Pubblicità ingannevole e servizi non richiesti: Enel Energia accusata di pratiche commerciali scorrette (Cons. Stato n. 4753/2012)

Redazione 07/09/12
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Fatto e diritto

1. Con provvedimento n. 18829 del 4 settembre 2008 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – AGCM riconosceva Enel Energia s.p.a. responsabile di aver posto in essere tre distinte pratiche commerciali scorrette, in violazione degli artt. 20 ss. d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), come modificati dal d.lgs. 2 agosto 2007, n. 146, consistente nelle seguenti condotte:
a) nel passaggio di clienti in c.d. regime di maggior tutela (Enel Distribuzione s.p.a.) al mercato libero dell’energia elettrica (Enel Energia s.p.a.), realizzato mediante l’attivazione di fornitura di energia elettrica non richiesta dai consumatori e, in particolare, mediante l’adesione all’offerta commerciale “Energia Pura Casa”;
b) nell’attivazione non richiesta di fornitura di gas naturale mediante l’adesione all’offerta commerciale denominata “Vantaggio 5+”;
c) nell’avvio di una campagna pubblicitaria volta a promuovere, tra l’altro, le offerte “Bioraria” e “Vantaggio 5+”, concretizzatasi nella diffusione di una brochure su tutto il territorio nazionale nei mesi di ottobre e novembre 2007 e in uno spot televisivo, andato in onda, tra l’altro, il 14 ottobre 2007 sull’emittente RaiTre alle ore 21.00 circa.
Segnatamente l’Autorità, con riguardo alla prima e alla seconda pratica commerciale scorretta, riteneva che l’attivazione non richiesta della fornitura di energia elettrica e/o di gas e l’imposizione di ostacoli all’esercizio del diritto di ripensamento integrassero gli estremi di pratiche vietate ai sensi degli artt. 24, 25 e 26, lett. f), d.lgs. n. 206 del 2005, che la diffusione di comunicazioni commerciali ingannevoli violasse gli artt. 21, 22 e 23 del citato decreto legislativo, e che l’adozione di procedure di marketing aggressivo integrasse la violazione degli artt. 24 e 25 dello stesso testo normativo.
Con riguardo alla terza pratica commerciale in esame, l’AGCM riteneva che la campagna pubblicitaria, veicolata mediante i canali di teleselling in outbound (ossia, mediante contatti telefonici in uscita, finalizzati alla conclusione di contratti di fornitura di energia elettrica e/o di gas naturale mediante chiamate, effettuate da operatori esterni, c.d. provider o teleseller, che agivano in nome e per conto della committente Enel Energia s.p.a., verso liste di nominativi da quest’ultima selezionati e forniti periodicamente ai primi) e inbound (cioè mediante contatti telefonici in entrata, finalizzati all’acquisizione di siti residenziali mediante la ricezione di chiamate effettuate da potenziali clienti che avessero contattato il numero verde 800 900 860 e richiesto informazioni sulle offerte di Enel Energia s.p.a.), per via televisiva e mediante invio al domicilio dei potenziali clienti di una brochure illustrativa, si sostanziasse in una non adeguata informativa della potenziale clientela, non sanata dalle informazioni rese disponibili da Enel Energia s.p.a. con altri mezzi (sito internet delle società, numero verde).
L’Autorità irrogava quindi alla società Enel Energia s.p.a. la sanzione pecuniaria complessiva di euro 1.100.000 – di cui euro 500.000 per la pratica commerciale scorretta sub a), euro 500.000 per la pratica commerciale scorretta sub b) ed euro 100.000 per la pratica commerciale scorretta sub c). Con riguardo alla pratica sub c), sanzionava altresì la società Enel s.p.a., comminandole la sanzione pecuniaria di euro 100.000.
La procedura sanzionatoria era stata avviata su segnalazione, nei mesi di novembre/dicembre 2007 e gennaio/febbraio 2008, di numerosi consumatori, i quali avevano denunziato l’attivazione, da parte di Enel Energia s.p.a. operante nel libero mercato dell’energia, di forniture di energia elettrica e/o di gas mai richieste o rispetto alle quali era stato tempestivamente esercitato il diritto di ripensamento o di recesso.
2. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 10661 del 2008, proposto da Enel Energia s.p.a. ed Enel s.p.a. avverso il menzionato provvedimento sanzionatorio, provvedeva come segue:
(i) accoglieva il ricorso nella parte in cui era diretto avverso gli accertamenti e le sanzioni relative alla pratica commerciale scorretta sub 1.c), escludendo al riguardo l’autonoma configurabilità di una condotta illecita sul rilievo che si trattava di attività promozionale inserita in un’unitaria strategia di commercializzazione, da ricondurre, quale attività accessoria e complementare, alle altre due fattispecie di pratica commerciale scorretta accertate dall’Autorità, annullando pertanto in parte qua l’impugnato provvedimento;
(ii) respingeva il ricorso nella parte residua, confermando gli accertamenti dell’Autorità in relazione alle pratiche commerciali scorrette sub 1.a) e 1.b), ritenute integrate in tutti i loro elementi costitutivi, nonché le irrogate sanzioni amministrative pecuniarie;
(iii) dichiarava le spese di causa interamente compensate tra le parti.
3. Avverso tale sentenza interponeva appello Enel Energia s.p.a., deducendo i seguenti motivi:
a) la violazione e l’erronea applicazione degli artt. 18-26 d.lgs. n. 206 del 2005, travisamento dei fatti, manifesta illogicità, contraddittorietà e insufficienza della motivazione, laddove il Tribunale amministrativo regionale aveva ritenuto che fosse esente da vizi la distinzione tra la prima e la seconda pratica commerciale scorretta – di cui sopra sub 1.a) e rispettivamente sub 1. b) -, operata dall’Autorità sulla scorta della diversità del prodotto commercializzato (rispettivamente, l’energia elettrica e il gas naturale), con conseguente erronea parcellizzazione dell’unitaria condotta di Energia Elettrica s.p.a. in due distinte condotte illecite e la conseguente illegittima irrogazione di due distinte sanzioni pecuniarie amministrative in relazione a una condotta sostanzialmente unitaria;
b) in subordine al motivo sub a), la violazione ed erronea applicazione degli artt. 18-26 d.lgs. n. 206 del 2005, travisamento dei fatti, manifesta illogicità, contraddittorietà e insufficienza della motivazione, laddove il Tribunale amministrativo regionale, confermando la distinzione tra la prima e la seconda pratica commerciale scorretta operata dall’Autorità, aveva omesso di accertare che quest’ultima non aveva effettuato una valutazione autonoma e separata, sotto il profilo giuridico e probatorio, delle due presunte distinte pratiche commerciali, pur pervenendo a correlative distinte affermazioni di responsabilità;
c) la violazione dei principi di personalità della responsabilità e di colpevolezza in materia di illeciti amministrativi, sanciti dagli artt. 1 e 3 l. 24 novembre 1989, n. 689, e 18-20 d.lgs. n. 206 del 2005, attesa l’imputabilità di eventuali comportamenti illeciti nell’acquisizione di nuovi clienti all’operato degli agenti/teleseller di cui si era avvalsa Enel Energia s.p.a., sfuggiti ai rigorosi criteri di controllo applicati da essa appellante, e considerata l’assoluta sporadicità dell’attivazione di forniture non richieste, sotto un profilo oggettivo non assurgenti agli estremi di vera e propria “pratica”, presupponente una condotta reiterata con carattere di omogeneità;
d) l’erronea conferma della correttezza dell’operato dell’Autorità, nella parte in cui era pervenuta all’affermazione di responsabilità in relazione a presunti episodi di ostacolo all’esercizio del diritto di ripensamento, attesa l’assoluta esiguità dei casi accertati (10 casi per la prima e 3 casi per seconda pratica commerciale contestata, pari allo 0,02% del totale di 540.000 contratti acquisiti nel periodo in questione), con conseguente inconfigurabilità di una correlativa pratica commerciale scorretta;
e) l’erronea conferma, sotto vari profili, dell’impugnato provvedimento sanzionatorio anche nella parte relativa alle valutazioni attorno ad asseriti profili di ingannevolezza dei messaggi veicolati ai consumatori da Enel Energia s.p.a. tramite le agenzie/teleseller, tenuto conto che quale parametro valutativo doveva essere assunto quello del consumatore medio;
f) l’erronea sussunzione degli applicati metodi di commercializzazione sub specie di procedure di marketing aggressivo;
g) l’erronea conferma della congruità delle sanzioni, applicate in misura eccessiva e in violazione dei criteri di cui al combinato disposto degli artt. 27, commi 9 e 13, d.lgs. n. 206 del 2005 e 11 l. n. 689 del 1981, sotto vari profili, non da ultimo per la mancata considerazione né delle misure attuate dall’odierna appellante successivamente all’avvio del procedimento sanzionatorio e prima dell’adozione del provvedimento finale, né della ridotta durata delle presunte pratiche scorrette, inferiore a quella assunta dall’Autorità.
L’appellante chiedeva dunque, in riforma dell’appellata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado e il conseguente annullamento dell’impugnato provvedimento.
4. Costituendosi in giudizio, l’appellata Autorità contestava la fondatezza dell’appello e ne chiedeva la reiezione con vittoria di spese.
5. Si costituiva altresì l’appellata AMGA Energie & Servizi s.r.l. a socio unico, chiedendo il rigetto dell’interposto appello.
6. Previo deposito e scambio di memorie difensive, la causa all’udienza pubblica del 17 aprile 2012 veniva trattenuta in decisione.
7. Premesso che la statuizione di accoglimento, di cui sopra sub 2.(i), non è stata investita da appello incidentale, sicché ogni relativa questione esula dall’ambito oggettivo del devolutum, osserva il Collegio che l’appello interposto da Enel Energia s.p.a. è fondato parzialmente, nella parte in cui investe la determinazione dell’entità della sanzione, mentre è infondato per il resto.
7.1. In linea di diritto, giova premettere che a norma dell’art. 2, lett. d), della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 maggio 2005, disciplinante “le pratiche commerciali, il cui intento diretto è quello di influenzare le decisioni di natura commerciale dei consumatori relative a prodotti” (v. considerando 7) e recepita nel nostro ordinamento dal d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), per pratica commerciale tra imprese e consumatori s’intende “qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori” (cfr. la sostanzialmente eguale definizione contenuta nell’art. 18, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 206 del 2005). Ne deriva che è sufficiente che si tratti di una prassi – tale essendo il significato di “pratica” – e che questa sia rivolta in incertam personam, sicché l’elemento materiale della pratica commerciale scorretta può estrinsecarsi anche in condotte che nei fatti poi risultano soggettivamente identificabili, senza necessità che la stessa debba avere dirigersi, numericamente, contro una consistente percentuale di consumatori, o clienti, dell’impresa, ovvero concretarsi in condotte reiterate nel tempo.
Il primo giudice pertanto correttamente ha escluso che la significatività statistica del dato percentuale dei consumatori, o clienti, destinatari delle contestate pratiche commerciali scorrette, rapportata all’intero portafoglio di clienti della Enel Energia s.p.a., possa assurgere ad elemento negativo ostativo all’integrazione della fattispecie di una pratica commerciale scorretta, potendo tale dato tutt’al più rilevare quale criterio di valutazione della gravità oggettiva della condotta e del grado di colpevolezza in sede di determinazione dell’entità della sanzione.
Ne consegue l’infondatezza dei correlativi profili di censura, dedotti coi motivi d’appello sub 3.c) e 3.d).
7.2. Del pari, nell’appellata sentenza correttamente è stata disattesa la censura di violazione dei principi in materia di imputabilità soggettiva con riguardo all’asserita addebitabilità della pratica scorretta ai teleseller, ossia a terzi operatori estranei ad Enel Energia s.p.a., ma da quest’ultima incaricati in forza di contratti di agenzia.
Invero, premesso che ai sensi dell’art. 27, comma 13, d.lgs. n. 206 del 2005 e ss.mm.ii. “per le sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alle violazioni del presente decreto si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel capo I, sezione I, e negli articoli 26, 27, 28 e 29 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni (…)”, rileva il Collegio che, tenuto conto della clausola di compatibilità e dell’inclusione, nell’art. 3 d.lgs. n. 206 del 2005, tra i professionisti e i produttori soggetti agli obblighi derivanti dal Codice del consumo, non solo delle persone fisiche ma anche delle persone giuridiche, la responsabilità da illecito amministrativo nel settore in esame debba essere riferita, in via diretta (piuttosto che in via solidale ex art. 6, terzo comma, l. 24 novembre 1981, n. 689), alla persona giuridica, che è il soggetto tenuto al rispetto dei menzionati obblighi e che corrisponde alla tipologia usualmente rivestita dalle imprese, vale a dire che concreta il più socialmente significativo e frequente dei soggetti che il Codice (art. 18, comma 1, lett. b)) chiama “professionisti”. Diversamente, si giungerebbe al paradosso di configurare una responsabilità della persona giuridica soltanto in via solidale, in un settore dove invece è l’usuale protagonista e titolare dei nominati doveri di rispetto nei confronti del consumatore, e di configurare in via principale solo una responsabilità di chi del “professionista” è un amministratore, ma non è il professionista stesso.
Che, peraltro, il principio del carattere personale dell’illecito amministrativo, pur affermato dalla l. n. 689 del 1981, non rivesta ormai più un carattere assoluto ed esclusivo, è indirettamente rilevabile dalla, non più recentissima, introduzione della disciplina relativa alla responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato (d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231- Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300).
La censura in esame deve, dunque, essere affrontata tenendo conto della riferibilità diretta della responsabilità da illecito amministrativo ad entificazioni a struttura complessa, non potendosi assumere a criterio d’imputazione la natura personale della responsabilità connotante le condotte delle persone fisiche (ex artt. 1 e 3 l. n. 689 del 1981), ma occorrendo aver riguardo alle peculiarità connotanti l’imputazione soggettiva ad entità a struttura organizzativa complessa, implicante – nei confronti dei consumatori/clienti – una responsabilità diretta anche per gli illeciti riconducibili alla rete di promozione/vendita di cui la stessa si sia avvalsa in forza di contratti di agenzia per l’acquisizione di nuovi contratti di fornitura di energia elettrica o gas naturale (restando salve eventuali azioni di rivalsa nei confronti degli agenti/teleseller che avessero posto in essere le singole condotte illecite, che esulano dall’ambito oggettivo e soggettivo della presente controversia).
Merita, dunque, conferma il principio, affermato nell’appellata sentenza, secondo cui l’interposizione di uno o più soggetti nel rapporto fra l’operatore commerciale e la clientela non esclude la responsabilità dell’operatore, né attribuisce alla stessa natura oggettiva. Infatti devono essere ricondotte ai parametri della responsabilità colposa eventuali violazioni dell’obbligo di diligenza professionale, assunto dal Codice del consumo a criterio-principe d’imputazione, in termini di colpevolezza, delle pratiche commerciali scorrette lesive delle sfere giuridiche dei consumatori (siano detti parametri qualificati come colpa da organizzazione, oppure come culpa in eligendo o in vigilando, con riguardo, per quanto qui interessa, alla scelta degli agenti e della relativa qualificazione, alle modalità operative oggetto dei contratti di agenzia finalizzati alla diffusione o promozione del prodotto, all’attuazione dei meccanismi – ove previsti – di verifica e controllo dell’operato degli agenti, all’adozione di – eventuali – misure repressive pure contrattualmente definite per il caso di condotte non lecite o abusive, ovvero al tempestivo ripristino delle posizioni soggettive della clientela vulnerate per effetto delle condotte stesse, mediante l’eliminazione delle relative ricadute e dei connessi effetti).
A fronte delle acquisite risultanze istruttorie documentali, l’odierna appellante a ragione è stata ritenuta responsabile di non aver tenuto una condotta conforme al canone della diligenza professionale, in quanto la stessa in alcuni casi, sebbene consapevole ed edotta della falsificazione delle firme apposte nei contratti da parte di alcuni agenti, vi aveva dato egualmente esecuzione, o si era comportata come se la sottoscrizione fosse stata consapevolmente apposta dal cliente.
In particolare, dalle risultanze documentali poste a base dell’impugnato provvedimento sanzionatorio emerge che Enel Energia s.p.a., nonostante i numerosi reclami pervenuti dai clienti, aveva, in alcuni casi, attivato la fornitura chiedendo il relativo pagamento mediante l’invio della bolletta, e in altri casi gestito i reclami con ritardo o trattati come disdetta ordinaria con cessazione del rapporto solo dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di ricezione della comunicazione.
Se, inoltre, si considera che Enel Energia s.p.a. aveva incentrato il sistema di remunerazione delle agenzie sul numero delle forniture attivate, l’impostazione dei rapporti contrattuali con le agenzie non era certamente idonea ad evitare fenomeni quali quelli accertati, sfociati nell’attivazione non richiesta di forniture.
Come, poi, puntualmente messo in rilievo nell’appellata sentenza, la stessa attivazione, da parte di Enel Energia s.p.a., di numerose iniziative “repressive” a fronte della condotta degli agenti dalla medesima incaricati di sollecitare la clientela per promuovere la sottoscrizione di contratti di fornitura, conferma la non infrequente emersioni di condotte abusive in danno dei consumatori, mentre, per quanto sopra esposto, le misure attuate, per la loro intempestività e non satisfattività immediata, non soddisfano il parametro della diligenza professionale.
Ne deriva l’infondatezza del motivo d’appello sub 3.c), essendo le accertate fattispecie di non richiesta attivazione di energia elettrica e/o di gas naturale correttamente state ascritte ad Enel Energia s.p.a., con corretta esclusione di ogni efficacia scriminante e/o esimente alla esternalizzazione, tramite moduli negoziali, dell’attività di promozione e di acquisizione di nuovi contratti ad agenzie/teleseller.
7.3. Privi di pregio sono, altresì, i motivi d’appello sub 3.a) e 3.b).
Infatti, dalle sopra (sub 7.1.) richiamate definizioni normative di pratica commerciale scorretta, contenute nella direttiva 2005/29/CE e nel Codice del consumo, emerge in modo piano il ruolo centrale assegnato al prodotto, oggetto referenziale della condotta contestata, che costituisce elemento qualificante nell’operazione d’individuazione di un fattispecie di pratica commerciale scorretta, in quanto dalle citate previsioni normative emerge in modo chiaro e univoco che, per aversi una pratica commerciale, il comportamento del professionista deve essere “direttamente connesso” alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori, in modo da influenzarne le correlative decisioni di natura commerciale.
Nel caso di specie, la natura differente – sia sotto un profilo oggettivo d’impronta merceologica, sia sotto un profilo soggettivo riferito ai bisogni (non sostituibili) da soddisfare – dei prodotti oggetto dell’attività promozionale di Enel Energia s.p.a. (rispettivamente, energia elettrica e gas naturale), vale a qualificare come illeciti autonomi e distinti, sotto un profilo strutturale e funzionale, i comportamenti contestati all’odierna appellante sub specie di pratiche commerciali scorrette con riguardo alle offerte relative ai menzionati prodotti. Merita, dunque, conferma l’affermata (nell’appellata sentenza e, prima ancora, nell’impugnata provvedimento) autonomia strutturale e funzionale delle condotte sub 1.a) e 1.b), di cui la prima mirata al passaggio di clienti in c.d. regime di maggior tutela (Enel Distribuzione s.p.a.) al mercato libero dell’energia elettrica (Enel Energia s.p.a.), attuato mediante l’attivazione di fornitura di energia elettrica non richiesta dai consumatori, e la seconda risoltasi nell’attivazione non richiesta di fornitura di gas naturale, in considerazione della diversità del prodotto oggetto delle pratiche commerciali in questione.
Né la qualificazione delle pratiche in oggetto quali illeciti tra di loro autonomi può ritenersi in contraddizione con la negazione, da parte del Tribunale amministrativo regionale, dell’autonomia della condotta sub 1.c), risolvendosi quest’ultima in modalità complementari esecutive delle pratiche scorrette sub 1.a) e 1.b.), e non rappresentando la stessa, sotto il profilo della natura dei prodotti offerti (che restano l’energia elettrica e rispettivamente il gas naturale), ulteriori profili di autonomia, sicché infondata è la dedotta censura di motivazione contraddittoria.
Dalla motivazione dell’impugnato provvedimento sanzionatorio, raffrontata con le risultanze istruttorie ivi richiamate e vagliata alla luce della documentazione versata in giudizio, emerge, poi, che gli accertamenti dell’Autorità si sono basati su una valutazione unitaria, globale e complessiva delle risultanze istruttorie procedimentali, nella ricostruzione storico-fattuale correttamente valorizzate con riguardo ad entrambe le pratiche sub 1.a) e 1.b), le quali, sul piano dell’inquadramento giuridico delle fattispecie concrete così ricostruite, sulla base di puntuale e specifica motivazione (v., in particolare, punto 19. dell’impugnato provvedimento) sono state qualificate come condotte distinte, talché non sono ravvisabili le carenze istruttorie e motivazionali denunziate col motivo d’appello sub 7.b).
Alla ricostruzione delle pratiche in esame quali illeciti tra di loro distinti ed autonomi (con riguardo alla diversa natura dei prodotti commercializzati), e dunque in rapporto di concorso materiale, consegue, sul piano del trattamento sanzionatorio, l’applicazione del criterio del cumulo materiale delle sanzioni, dovendosi escludere l’applicabilità del criterio del cumulo giuridico, riservato dall’art. 8, primo comma, l. n. 689 del 1981 alla sola ipotesi di concorso formale tra illeciti amministrativi, mentre l’art. 8, secondo comma, l. n. 689 del 1981 estende il regime sanzionatorio del cumulo giuridico ai soli illeciti amministrativi continuati in materia di previdenza e assistenza sociale obbligatoria, escludendo per il resto l’applicabilità dell’istituto della continuazione nel settore degli illeciti amministrativi.
7.4. Alla luce delle acquisite risultanze istruttorie procedimentali, corretta è l’affermazione del carattere ingannevole delle comunicazioni commerciali di Energia Enel s.p.a., dirette ad indurre i consumatori a sottoscrivere proposte commerciali per l’attivazione di una fornitura di energia elettrica e/o di gas naturale sulla base di mezzi pubblicitari decettivi o di informazioni non veritiere o incomplete, fornite dagli agenti ed operatori dei call center.
Infatti, la mancata informazione dei consumatori, all’atto della sottoscrizione del contratto (a dedurre dal contenuto delle liberatorie consegnate ai clienti al momento della sottoscrizione della proposta commerciale), in merito alla circostanza che l’adesione dell’offerta comportava il passaggio dal regime tariffario c.d. di tutela al regime di mercato libero, alle differenze tra i due regimi tariffari, alla circostanza che la firma del modulo avrebbe comportato la formulazione di una proposta irrevocabile a favore del professionista per quarantacinque giorni, e alle condizioni dell’esercizio del diritto di ripensamento entro il termine di dieci giorni dalla sottoscrizione del modulo, integrano palesi lacune informative e difettano di chiarezza, segnatamente tenuto conto della particolare asimmetria informativa tra professionista e consumatore e della tendenziale carenza informativa del consumatore medio nei complessi settori di mercato della fornitura di energia elettrica e di gas naturale, dei relativi regimi tariffari e delle relative condizioni contrattuali.
Le contestate carenze e omissioni informative sono, altresì, state riscontrate nell’ambito dell’attività di contatto e prospettazione delle offerte veicolate attraverso il canale telefonico dalle agenzie di teleselling, peraltro sulla base delle procedure ed istruzioni (script) vincolanti codificate da Enel Energia s.p.a. (v. la motivazione dettagliata, suffragata dalle precise risultanze istruttorie ivi richiamate, al punto 22. del provvedimento sanzionatorio).
Del pari, la natura aggressiva delle pratiche in contestazione è stata correttamente ravvisata nella possibilità, sulla base degli script predisposti dalla committente, che il potenziale cliente venisse contattato dal provider per ben cinque volte in un arco di tempo relativamente limitato, e nell’inserimento, nel plico contenente la proposta contrattuale, inviato al potenziale cliente contattato dal provider, di una comunicazione che lasciava intendere al consumatore di aver già effettuato una scelta a seguito di contatto telefonico, trattandosi di comportamenti idonei a determinare in capo ai destinatari, secondo il metro del consumatore medio, indebiti condizionamenti nella liberta di scelta, puntualmente evidenziati nell’impugnato provvedimento (v., segnatamente, punti 23. e 25. del provvedimento).
Quanto alla dedotta esiguità dei casi accertati (10 casi per la prima e 3 casi per seconda pratica commerciale contestata, pari allo 0,02% del totale di 540.000 contratti acquisiti nel periodo in questione) di condotta ostruzionista all’esercizio del diritto di ripensamento dei clienti, è sufficiente richiamare le sopra esposta inidoneità del dato statistico ad incidere sul perfezionamento o meno della fattispecie d’illecito amministrativo in esame, venendo esso tutt’al più in rilievo in sede di commisurazione dell’entità della sanzione.
In conclusione, anche i motivi d’appello sub 3.d), 3.e) e 3.f) sono privi di pregio e vanno disattesi.
7.5. Merita, invece, accoglimento, il motivo d’appello sub 3.g), col quale l’appellante censura l’incongruità delle sanzioni pecuniarie irrogate, nella misura massima di euro 500.000, in relazione a ciascuna delle due pratiche scorrette sub 1.a. e 1.b).
7.5.1. Invero, premesso che a norma del combinato disposto degli artt. 27, commi 9 e 13, d.lgs. n. 206 del 2005 e 11 l. n. 689 del 1981, nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata tra un limite edittale minimo e un limite edittale massimo occorre aver riguardo alla gravità e alla durata della violazione, all’opera svolta per la eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, alla personalità dell’autore dell’illecito e alle sue condizioni economiche, osserva il Collegio che nel caso di specie l’applicazione della sanzione nella misura massima non risulta giustificata per i seguenti motivi.
In primo luogo, deve ritenersi comprovato che le pratiche commerciali scorrette sub 1.a) e 1.b) siano cessate nel mese di marzo 2008, sicché le stesse sono state perpetrate per un periodo di durata (sei mesi, dal 21 settembre 2007) minore rispetto a quello di nove mesi ritenuto dall’Autorità (v., al riguardo, la delibera dell’Autorità datata 27 marzo 2008, con la quale la stessa aveva deciso di soprassedere alla sospensione provvisoria della pratiche commerciali in contestazione, affermando testualmente “(…) rispetto alle pratiche commerciali consistenti nell’attivazione non richiesta di forniture e/o gas naturale, risulta cessata l’esecuzione delle richieste che i consumatori dichiarano di non aver mai sottoscritto o formulato sulla base di informazioni inesatte o incomplete e risulta interrotta l’attività di promozione telefonica che potrebbe comportare l’attivazione di nuove forniture in assenza di una piena consapevolezza da parte dei clienti (…)”).
In secondo luogo, la natura colposa – e non dolosa – delle pratiche (sub specie di colpa da organizzazione, di culpa in eligendo e di culpa in vigilando), avuto riguardo ai profili di condotta posti in essere dagli agenti/teleseller, è valutabile come elemento attenuante la gravità soggettiva dell’illecito.
Inoltre, le percentuali alquanto ridotte di casi (ca. 0,01%) di attivazioni non richieste e di ostacoli frapposti all’esercizio del diritto di ripensamento rispetto al numero complessivo dei contratti trattati da Enel Energia s.p.a. nel periodo rilevante (ca. 540.000,00) possono essere valorizzati come elementi di attenuata gravità oggettiva dell’illecito.
Infine, l’adozione di misure correttive in corso di procedimento, tese all’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, per quanto sopra esposto costituisce altra circostanza attenuante valutabile in sede di commisurazione della sanzione.
7.5.2. S’impone, a questo punto, il rilievo che in esito all’introduzione dell’art. 134, lett. c), Cod. proc. amm., la giurisdizione del giudice amministrativo nelle controversie relative alle sanzioni amministrative delle Autorità amministrative indipendenti è estesa al merito, sicché la cognizione giudiziale non si ferma alla fase rescindente (come si poteva opinare in precedenza a fronte della mancanza di uno specifico rinvio, ad opera dell’art. 27, comma 13, d.lgs. n. 206 del 2005, all’allora vigente art. 23 l. n. 681 del 1981 – oggi abrogato dall’art. 34, comma 1 lett. c) d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150 e sostanzialmente sostituito dall’art. 6 dello stesso d.lgs. n. 150 del 2011 -: peraltro contra già Cons. Stato, VI, 17 dicembre 2007, n. 6469; 27 febbraio 2008, n. 695; 3 maggio 2010, n. 2502; 24 novembre 2011, n. 6204), ma sicuramente si estende alla rideterminazione della sanzione nell’esercizio della giurisdizione di merito (così Cons. Stato, VI, 9 febbraio 2011, n. 896; 27 ottobre 2011, n. 5785).
7.5.3. Per le considerazioni che precedono il Collegio, alla luce dei ricordati parametri sanzionatori, reputa congrua e proporzionata alla gravità soggettiva ed oggettiva e alla durata delle violazioni perpetrate dall’odierna appellante, l’irrogazione di una sanziona pecuniaria di euro 150.000,00 (centocinquantamila/00) per ciascuno degli illeciti sub 1.a) e 1.b), talché, in applicazione del criterio del cumulo materiale, la sanzione complessiva finale resta determinata nella misura di euro 300.000,00 (trecentomila/00).
8. Considerato che l’esito complessivo dei due gradi di giudizio è connotato da una situazione di soccombenza reciproca, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 7565 del 2009), lo accoglie entro i limiti di cui al punto 7.5. della motivazione e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, determina come in motivazione l’entità delle sanzioni pecuniarie inflitte; dichiara le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione