istanza risarcitoria (posta l’impossibilità di conseguire in forma specifica soddisfazione al leso interesse partecipativo, in considerazione della avvenuta ultimazione dei lavori certificata dalla resistente Amministrazione).

A tal fine, le poste di danno prospettate dalle resistenti attengono: a) al mancato utile (parametrato al 10% dell’importo a base di gara che avrebbe costituito il corrispettivo dell’appalto); b) al danno all’immagine.

Entrambe vanno riconosciute: a) la prima quale danno direttamente e pacificamente conseguente alla mancata aggiudicazione del contratto (sul presupposto che – in virtù della già disposta aggiudicazione provvisoria – la mancata riammissione in gara delle controinteressate avrebbe, in difetto di ragioni ostative, direttamente condotto alla aggiudicazione definitiva); b) la seconda, in quanto alla mancata esecuzione dell’opera appaltata si ricollegano diretti nocumenti all’immagine della società e al suo radicamento nel mercato, per non dire del potenziamento di imprese concorrenti che operino sul medesimo target di mercato, in modo illegittimo dichiarate aggiudicatarie della gara, di tal che, in linea di massima deve ammettersi che l’impresa illegittimamente privata dell’esecuzione di un appalto posa rivendicare a titolo di lucro cessante anche la perdita della possibilità di arricchire il proprio curriculum professionale (da ultimo, Consiglio Stato , sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3144).

In ordine al quantum, importa precisare: a) che la prima voce di danno va calcolata non già con riferimento, in astratto, alla base d’asta, ma con riferimento, in concreto, all’offerta formulata, qualificata da eventuale ribasso; b) che la seconda può ragionevolmente (ed equitativamente) parametrarsi proporzionalmente al ridetto lucro cessante, in dipendenza dell’importanza dell’appalto (cfr. ancora Cons. Stato n. 3144/2009), in percentuale che il Collegio stima equo quantificare nel 3%; c) che le somme, così determinate, andranno maggiorate di interessi legali decorrenti dalla data di pubblicazione della presente statuizione fino all’effettivo soddisfo.

In mancanza di dati precisi inerenti l’offerta formulata dalla ricorrente, appare opportuno – ai sensi dell’art. 35 del d. lgs. n. 80/1998 – condannare genericamente l’Amministrazione a formulare, in favore delle ricorrenti ed in adesione ai criteri prospettati, offerta risarcitoria, nel termine di trenta giorni, decorrenti dalla notifica ad impulso di parte della presente statuizione, salva – in mancanza di accordo – la facoltà di proporre successivo ricorso ex art. 27, primo comma, numero 4) , del testo unico approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054.

SI LEGGA ANCHE

In tema di riduzione della cauzione provvisoria per possesso della certificazione di qualità e di necessario legittimo contratto di avvalimento

Con il primo motivo la ricorrente lamenta che la controinteressata, non sia stata esclusa per aver prestato una cauzione provvisoria dimezzata, nonostante avesse presentato certificazione ISO 9001:2000 non idonea perché riguardante solo parte delle attività oggetto dell’appalto in esame.: qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?

L’istante dubita soprattutto che possa essere oggetto di avvalimento il requisito di capacità tecnica relativo alla gestione dei rifiuti alla bonifica dei siti inquinati, in quanto questa attitudine è ancorata per legge a rigorose procedure autorizzatorie pubbliche e riguarda un’attività qualificata come pericolosa per la salute e per l’ambiente, sottoposta perciò a rigorose misure di precauzione e di sicurezza._Specifica poi l’interessata (al motivo sub 5.b) che il contratto di avvalimento tra la prima controinteresata . e la seconda controinteressata non sarebbe idoneo a garantire la capacità tecnica della prima, per quanto riguarda l’attività di bonifica di siti inquinati d’amianto (categoria 10) e che, in particolare, la dichiarazione allegata al contratto di avvalimento resa dall’ausiliaria non corrisponderebbe alle prescrizioni di legge (articolo 49, secondo comma, lettera d), del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163), sotto due diversi profili: da un lato, perché il testo, come formulato dalla società, non comprende l’impegno di messa a disposizione nei confronti della stazione appaltante; dall’altro lato, la promessa alla controinteressata riguarda esclusivamente “… tutti gli automezzi elencati nell’autorizzazione alla raccolta, trasporto e smaltimento rifiuti allegata, necessaria l’espletamento del servizio” e non garantisce quindi l’utilizzo di tutte le risorse (mezzi e personale) destinate a svolgere la delicata attività di bonifica dall’amianto.cosa ne pensa l’adito giudice amministrativo?

La censura non è fondata._È evidente che, nella pluralità e complessità delle prestazioni che una stazione appaltante può individuare nell’indire un appalto, non è possibile pretendere la perfetta coincidenza tra l’attività imprenditoriale cui si riferisce una certificazione di qualità e la totalità delle voci incluse nella descrizione del servizio._La giurisprudenza ha al proposito osservato che, “poiché la riduzione dell’importo cauzionale è giustificata dalla maggiore affidabilità strutturale ed operativa dell’impresa, è necessario che tale requisito sia posseduto con riferimento all’oggetto specifico dell’appalto”, ma che tale collegamento significa che debba “esservi corrispondenza tra la categoria prevalente dei lavori posti in gara e quella a cui si riferisce la certificazione di qualità” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 28 giugno 2005 n. 8841). _In concreto, nella fattispecie in esame, i servizi oggetto dell’appalto consistono nella raccolta, nel trasporto, nello smaltimento e nell’eventuale recupero di rifiuti speciali, nonché nella bonifica di apparecchiature in esercizio e di eventuali aree inquinate, come specificamente elencati nell’articolo 1 del capitolato speciale._La certificazione ISO 9001:2000 in possesso della controinteressata si riferisce ai “seguenti campi di attività”: “l’erogazione del servizio di raccolta, trasporto, stoccaggio provvisorio e il recupero di rifiuti non pericolosi provenienti dalla rottamazione di apparecchiature elettriche ed elettroniche”. La certificazione rilasciata alla seconda controinteressata si riferisce ai rifiuti pericolosi e non pericolosi alla disinfestazione e alle bonifiche ambientali, anche d’amianto, e infine quella della terza controinteressata indica, quali settori operativi, la costruzione di edifici civili e industriali; la bonifica dall’amianto con relativa rimozione. _Di conseguenza non può fondatamente predicarsi l’inidoneità delle certificazioni a giustificare la riduzione della cauzione provvisoria._ Per quanto riguarda la disciplina dei contratti pubblici, d’altro canto, bisogna ricordare che mentre la qualificazione SOA è normalmente oggetto di avvalimento, come risulta dagli articoli 49 e 50 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, altrettanto non può dirsi (nonostante la giurisprudenza parli senza troppi distinguo del carattere generale del meccanismo dell’avvalimento) per gli altri “sistemi legali vigenti di attestazione o di qualificazione nei servizi e forniture” per i quali le disposizioni dell’articolo 50 “si applicano, in quanto compatibili”. _Nella fattispecie concreta, non è comunque necessario approfondire la questione della compatibilità o meno tra il regime autorizzatorio in tema di bonifica di siti dall’amianto e l’avvalimento, pur argomentato ex parte actoris, in quanto la dichiarazione resa dalla seconda controinteressata appare inidonea a garantire l’A.Q.P. della serietà della messa a disposizione della controinteressata delle risorse corrispondenti ai requisiti non posseduti.

Merita di essere segnalata la decisione numero 1379 del 5 giugno 2009, emessa dal Tar Puglia, Bari e della quale segnaliamo il seguente passaggio:

< A norma dell’articolo 49, secondo comma, lettera d), 12 aprile 2006 n. 163, il partecipante alla gara deve allegare tra l’altro “una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui quest’ultima si obbliga verso il concorrente e verso la stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente”.

È evidente allora, come denunciato dalla società ALFA, che

– la dichiarazione sottoscritta dalla Nuova BETADUE non contiene assolutamente alcun obbligo verso la stazione appaltante;

– con la riportata dichiarazione la Nuova BETADUE mette a disposizione della BETA esclusivamente “… tutti gli automezzi elencati nell’autorizzazione alla raccolta, trasporto e smaltimento rifiuti allegata, necessaria per l’espletamento del servizio”, mentre non vengono minimamente menzionati gli appositi macchinari, il personale specializzato ovvero all’uopo addestrato e le ulteriori garanzie condizionanti l’iscrivibilità della ditta alla categoria 10 dell’Albo ambientale, che rappresentano d’altra parte le risorse indispensabili per poter svolgere l’attività di bonifica dei siti inquinati dall’amianto.

Il ricorso dunque dev’essere accolto e, per l’effetto, va annullata la determinazione dell’Acquedotto Pugliese s.p.a. n. 80098 del 6 giugno 2008, con cui è stato affidato il servizio di raccolta, trasporto, smaltimento, eventuale recupero di rifiuti speciali, nonché la bonifica di apparecchiature in esercizio e di eventuali aree inquinate.>

§§§§§§§§§§§§§§§§§

In tema di riduzione della cauzione provvisoria per possesso della certificazione di qualità e di necessario legittimo contratto di avvalimento

Con il primo motivo la ricorrente lamenta che la controinteressata, non sia stata esclusa per aver prestato una cauzione provvisoria dimezzata, nonostante avesse presentato certificazione ISO 9001:2000 non idonea perché riguardante solo parte delle attività oggetto dell’appalto in esame.: qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?

L’istante dubita soprattutto che possa essere oggetto di avvalimento il requisito di capacità tecnica relativo alla gestione dei rifiuti alla bonifica dei siti inquinati, in quanto questa attitudine è ancorata per legge a rigorose procedure autorizzatorie pubbliche e riguarda un’attività qualificata come pericolosa per la salute e per l’ambiente, sottoposta perciò a rigorose misure di precauzione e di sicurezza._Specifica poi l’interessata (al motivo sub 5.b) che il contratto di avvalimento tra la prima controinteresata . e la seconda controinteressata non sarebbe idoneo a garantire la capacità tecnica della prima, per quanto riguarda l’attività di bonifica di siti inquinati d’amianto (categoria 10) e che, in particolare, la dichiarazione allegata al contratto di avvalimento resa dall’ausiliaria non corrisponderebbe alle prescrizioni di legge (articolo 49, secondo comma, lettera d), del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163), sotto due diversi profili: da un lato, perché il testo, come formulato dalla società, non comprende l’impegno di messa a disposizione nei confronti della stazione appaltante; dall’altro lato, la promessa alla controinteressata riguarda esclusivamente “… tutti gli automezzi elencati nell’autorizzazione alla raccolta, trasporto e smaltimento rifiuti allegata, necessaria l’espletamento del servizio” e non garantisce quindi l’utilizzo di tutte le risorse (mezzi e personale) destinate a svolgere la delicata attività di bonifica dall’amianto.cosa ne pensa l’adito giudice amministrativo?

La censura non è fondata._È evidente che, nella pluralità e complessità delle prestazioni che una stazione appaltante può individuare nell’indire un appalto, non è possibile pretendere la perfetta coincidenza tra l’attività imprenditoriale cui si riferisce una certificazione di qualità e la totalità delle voci incluse nella descrizione del servizio._La giurisprudenza ha al proposito osservato che, “poiché la riduzione dell’importo cauzionale è giustificata dalla maggiore affidabilità strutturale ed operativa dell’impresa, è necessario che tale requisito sia posseduto con riferimento all’oggetto specifico dell’appalto”, ma che tale collegamento significa che debba “esservi corrispondenza tra la categoria prevalente dei lavori posti in gara e quella a cui si riferisce la certificazione di qualità” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 28 giugno 2005 n. 8841). _In concreto, nella fattispecie in esame, i servizi oggetto dell’appalto consistono nella raccolta, nel trasporto, nello smaltimento e nell’eventuale recupero di rifiuti speciali, nonché nella bonifica di apparecchiature in esercizio e di eventuali aree inquinate, come specificamente elencati nell’articolo 1 del capitolato speciale._La certificazione ISO 9001:2000 in possesso della controinteressata si riferisce ai “seguenti campi di attività”: “l’erogazione del servizio di raccolta, trasporto, stoccaggio provvisorio e il recupero di rifiuti non pericolosi provenienti dalla rottamazione di apparecchiature elettriche ed elettroniche”. La certificazione rilasciata alla seconda controinteressata si riferisce ai rifiuti pericolosi e non pericolosi alla disinfestazione e alle bonifiche ambientali, anche d’amianto, e infine quella della terza controinteressata indica, quali settori operativi, la costruzione di edifici civili e industriali; la bonifica dall’amianto con relativa rimozione. _Di conseguenza non può fondatamente predicarsi l’inidoneità delle certificazioni a giustificare la riduzione della cauzione provvisoria._ Per quanto riguarda la disciplina dei contratti pubblici, d’altro canto, bisogna ricordare che mentre la qualificazione SOA è normalmente oggetto di avvalimento, come risulta dagli articoli 49 e 50 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, altrettanto non può dirsi (nonostante la giurisprudenza parli senza troppi distinguo del carattere generale del meccanismo dell’avvalimento) per gli altri “sistemi legali vigenti di attestazione o di qualificazione nei servizi e forniture” per i quali le disposizioni dell’articolo 50 “si applicano, in quanto compatibili”. _Nella fattispecie concreta, non è comunque necessario approfondire la questione della compatibilità o meno tra il regime autorizzatorio in tema di bonifica di siti dall’amianto e l’avvalimento, pur argomentato ex parte actoris, in quanto la dichiarazione resa dalla seconda controinteressata appare inidonea a garantire l’A.Q.P. della serietà della messa a disposizione della controinteressata delle risorse corrispondenti ai requisiti non posseduti.

Merita di essere segnalata la decisione numero 1379 del 5 giugno 2009, emessa dal Tar Puglia, Bari e della quale segnaliamo il seguente passaggio:

< A norma dell’articolo 49, secondo comma, lettera d), 12 aprile 2006 n. 163, il partecipante alla gara deve allegare tra l’altro “una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui quest’ultima si obbliga verso il concorrente e verso la stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente”.

È evidente allora, come denunciato dalla società ALFA, che

– la dichiarazione sottoscritta dalla Nuova BETADUE non contiene assolutamente alcun obbligo verso la stazione appaltante;

– con la riportata dichiarazione la Nuova BETADUE mette a disposizione della BETA esclusivamente “… tutti gli automezzi elencati nell’autorizzazione alla raccolta, trasporto e smaltimento rifiuti allegata, necessaria per l’espletamento del servizio”, mentre non vengono minimamente menzionati gli appositi macchinari, il personale specializzato ovvero all’uopo addestrato e le ulteriori garanzie condizionanti l’iscrivibilità della ditta alla categoria 10 dell’Albo ambientale, che rappresentano d’altra parte le risorse indispensabili per poter svolgere l’attività di bonifica dei siti inquinati dall’amianto.

Il ricorso dunque dev’essere accolto e, per l’effetto, va annullata la determinazione dell’Acquedotto Pugliese s.p.a. n. 80098 del 6 giugno 2008, con cui è stato affidato il servizio di raccolta, trasporto, smaltimento, eventuale recupero di rifiuti speciali, nonché la bonifica di apparecchiature in esercizio e di eventuali aree inquinate.>

Sui rapporti fra possesso della certificazione di qualità e riduzione delle cauzioni negli appalti di lavori,

La riduzione della cauzione di cui all’art. 8, comma 11 quater, lettera a) della legge 11.2.1994 n. 109 configuria un beneficio riconosciuto ad un’impresa in considerazione di una sua particolare condizione soggettiva – attestata dal possesso della certificazione di qualità – per cui questa è ritenuta maggiormente affidabile, sia come concorrente che come potenziale affidataria dell’appalto.

Ne deriva l’automatica applicabilità della norma, nel senso che il beneficio della riduzione della cauzione deve ritenersi operante indipendentemente da un’espressa previsione da parte della lex specialis di gara che non potrebbe nemmeno legittimamente escluderne a priori l’operatività.

Sui rapporti fra possesso della certificazione di qualità e riduzione delle cauzioni negli appalti di lavori, appare utile sottolineare quanto di insegna il Tar Campania, Napoli, con la sentenza numero 8841 del 2005;:

<Poichè la portata generale dell’istituto deve tenere conto della natura soggettiva del beneficio che ne caratterizza l’applicazione nel caso concreto, bisogna tener conto di determinati presupposti.

  1. Innanzitutto, occorre che vi sia una manifestazione di volontà espressa ed inequivoca da parte dell’impresa di volersi avvalere della riduzione, dichiarazione in mancanza della quale, infatti, la stazione appaltante si troverebbe di fronte ad una garanzia di importo ingiustificatamente dimezzato, circostanza che, oggettivamente considerata, integrerebbe addirittura gli estremi di una legittima causa di esclusione.

  1. Inoltre, trattandosi di un beneficio operante solo in presenza della certificazione di qualità, l’impresa che intenda avvalersene ha l’onere di dimostrare documentalmente il possesso di tale requisito.

Infine, poiché la riduzione dell’importo cauzionale è giustificata dalla maggiore affidabilità strutturale ed operativa dell’impresa, è necessario che tale requisito sia posseduto con riferimento all’oggetto specifico dell’appalto, dovendo pertanto esservi corrispondenza tra la categoria prevalente dei lavori posti in gara e quella a cui si riferisce la certificazione di qualità.>

Sentenza collegata

36838-1.pdf 155kB

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Lazzini Sonia

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