Corte di Cassazione Civile sez. III 29/9/2009 n. 20825; Pres. Filadoro C.

Redazione 29/09/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Si tratta di una causa di risarcimento danni per responsabilità professionale intentata nel 1991 innanzi al tribunale di Livorno da P. e Q.L., ****** e V. A. contro il notaio F.A. di (omissis), al quale si erano rivolti nel (omissis) a seguito della morte di un loro congiunto, per non avere il professionista curato la tempestiva presentazione delle loro denunce di successione entro il 17.8.1991.

Ne erano derivate maggiori spese per i clienti di L. 78.454.500 per soprattasse e pene pecuniarie, che avevano dovuto corrispondere per i ritardi nella presentazione delle denunce di successione (effettuate tra il 10.10.1989 ed il 16.1.1990). Gli attori esposero che avevano corrisposto gli onorari al notaio F. per circa L. 10.500.000 e che, essendosi la successione aperta a Cagliari, il F. aveva fatto presente che la pratica doveva essere "appoggiata" presso un notaio di Cagliari, che egli stesso aveva individuato nel notaio P. e al quale si era direttamente rivolto.

Il notaio F. resistette, sostenendo che i clienti lo avevano autorizzato ad inviare l’incarto al notaio di Cagliari e che tanto egli aveva fatto in data 1.8.1991; sicchè, previa autorizzazione del giudice, lo chiamò in causa domandando di essere manlevato.

Il notaio P. si costituì ed eccepì preliminarmente la nullità della chiamata in causa, per essere il difensore del F. sprovvisto di idonea procura e per avere comunque provveduto alla notificazione della chiamata in causa dopo la scadenza del termine concesso a seguito di irregolare proroga. Nel merito, affermò di non avere accettato alcun incarico e che il plico era pervenuto al suo studio quando egli era in ferie.

Con sentenza 27 settembre 2000 il tribunale adito – per quanto in questa sede interessa – accolse la domanda nei confronti del F. e dichiarò il P. obbligato a tenerlo indenne di quanto egli avrebbe corrisposto agli attori.

2.- La sentenza fu impugnata da entrambi i soccombenti.

La causa, interrotta a seguito della morte di V.A. e Gr.Ro., fu riassunta dal P. nei confronti degli eredi: rispettivamente V.A. e B. A. da un lato, e B.D. e G.R. dall’altro.

Con sentenza del 3 marzo 2005 la corte di Appello di Firenze, in accoglimento dell’appello principale del P., dichiarò la nullità della sua chiamata in causa da parte del F. e rigettò l’appello incidentale di quest’ultimo sui sostanziali rilievi:

a) che la chiamata in garanzia del terzo eccedeva l’ambito dell’originario rapporto litigioso poichè introduceva nel processo una nuova e ben distinta controversia, per la quale non era stato dato mandato al difensore, destinatario di una procura rilasciata in calce alla copia notificata dell’originario atto di citazione ed espressamente conferita "per la procedura di cui al presente atto";

b) che, quanto all’appello incidentale proposto dal F., la tesi del mandato diretto ed esclusivo al P. da parte delle persone che a lui ( F.) si erano rivolte, o, quanto meno, di un incarico al F. circoscritto alla sola predisposizione delle denunce con affidamento all’altro professionista (appunto il P.) del compito di presentarle tempestivamente, non era dimostrato ed era anzi in contrasto con tutte le risultanze processuali.

3.- Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il F., affidandosi a sette motivi, cui resistono con controricorso il P. e, con distinto controricorso, gli altri intimati.

Tutte le parti hanno depositato memorie illustrative.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Vanno preliminarmente esaminati i motivi dal secondo al settimo, attenendo il primo, di cui si dirà appresso, al rapporto processuale il F. ed il P. (chiamato in causa dal convenuto in garanzia).

Si duole il ricorrente F.:

– col secondo motivo, di ogni tipo di vizio della sentenza d’appello (anche di ultrapetizione: cfr. pag. 13 del ricorso) in quanto dalla motivazione ella sentenza di primo grado si evince "la specifica conoscenza dell’incarico al notaio P. e le motivazioni dello stesso";

– col terzo, della violazione dell’art. 1228 c.c., non potendo un notaio qualificarsi come ausiliario nell’ambito di un mandato conferito da altro notaio;

– col quarto, della violazione dell’art. 1227 c.c., comma 2, per non avere la corte territoriale ravvisato il concorso del fatto colposo dei creditori in ordine ai danni che essi avrebbero potuto evitare mediante gli opportuni controlli in ordine alla intervenuta (o non intervenuta) presentazione delle denunce di successione a parte del notaio di Cagliari, che sapevano essere stato di tanto incaricato da quello di (omissis), cui si erano rivolti;

– col quinto, dell’omessa pronuncia sull’appello incidentale (del P.), che aveva chiesto un’interpretazione della sentenza di primo grado il cui dispositivo recava la condanna del P. stesso a tenere indenne il F.;

– col sesto, della eccessiva liquidazione delle spese processuali rispetto al tariffario e della non equità della regolazione delle spese del doppio grado, poste a carico del notaio F. nei confronti di tutte le parti;

– col settimo, della omessa pronuncia in ordine alla domanda del P. con la quale era stato posto "il quesito circa la entità della responsabilità solidale ex art. 2055 c.c.". 1.1.- Tutti tali motivi sono privi di pregio.

La corte d’appello ha ritenuto che non fosse stato in alcun modo provato che le persone rivoltesi al notaio F. avessero inteso ripartire l’incarico tra due professionisti, essendo risultato che solo il notaio F. era stato investito del mandato a presentare le denunce (come del resto risultava indirettamente dal fatto che l’importo delle spese e degli onorari – comprensivi di ogni prestazione professionale richiesta – era stato corrisposto integralmente al F., che con lettera dell’1.8.1989 aveva inviato la documentazione al P., incaricandolo di completare la documentazione ed impegnandosi personalmente a rimborsarlo di tutte le spese sostenute).

Ha poi correttamente rilevato che il rapporto professionale che intercorre tra notaio e cliente si quadra nello schema del mandato in virtù del quale il professionista è tenuto ad eseguire personalmente l’incarico assunto ed è pertanto responsabile ai sensi dell’art. 1228 c.c., dei sostituti e d ausiliari di cui si avvale, dei quali deve seguire personalmente lo svolgimento dell’opera, con conseguente sua responsabilità esclusiva nei confronti del cliente danneggiato dal tardivo espletamento dell’incarico.

Ha dunque osservato che non era configurabile un "concorso di colpa" dei danneggiati per non aver fatto nulla per ridurre il danno, giacchè anche la presentazione di un ricorso tributario non avrebbe potuto sortire alcun risultato utile, posto che l’avviso di liquidazione relativo alle sanzioni ed alle soprattasse dovute si basava su un incontestabile ritardo nella presentazione delle denunce di successione e che non sussistevano ragioni che potessero giustificare una rimessione in termini. D’altro canto, l’anticipato pagamento dell’intero compenso al notaio giustificava il pieno affidamento nella sua diligenza professionale, mentre non vi era possibilità alcuna di usufruire della definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti ex L. n. 413 del 1991.

Tali puntuali argomentazioni non sono fatte oggetto di critica specifica, essendosi il ricorrente limitato a insistere sulle argomentazioni sostenute in sede di merito, totalmente prescindendo dalle ragioni poste dalla corte a fondamento della decisione e sostanzialmente riproponendo un diverso apprezzamento dei fatti.

Il secondo, terzo e quarto motivo sono dunque inammissibili. La denuncia di vizio di ultrapetizione di cui al secondo motivo appare poi incomprensibile.

Il quinto motivo ed il settimo motivo sono inammissibili per difetto di interesse, concernendo istanze formulate da una parte diversa dal V ricorrente.

Il sesto è infondato poichè, per un verso, la condanna del F. nei confronti dei clienti (e dei loro eredi) e del P. è del tutto in linea coi criteri della ripartizione dell’onere delle spese processuali secondo il criterio della soccombenza (al di là dell’evidente errore materiale commesso in dispositivo laddove " F.A." risulta condannato a pagare le spese del doppio grado anche a " F.A.", anzichè a P.R.); per altro verso, non sono indicati i massimi tariffari che sarebbero stati violati.

2.- Resta da scrutinare il primo motivo, col quale il ricorrente si duole che la corto d’appello abbia ritenuto, così commettendo un errore in procedendo e in iudicando, che la procura rilasciata dal convenuto F. in calce alla copia notificata dell’atto di citazione non investisse il difensore del potere di provvedere alla chiamata in causa del terzo (notaio P.) in garanzia impropria.

Sostiene che si sarebbe in tal modo allineata alla giurisprudenza minoritaria e non a quella prevalente, espressa da Cass., n. 3928 del 2000 e 12672 del 2001. 2.1.- Va rilevato che nessuna delle due sentenze citate dal ricorrente ha riguardo al caso della procura rilasciata sulla copia notificata dell’atto di citazione, anzichè sulla comparsa di risposta nella quale sia contestualmente rappresentata l’esigenza della chiamata in causa del terzo in garanzia.

La sentenza che, più diffusamente tra tutte, s’è occupata della tematica in questione è la n. 5768 del 2005, con la quale s’è affermato, con enunciazioni che vanno anche in quest’occasione ribadite, che:

"a) la chiamata in causa, di un terzo, contro il quale sia proposta una domanda di garanzia impropria, è nulla se effettuata da difensore sfornito di apposita procura;

b) non occorra il rilascio di una nuova e diversa procura in calce o a margine della citazione per chiamata in garanzia, quando dall’atto contenente la procura originaria risulti la chiara espressione di volontà della parte di autorizzare anche la proposizione del giudizio di garanzia (Cass. 21 maggio 1998, n. 5083);

c) la procura deve considerarsi implicitamente conferita, ove la volontà di chiamare il terzo sia chiaramente manifestata nella comparsa, di risposta, e la procura alle liti sia apposta in margine od in calce alla stessa (Cass. 2 dicembre 1998, n. 12233)".

L’affermazione sub b) è stata di recente condivisa anche da Cass., nn. 2505 e 12241 del 2007.

Nella specie la procura era stata rilasciata in calce alla copia notificata dell’atto di citazione senza che dalla stessa risultasse l’espressione di volontà della parte di autorizzare anche la proposizione del giudizio di garanzia.

Il motivo è dunque infondato.

3.- Il ricorso va conclusivamente rigettato.

Le spese seguono la soccombenza del ricorrente nei confronti di tutti i controricorrenti.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 2.500,00 per onorari quanto a P.R., ed in Euro 4.700,00 di cui Euro 4.600,00 per onorari quanto agli altri controricorrenti, in solido tra loro, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge per entrambe le liquidazioni.

Redazione