Riforma del processo civile: prime reazioni nell’avvocatura al provvedimento sulla semplificazione dei riti

Redazione 13/06/11
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Il varo ad opera del Consiglio dei ministri di qualche giorno fa dello schema di decreto legislativo predisposto per la semplificazione dei riti, che passa ora all’esame del Parlamento per i necessari pareri prima del via libero definitivo, non ha mancato di suscitare da subito prime reazioni e commenti da parte di tutti gli operatori del diritto e, segnatamente, da parte dell’Avvocatura.

Il testo del decreto contempla, in ottemperanza alle indicazioni fornite nella delega contenuta nella legge di riforma del processo civile, una semplificazione ed una razionalizzazione dei riti civili, regolati dalla legislazione speciale, attualmente esistenti nell’ambito della giurisdizione ordinaria, riconducendoli ai tre modelli previsti dal codice di procedura civile, individuati, rispettivamente, nel rito che disciplina le controversie in materia di rapporti di lavoro, nel rito sommario di cognizione e nel rito ordinario di cognizione.

Il problema della eccessiva frammentazione e proliferazione di riti e modelli processuali, che caratterizza il nostro sistema processuale civile, è una delle cause principali della crisi del processo civile, alle quali, sino ad oggi, non si è riusciti a porre rimedio. Tale situazione si ripercuote in modo diretto non solo sulla professionalità, sul lavoro dell’avvocato e dell’intero apparato giudiziario, ma anche, inevitabilmente, sui tempi processuali e, quindi, sul concetto stesso di «giustizia».

La necessità di procedere, sollecitamente, ad una unificazione e semplificazione dei riti e delle procedure è pertanto condivisa anche dalla Magistratura, dal mondo accademico e, soprattutto, da tutta l’Avvocatura. Tuttavia la soluzione prospettata dal decreto in commento è apparsa più una misura di razionalizzazione che una vera e propria semplificazione, visto che vengono fatte salve comunque molte specificità dei riti speciali.

La stessa relazione al testo ammette che l’intervento «non può ritenersi esaustivo delle esigenze di semplificazione e di razionalizzazione del sistema processuale civile, in conseguenza delle rilevanti delimitazioni contemplate dalla legge di delega, che ha escluso la possibilità di intervenire sulle disposizioni processuali in materia di procedure concorsuali, di famiglia e minori» e altre.

In tale direzione, l’Unione delle camere civili avverte che il progetto di riforma, così come formulato, rischia di realizzare una semplificazione assai limitata, perché di fatto il decreto provvede ad accorpare procedimenti diversi più che ad innovare le forme applicative.

Allo stesso modo, pur esprimendo un giudizio sostanzialmente positivo sul decreto legislativo varato dal Governo, l’Organismo unitario dell’avvocatura (Oua), non ha mancato di sottolineare la possibilità di fare di più per rendere la nostra giustizia ancor più celere ed efficace, eventualmente sopperendo alle carenze della delega mediante un’ulteriore disposizione legislativa.

Per l’Associazione nazionale forense, pur se è ancora presto per esprimere un giudizio articolato sulla soluzione in itinere, deve comunque apprezzarsi l’impegno del Governo nel tentativo di realizzare un intervento organico sulla giustizia, ponendo fine alla profonda e drammatica crisi che da anni affligge il processo civile.

Redazione

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