Reato di ingiuria: la reciprocità delle offese annulla il reato (Cass. pen. n. 37651/2012)

Redazione 28/09/12
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Fatto e diritto

Propone ricorso per cassazione S. R. R. avverso la sentenza del Tribunale di Teramo in data 20 maggio 2011 con la quale è stata confermata quella di primo grado, di condanna in ordine al reato di ingiuria commesso, in danno di V. E., l’11 novembre 2007.
Secondo l’accusa, l’imputato aveva preferito all’indirizzo della persona offesa, durante un torneo di burraco, L’espressione “stai zitta che sei piena di debiti”, sia pure dopo che la persona offesa si era rivolta all’imputato con la frase “a Teramo ti conoscono tutti”.
Entrambi giudici di merito erano stati dell’avviso che in favore dell’imputato non potesse applicarsi la causa di non punibilità della provocazione per la assai maggiore gravità della frase pronunciata dall’imputato il quale, oltretutto urlando, aveva accusato la persona offesa di un fatto specifico: in conclusione ritenevano che la frase della persona offesa fosse stata non una provocazione ma una occasione della quale l’imputato aveva approfittato per rivolgerle un insulto gratuito e ingiustificato.

Deduce il ricorrente

1) la mancata applicazione della causa di non punibilità della reciprocità delle offese.
Il giudice del gravame era stato investito di tale specifica questione poiché era emerso dal dibattimento che anche la persona offesa aveva violato la reputazione dell’imputato: questa infatti, pur ricorrendo ad una espressione di per sé non offensiva, aveva tuttavia formulato, all’indirizzo dell’imputato, una locuzione sarcastica, volta a gettare nel ridicolo l’interlocutore.
Con riferimento a tale specifica fattispecie non varrebbe l’osservazione dei giudice circa la sproporzione fra le espressioni cui entrambe le parti avevano fatto ricorso;
2) il travisamento della prova a proposito dell’affermazione contenuta in sentenza secondo cui la frase dell’imputato sarebbe stata urlata e quindi dotata di maggiore potenzialità offensiva.

ll ricorso è fondato e deve essere accolto
ll giudice dell’appello, pur investito della richiesta di riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’articolo 599 c.p. nelle forme sia della reciprocità delle offese che della provocazione determinata dal fatto ingiusto altrui, ha limitato la propria disamina alla verifica della sussistenza della sola seconda ipotesi, che ha escluso.
Risulta dunque fondata, per carenza assoluta di motivazione al riguardo, la doglianza del ricorrente circa la mancata motivazione riguardo alla prima delle dette cause di non punibilità.
Si tratta di una doglianza formulata nel rispetto dell’articolo 581 c.p.p., essendo stato posto in evidenza dallo stesso interessato, come la frase rifluita nel capo d’imputazione abbia fatto seguito alla pronuncia, da parte della persona offesa, di una espressione che, nella stessa motivazione della sentenza impugnata, non viene riconosciuta chiaramente esente da carica offensiva, essendosi limitato il giudice dell’appello a rimarcare la maggior valenza ingiuriosa della frase pronunciata dall’imputato rispetto a quella di V. E.

Il giudice del rinvio dovrà dunque procedere alla valutazione della eventuale sussistenza della causa di non punibilità della reciprocità delle offese, esercitando altresì, nel caso di soluzione affermativa alla questione, il potere discrezionale che il codice di rito gli attribuisce,

 

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Teramo per nuovo esame.

Redazione