Corte di Cassazione Civile Sezioni unite 9/9/2009 n. 19400; Pres. Carbone V.

Redazione 09/09/09
Scarica PDF Stampa
IN FATTO

La s.r.l. Trachite Zovonite, nel rivolgersi al consiglio dell’ordine degli avvocati di Vicenza, lamentò che l’avv. G.M.C. aveva chiesto il pagamento di due parcelle (riferibili a due ricorsi, uno dinanzi al TAR, l’altro rivolto al capo dello Stato, con cui erano state impugnate alcune ordinanze di pagamento di polizze fideiussorie) di importo eccessivo.

L’ordine professionale adito deliberò, nel giugno del 2007, l’apertura del procedimento disciplinare nei confronti dell’avv. G. irrogandole, all’esito dell’istruttoria, la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per 4 mesi, ritenendo che i due ricorsi fossero l’uno ripetizione dell’altro, e che per tale attività fosse stato, inoltre, preteso un doppio compenso, poichè il coniuge dell’incolpata, investito della medesima questione, aveva a sua volta chiesto ed ottenuto la liquidazione di onorari relativi alla vicenda de qua, sì che il totale complessivo percepito dai due legali ammontava ad oltre 15.000,00 Euro, a fronte di una spesa preventivata con il cliente di 5/6000 Euro.

La decisione fu in parte riformata dal consiglio nazionale forense che, escluso l’addebito di eccessività del compenso preteso, limitò l’incolpazione alla sola scorrettezza della condotta della G. (sanzionandola con la censura) la quale non aveva offerto al cliente ed al locale consiglio dell’ordine compiuti elementi di valutazione sull’attività svolta onde giustificare la duplicazione del compenso, stante l’apparenza di una medesima attività del codifensore (peraltro, anche suo marito).

La sentenza dell’organo disciplinare forense è stata impugnata da G.M.C. con ricorso per cassazione sorretto da due motivi di gravame.

L’intimato consiglio dell’ordine non ha svolto in questa sede attività difensiva.

IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia (senza peraltro specificare le norme che si assumono violate, se non genericamente quella ex art. 360 c.p.c., n. 5) violazione di legge e insufficiente e contraddittoria motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Illogicità e irragionevolezza.

Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3 (R.D. n. 37 del 1934, art. 48, comma 1); violazione del generale principio di corrispondenza tra addebito contestato e sentenza.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono privi di pregio.

Essi si infrangono, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto che l’incolpata non abbia fornito sia al cliente, sia al locale consiglio dell’ordine, compiuti elementi in ordine all’attività complessivamente svolta onde fugare il fondato sospetto di una illecita duplicazione della stessa (e dei relativi compensi), specie alla luce del rapporto di coniugio con il codifensore. Tale motivazione, che resiste alle critiche svolte con il primo motivo di ricorso – avendo il giudice del merito condivisibilmente stigmatizzato la scorrettezza della condotta della G. sotto il profilo della deontologia professionale in punto di mancata comunicazione al cliente di tutti i necessari elementi in ordine all’attività svolta, onde quegli potesse serenamente escludere una duplicazione di compensi attesa la particolare relazione esistente con il co-difensore, la cui attività legittimamente appariva sostanzialmente uguale-, consente di escludere altresì, con tranquillante certezza, qualsivoglia violazione del principio di corrispondenza dell’incolpazione alla condotta in concreto ascritta al legale, poichè dalla stessa motivazione della decisione di primo grado emerge con chiarezza che, nell’irrogazione della più grave sanzione della sospensione dall’esercizio della professione con peculiare riferimento (anche) alla quantificazione del compenso, entrambi i consigli dell’ordine hanno contestato e valutato il complessivo comportamento tenuto dalla G., sì che la (assai più mite) sanzione inflitta in seconde cure si atteggia a mò di derubricazione di una più grave e complessa incolpazione.

Il ricorso è pertanto rigettato.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Redazione