Corte di Cassazione Penale sez. IV 3/2/2009 n. 4672

Redazione 03/02/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 1.4.2008 la Corte di Appello di Catania ha confermato la sentenza del 31.5.2005 del Tribunale di Catania, con la quale V.S. era stato dichiarato colpevole dal reato di lesioni colpose in danno di C.S. (art. 590 c.p.) e condannato alla pena ritenuta di giustizia.

La Corte Territoriale ha disatteso l’eccezione di nullità della notificazione del decreto di citazione a giudizio, avendo ritenuto che l’attestazione dell’ufficiale giudiziario, secondo la quale "l’interessato" aveva rifiutato di ricevere l’atto era regolare ed esaustiva, in mancanza di qualsiasi prova che l’ufficiale giudiziario fosse incorso nel reato di cui all’art. 479 c.p., ed essendo quindi superfluo procedere alle ulteriori ricerche di cui all’art. 157 c.p.p., comma 7.

Nel merito, la stessa Corte territoriale ha ritenuto che il cane di razza "collie", che aveva aggredito il C., facendolo rovinare per terra, e così procurandogli lesioni alla persona, era custodito nell’occasione dall’imputato, che ne era il proprietario, in quanto il teste D.A., sicuramente disinteressato, aveva indicato la presenza di altro condomino di cui non conosceva le generalità, che richiamava a sè il cane dopo l’aggressione subita dal C..

L’imputato è stato, pertanto, colpevole per avere lasciato libero l’animale e omesso di custodirlo nel cortile condominiale, dove si trovavano altre persone, tenuto anche conto della mole dell’animale.

Avverso la succitata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione l’imputato V.S., a mezzo del proprio difensore, chiedendone l’annullamento per due motivi.

Con il primo motivo, il ricorrente ha eccepito la violazione degli artt. 157, 170 e 171 c.p.p., ribadendo l’eccezione di nullità già esposta, e ponendo in evidenza, oltre la genericità della dizione "per rifiuto dell’interessato alle ore 14,30", come l’errore di persona poteva essere derivato dalla presenza di una cassetta postale con la scritta " V.S.", ma di pertinenza di altro condomino, e di altra cassetta con i cognomi dell’imputato e della moglie, e di effettiva pertinenza del ricorrente. Essendovi assoluta incertezza sul destinatario della notifica, secondo il ricorrente, va dichiarata la nullità della notifica del decreto di citazione a giudizio di primo grado e di tutti gli atti successivi, e non essendosi proceduto alle ulteriori ricerche a norma dell’art. 157 c.p.p., comma 7.

Con il secondo motivo di gravame, il ricorrente ha dedotto la illogicità della motivazione in relazione alla individuazione della persona che aveva la detenzione del cane in occasione dell’aggressione al C., non essendo sufficiente la dichiarazione del testimone D., inidonea a fare ritenere con certezza che tale persona fosse l’imputato, essendosi solo riferito ad "altro condomino".

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato e va rigettato.

Per ciò che concerne il primo motivo di ricorso non vi può essere dubbio alcuno sulla identificazione dell’imputato come "l’interessato" che ha rifiutato di ricevere l’atto, ed è irrilevante che non sia stato riportato il nome e cognome dell’imputato V.S.. D’altronde, come è noto, l’attestazione della notificazione "a mani proprie", espressione frequentissima anche se l’art. 157 c.p.p., comma 1, prevede la diversa espressione letterale di "consegna di copia alla persona", non pone dubbio che l’atto sia stato notificato direttamente al destinatario.

Per ciò che concerne il secondo accesso previsto dall’art. 157 c.p.p., comma 7, e disciplinato dall’art. 59 disp. att. c.p.p., è evidente che la stesso riguardi il rifiuto delle persone diverse dall’interessato, ed indicate nell’art. 157 c.p.p., comma 1, potendo il rifiuto delle altre persone essere giustificato da ragioni particolari (ad esempio rapporti ostili con l’interessato), ma se il rifiuto proviene dallo stesso destinatario non vi è ragione per gravare l’ufficiale giudiziario a causa di condotte che appalesano solo disinteresse per il contenuto dell’atto da ricevere.

In ogni caso, poi, come è stato ineccepibilmente ritenuto, l’obbligo del secondo accesso ha natura ordinatoria e la sua omissione non determina nullità, non essendo tale ipotesi prevista nella analitica elencazione contenuta nell’art. 171 c.p.p., (Cass. Sez. 4, 4.5.2004 n. 27894 riv. 229264).

Per ciò che concerne il secondo motivo di impugnazione, l’esame della sentenza di primo grado consente di ritenere senza dubbio che è stata accertata la piena responsabilità dell’imputato V. e che la sua identificazione non presenta margini di dubbio.

Come è stato ineccepibilmente ritenuto, allorchè le sentenza di primo e secondo grado concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo (Cass. 26.6.2000 n. 8868, conformemente a quanto ritenuto da Cass. Sezioni unite 4.2.1992 n. 6682).

Nella specie, il Tribunale aveva esaurientemente motivato in ordine alla responsabilità del ricorrente, rilevando che lo stesso è stato riconosciuto dalla parte offesa C.S., mentre giocava a tirare una palla di tennis al cane. Il riconoscimento è del tutto attendibile essendo imputato e parte offesa condomini nello stesso edificio, ed avendo anche il C. precisato che il V. era solito fare quel gioco con il cane, libero dal guinzaglio e dalla museruola, e che nonostante gli ammonimenti, non aveva inteso usare una maggiore cautela.

La testimonianza del D., che – come si legge nella sentenza di appello – si è solo riferito ad un "condomino", ma senza precisarne l’identità, è quindi un efficace riscontro alla già convincente ed esauriente testimonianza della parte offesa, così come ritenuto nella più dettagliata motivazione della sentenza di primo grado, che, come precisato si salda con la motivazione di quella di appello.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali a norma dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione