Università: blocco delle assunzioni (Cons. Stato n. 17/2012)

Redazione 28/05/12
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FATTO

1. Gli odierni appellanti sono professori associati confermati o ricercatori confermati presso l’Università degli Studi “Mediterranea”di Reggio Calabria, che hanno conseguito il giudizio di idoneità all’esito, rispettivamente, dei concorsi per professore ordinario e per professore associato banditi dalla stessa Università o da altra Università nella seconda sessione dell’anno 2008. Ai sensi dell’art. 5, co. 4, d.P.R. 23 marzo 2000, n. 117, i docenti in esame sono stati proposti per la nomina (c.d. “chiamata”) dai rispettivi Consigli di Facoltà. Gli appellanti hanno quindi chiesto all’Università resistente di essere assunti nella qualifica per la quale sono risultati idonei. A tale richiesta l’Università ha opposto un diniego fondato sulla ritenuta applicabilità del c.d. “blocco delle assunzioni” disposto dall’art. 1 del d.l. 10 novembre 2008, n. 180, convertito dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, in ragione del superamento del limite del 90% del rapporto tra le spese fisse e la misura del FFO (fondo di finanziamento ordinario) alla data del 31 dicembre 2010.

2 Contro i provvedimenti di diniego gli odierni appellanti hanno proposto separati ricorsi innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria – sezione staccata di Reggio Calabria.

Con la sentenza in epigrafe specificata i Primi Giudici hanno respinto i ricorsi.

In sintesi, il Tribunale di prime cure ha tracciato la seguente parabola motivazionale:

– l’art. 1, co. 1, d.l. n. 180 del 2008 cit., nel prevedere il divieto, per le università statali che superino il suddetto limite del 90%, di procedere ad assunzioni, reca una norma a regime, dettata sia da ragioni finanziarie che organizzative, applicabile anche alle procedure concorsuali già bandite e/o espletate al momento dell’entrata in vigore della normativa in esame;

– non è violato nel caso di specie il diritto all’assunzione o il relativo affidamento, perché non viene in rilievo una definitiva preclusione all’assunzione, ma solo un suo differimento;

-quanto, poi, alla posizione di coloro che sono stati dichiarati idonei in forza di concorsi banditi da altre università, si appalesa ostativa all’assunzione la mancanza della previsione dei posti in sede di previa programmazione triennale;

– sono manifestamente infondate le dedotte censure di costituzionalità, in relazione alla paventata lesione dei principi di uguaglianza, imparzialità, buon andamento dell’amministrazione e autonomia universitaria.

3. La sentenza è impugnata con quattro separati appelli, sostenuti da censure di identico tenore, salvo una doglianza aggiuntiva articolata dai soli ricorrenti che hanno conseguito l’idoneità presso università diverse da quella dove prestano servizio attualmente come ricercatori o professori associati.

Ai fini che in questa sede rileva, con il terzo motivo, comune a tutti gli appelli, i ricorrenti contestano il capo di sentenza secondo cui il divieto legale sarebbe applicabile anche ai ricercatori e professori associati già in servizio presso l’Università Mediterranea che reclamino l’inquadramento in ruolo presso lo stesso ente, rispettivamente, come professori associati e professori ordinari.

A sostegno dell’assunto le parti appellanti pongono il duplice rilievo che non si tratterebbe di assunzione ma di passaggio a qualifica superiore e che la nomina non procurerebbe, in punto di fatto, un aggravio di costi in quanto il transito di un ricercatore o di professore associato, con una certa anzianità di servizio, nella posizione iniziale, rispettivamente, di professore associato o ordinario, non comporta un aggravio finanziario a carico dell’Università.

4. Con Ordinanza n. 1249 del 5 marzo 2012, la sesta sezione di questo Consiglio ha rimesso l’esame della causa all’Adunanza Plenaria, ai sensi dell’art. 99, comma 1, cod.proc.amm., in ragione del contrasto interpretativo sussistente con riferimento proprio alla questione, investita dal terzo motivo comune a tutti gli appelli, dell’applicabilità del blocco di assunzioni anche laddove non si tratti di nuove assunzioni ma dell’attribuzione di una qualifica superiore.

5. Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.

All’udienza del 21 maggio 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Va anzitutto disposta la riunione dei quattro appelli indicati in epigrafe, perché proposti contro la medesima sentenza (art. 96, co. 1, cod. proc. amm.).

2. I ricorrenti, professori associati confermati o ricercatori confermati presso l’Università degli Studi “Mediterranea”, si dolgono della mancata assunzione in ruolo nella fascia superiore di docenza della carriera universitaria, assumendo l’inapplicabilità nei loro confronti del blocco delle assunzioni sancito dall’art. 1 del d. l. 10 novembre 2008, n. 180, convertito dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, posto a fondamento dei provvedimento di diniego impugnati in prime cure.

3. L’esame del tema specifico sottoposto al vaglio di questa Adunanza richiede una sintetica disamina della normativa che regola la materia.

Ai sensi dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 180 del 2008 cit. “Le università statali che, alla data del 31 dicembre di ciascun anno, hanno superato il limite di cui all’articolo 51, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, fermo restando quanto previsto dall’articolo 12, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, non possono procedere all’indizione di procedure concorsuali e di valutazione comparativa, ne’ all’assunzione di personale. Alle stesse università e’ data facoltà di completare le assunzioni dei ricercatori vincitori dei concorsi di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176, e all’articolo 4-bis, comma 17, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, e comunque di concorsi espletati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica”.

Il successivo comma 3 prevede che “il primo periodo del comma 13, dell’articolo 66 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e’ sostituito dai seguenti: «Per il triennio 2009-2011, le universita’ statali, fermi restando i limiti di cui all’articolo 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, possono procedere, per ciascun anno, ad assunzioni di personale nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al cinquanta per cento di quella relativa al personale a tempo indeterminato complessivamente cessato dal servizio nell’anno precedente. Ciascuna universita’ destina tale somma per una quota non inferiore al 60 per cento all’assunzione di ricercatori a tempo indeterminato, nonché di contrattisti ai sensi dell’articolo 1 comma 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e per una quota non superiore al 10 per cento all’assunzione di professori ordinari. Sono fatte salve le assunzioni dei ricercatori per i concorsi di cui all’articolo 1, comma 648, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nei limiti delle risorse residue previste dal predetto articolo 1, comma 650. ».

La disposizione reca, ai commi successivi, ulteriori disposizioni volte a disciplinare la prosecuzione ed il completamento delle procedure di reclutamento di professori di I e II fascia indette nell’anno 2008.

Dall’esame del tessuto normativo si ricava che il c.d. blocco delle assunzioni di cui al primo comma dell’art. 1 del d.l. n. 180 del 2008 è una misura sancita da una norma a regime a tenore della quale il superamento del limite di cui all’articolo 51, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 determina, quale conseguenza automatica, il precipitato del divieto, a carico delle università statali, di procedere all’espletamento di procedure concorsuali ed all’assunzione di personale fino al rientro nei parametri massimi. Solo alle università che non superino il limite è consentita la prosecuzione delle procedure di selezione indette nel 2008, con la diversa composizione delle commissioni rideterminata ex lege.

La disciplina fin qui esposta non persegue finalità di carattere esclusivamente finanziario in quanto è rivolta anche a scopi di organizzazione generale, prefiggendosi l’obiettivo prioritario e strategico di incentivare le università a comportamenti virtuosi nell’ottica del conseguimento dei livelli qualitativi di autodisciplina sinteticamente descritti nella stessa struttura del fondo di finanziamento ordinario e nella più generale architettura del sistema di finanziamento pubblico delle università. Pertanto, il divieto dell’assunzione di nuovo personale non persegue solo lo scopo di evitare l’incremento di spesa, ma mira anche alla finalità di guidare l’ente universitario al rientro nei parametri, costringendolo a sospendere il reclutamento di personale e concorrendo a sostenere quella complessa opera di miglioramento qualitativo del servizio universitario che il legislatore si è prefisso.

4. Tracciato il quadro generale della disciplina in materia di blocco delle assunzioni e della ratio che la sorregge, si può ora passare all’esame della questione specifica dell’applicabilità della normativa in esame al caso della mancata assunzione in ruolo, nella fasce superiori di docenza della carriera universitaria, di professori associati confermati o ricercatori confermati in servizio presso la medesima università.

4.1. In merito alla questione all’applicabilità del blocco delle assunzioni alla fattispecie del passaggio di qualifica, l’Ordinanza di rimessione rileva che la stessa non ha conosciuto una soluzione univoca.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale ricordato dagli appellanti, il divieto di assunzione di cui alla legge in esame ed alle precedenti discipline di analogo tenore succedutesi nel tempo, in quanto sancito da norme eccezionali non passibili di interpretazione estensiva o di applicazione analogica, non si applicherebbe all’ipotesi di progressione derivante dall’attribuzione di una qualifica superiore al personale già in servizio (Cons. Stato, sez. VI, 21 aprile 2010 n. 2217; 16 novembre 2004 n. 7483; 27 novembre 2001, n. 5958).

Secondo il diverso orientamento espresso da Cons. Stato, comm. spec. pubblico impiego, parere 9 novembre 2005, n. 3556/05, il blocco delle assunzioni concernerebbe invece, oltre che le assunzioni derivanti da procedure selettive pubbliche, anche le progressioni da un’area all’altra conseguenti a procedure di riqualificazione del personale dipendente.

4.2. L’Adunanza Plenaria reputa che il divieto di assunzione operi anche per l’inquadramento in ruolo, in una fascia superiore, di docenti già in servizio presso la medesima università.

4.2.1. A sostegno dell’assunto depone, in prima battuta, la considerazione che, nel caso di specie, non viene in rilievo una procedura concorsuale interna finalizzata all’attribuzione di una qualifica superiore ma un diverso inquadramento in ruolo per effetto dell’idoneità conseguita all’esito di un concorso esterno, aperto anche a soggetti non legati da alcun rapporto con l’università e non in possesso, ancora più in radice, dello status di docenti universitari. La circostanza che non si tratti di procedura riservata a soggetti già aventi la qualifica di docenti universitari o comunque legati da un rapporto di lavoro all’amministrazione universitaria, dimostra che la selezione non è finalizzata alla progressione in carriera ma all’assunzione, id est all’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro caratterizzato da una soluzione di continuità rispetto alla pregressa posizione eventualmente rivestita dal soggetto idoneo. Non è chi non veda, d’altronde, come una diversa soluzione ermeneutica, che escludesse l’operatività del divieto solo per i docenti già in servizio presso l’Università che operi la chiamata, discriminerebbe in modo illogico la posizione dei soggetti che abbiano conseguito l’idoneità all’esito della medesima procedura in base al dato, accidentale ed estrinseco rispetto ai caratteri ed alla finalità della procedura selettiva, della sussistenza di un pregresso rapporto con l’amministrazione universitaria.

Si deve soggiungere che la ratio legis, identificata nelle richiamate esigenze di contenimento della spesa e di stimolazione di condotte virtuose, si estende anche all’inquadramento in un diverso ruolo di personale docente già in servizio presso l’università.

Si deve, in particolare, convenire, sulla scorta di questa prospettiva ermeneutica, che l’assunto, sostenuto dagli appellanti, secondo cui non vi sarebbe aumento di costi in caso di nomina un ruolo di soggetti già inquadrati presso la stessa università ad un livello inferiore è, da un lato, infondato in fatto, e, dall’altro, irrilevante in punto di diritto.

Quanto al primo aspetto, infatti, il mancato aumento di costi si registra, in caso di transito ad una fascia superiore della docenza, solo per il primo triennio e non a regime, in quanto la conferma del docente non è un fatto meramente eventuale ma l’evenienza fisiologica da prendere in considerazione ai fini dell’indagine in merito agli effetti finanziari sortiti, alla stregua dell’ id quod plerumque accidit, dall’inquadramento nel nuovo ruolo.

D’altro canto, come correttamente ritenuto dal Primo Giudice, il divieto di assunzione risponde a esigenze anche organizzative ed a logiche incentivanti che prescindono dalla sussistenza, o meno, di un immediato aggravio finanziario.

4.2.2. Le considerazioni che precedono consentono di approdare alla conclusione secondo cui il blocco delle assunzioni interessa anche i casi in esame in quanto il nuovo inquadramento in ruolo del docente è il frutto dell’esito positivo di una procedura concorsuale aperta che dà luogo ad un assunzione in senso proprio e non al mero passaggio di qualifica per effetto di procedura riservata.

Si deve per completezza osservare, con riguardo al più ampio tema oggetto del contrasto interpretativo prima evidenziato, che risulta preferibile la tesi, sostenuta dal citato parere reso dalla Commissione speciale, che estende il blocco delle assunzioni ai passaggi di qualifica.

A fondamento di tale indirizzo si pone il principio, ribadito a più riprese dalla giurisprudenza della Corte delle leggi (v.,da ultimo, Corte cost. 10 novembre 2011, n. 299), secondo cui il principio del concorso come strumento di accesso all’impiego pubblico (art. 97, comma 3, Cost) comprende sia le procedure preordinate all’ingresso ex novo di personale nei ruoli dell’amministrazione sia quelle finalizzate al passaggio dei dipendenti ad una qualifica superore. La regola del concorso pubblico si atteggia, in definitiva, a principio costituzionale, passibile di deroga solo nell’ipotesi in cui la progressione non determini la novazione, con effetti estintivo-costitutivi, del rapporto di lavoro preesistente. La Corte costituzionale, in sede di interpretazione della portata della regola del concorso pubblico, ha altresì sottolineato che la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico aperto è stata delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle (ex plurimis, sentenze n. 52 del 2011 e n. 195 del 2010).In particolare, si è più volte ribadito che il principio del pubblico concorso, pur non essendo incompatibile, nella logica dell’agevolazione del buon andamento della pubblica amministrazione, con la previsione per legge di condizioni di accesso intese a consentire il consolidamento di pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa amministrazione, non tollera, salvo circostanze del tutto eccezionali, la riserva integrale dei posti disponibili in favore di personale interno.

La valorizzazione della caratterizzazione sostanzialmente novativa degli effetti sortiti, a fronte della posizione originaria, dall’attribuzione di una qualifica superiore per effetto della procedura concorsuale, è l’argomento posto a sostegno anche dell’indirizzo ermeneutico della Corte di legittimità che, in punto di riparto di giurisdizione, afferma la giurisdizione del giudice amministrativo la cognizione del contenzioso relativo alle procedure riservate volte a sancire la progressione verticale interna, ossia il passaggio tra diverse aree di inquadramento previste dalla contrattazione collettiva.

Posto il principio secondo cui, nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, l’accesso del personale dipendente ad un’area o fascia funzionale superiore deve avvenire per mezzo di una pubblica selezione, comunque denominata ma costituente, in definitiva, un pubblico concorso – al quale, di norma, deve essere consentita anche la partecipazione di candidati esterni -, si osserva che il quarto comma dell’art. 63 d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, laddove riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo ‘le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni’, fa riferimento non solo alle procedure concorsuali strumentali alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive dirette a permettere l’accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore : il termine ‘assunzione’ deve essere correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire e non all’ingresso iniziale nella pianta organica del personale, dal momento che, oltre tutto, l’accesso nell’area superiore di personale interno od esterno implica, esso stesso, un ampliamento della pianta organica (Cassazione civile, sez. un. 15 ottobre 2003, n. 15403).

E’ stato, da ultimo rimarcato (Cassazione civile, sez. un., 5 maggio 2011, n. 9844), che “per procedure concorsuali di assunzione ascritte al diritto pubblico e all’attività autoritativa dell’amministrazione (alla stregua dell’art. 63, comma 4, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165/2001), si intendono non soltanto quelle preordinate alla costituzione ‘ex novo’ dei rapporti di lavoro, ma anche le prove selettive dirette a permettere l’accesso del personale già assunto ad una fascia o area funzionale superiore, e cioè ad una progressione verticale che consista nel passaggio ad una posizione funzionale qualitativamente diversa, tale da comportare una novazione oggettiva del rapporto di lavoro; tale accesso deve avvenire per mezzo di una pubblica selezione, comunque denominata ma costituente, in definitiva, un pubblico concorso. Alla stregua dell’interpretazione enunciata, assume rilevanza determinante, ai fini dell’indicato criterio di riparto della giurisdizione, il contenuto della contrattazione collettiva, sicché in presenza di progressioni, secondo disposizioni di legge o di contratto collettivo, che comportino una progressione verticale nel senso indicato, la cognizione della controversia resta riservata al giudice amministrativo; sussiste, invece, la giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie attinenti a concorsi per soli dipendenti interni che comportino il passaggio da una qualifica all’altra, ma nell’ambito della stessa area (o categoria), sia con acquisizione di posizioni più elevate meramente retributive sia con il conferimento di qualifiche superiori, in base a procedure che l’amministrazione pone in essere con le capacità e i poteri del privato datore di lavoro”.

Si deve allora concludere, in forza dei rilievi fin qui svolti, che soggiacciono al blocco delle assunzioni di cui alla normativa in esame anche le progressioni verticali e le procedure di riqualificazione variamente denominate che sanciscono il passaggio ad una diversa area con la conseguente attribuzione di un nuovo posto per effetto della novazione del precedente rapporto.

5. Alla stregua delle considerazioni fin qui svolte gli appelli riuniti devono essere respinti nella parte in cui ripropongono il motivo dell’inapplicabilità del blocco delle assunzioni all’ipotesi del passaggio dei docenti universitari già in servizio ad una fascia superiore di docenza.

Si deve invece rimettere alla Sezione, ai sensi dell’art. 99, comma 4, del codice del processo amministrativo, la definizione del giudizio con riguardo agli altri motivi che investono tematiche estranee al quesito devoluto al vaglio di questa Adunanza Plenaria.

Deve essere altresì rimessa alla sentenza definitiva la statuizione sulle spese di giudizio.

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10 di A.P. del 2012, proposto da:
***************** e ******************, rappresentati e difesi dall’avv. **************, con domicilio eletto presso ************* in Roma, via G.Pierluigi Da Palestrina 19;

contro

Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è legalmente domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

 

sul ricorso numero di registro generale 11 di A.P. del 2012, proposto da:
Angelo Federico, *****************, *************, ****************, ***************, *******************, rappresentati e difesi dall’avv. **************, con domicilio eletto presso ************* in Roma, via G.Pierluigi Da Palestrina 19;

contro

Università degli ********************* di Reggio Calabria, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;

 

sul ricorso numero di registro generale 12 di A.P. del 2012, proposto da:
****************, rappresentato e difeso dall’avv. **************, con domicilio eletto presso ************* in Roma, via G.Pierluigi Da Palestrina 19;

contro

Università degli Studi ‘Mediterranea di Reggio Calabria’, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;

 

sul ricorso numero di registro generale 13 di A.P. del 2012, proposto da:
***************, rappresentato e difeso dall’avv. **************, con domicilio eletto presso ************* in Roma, via G.Pierluigi Da Palestrina 19;

contro

Università degli Studi ‘Mediterranea di Reggio Calabria’, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;

per la riforma

quanto al ricorso n. 10 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Calabria – Sez. Staccata Di Reggio Calabria n. 00666/2011, resa tra le parti, concernente DINIEGO IMMISSIONE IN SERVIZIO

quanto al ricorso n. 11 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Calabria – Sez. Staccata Di Reggio Calabria n. 00666/2011, resa tra le parti, concernente DINIEGO IMMISSIONE IN SERVIZIO

quanto al ricorso n. 12 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Calabria – Sez. Staccata Di Reggio Calabria n. 00666/2011, resa tra le parti, concernente DINIEGO IMMISSIONE IN SERVIZIO

quanto al ricorso n. 13 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Calabria – Sez. Staccata Di Reggio Calabria n. 00666/2011, resa tra le parti, concernente DINIEGO IMMISSIONE IN SERVIZIO

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione dell’Università degli Studi “Mediterranea di Reggio Calabria’;

Viste le memorie difensive prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive tesi difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’ udienza pubblica del giorno 21 maggio 2012, il Cons. ******************** e uditi per le parti gli avvocati ***** per delega dell’Avv. Romano, e l’avvocato dello Stato Basilica;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Gli odierni appellanti sono professori associati confermati o ricercatori confermati presso l’Università degli Studi “Mediterranea”di Reggio Calabria, che hanno conseguito il giudizio di idoneità all’esito, rispettivamente, dei concorsi per professore ordinario e per professore associato banditi dalla stessa Università o da altra Università nella seconda sessione dell’anno 2008. Ai sensi dell’art. 5, co. 4, d.P.R. 23 marzo 2000, n. 117, i docenti in esame sono stati proposti per la nomina (c.d. “chiamata”) dai rispettivi Consigli di Facoltà. Gli appellanti hanno quindi chiesto all’Università resistente di essere assunti nella qualifica per la quale sono risultati idonei. A tale richiesta l’Università ha opposto un diniego fondato sulla ritenuta applicabilità del c.d. “blocco delle assunzioni” disposto dall’art. 1 del d.l. 10 novembre 2008, n. 180, convertito dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, in ragione del superamento del limite del 90% del rapporto tra le spese fisse e la misura del FFO (fondo di finanziamento ordinario) alla data del 31 dicembre 2010.

2 Contro i provvedimenti di diniego gli odierni appellanti hanno proposto separati ricorsi innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria – sezione staccata di Reggio Calabria.

Con la sentenza in epigrafe specificata i Primi Giudici hanno respinto i ricorsi.

In sintesi, il Tribunale di prime cure ha tracciato la seguente parabola motivazionale:

– l’art. 1, co. 1, d.l. n. 180 del 2008 cit., nel prevedere il divieto, per le università statali che superino il suddetto limite del 90%, di procedere ad assunzioni, reca una norma a regime, dettata sia da ragioni finanziarie che organizzative, applicabile anche alle procedure concorsuali già bandite e/o espletate al momento dell’entrata in vigore della normativa in esame;

– non è violato nel caso di specie il diritto all’assunzione o il relativo affidamento, perché non viene in rilievo una definitiva preclusione all’assunzione, ma solo un suo differimento;

-quanto, poi, alla posizione di coloro che sono stati dichiarati idonei in forza di concorsi banditi da altre università, si appalesa ostativa all’assunzione la mancanza della previsione dei posti in sede di previa programmazione triennale;

– sono manifestamente infondate le dedotte censure di costituzionalità, in relazione alla paventata lesione dei principi di uguaglianza, imparzialità, buon andamento dell’amministrazione e autonomia universitaria.

3. La sentenza è impugnata con quattro separati appelli, sostenuti da censure di identico tenore, salvo una doglianza aggiuntiva articolata dai soli ricorrenti che hanno conseguito l’idoneità presso università diverse da quella dove prestano servizio attualmente come ricercatori o professori associati.

Ai fini che in questa sede rileva, con il terzo motivo, comune a tutti gli appelli, i ricorrenti contestano il capo di sentenza secondo cui il divieto legale sarebbe applicabile anche ai ricercatori e professori associati già in servizio presso l’Università Mediterranea che reclamino l’inquadramento in ruolo presso lo stesso ente, rispettivamente, come professori associati e professori ordinari.

A sostegno dell’assunto le parti appellanti pongono il duplice rilievo che non si tratterebbe di assunzione ma di passaggio a qualifica superiore e che la nomina non procurerebbe, in punto di fatto, un aggravio di costi in quanto il transito di un ricercatore o di professore associato, con una certa anzianità di servizio, nella posizione iniziale, rispettivamente, di professore associato o ordinario, non comporta un aggravio finanziario a carico dell’Università.

4. Con Ordinanza n. 1249 del 5 marzo 2012, la sesta sezione di questo Consiglio ha rimesso l’esame della causa all’Adunanza Plenaria, ai sensi dell’art. 99, comma 1, cod.proc.amm., in ragione del contrasto interpretativo sussistente con riferimento proprio alla questione, investita dal terzo motivo comune a tutti gli appelli, dell’applicabilità del blocco di assunzioni anche laddove non si tratti di nuove assunzioni ma dell’attribuzione di una qualifica superiore.

5. Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.

All’udienza del 21 maggio 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

 

DIRITTO

1. Va anzitutto disposta la riunione dei quattro appelli indicati in epigrafe, perché proposti contro la medesima sentenza (art. 96, co. 1, cod. proc. amm.).

2. I ricorrenti, professori associati confermati o ricercatori confermati presso l’Università degli Studi “Mediterranea”, si dolgono della mancata assunzione in ruolo nella fascia superiore di docenza della carriera universitaria, assumendo l’inapplicabilità nei loro confronti del blocco delle assunzioni sancito dall’art. 1 del d. l. 10 novembre 2008, n. 180, convertito dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, posto a fondamento dei provvedimento di diniego impugnati in prime cure.

3. L’esame del tema specifico sottoposto al vaglio di questa Adunanza richiede una sintetica disamina della normativa che regola la materia.

Ai sensi dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 180 del 2008 cit. “Le università statali che, alla data del 31 dicembre di ciascun anno, hanno superato il limite di cui all’articolo 51, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, fermo restando quanto previsto dall’articolo 12, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, non possono procedere all’indizione di procedure concorsuali e di valutazione comparativa, ne’ all’assunzione di personale. Alle stesse università e’ data facoltà di completare le assunzioni dei ricercatori vincitori dei concorsi di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176, e all’articolo 4-bis, comma 17, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, e comunque di concorsi espletati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica”.

Il successivo comma 3 prevede che “il primo periodo del comma 13, dell’articolo 66 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e’ sostituito dai seguenti: «Per il triennio 2009-2011, le universita’ statali, fermi restando i limiti di cui all’articolo 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, possono procedere, per ciascun anno, ad assunzioni di personale nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al cinquanta per cento di quella relativa al personale a tempo indeterminato complessivamente cessato dal servizio nell’anno precedente. Ciascuna universita’ destina tale somma per una quota non inferiore al 60 per cento all’assunzione di ricercatori a tempo indeterminato, nonché di contrattisti ai sensi dell’articolo 1 comma 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e per una quota non superiore al 10 per cento all’assunzione di professori ordinari. Sono fatte salve le assunzioni dei ricercatori per i concorsi di cui all’articolo 1, comma 648, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nei limiti delle risorse residue previste dal predetto articolo 1, comma 650. ».

La disposizione reca, ai commi successivi, ulteriori disposizioni volte a disciplinare la prosecuzione ed il completamento delle procedure di reclutamento di professori di I e II fascia indette nell’anno 2008.

Dall’esame del tessuto normativo si ricava che il c.d. blocco delle assunzioni di cui al primo comma dell’art. 1 del d.l. n. 180 del 2008 è una misura sancita da una norma a regime a tenore della quale il superamento del limite di cui all’articolo 51, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 determina, quale conseguenza automatica, il precipitato del divieto, a carico delle università statali, di procedere all’espletamento di procedure concorsuali ed all’assunzione di personale fino al rientro nei parametri massimi. Solo alle università che non superino il limite è consentita la prosecuzione delle procedure di selezione indette nel 2008, con la diversa composizione delle commissioni rideterminata ex lege.

La disciplina fin qui esposta non persegue finalità di carattere esclusivamente finanziario in quanto è rivolta anche a scopi di organizzazione generale, prefiggendosi l’obiettivo prioritario e strategico di incentivare le università a comportamenti virtuosi nell’ottica del conseguimento dei livelli qualitativi di autodisciplina sinteticamente descritti nella stessa struttura del fondo di finanziamento ordinario e nella più generale architettura del sistema di finanziamento pubblico delle università. Pertanto, il divieto dell’assunzione di nuovo personale non persegue solo lo scopo di evitare l’incremento di spesa, ma mira anche alla finalità di guidare l’ente universitario al rientro nei parametri, costringendolo a sospendere il reclutamento di personale e concorrendo a sostenere quella complessa opera di miglioramento qualitativo del servizio universitario che il legislatore si è prefisso.

4. Tracciato il quadro generale della disciplina in materia di blocco delle assunzioni e della ratio che la sorregge, si può ora passare all’esame della questione specifica dell’applicabilità della normativa in esame al caso della mancata assunzione in ruolo, nella fasce superiori di docenza della carriera universitaria, di professori associati confermati o ricercatori confermati in servizio presso la medesima università.

4.1. In merito alla questione all’applicabilità del blocco delle assunzioni alla fattispecie del passaggio di qualifica, l’Ordinanza di rimessione rileva che la stessa non ha conosciuto una soluzione univoca.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale ricordato dagli appellanti, il divieto di assunzione di cui alla legge in esame ed alle precedenti discipline di analogo tenore succedutesi nel tempo, in quanto sancito da norme eccezionali non passibili di interpretazione estensiva o di applicazione analogica, non si applicherebbe all’ipotesi di progressione derivante dall’attribuzione di una qualifica superiore al personale già in servizio (Cons. Stato, sez. VI, 21 aprile 2010 n. 2217; 16 novembre 2004 n. 7483; 27 novembre 2001, n. 5958).

Secondo il diverso orientamento espresso da Cons. Stato, comm. spec. pubblico impiego, parere 9 novembre 2005, n. 3556/05, il blocco delle assunzioni concernerebbe invece, oltre che le assunzioni derivanti da procedure selettive pubbliche, anche le progressioni da un’area all’altra conseguenti a procedure di riqualificazione del personale dipendente.

4.2. L’Adunanza Plenaria reputa che il divieto di assunzione operi anche per l’inquadramento in ruolo, in una fascia superiore, di docenti già in servizio presso la medesima università.

4.2.1. A sostegno dell’assunto depone, in prima battuta, la considerazione che, nel caso di specie, non viene in rilievo una procedura concorsuale interna finalizzata all’attribuzione di una qualifica superiore ma un diverso inquadramento in ruolo per effetto dell’idoneità conseguita all’esito di un concorso esterno, aperto anche a soggetti non legati da alcun rapporto con l’università e non in possesso, ancora più in radice, dello status di docenti universitari. La circostanza che non si tratti di procedura riservata a soggetti già aventi la qualifica di docenti universitari o comunque legati da un rapporto di lavoro all’amministrazione universitaria, dimostra che la selezione non è finalizzata alla progressione in carriera ma all’assunzione, id est all’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro caratterizzato da una soluzione di continuità rispetto alla pregressa posizione eventualmente rivestita dal soggetto idoneo. Non è chi non veda, d’altronde, come una diversa soluzione ermeneutica, che escludesse l’operatività del divieto solo per i docenti già in servizio presso l’Università che operi la chiamata, discriminerebbe in modo illogico la posizione dei soggetti che abbiano conseguito l’idoneità all’esito della medesima procedura in base al dato, accidentale ed estrinseco rispetto ai caratteri ed alla finalità della procedura selettiva, della sussistenza di un pregresso rapporto con l’amministrazione universitaria.

Si deve soggiungere che la ratio legis, identificata nelle richiamate esigenze di contenimento della spesa e di stimolazione di condotte virtuose, si estende anche all’inquadramento in un diverso ruolo di personale docente già in servizio presso l’università.

Si deve, in particolare, convenire, sulla scorta di questa prospettiva ermeneutica, che l’assunto, sostenuto dagli appellanti, secondo cui non vi sarebbe aumento di costi in caso di nomina un ruolo di soggetti già inquadrati presso la stessa università ad un livello inferiore è, da un lato, infondato in fatto, e, dall’altro, irrilevante in punto di diritto.

Quanto al primo aspetto, infatti, il mancato aumento di costi si registra, in caso di transito ad una fascia superiore della docenza, solo per il primo triennio e non a regime, in quanto la conferma del docente non è un fatto meramente eventuale ma l’evenienza fisiologica da prendere in considerazione ai fini dell’indagine in merito agli effetti finanziari sortiti, alla stregua dell’ id quod plerumque accidit, dall’inquadramento nel nuovo ruolo.

D’altro canto, come correttamente ritenuto dal Primo Giudice, il divieto di assunzione risponde a esigenze anche organizzative ed a logiche incentivanti che prescindono dalla sussistenza, o meno, di un immediato aggravio finanziario.

4.2.2. Le considerazioni che precedono consentono di approdare alla conclusione secondo cui il blocco delle assunzioni interessa anche i casi in esame in quanto il nuovo inquadramento in ruolo del docente è il frutto dell’esito positivo di una procedura concorsuale aperta che dà luogo ad un assunzione in senso proprio e non al mero passaggio di qualifica per effetto di procedura riservata.

Si deve per completezza osservare, con riguardo al più ampio tema oggetto del contrasto interpretativo prima evidenziato, che risulta preferibile la tesi, sostenuta dal citato parere reso dalla Commissione speciale, che estende il blocco delle assunzioni ai passaggi di qualifica.

A fondamento di tale indirizzo si pone il principio, ribadito a più riprese dalla giurisprudenza della Corte delle leggi (v.,da ultimo, Corte cost. 10 novembre 2011, n. 299), secondo cui il principio del concorso come strumento di accesso all’impiego pubblico (art. 97, comma 3, Cost) comprende sia le procedure preordinate all’ingresso ex novo di personale nei ruoli dell’amministrazione sia quelle finalizzate al passaggio dei dipendenti ad una qualifica superore. La regola del concorso pubblico si atteggia, in definitiva, a principio costituzionale, passibile di deroga solo nell’ipotesi in cui la progressione non determini la novazione, con effetti estintivo-costitutivi, del rapporto di lavoro preesistente. La Corte costituzionale, in sede di interpretazione della portata della regola del concorso pubblico, ha altresì sottolineato che la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico aperto è stata delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle (ex plurimis, sentenze n. 52 del 2011 e n. 195 del 2010).In particolare, si è più volte ribadito che il principio del pubblico concorso, pur non essendo incompatibile, nella logica dell’agevolazione del buon andamento della pubblica amministrazione, con la previsione per legge di condizioni di accesso intese a consentire il consolidamento di pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa amministrazione, non tollera, salvo circostanze del tutto eccezionali, la riserva integrale dei posti disponibili in favore di personale interno.

La valorizzazione della caratterizzazione sostanzialmente novativa degli effetti sortiti, a fronte della posizione originaria, dall’attribuzione di una qualifica superiore per effetto della procedura concorsuale, è l’argomento posto a sostegno anche dell’indirizzo ermeneutico della Corte di legittimità che, in punto di riparto di giurisdizione, afferma la giurisdizione del giudice amministrativo la cognizione del contenzioso relativo alle procedure riservate volte a sancire la progressione verticale interna, ossia il passaggio tra diverse aree di inquadramento previste dalla contrattazione collettiva.

Posto il principio secondo cui, nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, l’accesso del personale dipendente ad un’area o fascia funzionale superiore deve avvenire per mezzo di una pubblica selezione, comunque denominata ma costituente, in definitiva, un pubblico concorso – al quale, di norma, deve essere consentita anche la partecipazione di candidati esterni -, si osserva che il quarto comma dell’art. 63 d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, laddove riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo ‘le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni’, fa riferimento non solo alle procedure concorsuali strumentali alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive dirette a permettere l’accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore : il termine ‘assunzione’ deve essere correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire e non all’ingresso iniziale nella pianta organica del personale, dal momento che, oltre tutto, l’accesso nell’area superiore di personale interno od esterno implica, esso stesso, un ampliamento della pianta organica (Cassazione civile, sez. un. 15 ottobre 2003, n. 15403).

E’ stato, da ultimo rimarcato (Cassazione civile, sez. un., 5 maggio 2011, n. 9844), che “per procedure concorsuali di assunzione ascritte al diritto pubblico e all’attività autoritativa dell’amministrazione (alla stregua dell’art. 63, comma 4, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165/2001), si intendono non soltanto quelle preordinate alla costituzione ‘ex novo’ dei rapporti di lavoro, ma anche le prove selettive dirette a permettere l’accesso del personale già assunto ad una fascia o area funzionale superiore, e cioè ad una progressione verticale che consista nel passaggio ad una posizione funzionale qualitativamente diversa, tale da comportare una novazione oggettiva del rapporto di lavoro; tale accesso deve avvenire per mezzo di una pubblica selezione, comunque denominata ma costituente, in definitiva, un pubblico concorso. Alla stregua dell’interpretazione enunciata, assume rilevanza determinante, ai fini dell’indicato criterio di riparto della giurisdizione, il contenuto della contrattazione collettiva, sicché in presenza di progressioni, secondo disposizioni di legge o di contratto collettivo, che comportino una progressione verticale nel senso indicato, la cognizione della controversia resta riservata al giudice amministrativo; sussiste, invece, la giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie attinenti a concorsi per soli dipendenti interni che comportino il passaggio da una qualifica all’altra, ma nell’ambito della stessa area (o categoria), sia con acquisizione di posizioni più elevate meramente retributive sia con il conferimento di qualifiche superiori, in base a procedure che l’amministrazione pone in essere con le capacità e i poteri del privato datore di lavoro”.

Si deve allora concludere, in forza dei rilievi fin qui svolti, che soggiacciono al blocco delle assunzioni di cui alla normativa in esame anche le progressioni verticali e le procedure di riqualificazione variamente denominate che sanciscono il passaggio ad una diversa area con la conseguente attribuzione di un nuovo posto per effetto della novazione del precedente rapporto.

5. Alla stregua delle considerazioni fin qui svolte gli appelli riuniti devono essere respinti nella parte in cui ripropongono il motivo dell’inapplicabilità del blocco delle assunzioni all’ipotesi del passaggio dei docenti universitari già in servizio ad una fascia superiore di docenza.

Si deve invece rimettere alla Sezione, ai sensi dell’art. 99, comma 4, del codice del processo amministrativo, la definizione del giudizio con riguardo agli altri motivi che investono tematiche estranee al quesito devoluto al vaglio di questa Adunanza Plenaria.

Deve essere altresì rimessa alla sentenza definitiva la statuizione sulle spese di giudizio.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li riunisce e li respinge in parte nei sensi in motivazione specificati.

Rimette il ricorso alla Sezione per l’ulteriore definizione del giudizio e per la statuizione sulle spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li riunisce e li respinge in parte nei sensi in motivazione specificati.

Rimette il ricorso alla Sezione per l’ulteriore definizione del giudizio e per la statuizione sulle spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione