La Cassazione sulle clausole compromissorie inserite negli Statuti delle soocietà cooperative edilizie

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Periodicamente la Cassazione torna sul tema del raggio d’azione delle clausole compromissorie inserite negli Statuti delle società cooperative edilizie. La recente ordinanza della VI Sezione Civile (n. 12124 del 13.6.2016), nella sua brevità, pur confermando un orientamento ormai stabile, offre alcuni importanti spunti di riflessione.

La vicenda.

Una ex socia di una cooperativa edilizia proponeva opposizione all’esecuzione immobiliare dalla società intrapresa in suo danno per l’omesso pagamento del saldo del prezzo d’acquisto dell’immobile assegnato e trasferitole in proprietà.

L’opposizione (proposta dopo la sua esclusione) fondava sulla sostenuta non debenza degli importi pretesi dalla cooperativa, avendo l’immobile una superficie abitabile inferiore a quella originariamente pattuita. Nel successivo giudizio di merito era stata anche avanzata una domanda riconvenzionale di riduzione del prezzo.

Il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 500/2015, declinava la propria competenza a decidere la controversia ritenendo competente, in virtù dell’art. 39 dello statuto societario, il collegio arbitrale.

Impugnata la decisione con regolamento di competenza, veniva dunque riproposta dinanzi alla Cassazione la questione dei limiti all’applicabilità di una clausola compromissoria inserita in uno statuto di una società cooperativa edilizia.

La decisione.

La VI Sezione, nel solco tracciato da precedenti decisioni, ha accolto il regolamento di competenza proposto dall’ex socia e rinviato gli atti al Tribunale di Firenze.

Riferiscono i Giudici di Legittimità: “l’art. 39 dello statuto societario, posto dal tribunale a fondamento della sentenza declinatoria della propria competenza, deve riferirsi, per il tenore testuale della clausola, e per la ratio sottesa, ai soli rapporti societari nascenti dal contratto sociale, e quindi ai rapporti c.d. endosocietari”, mentre nel caso di specie la socia era stata esclusa con provvedimento (non impugnato) precedente alla proposizione dell’opposizione, che aveva ad oggetto “il puntuale adempimento o meno da parte della cooperativa venditrice, delle obbligazioni derivanti dall’atto di trasferimento in proprietà dell’immobile, e quindi a rapporti che non sono qualificabili endosocietari”.

Espresso è stato il richiamo a Cass. VI Civ. n. 723/2013, “in cui si chiarisce che il socio di società cooperativa è parte di due distinti anche se collegati rapporti, uno di carattere associativo derivante dall’adesione al contratto sociale e l’altro che deriva dal contratto bilaterale di scambio, e che l’acquisto della proprietà dell’alloggio da parte dei soci, per la cui realizzazione l’ente è stato costituito, passa attraverso la conclusione di un contratto di scambio la cui causa è del tutto omogenea a quella della compravendita, in relazione alla quale la cooperativa assume la veste dell’alienante e il socio la veste dell’acquirente”.

Per concludere, “la presenza di una clausola compromissoria nel solo statuto della cooperativa non è idonea a radicare la competenza arbitrale per quelle cause tra la cooperativa e soggetti che siano stati suoi soci che non traggono origine da rapporti endosocietari e che attengano solo al trasferimento in proprietà dell’immobile costruito dalla cooperativa, dovendosi ritenere necessario a questo scopo o una espressa previsione dell’applicabilità della clausola statutaria anche ai rapporti di assegnazione e trasferimento in proprietà degli immobili, o l’inserimento di un’autonoma clausola nell’atto di prenotazione o nel successivo atto di assegnazione o nell’atto di trasferimento”.

Alcune riflessioni suggerite dall’ordinanza in commento.

Sotto un profilo meramente statistico, deve rilevare come da più parti si confondano ancora funzioni e finalità dei diversi atti che legano una cooperativa edilizia ai soci. A tanto non può che collegarsi l’auspicio che i vari spunti offerti da questo nuovo contributo possano rendere ancora più chiara la materia.

Il primo dei temi toccati è quello dei limiti (soggettivi) dello statuto societario, vale a dire dei limiti alla sua applicabilità una volta che sia venuto meno il vincolo sociale.

Al riguardo, può sostenersi che l’esclusione – non impugnata – del socio, comporti la risoluzione del rapporto sociale ed il venir meno dell’applicabilità delle disposizioni interne al sodalizio. Le disposizioni societarie trovano un limite sia soggettivo, sia oggettivo, nella cessazione del rapporto, attesa la nuova qualità di “terzo” assunta dal socio escluso: quindi nell’ipotesi di fatti e diritti successivi all’uscita del socio, poiché lo coinvolgono uti tertius, non può trovare applicazione la clausola compromissoria prevista nello statuto [[1]].

Nel prosieguo, la distinzione tra conferimenti sociali ed esborsi di carattere straordinario (necessari per la realizzazione degli alloggi) [[2]], appare funzionale al richiamo a Cass. n. 723/2013 e al principio ivi espresso, secondo cui “nelle cooperative edilizie che hanno per oggetto sociale la costruzione di alloggi da assegnare ai soci, le anticipazioni e gli esborsi sopportati dal socio per conseguire la proprietà dell’alloggio trovano giustificazione in un rapporto di scambio, ben distinto dal rapporto associativo, dal quale trae invece origine l’obbligo dei conferimenti e della contribuzione alle spese comuni di organizzazione ed amministrazione, ricollegandosi questi ultimi alla qualità di socio, che deriva dall’adesione alla cooperativa e permane fino a suo scioglimento ovvero al recesso o all’esclusione del socio, ed i primi ad un atto di trasferimento avente una causa omogenea a quella di una comune compravendita, nell’ambito del quale la società assume la veste di alienante e il socio quella di acquirente” [[3]].

La regolamentazione del rapporto di scambio, in coerenza con la sua natura, è da ricercare nella sua specifica fonte contrattuale e nei principi propri del contratto sinallagmatico di compravendita, dovendosi aver riguardo alla disciplina societaria solo nella misura in cui essa sia stata in quel contratto espressamente o implicitamente richiamata [[4]]. Ogni diversa impostazione si porrebbe in conflitto con le disposizioni in materia di ermeneutica soggettiva della volontà negoziale (art. 1362 c.c.).

Ma questo è soltanto il punto di approdo. Tra i punti di partenza c’è stato certamente il riconoscimento della “autonomia” di “causa giuridica” del rapporto associativo in una società cooperativa edilizia rispetto al rapporto di scambio finalizzato all’acquisto di un immobile (cfr. Cass. n. 15550/2000, cui seguirono Cass. n. 9393/2004, Cass. n. 2612/2007, Cass. n. 13641/2013) [[5]] e la constatazione che gli esborsi e le anticipazioni di carattere straordinario ai fini dell’acquisto del terreno, della realizzazione degli alloggi, etc., non sono strettamente inerenti al rapporto sociale e sono destinati a gravare sul socio subentrante, ponendo il socio nella posizione di creditore nei confronti della Cooperativa Edilizia, posizione che si manifesta come diritto alla restituzione delle somme anticipate, non sottoposto alla disciplina legislativa relativa alla quota sociale (Cass. n. 6197/2008; Cass. n. 9393/2004, in Giust. Civ. Mass. 2004 e DeG 2004).

L’ultimo assunto circa la necessità di una “espressa previsione dell’applicabilità della clausola statutaria anche ai rapporti di assegnazione e trasferimento in proprietà degli immobili, o l’inserimento di un’autonoma clausola nell’atto di prenotazione o nel successivo atto di assegnazione o nell’atto di trasferimento”, ispirato dalla sentenza n. 723/2013 (che aveva regolato invece una situazione in cui erano presenti due clausole compromissorie: una nello statuto e l’altra nell’atto di assegnazione), offre lo spunto per la conclusiva riflessione sulla disciplina dei collegamenti contrattuali e le relative ripercussioni sotto il profilo della giurisdizione.

Sul punto sono intervenute le Sezioni Unite (n. 13894 del 14.6.2007) a sancire che “il collegamento contrattuale non attiene ai profili processuali, ma sostanziali del regolamento contrattuale, con la conseguenza che i suoi effetti non si estendono alla giurisdizione, che trovi disciplina nella clausola di uno dei contratti collegati. Il patto di proroga della giurisdizione, che accede ad un contratto, non trova applicazione rispetto al contratto collegato e non determina lo spostamento della competenza giurisdizionale”. Con specifico riferimento alla materia societaria, Cass. n. 7501/2014 ha escluso che, tramite la clausola compromissoria contenuta in un determinato contratto, la deroga alla giurisdizione del giudice ordinario e il deferimento agli arbitri possano estendersi a controversie relative ad altri contratti, ancorché collegati al contratto principale, cui accede la predetta clausola, senza che essa sia in alcun modo richiamata, affermando che la clausola compromissoria contenuta nel contratto sociale deve essere interpretata, in mancanza di volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte le controversie inerenti al rapporto societario e relative a pretese aventi la loro causa petendi nel medesimo contratto sociale, ove lo stesso non rappresenti un mero presupposto storico sul quale si innesta il diritto rivendicato (Cfr. anche Cass. n. 2598/2006) [[6]]. Cass. n. 1674/2012 ha sottolineato che la clausola compromissoria riferita genericamente alle controversie nascenti dal contratto cui essa inerisce, va interpretata, in mancanza di espressa volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte e solo le controversie aventi causa petendi nel contratto medesimo, con esclusione quindi delle controversie che in quel contratto hanno unicamente un presupposto storico.

Può apparire strano che una decisione così breve abbia consentito un approfondimento su tre aspetti complessi e diversi, seppur connessi tra loro. Una simile attività è certamente facilitata nelle ipotesi in cui, pur esaminando decisioni disciplinanti profili differenti, la Cassazione utilizza in maniera coerente i principi precedentemente enunciati, onorando in pieno il suo ruolo “ordinatore” e nomofilattico.

 


[1] Cfr. Cass. n. 6052/1978; Cass. n. 1213/1980; Trib. Milano, 26.7.1999. In dottrina, cfr. Nela, sub art. 34, ne Il nuovo processo societario (a cura di Chiarloni), 2004. In Cass. n. 12077/1990 si legge di compromissione in arbitri che accede ad un contratto di società e che individua nella qualità di soci della stessa Società gli “estremi soggettivi” della controversia sottratta all’Autorità Giudiziaria Ordinaria, ed ancora che “ciò che viene in gioco è proprio quella qualifica soggettiva prevista dalla clausola compromissoria, come situazione atta a devolvere agli arbitri il giudizio … purché la lite coinvolga i soci, e solo i soci”. Sul punto si segnala il contributo di altra, autorevole, dottrina: Montesano – Arieta nel loro Trattato di Diritto Processuale Civile (Vol. 2, Tomo 2, Cap. 1171), sostengono che il patto compromissorio “può venire meno (…) per il venire meno del contratto nel quale era contenuta la relativa clausola (…). Se le parti, nell’ambito della loro autonomia sottoscrivono patti novativi o risolutivi del contratto nel quale era inserito il patto commissorio, ciò comporta, ci sembra, la sopravvenuta estinzione di quest’ultimo in relazione a tutte le controversie che dovessero insorgere tra le stesse per fatti successivi all’intervenuta novazione o risoluzione” ed ancora che “resta esclusa dalla competenza arbitrale (Cass. 25.8.1998, n. 8410), ogni pretesa occasionata da un rapporto contrattuale ormai esaurito, in quanto le parti, rimettendo agli arbitri le possibili controversie in tema di interpretazione e di esecuzione di un contratto, hanno riguardo solo a quelle legate da rapporto di causalità giuridica rispetto ad esso”.

[2] Vd. infra.

[3] Oltre alla riportata Cass. n. 723/2013, cfr. Cass. 9393/2004, Cass. 6016/2003, Cass. 15550/2000.

[4] Cfr. Cass. 19080/2012 (richiamata da Cass. 17465/2014), Cass. 7646/2007, Cass. 6016/2003.

[5] Secondo Cass. n. 13641/2013 (da ultimo) in tema di cooperative edilizie deve distinguersi tra il rapporto sociale-associativo e quello di scambio, di natura sinallagmatica, rapporti che, pur collegati, hanno causa giuridica autonoma. Ne deriva che il pagamento di una somma, eseguito dal socio a titolo di prenotazione dell’immobile, deve essere ascritto al rapporto di scambio e perciò al pagamento del prezzo di acquisto, alla cui restituzione la cooperativa è tenuta in caso di scioglimento del rapporto sociale. Sempre con riferimento all’aspetto patrimoniale, Cass. n. 2612/2007 ricorda che occorre distinguere tra somme versate dal socio a titolo di spese generali, necessarie per l’amministrazione e l’organizzazione della Cooperativa in quanto tale (“obbligo correlato alla qualità di socio”, secondo Cass. n. 15550/2000) e somme versate in funzione dell’assegnazione dell’alloggio, che non sono strettamente inerenti il rapporto sociale. La distinzione dei due rapporti è netta in Cass. n. 5014/2013, secondo cui il socio di società cooperativa edilizia “in qualità di beneficiario del servizio mutualistico reso dalla società, è parte non solo di un rapporto di carattere associativo, derivante dall’adesione al contratto sociale e dalla conseguente acquisizione della qualità di socio, ma anche di un altro rapporto, per lo più di natura sinallagmatica, derivante dal contratto bilaterale di scambio per effetto del quale egli si appropria del bene o del servizio resogli dall’ente”.

[6] Principi espressi anche da Cass. SS.UU. n. 7398/1998, nonché da Cass. 5371/2001.

Sentenza collegata

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Palmo Matarrese

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