Rito Fornero, il CNF chiede modifiche alla disciplina dei licenziamenti

Redazione 29/05/13
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Anna Costagliola

Arriva dall’Avvocatura la richiesta di una revisione della legge Fornero sulla riforma del lavoro (L. 92/2012), richiesta motivata da un anno di incertezze applicative conseguenti all’introduzione del rito speciale per le controversie in materia di licenziamenti illegittimi.

La richiesta, avanzata dal Consiglio Nazionale Forense in occasione del convegno «La tutela dei licenziamenti nella legge Fornero», propone di eliminare il sistema del doppio giudizio di primo grado del rito Fornero, per affidare il procedimento sui licenziamenti illegittimi ad una «corsia preferenziale» per la fissazione e la trattazione degli stessi, riservando ai procedimenti cautelari la trattazione dei casi di particolare urgenza.

Deve ricordarsi, in proposito come la riforma in oggetto, animata da un intento deflattivo del carico giudiziario, abbia introdotto, per l’impugnazione dei licenziamenti nell’ambito della tutela reale, un rito speciale, all’interno, peraltro, di un già esistente rito speciale, quello appunto per le controversie in materia di lavoro. Quello previsto per i licenziamenti ex art. 18 dello Statuto dei lavoratori (imprese con più di 15 dipendenti) configura un giudizio speciale a carattere sommario, laddove la sommarietà si rispecchia sia nella procedura, depurata da ogni formalità non essenziale alla regolarità del contraddittorio ed abbreviata mediante la previsione di termini molto ristretti per l’introduzione delle varie fasi del giudizio e delle prime udienze, sia nella cognizione, limitata, quantomeno nella prima fase, all’accertamento della verosimiglianza del diritto e non della piena verità processuale.

Quanto alla struttura del giudizio, il primo grado è bifasico:

1) la prima fase, di «tutela urgente», si conclude con ordinanza, di accoglimento o di rigetto, soggetta ad eventuale opposizione;

2) la seconda fase, di «opposizione», si conclude con sentenza, di accoglimento o di rigetto.

Al primo grado di giudizio, definito con la sentenza che decide sull’opposizione, possono poi seguire le due ulteriori fasi di gravame rappresentate dal reclamo in Corte d’appello e dal ricorso in Cassazione, fasi anch’esse scandite da tempi decisamente più stretti.

Ciò che emerge evidente è che, di fatto, se nel processo civile ordinario il legislatore ha pensato, senza dirlo, di ridurre a due i gradi di giudizio, mediante l’introduzione del cd. filtro in appello, che lascia alla discrezionalità dei magistrati la scelta se ritenere «ammissibile» o meno il gravame, per il processo del lavoro l’introduzione di una nuova fase di urgenza iniziale fa aumentare da tre a quattro gli step del giudizio, con un notevole aggravio dei carichi di lavoro dei magistrati e dei costi del processo a dispetto della proclamata esigenza di garantire un processo del lavoro spedito. E’ proprio questa la maggiore criticità denunciata dall’Avvocatura alla quale si chiede di porre rimedio.

Le critiche alla riforma del lavoro coinvolgono però anche altri aspetti, osservandosi, più in generale, come, da un lato, la legge non sembra affatto aver garantito il raggiungimento degli obiettivi prefissati (maggiore flessibilità in uscita compensata da un incremento stabile dei livelli occupazionali) e, dall’altro, come alcune delle modifiche legislative apportate abbiano sensibilmente ampliato l’area dell’incertezza, venendo meno la legge a quella funzione di stabilità e celerità del diritto che finora nessuno dei numerosi interventi legislativi che si sono susseguiti negli ultimi anni è riuscito a garantire. Gli avvocati rimarcano anche come l’introduzione di tutele differenziate, in caso di declaratoria di illegittimità del licenziamento, crei situazioni di irragionevole disparità, pur a fronte di un comune denominatore costituito appunto da un licenziamento illegittimo. Il richiamo è pertanto ad un miglioramento della disciplina del mercato del lavoro, nella consapevolezza che la maggiore e migliore occupazione si persegue non solo con gli incentivi alle assunzioni, ma anche con un quadro di regole certe che restituisca credibilità al sistema giurisdizionale e tuteli i soggetti del mondo del lavoro.

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