Corte di Cassazione Penale sez. I 15/7/2009 n. 28852; Pres. Chieffi S.

Redazione 15/07/09
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RILEVA IN FATTO E IN DIRITTO

1. – Con sentenza, deliberata il 11 giugno 2008 e depositata il 6 agosto 2008, il Tribunale di Castrovillari, in composizione monocratica, ha condannato alla pena dell’ammenda in Euro trecento, ritenuto il concorso di circostanze attenuanti generiche e concesso il beneficio della sospensione condizionale della esecuzione della pena, A.G., imputata della contravvenzione di molestia o disturbo alle persone, commessa in danno di M. F..

Il Tribunale – in relazione a quanto assume rilievo nel presente scrutinio di legittimità – ha accertato che dal 29 al 31 luglio 2007 la giudicabile aveva inviato cinque messaggi di testo – testualmente riprodotti nella sentenza – alla persona offesa pel tramite della utenza radiomobile di lei. I messaggi, con riferimento alla relazione sentimentale, già clandestinamente intrattenuta dalla A. con il convivente della M. (e padre della figlia della coppia di fatto), riportavano asserite espressioni dell’uomo, in termini affatto sprezzanti nei confronti della M., dal giudice a quo valutati come lesivi della dignità, oltre che del decoro e dell’onore della persona offesa.

2. – Ricorre per cassazione l’imputata, col ministero del difensore di fiducia, avvocato *******************, mediante atto del 20 novembre 2008, col quale pur dichiarando di denunziare, come "motivo unico", mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), deduce un secondo motivo col quale eccepisce la nullità della sentenza per inosservanza dell’art. 521 c.p.p., ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c. 2.1 – Con il primo motivo il difensore oppone: nelle espressioni contenute nei messaggi non sono ravvisabili minacce o insulti; si tratta di fatti noti, in quanto la relazione clandestina tra i due amanti era stata in precedenza scoperta; il numero dei messaggi è esiguo; si tratta, inoltre, di comunicazioni di carattere non vocale, bensì testuale; non ricorre la petulanza.

2.2 – Con il secondo motivo il difensore censura che sarebbe intervenuta condanna per un fatto diverso da quello contestato, in quanto il giudice avrebbe modificato l’imputazione al momento della sentenza.

3.- Il ricorso è manifestamente infondato.

3.1 – Risulta dal testo della sentenza impugnata che l’imputata è stata condannata per il titolo di reato e per la specifica condotta enunciati nel decreto di citazione a giudizio.

La eccezione di nullità, formulata dal ricorrente, è, pertanto, affatto priva di aggancio alcuno all’incontrovertibile dato testuale del provvedimento.

3.2 – Assolutamente priva di pregio è la deduzione della ricorrente circa il mezzo di comunicazione adoperato. Questa Corte ha, infatti, fissato il principio di diritto secondo il quale la molestia può essere arrecata anche mediante l’invio di brevi messaggi di testo, trasmessi attraverso sistemi telefonici mobili o fissi (Sez. 3^, 26 marzo 2004, n. 28680, Modena, massima n. 229464; cui adde: Sez. 1^, 3 maggio 2007, n. 21158, *********, massima n. 236732).

3.3 – In ordine all’accertamento e alla valutazione della condotta il Tribunale ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1^, 5 maggio 1967, n. 624, **********, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4^, 2 dicembre 2003, n. 4842, ****, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, col primo motivo, benchè inscenati sotto la prospettazione di vitia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 3.4 – Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione – al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle ammende.

Redazione