Ottemperanza decreto emesso dalla Corte di appello di Lecce cron. n. 52/2010 – Equa riparazione (Cons. Stato n. 1484/2012)

Redazione 16/03/12
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FATTO
Con decreto 13 gennaio 2010, n. 21, la Corte di appello di Lecce accoglieva il ricorso proposto dalla Fin Coffee per ottenere, a seguito della irragionevole durata di una procedura esecutiva immobiliare, l’equa riparazione prevista dalla legge 24 marzo 2001, n. 89. Conseguentemente condannava il Ministero della giustizia a pagare alla ricorrente la somma di euro 10.800, oltre agli interessi legali dalla domanda sino al soddisfo, nonché al pagamento delle spese processuali, che liquidava in complessivi euro 1.550, di cui euro 900 per onorari, 600 per diritti e 50 per spese, oltre agli accessori di legge, con distrazione a favore del procuratore anticipatario avv. Orlando **************.
Il successivo 26 aprile l’avv. ********, in proprio, notificava il provvedimento al Ministero della giustizia.
In data 10 marzo 2011 il cancelliere presso la Corte d’appello certificava che nei confronti del decreto non era stato proposto, nei termini di legge, ricorso per cassazione.
Nell’inerzia dell’Amministrazione e decorsi i termini di legge, l’avv. ******** proponeva ricorso per ottemperanza presso il T.A.R. per la Puglia – Lecce, il quale, con sentenza 8 settembre 2011, n. 1560, dichiarava il ricorso stesso inammissibile.
Contro la sentenza l’avv. ******** interponeva appello.
Alla camera di consiglio del 28 febbraio 2012 l’appello veniva chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO
L’appello è fondato e va perciò accolto.
A norma dell’art. 3, co. 3, della legge n. 89 del 2001 (nel testo attualmente vigente, a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 1, co. 1224, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), la domanda di equa riparazione va presentata con ricorso da indirizzarsi nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare e, negli altri casi, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze.
L’azione di ottemperanza, in conformità ai principi, deve essere esperita nei confronti del soggetto debitore inadempiente. Pertanto nel giudizio per l’esecuzione del giudicato che condanna l’Amministrazione a corrispondere l’equa riparazione ai sensi della legge n. 89 del 2001 persiste la legittimazione passiva del Ministero della giustizia (v. in tal senso, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 23 agosto 2010, n. 5897; Id., 23 dicembre 2010, n. 9342).
In buona sostanza, nel giudizio di ottemperanza le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano in quello terminato con la pronuncia di condanna, non potendosi pervenire, per quanto riguarda in particolare la fattispecie all’esame, ad una diversa identificazione della parte passiva solo perché l’art. 1, comma 1225, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha previsto che, “al fine di razionalizzare le procedure di spesa ed evitare maggiori oneri finanziari conseguenti alla violazione di obblighi internazionali, al pagamento degli indennizzi procede, comunque, il Ministero dell’economia e delle finanze”.
La menzionata disposizione non muta le regole sulla legittimazione passiva nel giudizio di ottemperanza, nel quale la parte pubblica deve ritenersi soggettivamente intesa, secondo l’ordinaria disciplina di rappresentanza in giudizio delle Amministrazioni statali, come parte necessariamente presente nel giudizio di cognizione a quo. Del resto il richiamo alla sola fase del “pagamento”, contenuto nella indicata norma, non comporta effetti espansivi sulla legittimazione passiva nei relativi giudizi di ottemperanza, spettante all’Amministrazione condannata nel giudizio stesso, quanto, piuttosto, un mero riparto di competenze fra Amministrazioni statali nell’àmbito del procedimento contabile di liquidazione delle somme a tal titolo dovute. Incombe sull’Amministrazione condannata (quando, come avviene nei giudizi di cui si tratta, il legislatore abbia individuato un’Amministrazione diversa tenuta al pagamento) l’onere di porre in essere, ai fini dell’adempimento al giudicato (la cui puntuale verifica è appunto l’oggetto del giudizio di ottemperanza), tutti gli atti necessari al compimento, da parte della seconda, della fase di pagamento, del cui esatto e tempestivo esito rimane comunque responsabile, nei confronti del creditore, il soggetto nei cui confronti sia stata pronunciata la sentenza passata in giudicato, al fine ultimo di far conseguire concretamente all’interessato l’utilità o il bene della vita già riconosciutogli in sede di cognizione (Cons. Stato, Sez. V, 3 ottobre 1997, n. 1108; Sez. IV, 15 aprile 1999, n. 626; Sez. IV, 17 ottobre 2000, n. 5512; Sez. IV, 14 maggio 2007, n. 2447; Sez. IV, 23 agosto 2010, n. 5897).
A conclusioni non diverse porta l’esame dell’art. 14, co. 1, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito nella legge 28 febbraio 1997, il quale – con previsione applicabile anche nei giudizi di ottemperanza (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 maggio 2008, n. 2158; Id., 23 agosto 2010, n. 5897) – stabilisce che “le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici completano le procedure per l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto”.
Come quella dell’art. 1, co. 1225, della legge 296 del 2006, la disposizione può essere coerente a una esigenza sistematica di razionalizzazione delle procedure di spesa. Da un lato essa ha l’obiettivo di consentire all’Amministrazione, la quale va direttamente compulsata, di attivare e concludere il procedimento di pagamento nell’arco temporale di ad essa assegnato; e ciò prima che sia introdotta la procedura giudiziale di esecuzione, che può comportare anche un ulteriore aggravio di spese processuali. La notifica del titolo esecutivo con siffatte modalità tende dunque a far sì che presso la Pubblica Amministrazione si avvii il procedimento contabile atto a realizzare l’adempimento spontaneo (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 maggio 2008, n. 2158).
Ma dall’altro, nel porre uno specifico termine per l’adempimento da parte dell’Amministrazione, la disposizione ha un intento sollecitatorio e riveste dunque anche una funzione garantista nei confronti del creditore. Sarebbe dunque paradossale farne discendere un onere di notifica del titolo, a pena di inammissibilità, non solo nei riguardi dell’Amministrazione materialmente obbligata sul piano dei rapporti intersoggettivi, ma anche e ogni caso nei confronti di quella che – secondo i riparti interni tra organi dello Stato – è competente per le procedure di spesa.
Ciò precisato in punto di legittimazione passiva dell’Amministrazione convenuta in giudizio, può ritenersi che nella fattispecie si siano integrate le condizioni delle azioni esecutive intentate nei confronti della Amministrazione condannata al pagamento di una somma di denaro.
L’art. 112, co. 2, c.p.a., ha codificato un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il decreto di condanna emesso ai sensi dell’art. 3 della legge n. 89 del 2001 ha natura decisoria in materia di diritti soggettivi ed è, sotto tale profilo, equiparato al giudicato, con conseguente idoneità a fungere da titolo per l’azione di ottemperanza (v., da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 6 maggio 2010, n. 2653; Id, 23 dicembre 2010, n. 9342).
D’altra parte, risultano rispettati i termini di cui al ricordato art. 14, co. 1, del decreto-legge n. 669 del 1996.
Ciò posto, stante l’idoneità del titolo giudiziale all’esecuzione coatta e perdurando l’inerzia dell’Amministrazione, va dichiarato l’obbligo del Ministero della giustizia di conformarsi al decreto della Corte di appello di Lecce di cui in epigrafe, provvedendo al pagamento in favore del ricorrente, entro un termine certo, degli importi sopra precisati dovuti per il predetto titolo e nominando un Commissario ad acta per il caso di persistente inerzia dell’Amministrazione.
Le spese di lite seguono la soccombenza, conformemente alla legge, e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, dispone che il Ministero della giustizia dia esecuzione al giudicato formatosi sul richiamato decreto della Corte d’appello di Lecce nei sensi di cui in motivazione, adottando gli atti necessari nel termine di 90 (novanta) giorni dalla data della comunicazione in via amministrativa (o, se anteriore, da quella della notificazione a istanza di parte). Dispone che, in caso di ulteriore inadempimento, a tale operazione provveda nell’ulteriore termine di 90 giorni, quale Commissario ad acta, il Ragioniere Generale dello Stato o un dirigente da questi delegato.
Condanna il Ministero della giustizia alla rifusione delle spese e competenze di giudizio, che liquida complessivamente in euro 200,00 (duecento/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione