Le compensazioni anticipate non configurano reato (Cass. pen. n. 37350/2013)

Redazione 12/09/13
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Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 17/2/2012 la Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza ex art. 442 c.p.p., del 26/11/2008 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Patti che, riqualificata ai sensi del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 quater, l’originaria imputazione ex art. 640 c.p., comma 2, ha condannato il sig. S. alla pena condizionalmente sospesa di due mesi di reclusione, previo riconoscimento della continuazione tra i vari episodi e della circostanza attenuante prevista dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 13; fatti commessi nel periodo (omissis) e accertati il (omissis).

2. I fatti consistono nella presentazione di “Mod. F 24” infedeli e nella conseguente utilizzazione di inesistenti crediti I.v.a. per importo di 175.019,98 Euro a fini di compensazione dei debiti esistenti nei confronti di INPS e INAIL.

3. Osserva la Corte di appello che il primo giudice in sede di motivazione ha tenuto in considerazione la consulenza della parte privata e valutato i chiarimenti offerti dall’Agenzia delle Entrate.

Questo in punto di fatto. In punto di diritto la corte territoriale ha: a) respinto la tesi della non applicabilità del citato art.10- quater ai fatti commessi nell’anno (omissis), trattandosi di norma che si pone come speciale rispetto all’art.640, comma 2, cod. pen. inizialmente contestato all’imputato; b) rilevato che la tesi del diritto alla compensazione infrannuale si scontra con la circostanza che anche dopo la scadenza del 31/10/2006 nessuna condotta attiva è stata posta in essere dall’imputato; c) escluso l’esistenza di dubbi circa l’elemento soggettivo del reato; d) considerato proporzionata la pena inflitta in primo grado.

4. Avverso tale decisione il sig. S. propone ricorso tramite il Difensore, in sintesi lamentando:

a. Errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b), con riferimento alla data di entrata in vigore della fattispecie incriminatrice, introdotta nel mese di luglio 2006 per sanzionare penalmente le condotte fino ad allora soggetta alla sanzione amministrativa prevista dalla L. n. 241 del 1997, art. 17; si è in presenza, dunque, di nuova fattispecie legata al mancato versamento delle imposte dovute sulla base delle corrette dichiarazioni presentate e di fattispecie che non può trovare applicazione per condotte anteriori e diversamente sanzionate. Erroneamente i giudici di merito hanno applicato l’art. 10 quater, citato, mentre avrebbero dovuto verificare la fondatezza della contestazione di truffa aggravata, nella specie non sussistente in quanto il credito vantato dal ricorrente era reale e, dunque, inidoneo a fondare il requisito degli artifici e raggiri;

b. Errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. c), e vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), per avere la Corte di appello omesso di dare risposta alle questioni proposte dalla Difesa con riferimento alla consulenza tecnica di parte; in particolare, la Corte di appello ha erroneamente affermato che nessuna condotta attiva fu tenuta fino al (omissis), mentre sia la consulenza sia la stessa sentenza di primo grado (pag.10) da atto del ravvedimento effettuato entro i termini di presentazione della dichiarazione I.v.a. 2005;

c. Errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b), e vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione all’assenza dell’elemento psicologico del reato, difettando del tutto la motivazione sul punto.

Motivi della decisione

1. L’esame dei motivi di ricorso impone alla Corte di ricordare che le violazioni tributarie concernenti condotte ingannatorie che comportano il mancato versamento, totale o parziale, dell’imposta dovuta si pongono in rapporto di specialità sia rispetto al reato previsto dall’art. 640 c.p., comma 2, (Sez. Un., sentenza n.1235 del 28/10/2010, ******** e altri, rv 248865, relativa a contestazioni ex artt. 2 e 8 del 74/2000) sia rispetto ad altre ipotesi codicistiche di contenuto fraudolento, quali l’art. 316 ter c.p. (Sez.3, n. 7662/2012, ud. 14/12/2011, *******, rv 251975, relativa a contestazione ex art. 10-quater del d.lgs. 10 marzo 2000, n.74).

2. Va, poi, ritenuto che al caso in esame sia applicabile, rispetto alle censure contenute nel primo motivo di ricorso, il principio fissato dalle Sez. Un. Pen. con la sentenza emessa in data 28/3/2013 nel ricorso R. e altro in relazione al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 ter, principio secondo cui non sussiste violazione della regola della irretroattività della norma penale qualora, come nel caso in esame, una modifica legislativa che entra in vigore successivamente alle condotte tipiche (nel nostro caso in data 4/7/2006 rispetto a condotte relative all’annualità 2005) posticipi le scadenze tributarie a data successiva all’entrata in vigore e introduca nuove fattispecie (D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 10 bis, 10 ter e 10 quater) che sanzionano penalmente l’omissione degli adempimenti dovuti entro il nuovo termine. A tal proposito non va dimenticato che la disciplina D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ex art. 10 quater, risulta complessivamente meno grave sul piano sanzionatoria del reato di truffa aggravata originalmente contestato, così che sin via di principio l’interpretazione adottata dai giudici di merito si rivela, sotto questo profilo, certamente favorevole alla posizione dell’imputato.

3. Per quanto concerne, infine, la sussistenza delle condotte tipiche, la Corte ritiene sufficiente richiamare la precedente decisione con cui questa Sezione in relazione all’ipotesi di indebita compensazione tributaria ha fissato il principio della permanenza di illecito penale pur successivamente alla introduzione dell’illecito amministrativo previsto dal D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 27, comma 18, (conv. con modif. in L. 28 gennaio 2009, n. 2), e il principio della pari rilevanza ai fini penali delle compensazioni così dette “orizzontali” e “verticali”.

4. Fatte queste premesse di ordine generale, la Corte rileva che appaiono fondati il secondo e terzo motivo di ricorso. Emerge dai provvedimenti giudiziali in atti che i crediti portati in compensazione non erano nè inesistenti nè frutto di artificio, ma solo non ancora validamente utilizzabili in compensazione, e che in data 9 ottobre 2006 il ricorrente provvide al versamento delle somme dovute all’Erario e dei relativi interessi. Contrariamente all’assunto accusatorio, dunque, il ricorrente manifestò comportamenti positivi anteriormente alla scadenza del 31 di ottobre.

5. Può così concludersi che, contrariamente a quanto sostenuto in sede di condanna non sussistevano in concreto gli estremi dell’ipotesi del reato di truffa aggravata originariamente contestato. L’imputato si limitò a consegnare modelli F24 recanti importi non corretti, con conseguente omesso versamento degli importi ma non fece ricorso nè ad artifici nè a documentazione infedele. Il successivo adempimento nei nuovi termini costituisce elemento che, unitamente a quanto ricordato, impone di annullare la sentenza impugnata senza rinvio per essere la condotta non riconducibile all’ipotesi delittuosa residua.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto residuo non è previsto dalla legge come reato.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2013.

Redazione