Incidenza di un immobile sul carico urbanistico (Cass. pen. n. 11544/2013)

Redazione 12/03/13
Scarica PDF Stampa

RITENUTO IN FATTO

1. – Con ordinanza del 27 marzo 2012, il Tribunale di Napoli ha rigettato l’appello proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza con la quale il Gip dello stesso Tribunale aveva rigettato la richiesta di convalida del sequestro preventivo effettuato dalla polizia giudiziaria avente ad oggetto un immobile asseritamente abusivo in uso all’indagata, in relazione ai reati di cui agli artt. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 e 349 cod. pen.
2. – Avverso tale provvedimento il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli ha proposto ricorso per cassazione per violazione di legge, lamentando che il Tribunale ha affermato che l’uso del manufatto per esigenze abitative non incide apprezzabilmente sul carico urbanistico, non essendo stata dimostrata, in concreto, un’ulteriore lesione all’assetto del territorio e che, comunque, il carico urbanistico non risulta <<ulteriormente compromesso rispetto al momento consumativo del reato e, ove lo fosse, si tratterebbe di una situazione praticamente consolidatasi nel tempo». Ad avviso del ricorrente, vi sarebbe, invece, un costante aggravio del carico urbanistico, perché nella specie si tratterebbe di un’abitazione cui devono necessariamente correlarsi una serie di insediamenti secondari e servizi, e a nulla varrebbe richiamare il decorso del tempo, perché il consolidamento della situazione negli anni certo non alleggerisce le esigenze cautelari, le quali rimangono inalterate. Né vi sarebbe alcuna motivazione circa il periculum in mora collegato al contestato reato di violazione di sigilli.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. – Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
3.1. – Devono preliminarmente richiamarsi i principi enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sez. 3, 24 novembre 2011, n. 6599, sez. 3, 18 ottobre 2011, n. 40033; sez. un., 20 marzo 2003, n. 12878), secondo cui l’incidenza di un immobile sul carico urbanistico va valutata secondo indici concreti e può essere rappresentata dalla consistenza dell’insediamento edilizio, dal numero di nuclei familiari presenti, dall’incremento della domanda di strutture, opere collettive e dotazione minima di spazi pubblici per abitante, dalla necessità di salvaguardare l’ambiente e la staticità dei luoghi e, infine, dalla possibilità che le opere non ancora ultimate siano portate a compimento e le unità non ancora abitate siano occupate. Il giudice di merito deve valutare attentamente e, conseguentemente, motivare, la sussistenza del pericolo derivante dalla libera disponibilità del bene pertinente al reato, considerando, in particolare, la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa da parte dell’indagato o di terzi possa implicare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, ovvero se l’attuale disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività. Più precisamente, la nozione di “carico urbanistico” deriva dall’osservazione che ogni insediamento umano è costituito da un elemento cd. primario (abitazioni, uffici, opifici, negozi) e da uno secondario di servizio (opere pubbliche in genere, uffici pubblici, parchi, strade, fognature, elettrificazione, servizio idrico, condutture di erogazione del gas) che deve essere proporzionato all’insediamento primario, ossia al numero degli abitanti insediati ed alle caratteristiche dell’attività da costoro svolte. Quindi, il carico urbanistico è l’effetto che viene prodotto dall’insediamento primario come domanda di strutture ed opere collettive, in dipendenza del numero delle persone insediate su di un determinato territorio. Si tratta di un concetto, non definito dalla vigente legislazione, ma che è in concreto preso in considerazione in vari istituti del diritto urbanistico, tra i quali: a) gli standards urbanistici di cui al d.m. 2 aprile 1968, n. 444, che richiedono l’inclusione, nella formazione degli strumenti urbanistici, di dotazioni minime di spazi pubblici per abitante a seconda delle varie zone; b) la sottoposizione a concessione e, quindi, a contributo sia di urbanizzazione che sul costo i produzione, delle superfici utili degli edifici, in quanto comportino la costituzione di nuovi vani capaci di produrre nuovo insediamento; c) il parallelo esonero da contributo di quelle opere che non comportano nuovo insediamento, come le opere di urbanizzazione o le opere soggette ad autorizzazione.
3.2. – Come condivisibilmente osservato dal pubblico ministero ricorrente, l’ordinanza impugnata non fa corretta applicazione di tali principi, perché si limita ad affermare che non vi è aggravamento del carico urbanistico, perché non vi è una compromissione ulteriore rispetto al momento consumativo del reato e, ove vi fosse, «si tratterebbe di una situazione praticamente consolidatasi da tempo>>. Così argomentando, infatti, il Tribunale non tiene conto del fatto che il carico urbanistico è l’effetto che viene prodotto da una condotta ulteriore rispetto alla semplice consumazione del reato e, cioè, dall’insediamento primario come domanda di strutture e opere collettive. Lo stesso Tribunale basa, dunque, la sua decisione sull’erroneo presupposto che l’aggravamento del carico urbanistico non possa consistere negli effetti sul territorio dell’utilizzazione abitativa dell’immobile abusivo protrattasi nel tempo.
4. – L’ordinanza impugnata deve, dunque, essere annullata, con rinvio al Tribunale di Napoli, perché proceda ad una nuova valutazione della fattispecie, tenuto conto dei principi sopra ribaditi in tema di “aggravamento del carico urbanistico”.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Napoli per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2012.

Redazione